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domenica 23 maggio 2021

Recensione Narrativa: LA GIOVANE VAMPIRA e Altri Misteri di J. H. Rosny


Autore: J. H. Rosny ainé.
Anno: 1895-1923.
Genere: Horror/Fantastico.
Editore: Edizioni Hypnos, 2020.
Collana: Impronte.
Pagine: 230.
Prezzo: 15,90 euro.

Commento Matteo Mancini.

Uscito nell'ottobre del 2020, La Giovane Vampira e altri Misteri costituisce il giusto tributo a un autore clamorosamente ignorato da molti saggisti italiani. J. H. Rosny ainé, pseudonimo del belga naturalizzato francese Joseph-Henri Boex, trova la sua giusta dimensione grazie alla Hypnos Edizioni e al lavoro della curatrice e traduttrice candidata al Premio Italia 2021 Elena Furlan.

L'AUTORE

Scrittore in auge sul finire dell'ottocento e in opera fino agli anni quaranta, con oltre cinquanta pubblicazioni all'attivo, Rosny ainé, ovvero “il vecchio” per differenziarsi dal fratello che si firmava J.H Rosny con l'aggettivo jeune (“il giovane”), è stato definito in Francia “il fondatore della fantascienza moderna” e valutato, da alcuni, superiore persino a Jules Verne1. Cresciuto sotto gli insegnamenti di Emile Zola e della corrente del naturalismo, modificò a poco a poco la propria impostazione in vista di un fantastico, anticipatore di quel weird che avrebbe poi preso campo negli Stati Uniti, che prese il nome di merveilleux scientifique. Rosny ricorre alla scienza per cercare di sciogliere gli enigmi di un soprannaturale accettato e studiato dai suoi personaggi, compresi medici e scienziati, perché in esso si celano possibilità di progresso. "Ci furono uomini e donne che seppero guarire non con l'aiuto di formule e semplici, ma per non so quale divinazione sottile e quale uso geniale delle forze minuscole che i nostri fisiologi cominciano appena a sospettare." Autore molto pragmatico e, al contempo, di mentalità aperta, capace di immedesimarsi nel diverso fino a calarsi nei panni del mostro che diviene da nemico da combattere a vittima da comprendere e metabolizzare in vista di un'accettazione che non ammette confini. Rosny ha una visione dell'uomo quale essere arrogante che pretende di avere tutto sotto controllo, quando invece è una mera pedina di un "gioco" molto più grande di lui. I sensi umani sono limitati, ciò che si vede non è l'effettiva integralità di quanto davvero ci circonda, ma solo una risultanza parziale. Rosny intuisce l'esistenza di più piani di realtà, popolati da esseri che talvolta riescono a entrare in relazione con l'uomo (si veda La Jeune Vampire) e talaltra non sono compatibili a esso (risultando invisibili) pur coesistendo su un medesimo piano esistenziale (così in Un Autre Monde). L'autore sembra tuttavia essere interessato alla compenetrazione tra l'uomo e gli esseri dell'altrove, un'impostazione che sembra derivare da Arthur Machen (si veda The Great God Pan, 1895, o The Green Round, 1933) volgendo però il tutto dal pessimismo all'ottimismo. Le relazioni interrazziali del francese generano "mostri buoni", che cercano di accettare sé stessi, conquistare l'amore dell'uomo e, al tempo stesso, farsi comprendere dalla scienza. Così avviene ne La Jeune Vampire (1911), ma anche in Un Autre Monde (1898) o ne L'Enfant de la Naiade (1904). Le creature dell'altrove non sono malefiche, sono semplicementi altri esseri. Non sempre Rosny è chiaro nel portarle in scena. Spesso l'interferenza avviene senza che sia presentata solida giustificazione, aspetto che pare essere un limite di gestione dell'autore. Ne La Jeune Vampire si assiste a una sorta di possessione spirituale per mano di un essere, proveniente da un mondo di dolore, che si ritrova nel corpo della protagonista dopo che questa era stata dichiarata morta, riportando così in vita il corpo con il nuovo vezzo di suggere sangue alla maniera di una sanguisuga e un pallido colorito sul volto. "Non sono cattiva, sono disgraziata" rivela la vampiressa, costretta a nutrirsi col sangue umano per non morire. Così come lo spirito è penetrato all'interno del corpo, però, alla stessa maniera ritorna nella sua dimensione, gettando nella confusione la giovane donna, di nuova tornata all'interno del proprio corpo, e lasciando il tutto in sospeso tra paranormale e delirio psichico. Interessante anche l'atteggiamento di coloro che si trovano alle prese con la vampiressa. Questi, infatti, non cercano di uccidere l'essere o di liberare il corpo, non giudicano la vampiressa e non cadono vittima delle superstizioni, anzi accettano l'evento come dato di fatto e cercano di prestare soccorso e studiare il fenomeno per comprendere i misteri.

