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domenica 15 agosto 2021

Recensioni Narrativa: RELAZIONI INTERSPECIE di Anders Fager.


Autore: Anders Fager.
Titolo Originale: Artoeverskridande Foerbindelser.
Anno: 2011.
Genere:  Horror.
Editore: Edizioni Hypnos, 2020.
Pagine: 240.
Prezzo: 16,90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.  

Dopo aver analizzato circa un anno fa Culti Svedesi, torna Anders Fager con il suo secondo volume del “Mondo dei Culti”. L'acquisto del volume è stato combattuto, non avendomi particolarmente colpito il primo lotto di storie. Alla fine però il richiamo di Lovecraft e il riferimento esplicito agli orrori marini hanno avuto la meglio e mi hanno indotto all'acquisto. È stata una fortuna.

Relazioni Interspecie, titolo decisamente azzeccato, permette di gettare una luce sul progetto assai articolato e complesso dello scrittore svedese. Le tre antologie di Fager (la terza ancora inedita in italiano) non sono raccolte di storie svincolate tra loro, ma fanno parte di un intreccio che si snoda negli anni (compresi quelli antecedenti allo scoppio della seconda guerra mondiale). Colpisce sempre più l'utilizzo dei cosiddetti “frammenti”, degli intervalli brevi tra una novella e l'altra, dei veri e propri brandelli di racconti privi di finale e di cui inizialmente non si comprendeva la ragione ma che, a mano a mano che la lettura dei volumi va avanti, offrono dei flash essenziali a mettere a fuoco quanto si è già letto o si dovrà leggere, delineando a loro volta i contorni di una storia alla maniera di un puzzle da completare. I rimandi alle novelle sono espliciti. In questa seconda antologia abbiamo i frammenti V e VIII che sono direttamente collegati alla novella Il Capolavoro della Signorina Witt contenuto nel primo volume, mentre il frammento VII è collegato a Le Furie di Boras. Abbiamo poi una serie di personaggi, quali Fredman, Bertholtz (“non c'era nessuno come lui da quando Crowley era giovane”), un “mago” che si suggerisce essere di natura non umana (cambia corpo di continuo) e un'Ambasciatrice gravitanti attorno a un'associazione denominata “Fondazione Carcosa” (rimandi a Bierce e Chambers) connessa, in qualche modo, al culto di Nyog'Sothep (assonanza interconnessa ai grandi antichi di HPL). È questo gruppo, in passato in trattative anche con i gerarchi nazisti (“Il Manufatto del Signor Goring), a fungere da “governo ombra” di una realtà (la nostra) articolata su più dimensioni e popolata, in gran segreto, da creature ibridate col sangue di esseri anfibi piovuti dallo spazio (frammento VI, molto prossimo a La Cosa di Campbell).

Fager conferma il suo stile rapido e snello, pur se caratterizzato da una punteggiatura fastidiosa. I suoi periodi sono spesso troncati, assai lontani dalla lirica lovecraftiana. Una scelta narrativa che contrasta con l'abitudine a dilatare la narrazione. In altri termini, Fager adotta una costruzione dei periodi rapidi ma diluisce e rallenta volontariamente la narrazione che va in una sorta di sospensione che prolunga l'attesa del momento topico. Ne è un fulgido esempio la novella che apre l'antologia, “Quando la Morte Arrivò a Bodskar”, dove i preparativi all'azione bellica sono di gran lunga superiori all'esecuzione della stessa. Un'altra caratteristica, questa certamente positiva, è lo stillare l'orrore, l'alludere a mostruosità che non sempre vengono specificate nel dettaglio e, molto spesso, vengono delineate nelle novelle o nei frammenti successivi. Così, nella novella che apre l'antologia, assistiamo a un blitz degli incursori dell'esercito svedese in quella che dovrebbe essere una postazione russa dispersa in un isolotto dell'arcipelago dello Skarv. Alla spedizione partecipano strani personaggi, individui sconosciuti ai componenti del esercito su cui nulla è dato sapere e a cui i tenenti colonnello portano le borse (probabilmente agenti dei servizi segreti). Fager, che in questa antologia a differenza della prima si avvicina molto più a Lovecraft per stile e tematica (rispetto all'hardcore horror del primo volume, comunque presente in alcune novelle), abbozza quello che è un chiaro omaggio a La Maschera di Innsmouth definendo il tutto ne “Il Manufatto del Signor Goring”. Se nella prima novella l'ambientazione è notturna, col vedo e non vedo garantito da bombe al fosforo o dal fuoco che arde le baracche, il secondo elaborato è diurno, più riflessivo e cadenzato da una narrazione tranquilla. Qui si specifica, sulla base dei flashback rappresentati dai ricordi di volo di Goring, quanto si era già intuito, alludendo all'esistenza di un villaggio di pescatori generati da rapporti incestuosi e incroci con creature ittiche, così da generare creature anfibie dotate di pinne e branchie. A Bodskar, infatti, non c'è nessun russo, ma una popolazione di esseri umani ibridati con creature mostruose provenienti dal mare che venerano Dagon. L'incursione si rivela un massacro, narrato con uno stile che condanna il militarismo. I militari sparano senza chiedersi cosa abbiano davanti e senza interrogarsi sulle ragioni del loro ingaggio. Eseguono ordini e quando cercano di derogarvi, perché attirati dal pianto di un bimbo, si trovano al cospetto di un orrore che non riescono mentalmente a gestire. Gli scopi umanitari delle spedizioni militari dell'epoca moderna lasciano spazio a una mattanza a danno di chi non può trovare pace neppure in un posto sperduto nel mondo. È la distruzione del diverso, la prova di una verità che riscriverebbe il valore dell'intera umanità, a partire dalla religione (Fager lancia strali infuocati al cattolicesimo nel racconto Il Manufatto del Signor Goring) e dunque da soffocare. La follia, come in Lovecraft, è l'unica arma per sfuggire a un qualcosa che la mente dell'uomo non può concepire e sopportare.

