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lunedì 18 luglio 2022

Recensione Saggi: IL GRANDE LIBRO DI STEPHEN KING di George Beahm

Autore: George Beahm.
Titolo originale: The Stephen King Companion.
Anno: 2021.
Genere: Biografico e Critica Letteraria.
Editore: Mondadori (2021).
Pagine: 648.
Prezzo: 29.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Mammuth edizione Draghi, per intenderci (con pagine bordate di rosso e copertina nera), che la Mondadori ripropone in una nuova e aggiornata versione all'ottobre del 2021. Si tratta di un ampio saggio, in origine pubblicato nel 1989, che ripercorre l'intera vita e la produzione, narrativa e cinematografica, di Stephen King, rendendo accattivante il contenuto grazie al corredo di foto, disegni e interviste di chi con King ha lavorato o convissuto.

Beahm analizza l'universo kinghiano, dalla vita privata alla passione per la musica rock (con tanto di concerti in cui King svestiva i panni dello scrittore per indossare quelli del chitarrista), passando per festival, tour promozionali, pagine internet, collezionismo, edizioni grafiche, cinema e, ovviamente, narrativa. Beahm presenta tutti i romanzi, da Carrie a Billy Summers, ma, salvo i casi più noti, dedica poche pagine a ognuno di essi. Si va da un paio di paginette a piccoli trafiletti nel caso dei romanzi post Il Bazar dei Brutti Sogni. Alcune note sulla trama, qualche rigo di critica estrapolato da riviste o articoli nonché stralci ripresi dalle introduzioni originali di King. Un po' poco. Pur riconoscendo all'autore la necessità di massimizzare lo spazio a disposizione, si ricorda che il volume è formato da circa 650 pagine, a mio avviso un'analisi più approfondita dei romanzi non avrebbe gustato.

Da un punto di vista editoriale, l'edizione è estremamente curata e seducente (perfetta per un regalo). Un fan di King difficilmente ne potrà fare a meno e, di certo, non verrà frenato dal prezzo prossimo alle 30 euro (non esoso, data l'edizione). 25 x 17,50 circa, copertina cartonata, taglio schematico e strutturato attorno a otto parti per un totale di 128 capitoli che volano via senza fatica (un po' noiosa la parte sulle raffigurazioni delle edizioni da collezionisti, credo non presenti sul mercato italiano). Immergersi nella lettura è come compiere un viaggio a ritroso nel tempo, tra aneddoti di vita vissuta e curiosità. Una sensazione che, ne sono certo, non potrà che essere gradita a un personaggio malinconico e legato al passato quale dimostra di essere il buon King (si vedano i vari Il Corpo – alias Stand By Me -, It, L'Acchiappasogni o Revival). Io, per esempio, ricordo molto bene che ai tempi delle elementari (1987-91), quando King era sul mercato da appena una decina di anni, già si parlava di questo scrittore come se fosse un idolo. Le copie di It circolavano negli zainetti e venivano viste come materiale bandito, assolutamente vietato per un minorenne. Una devozione e un culto fuori dalla norma, un parlare e un sussurrare del tutto alieno agli altri scrittori. Appena si proferiva la parola "horror" un solo nome saltava fuori tra i ragazzini di elementari e medie... Non c'erano all'epoca i vari Poe, Lovecraft, Stoker e compagnia. C'era solo lui: Stephen King. Uno scrittore capace di attecchire in lettori giovanissimi, portarli alla lettura e farli sognare (o meglio non dormire, con buona pace di Freddy Krueger). Un vero e proprio fenomeno di massa da studiare nelle accademie letterarie per il modo attraverso il quale dal nulla sia stato costruito un mito destinato a durare nel tempo, se si pensa che in numero di vendite King è secondo al solo William Shekespeare. Per chi è cresciuto negli anni ottanta e novanta, Stephen King è stato un compagno e un amico immancabile, compresi per coloro che non hanno mai aperto un libro. Il cinema infatti lo ha portato nelle case e lo ha sdoganato oltre i confini popolati da quel piccolo zoccolo duro che va sotto il nome di "lettori". Si parlava di film di Stephen King e poco importava se, in fondo in fondo, King ne avesse diretto solo uno (il trascurabile Brivido). De Palma, Hooper, Kubrick, Cronenberg, Carpenter e Romero, pur dall'alto del loro talento, erano nomi che sparivano sotto la gigantografia "STEPHEN KING". Ecco che un'operazione come quella lanciata sul mercato dalla Mondadori non può che ravvivare ricordi personali di molti lettori che con King sono indirettamente cresciuti.


