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lunedì 1 novembre 2021

Recensioni Narrativa: IL RITORNO DEI GRANDI ANTICHI - PARTE PRIMA a cura di Gianfranco De Turris.

Autore: AA.VV..
Curatore: Gianfranco De Turris.
Anno: 2020.
Genere:  Horror tributo Lovecraft.
Editore: Delos.
Pagine: 248.
Prezzo: 15,00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Il Ritorno dei Grandi Antichi è un'antologia evento, articolata su due volumi per un totale di ventisette autori per altrettanti racconti. Dietro al progetto non c'è un curatore dell'ultima ora, bensì il più quotato curatore, specie dopo la scomparsa di Giuseppe Lippi, della “vecchia” scuola del fantastico italiano. È infatti Gianfranco De Turris ad aver voluto il progetto e ad aver scelto personalmente gli autori, con una cura severa e attenta nello scegliere i testi più in linea al manifesto di partenza, dando anche spazio ad alcune nuove proposte da affiancare ai “Grandi” (e non un aggettivo speso a caso) del fantastico italiano.

Abbiamo definito De Turris il “più quotato” curatore in vita dedito al fantastico poiché, senza andare a pescare nella sua sterminata produzione del secolo scorso, basta ricordare alcune delle più riuscite antologie interamente italiane degli ultimi anni che propongono il fantastico in una varietà di temi tali da rendere imperdibile ogni uscita. L'impegno del De Turris curatore si snoda dal giallo fantascientifico come l'antologia del Giallo Mondadori del 2010 Sul Filo del Rasoio (trovate nel blog la recensione), all'ucronia italica rappresentata dall'imperdibile antologia Fantafascismi (Bietti Edizioni, 2018), al tributo felino costituito da Il Libro dei Gatti Immaginari (Jouvence, 2016), al catastrofico sulla scia della profezia Maya Apocalissi 2012 (Edizioni Bietti, 2012) fino a toccare l'orrore e a riproporre autori dimenticati della proto-fantascienza italiana in modo da riportarli in auge grazie a Le Aeronavi dei Savoia (Edizioni Nord, 2001).

De Turris, pertanto, è un nome che non ha bisogno di presentazioni nell'ambito della letteratura fantastica. Saggista, scrittore, giornalista, vice-caporedattore del Giornale Radio Rai per la cultura, ideatore del programma di Rai Radio 1 L'Argonauta, consulente editoriale per le Edizioni Mediterranee, direttore di molteplici riviste di critica fantascientifica e/o fantastica e presidente del Premio J.R.R. Tolkien per tutto l'arco temporale in cui lo stesso è stato vigente (1980-1992). Queste sono solo alcune delle innumerevoli cariche e attività tenute nel corso degli anni da De Turris, conosciuto anche quale esperto di storia delle religioni, mitologia, filosofia ed esoterismo. A lui si deve lo sdoganamento in Italia di autori quali Howard P. Lovecraft (pubblicato per la prima volta in Italia da Fruttero & Lucentini), Tolkien e Gustav Meyrink (già in precedenza proposto sul mercato italiano dal filosofo estremista Julius Evola, anch'esso oggetto di studio approfondito da parte di De Turris). De Turris non si è limitato a proporre i grandi maestri della letteratura, ma ne ha offerto una rilettura coraggiosa e all'epoca rivoluzionaria, del tutto distaccata dalle opinioni di colleghi ancorati su visioni decisamente superficiali. A inizio anni settanta, per la Fanucci Editore, De Turris (insieme a Sebastiano Fusco) è stato il primo che ha “innalzato” la letteratura fantastica dal basso rango di letteratura di mero intrattenimento a cui era stata ridotta dalla critica ufficiale e dai giornali. In quegli anni, e in parte anche oggi, il fantastico era considerato materia per ragazzini frustrati. De Turris e Fusco, contrariamente ai colleghi ancorati su posizioni meno rischiose e convenzionali, operarono una revisione dei testi al fine di portare alla luce da essi una versione moderna del Mito. Il fantastico avrebbe pertanto avuto una forte radice collegata a un profondo passato (la cosiddetta “storia sacra delle origini”) e non sarebbe pertanto stato il frutto della prima Rivoluzione industriale.

