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venerdì 30 luglio 2021

Recensione Narrativa: SQUALO BIANCO di Peter Benchley.

Autore: Peter Benchley.
Titolo Originale: White Shark.
Anno: 1994.
Genere:  Horror/Fantascienza.
Editore: Euroclub, 1996.
Pagine: 304.
Prezzo: Fuori catalogo

Commento a cura di Matteo Mancini

A distanza di anni troviamo di nuovo sul nostro cammino Peter Benchley, scrittore figlio d'arte (il padre Nathaniel era un romanziere), ambientalista, subacqueo e attivista marino che non ha certo bisogno di presentazioni; un vero e proprio maestro dell'adventure, molto conosciuto negli ambienti alti della politica americana. Newyorkese classe 1940, giornalista al National Geographic, reporter al Washington Post, redattore televisivo per Newsweek ma soprattutto speechwriter (autore dei discorsi) del presidente statunitense Lyndon Johnson nel biennio 1967-69, Benchley è salito agli onori delle cronache grazie al clamoroso successo registrato negli anni settanta dal romanzo Jaws, record di incassi al cinema sotto la regia di Steven Spielberg, al punto da consentire allo stesso di compiere quel salto di qualità che lo avrebbe portato nel giro di qualche anno a essere il maggior regista di presa commerciale (e non solo) al mondo. Un successo che portò non pochi studiosi a scagliarsi contro lo scrittore. Tra questi anche il celebre Jacques Cousteau che accusò Benchley di aver tratteggiato un'immagine oltre misura diabolica degli squali, così da generare una vera e propria psicosi. Benchley si vide pertanto costretto a giustificare il proprio lavoro sostenendo che era pura fiction. Un senso di colpa che accompagnerà l'autore per tutto il corso della sua vita, portandolo ad affrontare la tematica sotto una luce più realistica mostrata ai lettori grazie a una serie di saggi.

Divenuto al primo romanzo della propria carriera autore di best seller (Jaws risultò essere per 44 settimane il romanzo più venduto negli Stati Uniti), Benchley ha fin da subito attratto gli occhi di Hollywood che non ha tardato ad acquistare, a ogni uscita, i diritti per la trasposizione cinematografica delle sue opere. Scrittore non particolarmente prolifico, con una gestazione per i propri lavori tra i due e i tre anni, Benchley ha, a poco a poco, visto calare il livello delle proprie opere, tanto da cercare nei suoi ultimi due romanzi di emulare il successo ottenuto con Jaws, proponendo altri mostri marini assetati di sangue, decisamente più inverosimili rispetto al prototipo di partenza, protagonisti nei romanzi Beast (Tentacoli) e White Shark (Squalo Bianco).

In tutto ha dato alle stampe appena otto i romanzi, in un arco temporale di venti anni, sei dei quali di ambientazione marina (gli altri due sono una spy story e una sorta di thriller legati a esperienze personali). Una carriera iniziata e conclusa all'insegna dello squalo bianco, vero e proprio mattatore assoluto nella carriera dello scrittore. Tra le altre opere più note della sua produzione si segnalano The Deep (Abissi, 1976) e The Island (L'Isola, 1979), rispettivamente portate al cinema dai registi Peter Yates e Michael Ritchie, col primo film capace di entrare negli Stati Uniti nella top ten degli incassi. Ha inoltre scritto svariati saggi dedicati all'oceano e agli squali, oltre che le memorie dei tanti viaggi con cui ha costellato la propria vita. È deceduto nel 2006 per una fibrosi polmonare.

La prima edizione inglese di
JAWS.

Ultimo romanzo nella carriera di Peter Benchley, White Shark esce nel 1994 negli Stati Uniti e giunge in Italia l'anno seguente col titolo di “Squalo Bianco”. Non troppo dissimile a Jaws per sviluppi narrativi (con la differenza che qui è il mostro ad andare a caccia dei protagonisti), vanta la caratteristica di essere l'unico romanzo dell'autore che miscela la fantascienza all'avventura e all'horror.