Sempre incentrato sul tema ibridazione è “Tre Settimane di Felicità”, che vede protagonista una giovane donna frutto delle unioni tra i consanguinei dello Skarv, ma nata in città e fuggita al suo destino per volere di una madre stanca degli orrori della sua genia. Dotata di piedi palmati, la giovane vive in solitudine all'interno dell'acquario che ha allestito in uno scantinato e in cui alleva pesci d'acqua dolce che poi rivende ai clienti. Fager abbandona l'azione de “Quando la Morte arrivò a Bodskar” e il fascino storico di presa lovecraftiana de Il Manufatto del Signor Goring, preferendo uno stile più moderno che suggerisce le problematiche adolescenziali di una giovane donna in odore di maternità che vive il disagio dell'abbandono infantile. Ritorna la componente sessuale piuttosto spinta, assente nel primo racconto e accennata nel secondo. L'imprinting sociale, a poco a poco, lascia però spazio a un orrore assoluto, plasmando un racconto che ricorda molto da vicino il fanta-horror Species (1995) diretto da Roger Donaldson. Il desiderio di essere madre va di pari passo a una gestazione che ricorda assai da vicino quella della vipera, con i figli carnivori che nascono sotto forma di pesci destinati a svilupparsi rapidamente in esseri umanoidi.

Giocare con Liam” è invece il racconto decisamente più kinghiano del lotto. Parte dalla scarsa attenzione degli adulti o comunque dall'erronea interpretazione dei messaggi comportamentali lanciati dai bimbi da asilo, prosegue con le liti genitoriali per problemi legati alla gestione della vita familiare. Il background è tale da agevolare l'evasione in un'altra realtà, un mondo conosciuto solo dai più sensibili, quello in cui in mostri immaginari diventano reali e dove è possibile comunicare con un dinosauro (in realtà è altro) proveniente da un pianeta alieno confinato in una sorta di fogna da cui si irradia un tanfo pestilenziale (probabilmente è l'essere accennato nel frammento VI). Liam entrerà in contatto con questo essere, continuamente all'oscuro nel buio del tombino. Sospeso tra realtà e immaginazione, fino all'ingresso in scena di altri bambini che confermeranno la presenza dell'essere. Quest'ultimo chiederà sempre più carne promettendo la possibilità di esaudire desideri, come potrebbe proporre un djinn. Il rapporto evolverà fino a una richiesta che poterà al superamento del più grande tabù dell'uomo: l'omicidio. Impossibile, dato il coinvolgimento finale di altri ragazzotti, non pensare a It, anche se Fager correda il testo con la desolazione umana, l'abbandono di clochard senza lavoro come condanna a una fine resa ancor più brutale per via della mano di chi porta la morte. A dir poco fastidioso.