Undici volte vincitore del prestigioso Premio Italia sia come curatore, che scrittore (ha pubblicato svariati romanzi e racconti), saggistista e autore di articoli pubblicati su riviste, De Turris è stato uno dei principali divulgatori del fantastico in Italia, una figura monumentale eppur non tributata a dovere a causa di una critica politicizzata (orientamento di sinistra) mirante a ridurne l'importanza per le simpatie destrorse che De Turris, se è vero che siamo in una democrazia, ha manifestato in più di un'occasione. Al di là delle critiche, resta oggettivo che il sapere di De Turris sia tale da renderlo un'enciclopedia vivente del fantastico, uno studioso appassionato e appassionante che si porta dietro un aspetto che funge da collante a tutte le sue molteplici iniziative: la qualità.


LA GENESI DEL TESTO

Il Ritorno dei Grandi Antichi si presenta quale seguito ideale di un'antologia curata trent'anni fa da De Turris che si intitolava Gli Eredi di Cthulhu. Nel 1990, infatti, De Turris maturò l'idea di proporre all'editore Solfanelli un'antologia di scrittori italiani, molti dei quali emersi nell'ambito del Premio Tolkien, chiamati a importare il mito dei grandi antichi nella landa italica. Un'opera composta da venti racconti che ha acquisito, nel corso degli anni, rango di volume da collezione, ma che purtroppo non è di semplice reperimento.

Dopo tre decadi, ispirato da alcuni dialoghi con lo sceneggiatore Antonio Tentori e preceduto da I Racconti di Dagon (antologia collettiva curata da Fabio Calabrese nel 2018 per la Dagon Press), De Turris ha deciso di realizzare quella che ha definito la sua ultima antologia dedicata al Solitario di Providence. Essendo autore coinvolto nel progetto, posso rivelare la via attraverso la quale il Maestro ha selezionato gli autori, sei dei quali già presenti ne Gli Eredi di Cthulhu e cinque ne I Racconti di Dagon. La prima condizione era che i racconti non fossero già editi, pertanto quelli che potrete leggere ne Il Ritorno dei Grandi Antichi sono tutti racconti originali e mai apparsi prima. In seconda battuta, anche al fine di lanciare scrittori emergenti, De Turris ha messo in circolazione un manifesto con riportate le caratteristiche richieste per essere selezionati invitando chi fosse interessato a sottoporgli i testi. Si doveva, in buona sostanza, trattare di racconti ambientati in epoca contemporanea, con tutte le problematiche che ammorbano la società e in cui inserire le divinità del pantheon lovecraftiano inteso nel suo più ampio significato, vale a dire comprendendovi tutte quelle divinità ideate anche dagli eredi narrativi dello scrittore di Providence.

Il risultato finale è stato più che buono, probabilmente oltre le aspettative del curatore che ha raddoppiato la proposta e ha ottenuto dalla Delos la pubblicazione di due antologie (al posto di una) facenti parte del medesimo progetto. Ventisette autori coinvolti, tra i quali veri e propri assi del fantastico all'italiana. Non si contano infatti i riconoscimenti ottenuti in carriera dalla squadra predisposta da De Turris. Abbiamo tre duplici vincitori del Premio Urania, tre vincitori del Premio Italia, tra cui l'autore (Donato Altomare) con il maggior numero di affermazioni nella categoria “miglior romanzo”, un vincitore del Premio Scerbanenco, finalisti al Premio Tolkien, al Premio Hypnos, al Tedeschi, al Rill e un candidato al Premio Strega.

Tanti nomi di qualità, molti dei quali editi dalla Mondadori, messi insieme non per fare colpo sui potenziali acquirenti, ma chiamati, pena esclusione, a presentare testi all'altezza dei target del curatore.

La precedente antologia dedicata a Lovecraft
curata da De Turris.

VALUTAZIONE GENERALE

Il buon lavoro svolto da De Turris lo si nota nell'omogeneità, qualitativa e stilistica, dei racconti. A differenza della quasi totalità delle antologie che capita leggere, Il Ritorno dei Grandi Antichi Parte I presenta ben pochi bassi (se vogliamo chiamarli così) e quasi tutti alti. Inevitabile il fatto che ci siano dei racconti più riusciti di altri, ma la differenza tra questi è poco evidente. Ne viene fuori una lettura estremamente piacevole dove, contrariamente ad altri progetti, i racconti hanno tutti un inizio degno di tale nome, uno sviluppo centrale e un epilogo. Non sono stati selezionati, per dirla in altri termini, testi che potessero dare l'idea del mero esercizio di stile (magari giocato sull'azione) fine a sé stesso. Racconti, cioè, caratterizzanti un mero momento estrapolato da un contesto più ampio di cui poi non viene data spiegazione o approfondimento. In questo senso, forse, potrebbe esser ricondotto il solo testo di Max Gobbo che trasforma un racconto di tensione (Il Ritorno dei Grandi Antichi) in una farsa cinematografica.

