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venerdì 11 ottobre 2019

Recensioni Narrativa: IL TESORO DEI CAVALIERI NERI di Gualberto Titta (Guy de Saint Sever).



Autore: Gualberto Titta (sotto lo pseudonimo di Guy de Saint Sever).
Genere: Horror.
Anno: 1972.
Edizione: Antono Farolfi, collana I Racconti di Dracula, II Edizione, N. 53.
Pagine: 126.

Commento a cura di Matteo Mancini.
Celato sotto il nome di Guy de Saint Sever, Gualberto Titta, meglio conosciuto dai lettori della serie I Racconti di Dracula quale Paul Carter, regala ai lettori un nuovo romanzo horror dalla marcatissima struttura gialla, il nono per la serie, avendo la pretesa di spacciarlo come una storia realmente accaduta.
Il suo è un ritorno, a distanza di sei anni, alla mitica casa editrice di Antonino Cantarella in cui era entrato a far parte dopo ventuno uscite, nel 1961, con Le Belle e i Mostri, romanzo che abbiamo recensito qualche anno fa su questo blog. Titta sceglie per l'occasione un nuovo pseudonimo. Dopo il ricorrente Paul Carter (cinque firme), il teutonico Werner Welgren, con cui aveva firmato nel 1964 i romanzi Il Cane Nero e Il Marchio del Vampiro, e l'inglese Kevin McHynes per Il Canto degli Annegati (1965), è la volta del franco Guy de Saint Sever. Titta utilizzerà tale pseudonimo anche per i romanzi del 1973 La Femmina di Satana e Il Sesso e la Morte. Ricorrerà infine a un quinto pseudonimo per gli ultimi due suoi romanzi della serie I Racconti di Dracula, pubblicati nel 1975 e 1977, per un totale di tredici numeri.

Spacciato per romanzo di lingua francese edito col fantasioso titolo Je T'Aime, Monstre, Il Tesoro dei Cavalieri Neri è un vero e proprio giallo con marcate venature horror ed erotiche. Titta tenta di modernizzare il sottogenere legato ai vampiri, dapprima con una visione fantastica legata alla prematura sepoltura di inividui non ancora morti, quindi optando per una giustificazione psico-sessuale, assai più verosimile, da cui tornare sul versante fantastico (bellissimo il modo attraverso il quale viene ucciso il vampiro, a cui viene iniettato un siero, frutto di un mix di sonniferi, a base di estratti concentrati di aglio). Facendo riferimento al teosofo tedesco Franz Hartmann, Titta scrive che "il vampiro può essere originato dall'errore di aver seppellito, credendola morta, una persona dotata di fervidissima immaginazione. Accade che la forsennata disperazione con la quale le facoltà pensanti e l'anima di detta persona si aggrappano al corpo siano tali da permettergli il ritorno alla via. Ma ciò si verifica sotto una forma diversa dalla normale, con dei caratteri astrali che rendono necessario all'essere tornato di cibarsi di sangue umano." Ipotesi affascinante che viene accennata, ma poi non seguita.

I fatti si svolgono sui Pirenei francesi, nei territori compresi nel vicariato apostolico di Lourdes, in una zona montuosa, piuttosto isolata, flagellata dalla neve. Il protagonista è un medico che, una sera, di ritorno alla propria abitazione, si imbatte alla guida di un'automobole in un'affascinante diciottenne che vaga in solitaria sulla carreggiata. Disidratata dal freddo, la giovane, un turista olandese, viene presa sotto le cure del medico, ma dimostra presto di essere una vera e propria ninfomane amante degli uomini o, se preferite, una mignottona dai facili costumi (eppure con doti medianiche). "E' nel sesso la più alta esaltazione della vita" si legge. Titta introduce così una spiccata componente erotica, pur senza sconfinare nel volgare, innescata da una trama gialla che, al decorrere della storia, assume connotati horror e fantastici (pur se mascherati). Poco dopo l'arrivo della giovane in paese, infatti, viene rinvenuto da alcuni cacciatori un cadavere di un turista dissanguato e con la gola recisa da un'arma affilatissima. Il modus operandi rimanda all'azione di un assassino che ha operato nella Loira e che, dalle ecchimosi rivenute sui corpi, lascia pensare che succhi con le labbra dal collo delle vititme la linfa vitale che porta ossigeno al cuore.
Titta sfoggia uno stile elegante, attento ai dettagli legati ai rudimenti della medicina legale, senza appesantire mai la lettura. Per adeguare il testo al format de I Racconti di Dracula inserisce la presenza di una giovane medium capace di entrare in comunicazione con le anime dei defunti ma, soprattutto, inscena la parte terminale del romanzo all'interno di una chiesetta (di Saint-Gaudens) in cui sono conservati i teschi mummifati di nove templari che, secondo la leggenda, allo scoccare dell'anniversario della loro morte tornerebbero a proferire parola (cosa che puntualmente si verifica!!!). In un mix di fantastico e di poliziesco, il protagonista, afflitto da dubbi di ogni specie che lo portano a sospettare anche della moglie, verrà a capo della soluzione per una storia che fonde la leggenda dei tesori nascosti dei templari alla tematica del vampirismo, usando la struttura del giallo quale veicolo motore.

Romanzo onesto, di piacevole lettura. Non certo un capolavoro, eppure piuttosto quadrato e con risvolti interpretativi di natura psicanalitica. Sul sito La Zona Morta si legge che "presto gli elementi gotici si amalgano con furia trash e il furibondo istinto del sesso avviluppa la morale cattolica perbenista." In effetti, tra le righe dell'opera, sembra emergere una critica da parte dell'autore alla morale italiana degli anni sessanta e settanta, tesa a evidenziarne l'ipocrisia di fondo. Il protagonista, il perfetto borghese legato ai buoni principi, non riesce a placare il richiamo della carne e, pur se alla soglia dei quarant'anni, cede al richiamo della carne e finisce tra le braccia di una diciottenne di strada, salvo poi farsi prendere dai rimorsi e colpevolizzare la moglie, fino a vederla quale il mostro ricercato dalla polizia.
La piccante copertina, che rimanda in parte all'epilogo del romanzo, è dell'eccellente Mario Caria.

L'autore
GUALBERTO TITTA.

"Vampirismo? Si, vampirismo. Ma non quello creato e alimentato dalle antiche, orripilanti leggende nate in Transilvania... No. Vampirismo con un nome, un'etichetta scientifica: EMATOMANIA. Folle avidità di nutrirsi di sangue umano, originata da inguaribili tare psico-sessuali, da perversioni patologiche che spingono chi ne è colpito a commettere con assoluta freddezza e agghiacciante determinazione i crimini più efferati pur di procurarsi di che saziare la propria brama."

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