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giovedì 26 agosto 2021

Recensione Narrativa: JACK LO SQUARTATORE di Robert Bloch.

Autore: Robert Bloch.
Titolo Originale: The Night of The Ripper.
Anno: 1984.
Genere:  Thriller/Horror.
Editore: Bompiani, 2002.
Pagine: 236.
Prezzo: 10,00 euro (Edizione Bompiani).

Commento a cura di Matteo Mancini.  

Ideale terzo romanzo del ciclo di Robert Bloch legato ai serial killer davvero esistiti. Dopo Psycho (1959) e American Gothic (1974), lo scrittore di Chicago tenta di nuovo l'esperimento con The Night of The Ripper (1984), da noi presentato col più commerciale titolo Jack Lo Squartatore. Nell'occasione Bloch cita in modo ancor più fedele gli accadimenti, riportando le lettere del killer e parte dei risultati delle indagini. Se in Psycho i collegamenti alla realtà erano marginali e strumentali a concepire una storia originale, e se in American Gothic erano stati rimodulati per intessere le trame di un romanzo lineare piuttosto fedele al caso del Dottor H.H Holmes ma pur sempre di una fantasia alternativa alla reale, qua si crea una fusione tra un romanzo di fantasia (per le storie parallele) e un vero e proprio dossier sul caso, con un'attenzione particolare alle indagini che restano ancorate alla realtà. Chi conosce il caso di Jack lo Squartatore può infatti ben rendersi conto quanto di effettivo ci sia nel romanzo, a partire dalle descrizioni degli omicidi che non vengono mai mostrati nella loro fase esecutiva, ma solo attraverso la descrizione delle scene dei delitti. Ma chi era Jack lo squartatore? Robert Bloch, con un epilogo all'insegna dei colpi di scena a effetto, ce lo dice, ma è una sua opinabile ricostruzione.


LA FONTE DI ISPIRAZIONE

Jack lo Squartatore è il più famoso assassino seriale passato indenne, secondo le fonti di cui siamo in possesso, dalle indagini della polizia. Il suo reale nome resta un mistero insolubile, un rompicapo che nessuno è riuscito a sbrogliare nonostante il ricorso a tutte le più moderne tecniche di indagini in voga nell'epoca, molte delle quali sperimentali (come il tentativo di ricercarne il voto fotografando la retina di una delle vittime). Un coinvolgimento generale che ha portato molti criminologi a definire Jack lo Squartatore “il padre dei serial killer moderni”. A spingere in questo senso hanno contribuito l'efferatezza dei crimini e il continuo giocare da parte del killer con la polizia. Un modus operandi che, se vogliamo, ne ha esaltato la figura fino a farne un “mito del male” o, se preferite, un triste personaggio della realtà debordato all'artistico rango di mito della letteratura alla stregua di un Mister Hyde o di un Dorian Gray. Purtroppo però qua si parla di un uomo (secondo alcuni addirittura di una donna) che ha tinto di rosso le proprie mani per cinque volte, con una catena omicidiaria concentrata in un brevissimo arco temporale.

È il 31 agosto del 1888 quando la lama del mostro squarcia le carni della prima vittima, una prostituta, così come saranno le successive quattro, incontrata di notte nei vicoli bui del malfamato quartiere di Whitechapel, il cuore dell'East End di Londra. Seguono due mesi di orrore, in un caos generale in cui tutti dicono la sua e in cui tutti vedono ovunque l'assassino, fino al culmine finale, quando, il 9 novembre 1888, Jack lo Squartatore penetra addirittura all'interno dell'abitazione della quinta vittima e compie uno scempio. A questo punto nessuna prostituta può dirsi tranquilla e nessun luogo è sicuro.

I giornali parlano di gole tagliate in profondità, teste quasi decapitate, organi interni asportati, in particolare quelli sessuali, svisceramento dei corpi con budella messe sarcasticamente in posa per dileggiare i cadaveri. E poi le lettere alla polizia, vergate in inchiostro rosso solo perché l'assassino dice che il sangue è troppo simile a colla per essere utilizzato. Lettere e parole che enfatizzano gli omicidi, addirittura li anticipano in modo da dimostrare l'attendibilità della fonte, confermata anche dall'invio di parti di organi asportati. "Provate a prendermi, se ci riuscite" scrive il killer. Non si è mai visto niente del genere, tanto che possiamo tranquillamente dire che c'è un pre e un post Jack lo Squartatore. Il caso fa notizia, arriva a scuotere l'imperturbabilità della casa reale, anche perché si muovono sospetti contro il medico della regina e persino il candidato al trono d'Inghilterra (avrebbe contratto la sifilide da una prostituta e questo avrebbe scatenato il suo odio verso le stesse). Ognuno può essere Jack, specie se è un qualcuno che frequenta bordelli o è abile nell'utilizzo dei coltelli.

