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mercoledì 1 maggio 2019

Recensione Narrativa: BUICK 8 di Stephen King.



Autore: Stephen King.
Titolo OriginaleBuick 8.
Anno: 2002.
Genere:  Horror/Fantastico.
Editore: Sperling & Kupfer.
Pagine: 457.
Prezzo: 10.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.
Trentanovesimo romanzo di Stephen King, computando nel conteggio quelli firmati Richard Bachman e quelli della saga della Torre Nera. Viene dato alle stampe nel 2002, pur essendo stato iniziato nel 1999. Stephen King lo concepisce quale racconto, prendendo ispirazione da una scivolata sul retro di una stazione di servizio in Pennsylvania. Avvia le mosse da questo episodio per intessere un soggetto che trova lo scoglio costituito dalla poca conoscenza della Pennsylvania e, soprattutto, della polizia locale del luogo, contesto attorno alla quale l'autore decide di costruire un horror dalle valenze esistenziali. A complicare la gestazione subentra l'incidente quasi mortale che porta King a un passo dalla morte, investito da un ubriaco mentre stava passeggiando a bordo strada. La coincidenza tra quanto scritto (il padre del protagonista viene investito da un camion) e quanto subito sulla propria pelle porta l'autore del Maine ad accantonare il progetto, salvo riprenderlo alcuni anni dopo, per ultimarlo nel 2002. L'idea di dar vita a un racconto si sviluppa, e forse è un male (perché la minore distanza avrebbe reso più coinvolgente il prodotto), nella sostanza di un romanzo di quasi cinquecento pagine, a pochi mesi di distanza dal capolavoro Il Miglio Verde. Penalizzato da un ritmo alquanto lento e da una struttura frammentaria, realizzata per effetto di una serie di flashback, Buick 8 è una riflessione su quale sia il senso della vita, se davvero ve ne sia uno. King scrive che se nel testo c'è un messaggio questo è da ricercare in una meditazione sulla fondamentale indecifrabilità degli eventi della vita, e su come sia impossibile trovarvi un significato coerente.”

King utilizza quale ideale cavallo di Troia per entrare nel cuore della riflessione una Buick Roadmaster del 1954, che fa la sua prima comparsa in una stazione di servizio nel 1979 (la storia si dipana per quasi trent'anni, tra poliziotti che vanno in pensione, altri che scompaiono e altri che subentrano). L'oggetto è solo all'apparenza un'automobile, non essendo dotata degli elementi necessari a conferirgli il movimento. Si tratta, in realtà, di un qualcosa di incomprensibile. Un oggetto o, forse, un essere vivente capace di auto-ripararsi, di aprire le portiere per conto proprio, di emettere ronzii e, in modo ancor più incomprensibile, di mettere in relazione il mondo umano con quello di un'altra dimensione, proprio come farebbe un aspirapolvere che introietta elementi di un mondo ed espelle quelli dell'altro. Addirittura si sospetta che sia un essere senziente, capace di pensare e influenzare chi lo osserva, alla maniera di un incantatore che allenta i freni inibitori della vittima e la conduce in trappola. 

King non inventa niente. Guarda alla narrativa di Lovecraft, al celebre racconto From Beyond (1934) da cui arriva l'idea di una macchina che riesce a congiungere la dimensione umana con quella dell'altrove, determinando il passaggio di creature ostili e dotate di caratteristiche mortali per la razza umana. Una tematica che l'asso del Maine aveva già affrontato, con maggior senso dell'azione e capacità di evocare terrore, nel bellissimo The Mist, racconto lungo che apriva l'antologia Scheletri (1985). A differenza del Solitario qua sfuma il mistero. Non è tanto il fantastico che interessa l'autore, ma sono i rapporti umani che legano i componenti di un comando di polizia a calamitarne l'attenzione. Una visione romantica, quella di King, tutta fondata su un legame vicino a quello familiare, in cui fratellanza, mutuo soccorso e sopratutto complicità sono i cardini che si antepongono alle gerarchie di lavoro. I poliziotti della squadra D fanno quadrato intorno a loro, celano la Buick in un capannone e non ne fanno voce con nessuno, neppure con i familiari. Si ergono a difensori dell'umanità al cospetto di un oggetto che non possono comprendere e che decidono, con i mezzi a disposizione, di studiare e di monitorare costantemente trattandolo quale pericolo di massima specie. “Nemmeno una parola su questa storia... Non in chiaro, quantomeno. Né ora né mai. Se dovrete proprio parlare della Buick, sarà Codice D...”