La tematica è chiaramente legata a Lovecraft e ai suoi allievi, tuttavia il background dei racconti è molto diverso. C'è una forte componente crime, dove l'orrore emerge a seguito di indagini di polizia o comunque da attività illecite inserite in un contesto urbano (di solito Roma), ma ci sono anche diversi racconti satirici che arrivano ad abbracciare il comico, per non parlare di gialli o racconti velati da un sentimentalismo malato dove il “mostro” si unisce all'umano.


VALUTAZIONE SPECIFICA

Pochissimi i racconti che cercano di innovare il mito degli antichi in un'ottica completamente diversa dalla narrativa di Lovecraft, senza però “scadere” nello sperimentalismo. Il solo Alessandro Bottero col suo Terrario opera in modo marcato in questo senso, immaginando Nyarlathotep nei panni di un finanziatore di ONG che, andandosene in giro con un paio di occhiali da sole che celano l'abisso del suo sguardo, foraggia il mercato delle fake news per permettere al suo governo ombra di muovere il filo dei burattini che mandano avanti il teatrino che noi chiamiamo società civile.

Distante dallo stile di Lovecraft è anche il dissacrante e comico I Guardiani. Lo firma il plurivincitore del Premio Urania Francesco Grasso, che ci dice che l'orrore quotidiano di una Roma flagellata dalla sporcizia, dai disservizi, dai governi (PD) che cadono in continuazione e dalla febbre da social network è ben superiore alla minaccia del ritorno in superficie di una creatura che garantisce paura e terrore. Del resto i cittadini moderni non sono certo degli “idioti masochisti e decerebrati”, anche se qualche dubbio potrebbe legittimamente porsi dal momento che “gli elettori calabresi votano in massa per Salvini”. Memorabili i dialoghi tra i due ragazzotti che parlano romano con l'araldo di un grande antico, mandato in superficie per annunciare il ritorno del suo Signore, che viene scambiato da tutti come un fan in costume in cerca della mostra del fumetto, annullando con l'ironia ogni sortilegio dallo stesso perpetrato e non prendendo sul serio neppure esplosioni e dimostrazioni di superiorità.

Particolare è poi Il Dono di Thoot del sorprendente Andrea Gualchierotti, che propone un elaborato che sarebbe stato perfetto per un'antologia dedicata al Gustav Meyrink dei tempi di Simplicissimus. Testo complesso e dissacrante al punto giusto, con un personaggio evoluzione moderna di Pitagora e soprattutto del Gurdijeef che con la “musica oggettiva” mirava ad aprire la sedicente “quarta via” attraverso un sistema di melodie e armonie finalizzate a esercitare effetti determinanti e determinabili nell'animo degli ascoltatori. Al centro del narrato, c'è il superamento del “suicidio” quale atto deprecabile e con esso l'abbattimento delle religioni convenzionali quali dottrine centrali nell'ambito della storia dell'umanità. Tutto questo in vista di un ribaltamento dei valori e dell'apertura del cosiddetto terzo occhio (che però non porta alla trascendenza ma alla morte). Un po' satirico e intriso di una forte ironia. Scritto comunque con grande stile e competenza, Il Dono di Thoot contende il titolo di miglior racconto della collana a La Voce dei Creatori di Diego Gnesi Bartolani. Gnesi Bartolani, autore due volte finalista al Premio Hypnos, offre un contributo, a differenza dei tre sopramenzionati, lovecraftiano al cento per cento. Un'indagine di polizia fa giungere due agenti, nella desolazione di una campagna lucana vestita da Monument Valley, sulle tracce di un soggetto sospettato di pedofilia, già monitorato dai servizi segreti americani in quanto creatore di strani congegni che misurano le onde cerebrali. Dietro all'uomo, però, si cela un crimine ben più ampio di una semplice violenza ai danni di un bambino (che tale non è più), qualcosa che lo ha messo in diretto contatto con una creatura che rivela il vero ruolo dell'uomo (essere uno schiavo degli Dei) e riscrive l'intera creazione quale freddo esperimento di laboratorio. “Dio e il diavolo sono due facce della stessa medaglia.” Finale memorabile, da apice del terrore; davvero applausi.