In Un Autre Monde l'insorgere del paranormale resta misterioso anche per il protagonista, che nasce diverso rispetto a tutti gli uomini, con la sua pelle violetta e gli occhi così neri da offrire agli interlocutori la sensazione di essere alle prese con un cieco. Più veloce nel pensare e nel muoversi, eppure impacciato e indaffarato nel parlare e nello scrivere, l'essere si ritrova capace di vedere in modo diverso al punto da intravedere un mondo altro popolato da strane creature immateriali e dominato da colori inimmaginabili all'uomo. Diventerà oggetto di studio. Ne L'Enfant de la Naiade l'ibrido deriva dall'unione tra un uomo e una ninfa che, ogni sera, esce dalle spume di un lago per abbracciare il suo amore umano. Rosny è tutt'altro che bacchettone. Il prodotto dell'interazione con gli esseri dell'altrove non conduce alla perdizione o al vizio, né vi è traccia di peccato o ammonimento. Ciò che spicca è il forte desiderio di integrazione, la volontà di fuggire dalla solitudine e farsi accettare. La diversità diviene un qualcosa che punta a trasformarsi in valore aggiunto e non in un orrore da esorcizzare. "Che me ne facevo del mistero dei viventi, e persino della dualità di due sistemi vitali che si attraversavano a vicenda senza conoscersi? Quelle cose avrebbero potuto inebriarmi, riempirmi di entusiasmo e di ardore, se avessi potuto comunicarle o condividerle in qualche modo" sostiene il protagonista de Un Autre Monde. Rosny è ottimista, vede nella scienza e negli scienziati degli amici del diverso, individui pronti al soccorso e alla comprensione in vista di un progresso che possa apprendere dal soprannaturale senza preconcetti e posizioni cristallizate dall'incontestata fede nel dato empirico.

Massimo Del Pizzo, grande studioso di Rosny, parla dell'autore quale “il più visionario dei naturalisti e il più naturalista dei visionari.2

Eppure in Italia il nome Rosny è stato del tutto ignorato dagli studiosi. Allo stesso modo del Dizionario dell'Orrore di Gianni Pilo, le guide Odoya ignorano del tutto lo scrittore, ivi comprese quella della Letteratura dell'Orrore (2014) e quella della Letteratura di Fantascienza (2013), così come lo aveva ignorato la Guida della Longanesi degli anni settanta. Per trovare dei cenni all'autore si deve ricorrere al volume di derivazione francese Les Maitres de l'Étrange (1981), tradotto in Italia nel 1983 dall'Edipem, e a un articolo panoramico sulla narrativa fantastica francese firmato da Cesare Buttaboni3 che individua Rosny quale precursore lovecraftiano.

La ragione del disinteresse è alquanto oscura e incomprensibile, dal momento che la prima traduzione italiana dell'autore risale al lontano 1905, quando la Sonzogno dette alle stampe Il Milionario. Proprio la casa editrice milanese, insieme alla Delta (Il Testamento Rubato) e alla Bietti (La Cortigiana Appassionata), nei primi anni del novecento, ha proposto numerose opere di Rosny ainé, tra cui L'Eredità, Il Vello d'Oro, L'Altra Donna, Amore Etrusco, Vamireh, La Donna Scomparsa e soprattutto La Guerre du Feu (1909), romanzo d'avventura tra i più famosi dell'autore grazie anche alla trasposizione cinematografica del 1981 di Jean-Jacques Annaud, poi ristampato nel corso degli anni, sempre da Sonzogno, nel 1932 e nel 1959, oltre che da Bompiani (1982) ed Editrice Nord (2000). Anche L'Etonnant Voyage de Hareton Ironcastle è stato pubblicato, sotto il titolo Terra Inesplorata, da Sonzogno nel 1937 e nel 1960. Interessante poi l'antologia Altri Mondi curata dall'Editrice Nord che, nel 1988, ha pubblicato quattro racconti lunghi, tra cui il celebre Les Hipehuz, indicato quale la prima opera fantascientifica in cui sono concepite intelligenze estranee all'umanità che pensano in modo non umano, e La Mort de la Terre, dove si narra l'avventura dell'ultimo uomo sulla terra.

