Elenco

  • Cinema
  • Ippica
  • Narrativa
  • Pubblicazioni Personali

giovedì 2 settembre 2021

Recensione Narrativa: HANNIBAL LECTER - LE ORIGINI DEL MALE di Thomas Harris.

Autore: Thomas Harris.
Titolo Originale: Hannibal Rising.
Anno: 206.
Genere:  Drammatico/Horror.
Editore: Mondadori, 2007.
Pagine: 336.
Prezzo: 6,00 euro).

Commento a cura di Matteo Mancini.  

Quarto e ultimo episodio, in ordine di uscita, della saga dedicata al più famoso serial killer della narrativa: lo psichiatra cannibale Hannibal Lecter.

Thomas Harris, scrittore tutt'altro che prolifico (appena sei romanzi in quarantasei anni di carriera), torna a interessarsi delle sorti del suo celebre personaggio. Sono passati otto anni dal precedente Hannibal, il romanzo che sposta Hannibal più in là nel tempo mostrandolo in piena attività a Firenze dopo la fuga dal carcere di massima sicurezza. Lo scrittore americano, a differenza dei precedenti episodi, interrompe la sequenzialità temporale della serie e torna indietro nel tempo, alla maniera di una seduta ipnotica che cerca di comprendere le ragioni di un male freddo e apatico.

Hannibal Rising, da noi messo in commercio col titolo “Hannibal Lecter – Le Origini del Male”, è un'indagine nell'inconscio del protagonista fin dalla prima pagina. Un prequel che copre l'adolescenza e la primissima parte della giovinezza di Lecter, ma che qui si ferma, lasciando spazio per altro materiale,  in vista di una nuova ed eventuale uscita, utile a fungere da raccordo tra questo e Red Dragon.

Apparso per la prima volta nel 1981 come personaggio di supporto nel romanzo Red Dragon, Hannibal Lecter ha conquistato le platee grazie al successo del film The Silence of the Lambs (“Il Silenzio degli Innocenti”), capolavoro thriller diretto nel 1991 da Jonathan Demme e tratto dall'omonimo romanzo uscito nel 1988. Un successo, reso memorabile per effetto della glaciale interpretazione di Anthony Hopkins, premiato con cinque statuette oscar e tale da portare Harris a scrivere un sequel (Hannibal, 1999) e un prequel nonché a spingere i produttori a curare una versione del remake del primo romanzo della serie in cui dare più spazio al cannibale.

A differenza dei precedenti episodi, Harris modifica il taglio del soggetto. Pur essendo inserito nella collana de Il Giallo Mondadori, peraltro in un numero commemorativo (uscita 3.000, apparsa in edicola il 18 marzo 2010), Hannibal Rising è una revenge story di impronta cinematografica, assai lontana da quel piglio criminologico e di indagine su cui si muovevano Red Dragon e The Silence of the Lambs. Il poliziesco lascia spazio al filone di guerra (nella prima parte) e a un'azione grandguignol alla Tarantino. Harris costruisce il soggetto su una formula piuttosto collaudata fin dai tempi del genere western. Un ragazzo, anni dopo il fatto, cerca coloro che gli hanno distrutto i ricordi di famiglia e ucciso la sorellina. Per questo se ne va in giro a cercare gli aguzzini e, uno a uno, li fa fuori tutti. Non ci sono indagini, né spunti di particolare interesse criminologico. Lo scrittore si concentra sull'influsso che un passato traumatico può provocare nello sviluppo emotivo e nel futuro di un bambino poi divenuto adulto. Al centro della storia ci sono i traumi e le follie della guerra. La lotta per la fame, lo shock di vedere i propri genitori morire sotto le bombe dell'aviazione tedesca e quella disperazione che porta un gruppo di cinque criminali di guerra in combutta con i nazisti a divorare una bambina di cinque anni. Hannibal è lì, presente a tutto questo. Ha assistito, impotente, a un orrore che potrebbe condurre alla pazzia chiunque, soffocato dai sensi di colpa (addirittura ha mangiato anche lui sua sorella, pur se inconsapevole). Un meccanismo auto protettivo lo ha portato a cancellare le tracce del passato e a perdere la parola, almeno per un po' di tempo. Un orrore sepolto negli abissi dell'animo, eppur presente, pronto a tornare a galla e a spingere a una vendetta che ucciderà la sfera emotiva sostituendo la morte alla vita.