Notevoli i testi degli esperti e scrittori di lungo corso Marco De Franchi (nel blog trovate la recensione del romanzo il Il Giorno Rubato) e Luigi De Pascalis, entrambi piuttosto in linea agli stilemi lovecraftiani e autori da anni agli ordini di De Turris. Gioca sull'onirismo Il Sicario Sfortunato, un racconto di ambientazione romana, a metà strada tra crime fiction e horror, scritto divinamente da De Franchi, che si muove sulla credenza secondo la quale le droghe aprirebbero“fessure nella realtà attraverso cui dare uno sguardo a quello che c'è dietro ovvero al vero aspetto del mondo”. Il narrato ruota attorno alla messa in commercio sul mercato delle droghe di un fungo allucinogeno di antiche origini romaniche. Ribattezzato col nome de “Il succo di Yuggoth”, il fungo permette a chi lo assume di varcare temporaneamente e sotto l'effetto della sostanza il portale che separa il nostro mondo da quello in cui eravamo prima della fuga. Oltre la realtà vi è una landa desertica la cui sabbia è fredda e tagliente e in cui, a orizzonte, si muovono degli esseri ciclopici che non si palesano agli uomini, lasciando solo intravedere le loro forme. È qui dove finiscono i nostri morti ed è da questo luogo che gli antichi Dei potrebbero fuggire per dominare la nostra realtà. L'assunzione della droga infatti lascia aperte le porte che mettono in comunicazione il nostro mondo con l'altrove.

De Pascalis resta ancorato nella nostra dimensione per strizzare l'occhiolino a L'Invasione degli Ultracorpi. Il suo La Cripta del Campanile è gestito nella sempre affascinante forma della leggenda metropolitana raccontata, in una bettola, da un vecchio considerato lo scemo del villaggio. La storia è ambientata in un piccolo paesino spagnolo, un tempo sede dei templari e poi del Tribunale dell'Inquisizione, in cui è all'opera, in gran segreto, una congrega di individui devoti a Cthulhu. Il centro del complotto è la Chiesa locale e il parroco che vi tiene i riti. Sotto la struttura, un tempo tempio di un credo antico, si apre un corridoio sotterraneo corredato dai simulacri mummificati di tutti gli abitanti del paese. Chi entra là dentro per sbirciare il segreto che deve restare tale è destinato a mutare in un essere senza tempo chiamato a servire i grandi antichi al momento della venuta al mondo del Dio.

Eccezionale, ma concluso in modo discutibile per il suo voler suggerire che la vita è un complesso di sogni alternativi, è Quando le Stelle si Spensero di Donato Altomare. Un giallo/poliziesco in cui horror, scienza e narrativa si miscelano nella forma di un racconto apocalittico nel segno della fine del mondo. Notevole per lo sviluppo centrale, che vede il Dio cieco e idiota Azatoth, creatore dell'universo partorito durante il sogno, risvegliarsi e ingoiare, una a una, tutte le stelle dell'universo, riservando la Terra e il sole quale suoi ultimi pasti. A risvegliarsi però è anche Cthulhu, adagiato negli abissi del polo nord e infastidito da un sommergibile russo. Il dio anfibio scatena il caos sulla terra, compiendo atroci e mirati omicidi finalizzati a sovvertire l'ordine costituito. Nella notte, mentre le vittime dormono, discende su di loro nella forma di un buio pesto e le vampirizza con uno stile tutt'altro che gotico. Le vittime sono scelte in modo capillare: capi di stato, direttori di giornali e alte cariche religiose, papa compreso, vengono rivenuti dagli indagatori nelle forme e con le tracce più incomprensibili. Un professore di filosofia, che sembra un alter ego di De Turris (si chiama De Tassis), è l'unico ad aver intuito cosa sta succedendo ma, come dice il vecchio adagio di Jonathan Swift, “quando un vero genio appare in questo mondo, lo si può riconoscere dal fatto che tutti gli idioti sono coalizzati contro di lui.” Grande tensione e grande curiosità per comprendere come andrà a finire. Altomare però disinnesca la bomba e lascia aperta la speranza. Con un finale diverso, sarebbe stato un gioiello.

Curioso La Divoratrice di Mostri, in cui Roberto Genovesi punta su archetipi evergreen, quali il gatto guardiano “dell'inferno”, la casa infestata e la creatura malefica imprigionata da un sortilegio in un luogo chiuso che chiede di essere liberata tentando di corrompere l'uomo (ricorda anche il Lucifero cristiano incatenato per mille anni da Dio). Bella dose d'azione e buona caratterizzazione di strani oggetti, dalla forma di palle elettriche fluttuanti, al servizio dei grandi antichi, che si presentano in una forma che non è né animale né vegetale.

