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domenica 25 luglio 2021

Recensione Narrativa: INCUBO di Wulf Dorn.

Autore: Wulf Dorn.
Titolo Originale: Die Nacht Gehoert den Woelfen.
Anno: 2015.
Genere:  Horror/Thriller.
Editore: TEA, maggio 2016.
Pagine: 362.
Prezzo: 5.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini

Debutta oggi sulle pagine del blog il baverese Wulf Dorn. Scrittore piuttosto giovane, classe 1969, con una carriera ventennale da ricercatore e logopedista in una clinica psichiatrica. Un'esperienza fondamentale per i suoi romanzi, dopo aver mosso, a partire dall'età di sedici anni, i primi passi nell'horror con numerose pubblicazioni in giornali, riviste e antologie. È inoltre conosciuto per il suo impegno in veste di traduttore e adattatore dall'inglese al tedesco di testi di David Bowie, Mario Puzo, David Lynch e Francis Ford Coppola.

A rilevare, però, nella sua professione è il contatto e l'esperienza maturata al fianco di pazienti affetti da disturbi mentali, è questa l'arma vincente della sua produzione. Temi come la colpa, la perdita, il male quotidiano, la costante presenza della morte e i fenomeni psicologici sono ricorrenti nella sua opera. Lo stile veloce e rapido, senza fronzoli, e un taglio mainstream rendono i suoi volumi accessibili a tutti tanto da conquistare le platee senza dover attendere il riconoscimento postumo. Sdoganato in Italia dalla Corbaccio nel 2010, è riuscito in poco tempo a scalare le classifiche delle vendite arrivando a tre milioni di copie vendute solo in Italia. Al momento sono nove i romanzi usciti in italiano, con una media prossima a un romanzo per ogni anno. Fondamentale, per l'esplosione del “fenomeno” Dorn, l'uscita del suo romanzo d'esordio, Trigger (“La Psichiatra”, 2010), che lo ha portato ad abbandonare la narrativa breve di matrice horror per passare a un giallo psicologico popolato da incubi e descrizioni oniriche. Pubblicato inizialmente in 50.000 copie, “La Psichiatra” si è trasformato in pochi mesi in un caso editoriale che ha abbattuto le frontiere europee (tradotto in dieci lingue) fino a cambiare per sempre la vita dell'autore per effetto degli introiti connessi al milione di copie vendute. Esportato anche in Sud America (Colombia, Argentina, Cile, Brasile, Uruguay, ma anche Messico), il lavoro di Dorn è stato riconosciuto dalla critica francese che gli ha conferito nel 2014 il prestigioso Prix Polar per il “Il Superstite” (secondo romanzo della sua produzione) eletto miglior romanzo poliziesco internazionale. Tra i vari premi è stato inoltre insignito con l'Elle France Readers Award e il Glauser Prize, quest'ultimo vinto nel 2020 con “Presenza Oscura” quale migliore novella crime. Un ulteriore romanzo capace di regalargli soddisfazioni è stato “Phobia”.

La rivista Oubliette lo ha definito Il Mago del Thriller Psicologico facendo eco alla francese Elle che aveva parlato di “Nuovo Maestro della Suspence Psicologica.” Si è spinta oltre la testata olandese Crimezone che ha titolato: “Hitchcock è tornato!

Quello che oggi ci ci apprestiamo ad analizzare, presentato in Italia col titolo di “Incubo” (in Germania è uscito con il più calzante “La Notte Appartiene ai Lupi”), è il suo sesto romanzo, peraltro ambientato nell'immaginifica Fahlenberg, città spesso al centro dei romanzi dell'autore. Si tratta di un testo che è risultato vincitore nel 2016 in Germania del Hansjorg Martin Award quale miglior romanzo.

                                                                          La copertina della versione italiana.

Romanzo scritto con uno stile snello (anche se ci sono diversi capitoli tagliabili in cui Dorn inserisce dati irrilevanti), di facile accesso per ogni tipologia di lettori, nonostante un retrogusto horror che rende manifesto il background letterario di Dorn. Diviso in quattro parti, si tratta di un lavoro a fortissima componente psicologica. È proprio la dimensione psicologia del protagonista, un adolescente dimesso dalla clinica psichiatrica dopo la morte dei genitori, a costituire il fulcro del romanzo, ben al di là dell'intreccio (secondario al resto). Rimasto privo di genitori, indirizzato verso un collegio da una zia che non intende gestirlo e con un fratello maggiore prossimo ad andare a vivere in un'altra città con la fidanzata, Simon Strode vive, combattuto dai ricordi e dalla paura dell'abbandono, quella che potremmo definire l'ultima vacanza dell'innocenza.

Dorn spende molto nella caratterizzazione mentale del soggetto, delineando quello che potrebbe sembrare una vera e propria evoluzione verso il recupero integrale da uno shock che ha minato la mente del giovane protagonista. Il ragazzo, a poco a poco, tende a superare i propri freni inibitori, acquisisce maggiore coraggio e, nonostante gli incubi che gli impediscono di riposare sereno, si spinge in azioni a dir poco ardimentose. A smuoverlo dall'apatia è una giovane ragazza, anch'essa ribelle, problematica e di lui innamorata. L'amore sembra dunque la medicina per vincere ogni male. I due si improvvisano addirittura indagatori, raccogliendo prove decisive per venire a capo di quella che ha tutta l'aria di essere una catena di crimini messa in atto da uno sconosciuto maniaco. Attenzione, però... come si avverte nell'ultimo rigo della quarta di copertina, “niente è come sembra.”

L'ultimo capitolo, infatti, riabilita (in parte) un romanzo fin lì piuttosto piatto e telefonato, pur se cadenzato da un ritmo discreto infarcito di rimandi psicanalitici (la ricorrente immagine della porta) e da un'indubbia capacità di narrare per immagini. Così abbiamo un'atmosfera quasi kinghiana, con la location di un hotel abbandonato immerso nel verde, a cui si accede attraverso una serie di sentieri, incastonati tra i boschi di un'immaginifica cittadina tedesca, su cui il “nostro” si muove in sella a una vecchia mountain bike. Dorn piazza un colpo di coda finale importante, una soluzione (non proprio inimmagibabile per il lettore) che riscrive l'intera storia, portandola dalla dimensione giallo/horror a quella della tragedia di matrice psicologico/psichiatrica. Certo, la costruzione del soggetto resta debole per un romanzo che possa avere una qualche velleità autoriale o all'insegna dell'originalità. Si ha la sensazione che il testo sia stato concepito per ragioni meramente commerciali, ideato in fretta e furia per rispondere alle pressanti richieste editoriali. In altre parole, si ha l'impressione di un Dorn poco ispirato, ma abile a dilatare sulla lunga distanza un soggetto privo di una forte idea di fondo. Lo scrittore tedesco costruisce il tutto partendo dal finale e su questo monta il resto, plasmando un prodotto mainstream da lettura estiva al fresco ristoro degli ombrelloni. Molto apprezzato dai lettori, a mio modo di vedere ben oltre i meriti, su godreads ha un pregevole voto di 3,81 su un massimo di 5,00 ottenuto dalla media di 1.157 voti.

 
L'autore WULF DORN
 
"L'ho sempre detto, io: nella fantasia tutto è possibile."
 
 

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