Un Punto sul Vasterbron” è il racconto più estraniante. Fager cambia ancora registro linguistico, stendendo il racconto come una sorta di articolo di giornale che riassume quanto avvenuto, quanto accertato dalle autorità e quanto detto dalla folla di pecoroni che prende al balzo un evento per storpiare i fatti e accampare accuse per presentare richieste totalmente disattese persino dai video delle telecamere di sorveglianza. Fager, ancora una volta, utilizza il veicolo della narrativa fantastica per presentare le sue stilettate sociali. Fa questo in modo assai calibrato, presentando omaggi a racconti come Il Cappotto di Nikolaj Gogol (si veda il sensitivo sul ponte o l'idea che tutto sia stato innescato dallo spirito di una giovane morta alcuni giorni prima e ritrovata sul letto del fiume, col suo spirito che cammina sul ponte). La Prospettiva Nevski di San Pietroburgo si traveste così da ponte ovest di Stoccolma, il Vasterbron, dove una notte di maggio (come cantava Fiorella Mannoia) 143 persone anziane, tutte viventi da sole e residenti a Stoccolma senza neppure un animale domestico ad attenderle, si ritrovano a camminare alla maniera di sonnambuli (ridotti a zombi viventi) verso il ponte Vasterbron in modo sincronizzato fino a rendersi protagoniste di un suicidio di massa senza precedenti. Le telecamere e il racconto dei testimoni immortala un momento al di fuori da ogni logica. Le persone scavalcano il ponte e si gettano nel vuoto senza che se ne comprenda la ragione. Sembra di leggere uno di quei fortunati racconti della serie Ai Confini della Realtà di Rod Serling, ma il fatto, letto agli occhi odierni, non può non lasciar pensare metaforicamente a tragedie come quelle legate al crollo del ponte Morandi di Genova o alla piaga Covid. Nell'opera di Fager però non vi è alcuna colpa delle autorità. L'evento sembra più figlio dell'atteggiamento meschino e ipocrita dei cittadini, che si ricordano delle persone morte solo dopo che queste si sono rese protagoniste di un gesto eclatante. Molti dei morti, infatti, non sono stati neppure oggetto di denunce di scomparsa (“nessuno sentiva la loro mancanza”) e sono stati identificati a gran fatica. La tragedia del ponte Vasterbron delinea i contorni della tragedia dell'indifferenza collettiva, un'indifferenza che cambia in apparenza forma e sostanza solo alla presenza del fatto da strumentalizzare per accampare pretese e fondare associazioni di familiari. Ecco così avanzare accuse a vanvera tipo “la polizia avrebbe dovuto rendersi conto che c'era in giro un'insolita quantità di pensionati quella notte di maggio e chiudere il Vasterbron...” I veri colpevoli del fatto “se la prendevano con tutti quelli che avrebbero dovuto cogliere i segnali”. Lo schifo di Fager verso questo tipo di società è decisamente palese, i responsabili puntano il dito sugli innocenti, ma attenzione... siamo pur sempre parlando di un racconto inserito nel ciclo lovecraftiano e siamo certi che nel successivo volume si tenderà a fare chiarezza sul punto con quei frammenti sempre illuminanti in situazioni all'apparenza inspiegabili.

Rispetto a Culti Svedesi, Relazioni Interspecie è un'antologia più omogenea sia per contenuti che per stile. Fager è molto più vicino a Lovecraft rispetto alla prima raccolta e dimostra la volontà di spingere i lettori più volte alla lettura delle proprie opere, un atteggiamento che qualcuno potrebbe vedere come arrogante (perché si pensa che il lettore non abbia tempo da perdere) ma che a questo recensore è senz'altro gradito (i dettagli che si colgono da una lettura all'altra crescono e agevolano l'apprendimento dell'intero progetto). Stempera inoltre, fino quasi a toglierlo (in alcuni racconti), il taglio pulp incentrato sull'erotico spinto che contraddistingueva il primo volume, plasmando racconti più evoluti con un contenuto di fondo a forte presa sociale. Una caratteristica questa già presente in Culti Svedesi, ma qua amplificata.

L'opinione finale, questa volta, è positiva e rende l'antologia di gran lunga superiore rispetto al debutto editoriale sul mercato italiano. Certo, trattandosi di racconti interconnessi, chi intenda avvicinarsi al “Mondo dei Culti” di Fager lo dovrà fare acquistando l'intera trilogia. Possiamo tuttavia dire che la lettura di questo Relazioni Interspecie potrebbe essere da anteporre a Culti Svedesi perché è sicuramente più adatta a soddisfare i palati di un più ampio gruppo di lettori. Attendiamo l'uscita del terzo e ultimo volume della serie: l'acquisteremo!

 
Anders Fager
 
"Se colui che sogna nelle profondità del mare può attendere il momento giusto, potete farlo anche voi."
 

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