Luci e ombre per i due testi sentimentali dell'antologia. Il primo di questi è Sussurra il Mare, firmato dall'unica scrittrice del gruppo (Maria Teresa Casella) che regala una commistione tra Il Richiamo di Cthulhu e Il Modello Pickman. L'acquisizione in eredità di una villetta sulla baia di Arkham dischiude una realtà aliena agli occhi di una giovane pittrice. A fungere da portale tra i due mondi è una reliquia a forma di drappo sacrificale in cui è rappresentata una piovra dallo sguardo intenso. Sospeso tra realtà, sogno e delirio, il racconto della Casella è un elegante elaborato che sfocia in un omicidio finale a metà strada tra la pazzia e l'incubo soprannaturale. Evocativo e culminante in una storia d'amore malato.

Più diretto è Nel Cuore Oscuro del Mondo, forse il più splatter e “mostruoso” del lotto, tanto da ricordare alcuni romanzi di James Kahn (penso a Tempo di Mostri, Fiume di Dolore). Se la Casella è evocativa e accomodante (l'amore si realizza pur nella tragedia), Emanuele Delmiglio è specifico al dettaglio nonché pessimista (l'amore è impossibile e genera orrore). Il protagonista del suo racconto è un soggetto ascoltato e registrato dagli psichiatri dopo che è stato sorpreso a vagare, proferendo strane parole. L'uomo, un contadino veronese dal passato promiscuo e isolato, narra la vicenda che lo ha visto unirsi carnalmente a una creatura, in apparenza donna, imparentata con esseri innominabili e mostruosi. Corridoi e sotterranei aperti su dimensioni parallele costituiscono il limite tra la realtà e il mito, ma anche tra la ragionevolezza e la pazzia, in quello che sembra essere una buona e originale riscrittura di un racconto sui vampiri.

Omaggiano Brian Lumley La Pietra Etiope di Alessandro Forlani e Il Dio che Striscia di Claudio Foti, entrambi interessati a Shudde M'ell e ai lumaconi che inglobano le persone trasformandole in esseri flaccidi e contaminati dal verme. Più visionario il melanconico Forlani che, partendo dai ricordi di famiglia rappresentati da una serie di foto che svelano - a poco a poco - un lontano mistero incentrato su una pietra etiope, immagina realtà alternative dove gli pterodattili sorvolano sulle rovine delle città moderne. Legato alla realtà Foti, che ci porta nei sotterranei romani dove trovano rifugio immigrati e soggetti che cercano di sottrarsi ai controlli della polizia. Tra incubi e realtà, la leggenda del grande verme prende sempre più consistenza, contaminando i corpi e la natura umana.


CONCLUSIONE

Forse non troppo “pompata” dalle Delos Digital, Il Ritorno dei Grandi Antichi ha avuto un'attenzione minore rispetto alla qualità dimostrata. Il volume, presentato in due uscite con racconti inseriti in base all'ordine alfabetico dei cognomi dei rispettivi autori, si presenta, per gli appassionati del weird, quale una delle migliori antologie in assoluto della stagione 2020. Un'uscita che è valsa l'ennesima nomination al Premio Italia, quale miglior curatore, a Gianfranco De Turris, mentre l'antologia è stata inserita in ottava posizione (su una proposta costituita da una quarantina di antologie) all'ambizioso premio senza però centrare, per pochissimi voti, la qualificazione alla finale. Nessuno degli autori ha raggiunto la qualificazione alla finale del Premio Italia. Alessandro Forlani, con sei voti, ha ottenuto il maggior numero di segnalazioni al premio, precedendo Pierfrancesco Prosperi e Matteo Mancini (mi deve aver votato qualche amico, non essendo affatto il mio testo uno dei tre migliori del progetto) inseriti nella seconda parte del testo.

Lo ripeto, per i lettori legati ai miti di Cthulhu è imperdibile e, probabilmente, essendo stata realizzata con un numero limitato di copie, diventerà un volume da collezione. Da comprare.

 
Il curatore GIANFRANCO DE TURRIS.
 
 "In questa antologia non ci sono soltanto le storie di puro orrore, non mancano le storie poliziesche, le storie d'amore, la pura cronaca e addirittura il grottesco, l'umoristico, il sorprendente e il surreale, lo psicologico e il metaletterario."

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