Benchley ricicla il collaudato soggetto che venti anni prima gli aveva garantito la fortuna e ci innesta una tematica alla H.G. Wells. Inverte in altri termini il processo che era stato alla base de L'Isola del Dr. Moreau (1896), portando in scena un ibrido di origine umana modificato con geni riconducibili allo squalo bianco. L'uomo dunque regredisce in bestia. Dimenticate però la figura dell'uomo-squalo di cui alla trasposizione sul grande schermo. Il mostro di Benchley, di fatti, ricorda più un vampiro della tradizione howardiana, si pensi a The Horror from the Mound (1932), o gli ibridi sviluppati dal Darashekoh di Gustav Meyrink. È un essere bipede, dalle mani e i piedi palmati, voluminoso, paragonato nel fisico a Schwarzenegger, glabro, di colore grigiastro, con fauci di squalo e artigli di acciaio. In passato, prima di tramutarsi in mostro, è stato un campione olimpico, vincitore di medaglie d'oro alle olimpiadi di Berlino nel lancio del peso, del giavellotto e del martello. Condannato per una serie di omicidi, è stato indirizzato quale cavia agli esperimenti di un allievo di Mengele e trasportato su U-Boot verso il Sud America. Ideato e sviluppato in Germania, è rimasto sepolto sui fondali prospicienti a Waterboro (Maine) per cinquanta anni per poi fuoriuscire, liberato da incauti sub, e attaccare qualunque cosa si trovi sul suo cammino. Squali, leoni marini, albatros, aironi, cani, cervi e infine umani sono le creature che cadono sotto gli affilatissimi artigli d'acciaio che il mostro brandisce. Benchley delinea un vero e proprio anfibio umano, una sorta di soldato perfetto concepito dalla scienza nazista quale micidiale arma da guerra.

Lo scrittore cerca di giustificare i punti deboli del soggetto, come a esempio il lungo letargo che l'essere ha dovuto sopportare prima di potersi di nuovo nutrire oppure il fine della sua ideazione, ma non riesce pienamente a convincere. Il romanzo è dunque inverosimile sotto svariati aspetti. Benchley, citando esperimenti recenti condotti sui ratti, cerca di dimostrare la possibilità scientifica di trasformare un mammifero in una creatura capace di vivere e respirare sott'acqua, eppure la cosa non convince. Perdonato questo e sospendendo l'incredulità della vicenda, White Shark è un romanzo che riesce a regalare emozioni. Benchley è maestro nelle descrizioni subacquee e porta il lettore in mezzo alle balene, gli squali azzurri, ai leoni marini e all'immancabile squalo bianco. Non manca la scena con la gabbia anti-squalo dilaniata dallo squalo bianco o quella col capo della polizia che decide di non rinviare una festa estiva sulla spiaggia. Certo, se torna alla mente Lo Squalo, altre scene rimandano a Zombi 2 (1979) di Lucio Fulci con l'umanoide avvinghiato e in lotta con gli squali, aspetto questo che conferisce al romanzo un alone da B-Movie. 

La locandine del film tv
tratto dal romanzo.

Strutturato in cinquantacinque capitoli, portati avanti grazie a una serie di caratterizzazioni in cui non mancano storie d'amore e l'evoluzione nel rapporto tra padre e figlio, White Shark è una lettura veloce, adatta soprattutto agli appassionati di horror. Rasoiate, morti continue e massacri vari lordano di sangue la lettura, con un mostro molto più vicino alla figura del vampiro che della bestia marina. Non a caso, sul finire del testo, l'essere evolve da pesce a mammifero che vive e si nutre sulla terra ferma, camminando in posizione eretta. Bello il finale, per quello che segna il ritorno di Benchley a tematiche orrorifiche.

Nel 1997 il romanzo è stato ripubblicato col titolo Creature, medesimo titolo del film tv tratto dal libro per la regia di Stuart Gillard. Prodotto uscito in televisione a fine anni novanta sulle reti mediaset e divenuto introvabile in Italia, Creature (1998) vanta una serie di gustosissime varianti rispetto al romanzo, che vanno dall'ambientazione (Indie occidentali) a modifiche della storia. Il mostro portato in scena da Gillard inoltre è un vero e proprio uomo squalo capace di muoversi sulla terra ferma, aspetto che rende il film un gioiellino per gli amanti di B-Movie dal retrogusto anni ottanta. Impossibile non pensare alla calcomanie della Maui o al cartoon Street Shark (1994-97). Gillard, inoltre, supera, per mano dello sceneggiatore Rockne S. O'Bannon, le problematiche legate al soggetto di Benchley dando vita a un prodotto che, per molte cose, è superiore al romanzo. Così l'esperimento nazista diviene un esperimento dell'esercito Americano, concepito nel corso della guerra in Vietnam, soluzione che permette di accorciare il tempo tra l'ideazione del mostro e la sua entrata in scena. A ogni modo sia il romanzo che la sua trasposizione sono opere di intrattenimento degne di lettura.

 

L'autore PETER BENCHLEY
vuol vederci meglio.

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