L'interesse verso l'autore belga è di nuovo esploso negli ultimi dodici mesi. La Palindromo, casa editrice di Palermo, nel marzo del 2020 ha pubblicato, corredando il tutto con valido apparato saggistico, Les Navigateurs de l'Infini (I Navigatori dell'Infinito) e Les Astronauts (Gli Astronauti), due racconti lunghi al centro della produzione fantascientifica dell'autore. Sette mesi dopo, la Hypnos, tramite Elena Furlan, ha cercato di completare il campo offrendo uno sguardo sulla narrativa del terrore o comunque macabra dell'autore, proponendo per la prima volta in italiano il classico La Jeune Vampire, rivisitazione in chiave originale del vampirismo, seguito da altri quattordici racconti sospesi tra fantastico e realismo macabro con punte grandguignolesche. A undici mesi dalla pubblicazione della Palindromo, le Edizioni Profondo Rosso hanno completato l'offerta proponendo Gli Orrori dell'Inferno Verde, a corredo di una trilogia che comprende anche I Navigatori dell'Infinito e La Forza Invisibile.

È pertanto non del tutto corretto sostenere, come fatto da Ivo Torello nella dotta analisi pubblicata al termine del volume Hypnos, che solo recentemente, grazie alla Palindromo, i lettori nostrani hanno potuto avvicinarsi alla produzione di questo autore. I romanzi editi dalla Sonzogno nel primo ventennio del novecento, infatti, sono facilmente acquistabili sul mercato dell'usato, ma nonostante ciò i saggisti italiani sembrano essersi dimenticati dell'autore che, riproposto di recente sul versante fantascientifico e fantastico, resta in Italia non ancora adeguatamente approfondito per quanto concerne la produzione avventurosa. Rosny è infatti famoso oltralpe per i “romanzi preistorici”, tra cui Le Felin Geant (1918) e Helgvor du Fleuve (1930), opere da cui emerge una visione della creazione non antropocentrica, essendo l'uomo una mera creatura, emersa dal grande magma dell'universo, destinato a regnare nell'immensità della creazione per una breve e risibile parentesi. Un'impostazione, questa, in anticipo sulla cosmogonia di Lovecraft ma, a differenza del solitario di Providence, caratterizzata da uno spiccato romanticismo non minato dal pessimismo e dall'ineluttabilità della condizione umana. Rosny è pertanto uno scrittore particolarmente moderno rispetto agli anni che lo vedevano in opera, allineato su valori che fanno dell'integrazione e del rispetto della natura i capisaldi di un artista che riconduce l'uomo nella dimensione di semplice componente di una realtà assai più vasta, un universo su cui non può certo ergersi a dominatore incontrastato.

 
Il dittico proposto dalle Edizioni Palindromo.
 