Ma chi è Jack lo Squartatore? Se lo chiedono tutti e continueranno a farlo per secoli, ognuno con la sua tesi e le sue argomentazioni a supporto. Finiscono sotto indagine dozzine di uomini, alcuni vengono incarcerati e poi rilasciati per insufficienza di prove. Qualcuno muore misteriosamente, qualcun altro si suicida o così viene archiviato il relativo fascicolo. Fatto sta che i crimini, d'improvviso, cessano.

Il caso diviene fonte inesauribile di ispirazioni, non solo di scrittori, criminologi e registi, ma anche per gli stessi criminali; A San Francisco, a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, un serial killer (inizialmente di coppiette) emula il vezzo di mandare lettere alla polizia (convalidandole con una stoffa intrisa del sangue di una vittima); si firma Zodiac e getta nel panico una città intera. Un altro, tristemente noto alle nostre latitudini, tra gli anni settanta e ottanta, uccide coppiette asportando seni e vagine e mostra il proprio atteggiamento di superiorità verso la polizia spedendo un lembo di pelle di una vittima al procuratore. Comune ai tre casi? L'inafferrabilità dell'assassino e il narcisismo di fondo che ne caratterizza la personalità, una sfrontatezza tale da portare lo stesso a sfidare la polizia. Non a caso, entrambi i casi, finiranno per stuzzicare la fantasia di altri scrittori, uno su tutti: Thomas Harris, l'ideatore del personaggio Hannibal Lecter. La leggenda di Jack lo Squartatore, allora, non è mai morta e rivive per mano di altri folli adepti del male.

 
Cinque delitti irrisolti per una sola firma
JACK THE RIPPER
IL ROMANZO DI BLOCH

The Night of The Ripper è un romanzo che Robert Bloch ha tenuto in incubazione per anni, da quando scrisse Yours Truly, Jack The Ripper (“Sinceramente Vostro, Jack Lo Squartatore”, 1943). Bloch si trasforma in un regista della carta stampata che mette in scena un copione scritto da altri. Gli spunti vengono dai resoconti della polizia e dalle descrizioni della cronaca dell'epoca, così come dalla convinzione iniziale che l'assassino fosse un dottore o un macellaio, tesi poi surclassata dal timore di un coinvolgimento del nipote della regina Vittoria e di altri elementi della casa reale.

Bloch si “limita” così a rilevare l'infinito materiale del caso e a cucirlo per mezzo di una storia parallela di totale invenzione necessaria a muovere i personaggi, così da intessere un filo conduttore che tenga uniti i resoconti delle indagini in forma narrativa. Se in American Gothic veniva compiuta una sorta di riscrittura della realtà, qua l'autore cerca di tenersi sul piano della realtà e di dare una giustificazione circa l'improvvisa uscita di scena dell'assassino. Il punto di vista non è né quello del killer, né quello delle vittime o della polizia, bensì quello di un dottore americano giunto per motivi di studio a Londra. Lo vediamo vagare per le vie, dapprima in compagnia di un collega più anziano e poi correndo dietro a una giovane ragazza dai capelli rossi di cui si innamora fin dalle prime pagine.

Un po' come American Gothic, che viene citato sia nell'infuocato finale sia in un riferimento esplicito e ironico a Herman W. Mudgett (il personaggio a cui era ispirato il Gordon Gregg del romanzo), con The Night of The Ripper rivive un'epoca perduta, quella della Londra vittoriana di fine secolo, e lo fa con tutti i suoi personaggi caratteristici che ne hanno popolato le vie e i salotti. Non solo. The Night of The Ripper è un romanzo in cui le metodologie di indagini si liberano dei retaggi passati, ma lo fanno ancora alla ricerca delle giuste coordinate, in un'incertezza che tende a mettere su uno stesso piano la scienza, lo spiritualismo e gli spunti positivisti (che si riveleranno beceri). Ogni via viene battuta, niente è escluso a priori. Lo sperimentalismo è ben accetto. Così ecco parlare di grafologia, psicologia, impronte digitali, impiego di cani segugi, spiritualismo e chi più ne ha più ne metta. Conan Doyle, Oscar Wilde, il futuro premio Nobel George Bernard Shaw, persino l'uomo elefante John Merrick, Richard Mansfield (l'attore che personificò così bene Dr Jekyll e Mr Hyde al punto da destare sospetti che potesse essere lui Jack lo Squartatore), il medico della regina William Gull e il medium Robert James Lees compaiono nel romanzo, ognuno con la sua caratterizzazione specifica e ognuno, attraverso le sue intuizioni, le sue testimonianze o le sue visioni premonitrici, utile a indirizzare in un verso o nell'altro le indagini. Bloch, per tale via, confeziona un'opera altamente citazionista, una soluzione che permette di rendere più divertente e spassosa la lettura.