La variabile impazzita costituita dalla Buick diventa pretesto per rivangare il passato, ricordare amici del tempo che fu, episodi di vita comune, oggetti ormai obsoleti a cui sono collegati aneddoti talvolta divertenti talaltra tristi, persino un cane mascotte del comando deceduto in modo tanto eroico quanto brutale. La nostalgia avvolge l'intero testo, in un'ottica che evidenza l'inevitabile avanzata degli anni e l'insorgere della vecchiaia (“quando parliamo delle vite umane c'è un cappio all'estremità di ogni catena”), preludio di quella morte da cui nessun essere vivente può sfuggire, neppure la misteriosa Buick (che alla fine appare incapace di vincere le crepe che le si allargano sul parabrezza). Poco è dato sapere su cosa essa sia. King ha un approccio sofistico, ovvero “a misura di uomo”. Evidenzia quanto sia inutile concentrarsi nello studio del paranormale, perché esso, per sua stessa natura, non è decifrabile in modo univoco, prestando il fianco a un'infinita serie di congetture che portano a perdere il senno a chi ne diviene schiavo. Chi si perde nello studio finisce per esser preda di una pericolosa ossessione che conduce all'autodistruzione, poiché chi non accetta la non comprensione come dato oggettivo non può trovare pace. Ecco che la Buick da protagonista scema a background che scandisce il narrato, sviluppato in modo frammentario, col artificio dei flashback, vivendo delle esplosioni di luce di cui la stessa si rende protagonista e che anticipano il rilascio di creature aliene (sia animali che vegetali) che perdono la vita nell'arco di pochi minuti per l'incapacità di adattarsi alla nuova atmosfera. Gli eventi si manifestano con alcune costanti (abbassamento della temperatura climatica, ronzii elettrici che prendono a diffondersi e abbaglianti giochi di luce) che hanno come catalizzatore un oggetto che solo apparentemente ha le vesti di un automobile. Si tratta di costanti insufficienti a sciogliere l'enigma. Sequestrata in un'area di servizio in cui è apparsa nel 1979 per mano di un individuo misterioso, scomparso nel nulla senza che se ne capisca la natura. Chi diavolo era quest'uomo: un emissario del male...? un profeta del nuovo millennio...? un alieno che conduce un esperimento usando gli umani come cavie...? King non spiega niente di tutto questo, perché se lo facesse toglierebbe quel poco di magia che trapela romanzo. Eppure la soluzione del mistero parte proprio da questo inizio che, personalmente, sono orientato a sciogliere con la terza soluzione sopra proposta.

Amato da alcuni, Buick 8 è considerato tra le opere meno riuscite del maestro del Maine, di certo tra le minori, pur essendo dotata del riconoscibilissimo crisma del suo autore. Le caratterizzazioni dei personaggi sono curatissime e allo stesso modo la loro spinta emotiva. Spicca in modo marcato l'ossessione di alcuni personaggi, tra cui il figlio di un poliziotto deceduto che si trova a ripercorrere le vie battute dal padre, un uomo divorato dall'interno da un disturbo compulsivo che lo porta a vivere in funzione della Buick, con l'intenzione di completare ciò che lo stesso non è riuscito a fare.
Il ritmo è lento, vivacizzato dalla comparsa degli strani esseri “partoriti” dall'auto (esseri volatili, pesci, vegetali, scarafaggi, persino umanoidi), dalle loro nauseabonde autopsie e da una rapida visione che uno dei protagonisti, salvandosi all'ultimo dalla caduta nell'altro mondo, riesce a gettare sull'altrove. “Un'erba gialla dalle punte marroncine ricopriva un declivio roccioso che risaliva davanti a me e terminava all'improvviso sul ciglio di un precipizio. L'erba brulicava di scarafaggi verdi,e su un lato c'era una macchia di quei gigli cerei... Il cielo era terribile, purpureo e congestionato, gravido di nubi e fulmini. Un cielo preistorico. Era attraversato da stormi irregolari di creature volanti. Uccelli, forse... ”

Il fantastico di King si svela dunque quale riflessione sul senso della vita, se davvero ve ne sia uno, e quale occasione per rievocare il ricordo degli amici del tempo che fu in un ipotetico film che è la vita di tutti i giorni e che si può immortalare solo con foto e video, proprio come i poliziotti della squadra D fanno per certificare la fenomenologia legata alla Buick, in vista di una vecchiaia sempre più imminente, preludio di quel destino che accomuna ogni essere vivente (Buick compresa): la morte.


L'autore STEPHEN KING
scrive un romanzo per dedica.

"La gente ha un'incredibile capacità di abituarsi a tutto, anche a ciò che non capisce. In cielo compare una cometa e mezzo mondo comincia a sbraitare sul giorno del giudizio e sui quattro cavalieri, ma lascia che la cometa resti lì sei mesi e vedrai che nessuno ci baderà più. Diventa una banalità."



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