La recensione dell'antologia

La Giovane Vampira e Altri Misteri propone quindici racconti, scelti da Elena Furlan, scritti tra il 1885 e il 1923, così da allestire un campionario variegato utile a rappresentare in modo onnicomprensivo l'anima nera di Rosny ainé. Troviamo, in prevalenza, racconti brevissimi, in aggiunta a tre novelle di lunghezza compresa tra le cinquanta e le trenta pagine circa, che spaziano da un fantastico che guarda a un soprannaturale su cui la scienza cerca di comprenderne gli enigmi a una tipologia di racconto nero di impronta realistica vicino a quel naturalismo che rientra nel solco tracciato da Emilé Zola. Inutile sottolineare la maggiore qualità della prima tipologia di racconti. Rosny ha il merito di cercare di liberarsi dalle maglie del gotico ottocentesco. I suoi racconti fantastici tentano di riscrivere il genere metabolizzando figure archetipiche quale il mostro, il vampiro o il doppelganger, per riproporle sotto una diversa luce. Interessante, per l'apporto apparentemente innovativo, è Un Autre Monde (1898), in cui Rosny immagina l'esistenza di una serie di creature invisibili agli occhi umani, ma non a quelli del protagonista, che convivono senza saperlo al mondo in cui noi stessi viviamo. Si tratta di un'idea che, nel periodo, era stata accennata da Arthur Machen, autore gallese che qualche anno dopo espliciterà il concetto in modo poi non troppo dissimile da Rosny. Se però Machen intravede una possibilità, seppur remota, di interrelazione (nefasta) tra i due mondi coesistenti, Rosny tende a escluderla. Inoltre il mondo occulto del francese è estremamente originale, estraneo al folklore e persino incomprensibile alle limitate conoscenze umane. Un aspetto che viene ripreso anche da quello che è il vero e proprio capolavoro dell'antologia: La Jeune Vampire (1911), un racconto molto allusivo, che lascia tanto all'immaginazione del lettore.. Qui Rosny parte dalla tradizione vampiresca portata al successo definitivo da Bram Stoker, ma già in auge in Inghilterra e Francia, per riscriverla in un'ottica del tutto nuova. Il vampiro, o meglio la vampiressa, viene liberato da ogni carica di corruzione sessuale e da ogni caratterizzazione negativa, prendendo la veste del diverso da aiutare e comprendere. La vampiressa è una disgraziata, un essere costretto a cibarsi di sangue per sopravvivere, che brama l'amore puro e casto. Se Van Helsing e i suoi collaboratori praticavano iniezioni di sangue, qua il dottore protagonista porta cavie umane che si prestano a farsi succhiare la linfa vitale guidati da una solidarietà che ha del commovente. I morsi del vampiro infatti non condannano alla dannazione, rispondendo più a un desiderio animale che satanico. Pur se cadaverica nel colorito, la vampiressa non sfodera i tradizionali canini ma tende a suggere il sangue alla maniera di una sanguisuga, aspirandolo senza infliggere ferite lacero contuse. Ogni riferimento religioso viene cancellato, resta soltanto il riferimento a un mondo altrove, un'esistenza sfuggevole agli umani, incomprensibile, dove la sofferenza è di casa e da cui le anime possono fuggire (non si spiega né come né perché) per prendere possesso di corpi liberati dalle anime trapassate. Rosny introduce una sua riflessione sull'amore, tendendo a riconoscerlo nella passione e nell'attrazione della carne piuttosto che nel cosiddetto coinvolgimento cerebrale. Il protagonista si innamora del corpo della donna, al punto da seguirla anche nell'eventuale dannazione, poco importando chi sia l'essere interiore che guida la stessa. In questo ricorda molto il protagonista di Lady of the Shroud (La Dama del Sudario, 1909) di Bram Stoker. Quando il corpo subisce il cambiamento dell'anima, dovuto dal passaggio dello spirito del vampiro e poi al ritorno dell'originale anima che guidava la macchina umana, il protagonista persiste nel nutrire i medesimi sentimenti, non gli importa chi sia realmente la persona che ha davanti. Ciò che conta è il corpo. Valore aggiunto al testo è l'unione carnale tra l'uomo e l'essere mostro, una trovata che, partendo da The Great God Pan (1895) di Machen, anticipa di anni il capolavoro Rosemary's Baby (1967) di Ira Levin, proponendo l'amore incondizionato dei genitori verso il figlio “mostro”. Machen tuttavia ammiccava al peccato, alla trasgressione e alla liberazione degli impulsi animali. Rosny no, il francese è un poeta guidato dall'ottimismo e dalla fiducia sia nel diverso che nello sconosciuto, un artista che suggerisce la fusione tra creature diverse in vista del progresso (approccio assai diverso da Lovecraft). Temi già presenti in Un Autre Monde, ma qua resi in modo più manifesto. Segue la medesima via, pur se più convenzionale e allineata alla produzione di Algernon Blackwood, L'Enfant de la Naiade (1904). Rosny ipotizza l'esistenza, in tempi remoti, di creature quali satiri, oreadi e naiadi. “Mi domando se questa terra che abitiamo non sia stranamente cambiata negli ultimi tre o quattromila anni... Se per esempio non siano realmente esistite oreadi, satiri e naiade.” Il racconto, ovviamente, suggerisce una risposta positiva. Il protagonista narra una serie di incontri amorosi intrattenuti con una ninfa, “vestita solamente del suo manto di capelli bluastri”, emersa per un'intera estate dalla spuma delle acque di un lago. Come ne La Giovane Vampira dall'unione con la creatura fantastica nasce una figlia che, ovviamente, incarna caratteristiche sovrumane. Ancora una volta però non vi è traccia di condanna sessuale o di perversioni da cui è bene tenersi lontani.