Passiamo ora ai contenuti. Dalla lettura, e questo a mio avviso è un difetto, si percepisce un approccio troppo fazioso. Beahm difficilmente assume un punto di vista imparziale, tendendo a collocare King su un piedistallo protettivo in modo da salvaguardarlo dagli attacchi dei dissidenti, col fine di innalzare la sua produzione al livello dell'alta letteratura. Per Beahm parlare di King è come parlare di Dickens o Faulkner. Credo che in pochi avranno a ridire contro la conclusione che Beahm sia un fan sfegatato di King. È possibile giungere a tale considerazione dall'insistenza nel volerne difendere a spada tratta l'opera omnia dagli attacchi di una certa critica snobista, quella che potremmo definire classica o comunque “letteraria”, che reputa spazzatura la produzione di genere o, in generale, di intrattenimento. La difesa a oltranza si percepisce anche dalla mancanza di un'analisi articolata e comparata della produzione di King. Apprendiamo che King è una vera e propria macchina capace di generare oro, disponibile a venire in soccorso degli emergenti (soprattutto cineasti), ma per nulla disposta a rinunciare ai diritti d'autore derivanti dalle proprie opere e per questo in lotta con diverse delle case editoriali con cui ha avuto a che fare (interessante la parte che tratta i vari passaggi da una casa editrice all'altra con le relative motivazioni). Una personalità mite ed educata, ma antisistema e alle prese con fan invadenti e talvolta tanto folli da ricordare i personaggi che popolano le pagine dei vari Misery e La Metà Oscura.

Poco viene detto circa il tema dell'originalità dei romanzi e delle influenze subite da King. Si dice solo che abbia cominciato a scrivere dopo aver trovato in una mansarda una serie di libri, tra i quali un'antologia di H.P. Lovecraft che King vede come suo primo mentore. A parte il caso de Le Notti di Salem (dichiarato tributo al Dracula di Stoker), non viene fatto cenno ai tanti plagi di cui la produzione dello scrittore del Maine è affetta, si pensi alle troppe similitudini di cui sono portatori romanzi quali La Lunga Marcia (ricorda Non si Uccidono così anche i Cavalli?, romanzo del 1935 di Horace McCoy, uscito al cinema nel 1969), L'Uomo in Fuga (un Robert Sheckley all'ennesima potenza, si veda il racconto La Settima Vittima), Pet Semetary (identico al capolavoro italico Zeder uscito prima del romanzo e diretto da Pupi Avati), Il Gioco di Gerald (si veda il racconto breve La Vasca di Richard Laymon inserito nell'antologia Erotic Horror) e via dicendo. Questo è senz'altro un difetto che rende di parte il volume e per questo particolarmente gradito a quei fan di King per i quali l'horror o il fantastico si ferma alla conoscenza di una decina (lo so, mi piace essere ottimista) di autori.

Ciò premesso Il Grande Libro di Stephen King è un volume che non può mancare assolutamente nella libreria dei fan del maestro del Maine, un testo di gradevole lettura per tutti gli appassionati. Chi potrebbe rimanerne deluso, probabilmente, sono gli accademici e coloro che si aspettano un'analisi dei testi che scenda in profondità rispetto al primo livello di lettura. Critiche queste che non sminuiscono il valore dell'opera di Beahm specie se si tiene conto la natura commerciale del progetto. Non deve infatti sfuggire che Il Grande Libro di Stephen King è un saggio per le masse.

 
L'autore GEORGE BEAHM
 

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