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domenica 11 aprile 2021

Recensione Narrativa: BUCKNER J. GRIMES - IL TORNADO DEL TEXAS di Robert Ervin Howard.


Autore: Robert Ervin Howard.
Anno: 1936.
Genere: Antologia Western.
Editore: Providence Press, 2018.    
Pagine: 112.
Prezzo: 12,90 euro.


A cura di Matteo Mancini. 

Dopo Sfida al Canyon Infernale, uscita nel 2014 per Fratini Editori qu in passato recensita, ecco la seconda raccolta western sul mercato italiano realizzata pescando dalla sterminata produzione dello scrittore texano Robert E. Howard. La propone il duo bolognese Calvitti-Ortolani, della Providence Press, che ha deciso di raccogliere il breve ciclo del pistolero combina guai Buckner J. Grimes, così da saggiare il palato dei lettori. Purtroppo, o per fortuna, il volume, pubblicato in serie limitata, è destinato a diventare da collezione. Sembra infatti che le copie siano esaurite e che non sia programmata una ristampa.

Famoso soprattutto per essere ideatore di personaggi come Conan il Barbaro o lo spadaccino puritano Solomon Kane, ma anche quale autore di narrativa del terrore che ha fatto la fortuna della rivista pulp Weird Tales, Howard ha scritto di tutto, specificando all'amico di penna Howard P. Lovecraft, qualche mese prima di suicidarsi, che avrebbe indirizzato ogni suo sforzo futuro sulla narrativa western.

Le storie western del texano, caratterizzate da azione, scazzottate, sparatorie e dialoghi fumettistici tanto da poter esser reputate delle antesignane dello spaghetti western (piuttosto che del western cinematografico americano), sono ai giorni d'oggi meno richieste sul mercato rispetto alla narrativa fantastica, ma non per questo si può pensare di trascurarle. Il trittico scelto dalla Providence Press, impreziosito da un weird western di Otis A. Kline (il manager di Howard) che poi si scoprirà essere una fandonia raccontata da un viaggiatore di un treno a un appassionato di romanzi, è tutto incentrato su Buckner J. Grimes. Si tratta di uno degli ultimi personaggi ideati da Howard, ancora piuttosto abbozzato nella caratterizzazione con uno sviluppo del personaggio, probabilmente, in divenire. Appena tre le storie che compongono la serie, due delle quali - Knife-Rivel Prodigal (Il Prodigio di Knife River) e A Man-Eating Jeopard (Il Jeopardo Mangiauomini) - strettamente correlate, non tanto per essere uscite rispettivamente nel 1937 e nel 1936 su Cowboy Stories, ma per il mostrare il protagonista durante il suo viaggio, in sella cavallo del fratello, dal Texas alla California. Scapestrato, un po' Trinità di Terence Hill, Buckner viene buttato fuori di casa dal padre (di cui lui ricorda sempre le massime), perché non ne può più delle sparatorie e delle scazzottate in cui il figlio è spesso coinvolto. A differenza di altri personaggi di Howard, Buckner non è di mole ciclopica, ma è tremendamente veloce con la pistola (porta due calibro 45 nel cinturone, oltre l'inseparabile bowie) e potente nello sferrare i pugni. Cavaliere verso le donne oltre che di indole buona e di volto onesto, finisce per trovarsi in risse e regolamenti di conti giostrati da bande di manigoldi e prepotenti che lui sembra attrarre con una certa predilezione (“ho giusto buttato le bottiglie in disparte, e che ci potevo fare se si sono tutte spaccate proprio addosso alla porta del retrobottega?”). Nella prima storia libera un paese dall'azione di una banda di bulli, trovandosi eletto sceriffo dopo aver prima oziato con la banda stessa. Un ruolo che però non vuol ricoprire, un po' come molti dei personaggi dei futuri film western, perché “pa' gli ha detto che deve raggiungere la California” e lui non può disobbedire. Nella seconda storia, sempre in viaggio verso l'indicata destinazione, si trova a fare il terzo incomodo in un paese conteso da due bande. No, niente a che fare con il Clint Eastwood de Per un Pugno di Dollari, Buckner è troppo onesto per fare il doppio gioco. Sceglie il bene (o il meno peggio) e lo fa per mero altruismo, senza utilità o tornaconti. Il Jeopardo Mangiauomoni è un testo più articolato, l'unico a esser uscito quando Howard era ancora in vita, che si conclude in modo simile al primo episodio, Buckner non può restare specie in un posto dove non si apprezza l'arte (il riferimento va a un suo disegno di un leopardo scambiato dal cattivo di turno per una puzzola!?).

È invece diverso Ring-Tailed Tornado (Il Tornado Furioso), forse il migliore del lotto, che vede Buckner partire per una missione determinata: recuperare la donna di un avversario in amore, così da accasarlo e porre fine a ogni pretesa dello stesso verso la donna sbagliata. Buckner non sa però di esser stato giocato dal rivale e si troverà pertanto vittima di un raggiro, che lo vedrà contrapposto a due gruppi distinti di spacconi. Inoltre, come in ogni storia d'amore che si rispetti, tra i due litiganti... il terzo gode.

Tratterrò nel dettaglio le varie storie, oltre a molteplici altri western scritti da Howard nell'articolo ("Robert Ervin Howard e il Western") che mi è stato commissionato da Zotique e che uscirà nel secondo volume dedicato dalla rivista all'autore texano. Posso qua aggiungere che il ciclo Buckner è intriso di una forte ironia che però non lo rende affatto una parodia. Il “nostro” è uno smargiasso e, se contrapposto ai bulli, persino provocatore, tuttavia è retto da sani principi, con una natura cavalleresca. Ci sono momenti comici, una comicità inserita in storie alla Howard, dove si spara, si mena e si muore in quantità. Intrattenimento puro, con noia esorcizzata e ritmo vorticoso dall'inizio alla fine. Un limite? Forse manca un sottotesto e uno sviluppo complesso così da andare oltre a storie orientate unicamente a creare azione con tutti gli stereotipi del settore, ivi compresi i saloon, i giocatori di poker, gli sceriffi corrotti, le colt fumanti e le lunghe galoppate attorniati da pareti rocciose. Nessuna traccia degli indiani o di ruoli femminili determinanti. Howard avrebbe di certo amato gli spaghetti western, così come gli amanti degli spaghetti western non potranno non amare le sue storie western: no story, no scenes... just killing!

 

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