Un quarto racconto che prende le mosse dalla tradizione fantastica, questa volta legata a E.T.A. Hoffmann e ad E.A. Poe, è L'Assassin Surnaturel (1923), dove la tematica dei delitti delle camere chiuse si incontra con quella del doppelganger. Rosny, più abile che altrove nel creare un'atmosfera opprimente, intesse un intreccio giallo che tiene in costante tensione il lettore (aspetto non presente negli altri testi). Da questo punto di vista è di gran lunga l'elaborato migliore dell'antologia, grazie a una trama gialla che, a poco a poco, scivola in un fantastico che ammoderna i più tradizionali cliché utilizzati. Il doppelganger diviene effettivo e caratterizzato da una sua autonomia rispetto alla fonte originaria. La morte del doppio, per intenderci, non porta alla morte dell'altro, come ne Il Ritratto di Dorian Gray o in William Wilson. Esso infatti è una concreta emanazione dell'uomo, un qualcosa che acquisisce indipendenza (si veda certa narrativa di Stephen King) e costituisce la materializzazione della lotta che un animo inquieto fa con sé stesso. Interessante la caratterizzazione fisica, senza peso specifico, che il doppio ha, tradendo una natura che di umano ha il solo involucro esterno. Una particolarità che getta nello sconforto i poliziotti chiamati a indagare sul caso e il tradizionale scienziato rosnyano subito pronto ad accettare il sovrannaturale per permettere alla scienza di compiere progressi. Un bel racconto, poco da dire.

Un quinto racconto degno di nota è La Plus Belle Mort (1912), breve testo in cui Rosny riprende le tematiche care ad Ambrose Bierce trasformando però ancora una volta in una prospettiva positiva l'evento tragico con cui chiude il narrato. Ambientato sul teatro di scontro della guerra di secessione, la storia propone l'amore tra due giovani innamorati che, durante un pausa tra una battaglia e l'altra, si concedono il loro primo bacio, venendo nell'esatto istante della congiunzione delle labbra decapitati da una cannonata. “Non restarono che due corpi allacciati, due corpi decapitati da cui il sangue sgorgava a fiotti.” Rosny parla del momento quale apice massimo nella vita di un uomo, in una prospettiva che trasforma il sarcasmo macabro dell'autore de Il Dizionario del Diavolo in un romanticismo tipico della penna del francese. Romanticismo che si ripropone, in tonalità più strazianti, nel poetico Le Jardin de Mary (1895), in cui si parla degli attimi immediatamente precedenti alla dipartita della persona amata.

Questi sono, di gran lunga, gli elaborati più riusciti. Per il resto, l'antologia è formata da testi rapidi, scritti in modo immediato e non troppo elaborato. Rosny fornisce spesso la sensazione di non sviluppare a dovere le sue trame, limitandosi a brevi cenni narrati da un personaggio a un altro, alla maniera di leggende metropolitane. Storie spesso drammatiche, imbevute da toni macabri se non addirittura grandguignol. Omicidi brutali, in alcuni casi compiuti da bambini più o meno consapevoli delle loro azioni (“Le Pendu”, “Le Clou”, “Le Hanneton” e “Le Dormeur” ), eventi tracciati da un destino ineluttabile a cui, nel bene o nel male, non si può sfuggire (“Mystere”) e storie di accennata licantropia, più mentale che fattuale ma non per questo meno concreta (“Le Lion et le taureau”), si alternano. Non mancano racconti sarcastici che giocano sulla superstizione (“Le Mouvais Oeil”) o testi in cui la superstizione dimostra di avere basi solide che superano la scienza (“Le Mage Rustique”).

Questo il mondo macabro di Rosny che le Edizioni Hypnos finalmente propone, rendendo giustizia a un autore che meritava di esser sdoganato in Italia oltre alla dimensione fantascientifica fin qui divulgata. Testo forse non per tutti, talvolta un po' datato, più adatto agli studiosi di fantastico che a coloro che sono alla ricerca del mero intrattenimento. Elegante il formato tascabile garantito dall'appartenenza alla collana Impronte. Perfetta la traduzione di Elena Furlan.

1Così ne Maestri della Letteratura Fantastica, Edipem, 1983, p. 78.

2Massimo Del Pizzo, Il più visionario dei naturalisti e il più naturalista dei visionari, in La Guerra del Fuoco, 2000, Editrice Nord.

3Cfr Cesare Buttaboni, La Letteratura del Terrore in Francia, in Hypnos 10, Hypnos, Autunno 2019, p.92-93.

 
L'autore J. H. Rosny ainé
 
"Il giorno in cui dovessimo ottenere nozioni precise sui fatti dell'Aldilà, non ci sembrerebbero più sorprendenti del prodigio del nostro corpo, o dei milioni di fibre nervose che coordinano le rivelazioni del mondo esterno. Sono quasi certo che innumerevoli esseri invisibili si muovano attorno a noi; l'universo così mi sembrerebbe molto più logico e coerente che se supponessi degli spazi vuoti di energia e di vita."

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