Harris caratterizza nel dettaglio il piccolo Hannibal e gli da un'origine nobiliare. Il padre è un conte Lituano, titolare di un castello nei pressi di Vilnius dove il piccolo Hannibal è cresciuto nello sfarzo insieme alla madre italiana (imparentata con Visconti e Sforza), alla sorellina più piccola e ai maggiordomi. L'arrivo dei nazisti prima e dei sovietici cancella però l'agio e riduce Hannibal sul lastrico. Il giovane perde rango, agi e serenità, ma non il genio. Abile col pennello e nello studio della medicina tanto quanto nelle tecniche assassine, è fin da subito quel manipolatore capace di sovvertire un interrogatorio e trovarsi lui a interrogare il poliziotto di turno impegnato a cercare di incriminarlo. Già a tredici anni maneggia la katana con l'abilità di un samurai. Abile anche con pistola e ovviamente con quel bisturi con cui seziona i cadaveri presso il dipartimento di medicina di Parigi.

Profondo cultore di musica classica e di pittura, viene mostrato nel momento della vita in cui il suo inconscio lotta tra il bene e il male. È attratto dalla vedova dello zio, l'uomo che lo ha tirato fuori dall'orfanotrofio prima di morire per riportarlo a vivere negli agi di famiglia nella Parigi degli anni cinquanta. La giovane, una giapponese che a Hiroshima ha perso l'intera famiglia, consapevole dei suoi crimini cerca di ricondurlo sulla retta via e lo protegge. Prova a donargli amore, per dissuaderlo dai propositi di vendetta. Hannibal è gentilissimo con lei, così come con gli animali e i deboli. Odia i prepotenti e i maleducati, ma soprattutto coloro che gli hanno fatto del male. Il suo cuore però è morto in Lituania, non può più vivere come una persona comune. “Cosa è rimasto in te da amare?” gli chiede Lady Murasaki. Lui non risponde, non batte ciglio, così come non ha reazioni quando viene sottoposto alla macchina della verità. Non prova sentimenti, è una macchina fatta per uccidere, una specie di sicario che non prova sensi di colpa. Eppure, a suo modo, è un antieroe. I cittadini francesi, quando vengono informati dei suoi crimini, lo acclamano e ne chiedono la liberazione a gran voce. A morire infatti sono tutti i collaboratori nazisti. Alla maniera di un Dexter ante literram Hannibal uccide chi si merita di morire: doppiogiochisti, pedofili, uomini violenti con le donne, ladri e assassini. Hannibal, a differenza delle sue vittime, è educato, colto, il miglior studente di medicina di Parigi. Segue un personalizzato senso etico che lo porta persino a scusarsi con i cadaveri sottoposti alle sue autopsie o a dare sollievo ai condannati a morte somministrandogli degli oppiacei prima che il boia metta mano alla ghigliottina. Con le vittime invece è sadico, sfrontato e persino sarcastico. Si diverte a torturarle, dando loro la sensazione di potersi salvare. Decapita teste, le pone in bella vista alla stregua di trofei dopo averne asportato le guance ed essersi deliziato degustando spiedini con funghi e carne umana. È un mostro atipico per cui i lettori finiscono per tifare.

Da un punto di vista tecnico, il romanzo si legge in un paio di giorni. È breve, con un taglio mainstream. Non aspettatevi particolare tensione o colpi di scena. Più che in thriller, infatti, siamo alle prese con un drammatico, caratteristica che potrebbe lasciare deluso più di un lettore.

Nel 2007 Thomas Harris ha adattato il romanzo per il cinema, rendendolo molto più veloce (tagliati diversi personaggi) ed esplicitando la spinta cannibalica di Lecter. Vediamo infatti il giovane ragazzo addentare il volto del capobanda che in Lituania cucinò sua sorella, con il regista che si sofferma sulla faccia solcata di sangue del giovane assassino (alla stessa maniera vediamo Hannibal leccarsi un dito insanguinato in occasione del suo primo omicidio). Il romanzo, in questo, è molto più sfumato e si limita a suggerire.

Il film non ha avuto grandi apprezzamenti, pur essendo più che discreto con Gaspard Ulliel chiamato con successo al difficile ruolo di personificare il giovane cannibale (interpretazione sul modello di Hopkins). Nonostante l'impegno anche alla regia e alla fotografia, il film ha avuto un'immeritata nomination quale Peggior prequel ai Razzie Awards 2007. 

Ci sarà un nuovo parto di Harris dedicato alla serie? Per dirla alla Battisti, ci attiviamo a cercare un nastro rosa e non certo con la speranza che sia femmina.

 
L'autore Thomas Harris.
 
 "Il piccolo Hannibal è morto nel 1945 là fuori nella neve, cercando di salvare la sorella. Il suo cuore è morto con Mischa. Che cos'è ora? Non c'è una parola per dirlo. In mancanza di meglio, possiamo chiamarlo mostro."

Nessun commento:

Posta un commento