Il romanzo è piuttosto corale, anche se i protagonisti tenderanno a essere il capo della polizia Abberline e un dottore di invenzione letteraria, e crea un clima di costante sospetto che ricade su tutti i soggetti coinvolti (protagonisti compresi). Bloch gioca con i suoi personaggi di invenzione, tra cui un'altra donna (come già in American Gothic) che lotta per l'emancipazione femminile da perfetta new woman di fine epoca vittoriana, e con una serie di soggetti reali finiti davvero tra i sospettati della polizia (praticamente tutti i sospettati menzionati sono finiti davvero nell'occhio del ciclone). Se American Gothic assumeva valenza poliziesco/drammatica con una certa edulcorazione della brutalità degli omicidi, The The Night of The Ripper vira di nuovo al giallo e non risparmia dettagli raccapriccianti, tendendo a enfatizzarli con spiccatissimo gusto per l'horror (si veda l'entrata in scena dell'uomo elefante o la descrizione del sogno del protagonista in cui vede tre dottori in camice squartare vacche appese per le zampe e con la testa di donna).

Le descrizioni ambientali sono notevoli. La nebbia e le luci tremolanti che vomitano una flebile luce gialla per i vicoli del quartiere sono oppressive. Il lettore viene effettivamente trasportato nei vicoli, nei corridoi degli ospedali o negli uffici della polizia. La lettura scorre veloce e si ha la sensazione di essere alle prese con uno dei film/libri più ispirati sul personaggio di riferimento.

Bloch si fa forse prendere troppo la mano verso il finale. La sua volontà di offrire una soluzione al mistero gli giostra un po' contro. Lo spinge difatti a un epilogo sensazionalistico, alla ricerca forzata del colpo di scena (si noti in questa parte l'omaggio a H.P. Lovecraft, con l'indicazione di una Providence Street di totale invenzione). Non voglio aggiungere altro per non rovinare l'eventuale lettura a chi fosse intenzionato a recuperare il libro (di cui consiglio la lettura), posso solo dire che c'è una scena, a metà romanzo, all'interno di una sorta di museo delle cere, in cui qualcuno, forse, ha realmente capito l'identità dell'assassino, ma Bloch, alla Dario Argento prima maniera, scommette sui preconcetti del pubblico e lascia a questo il compito di trarre le (erronee) conclusioni. La genialità di quella scena, che oserei dire centrale nel testo, pur se all'apparenza insignificante, sta nel fatto che Bloch non vi ritorna all'epilogo e rende ancor più misteriosa l'uscita di scena del soggetto in questione.

Sebbene la soluzione finale possa risultare un po' forzata, The Night of The Ripper è un buon romanzo, superiore per qualità al già valido American Gothic, imperdibile per gli amanti del periodo vittoriano. Per gli amanti dell'ironia di Bloch, posso dire che, nella tragedia, il "nostro" non perde la sua verve ironica, che scivola nel comico nella scena in cui vengono testati i segugi, coprendo di ridicolo il capo della polizia (mister Warren).

Evidente, infine, il tentativo di indagine mentale che Bloch cerca di fare attraverso il suo personaggio, un'indagine nei più reconditi abissi della mente umana, in cui si conferma (grazie a una serie di riferimenti iniziali a ogni capitolo) la brutalità dell'uomo in ogni epoca e a ogni latitudine.

A voler trovare qualche neo, faccio notare il totale disinteresse dell'autore per la pista esoterica. Il 1888 fu infatti l'anno di fondazione dell'ordine esoterico della Golden Dawn. Non mancarono supposizioni che legarono gli omicidi a un movente di natura rituale. In particolare attirò non poche attenzioni un tale Montague John Druitt, un avvocato, che veniva da una famiglia di chirurghi, morto suicida nel Dicembre del 1888. Druitt faceva parte di una società segreta denominata "Gli Apostoli", che era collegata alla più ben famosa Golden Dawn. Alcune correnti della Golden Dawn erano famose per praticare rituali sadico-sessuali. Druitt fu trovato morto "suicida" nel Tamigi. Il suo cadavere, con le tasche piene di pietre, fu rinvenuto vicino a Osiers, una dimora privata di Cheswick che veniva utilizzata per le riunioni della setta degli Apostoli. Un epilogo che rimanda alla memoria la fine di un tale Dottor Narducci.

Un altro nome interessato fu quello di un chirurgo militare esperto di occultismo, Robert Downstone Stevenson, che a fine 800 terrorizzò Londra con i suoi riti satanici. Secondo i sostenitori di questa ipotesi, gli organi sottratti alle vittime sarebbero quelli che si utilizzano nei rituali di magia nera, inoltre collegando su una piantina i luoghi dei cinque delitti si creerebbero dei simboli esoterici.

La giallista Patricia Cornwell, ideatrice del medico legale Kay Scarpetta al centro di numerosi intrecci giallo/polizieschi, ha dato nel suo Portrait of a Killer: Jack The Ripper – Case Closed, 2002) un nuovo volto all'assassino, indicando nel pittore Walter Richard Sickert, che secondo la scrittrice descriveva i particolari dei suoi omicidi nei quadri che dipingeva.

 
Il Maestro Robert Bloch

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