Autore: Giovanni Magherini Graziani.
Anno: 1886-1910.
Genere: Horror.
Editore: Edizioni Hypnos, 2011/2016.
Collana: Impronte.
Pagine: 172.
Prezzo: 14,90 euro.
A cura di Matteo Mancini.
Ennesima pregevole iniziativa delle Edizioni Hypnos di Milano che riportano in auge i racconti dell'unico scrittore italiano apparso sulle pagine di Weird Tales, il leggendario pulp magazine su cui presero le mosse i vari Howard Phillips Lovecraft, Robert Ervin Howard e Clark Ashton Smith. Giovanni Magherini, che aggiunse al proprio cognome quello della moglie (Libri Graziani), è considerato un padre del gotico rurale, per taluni della narrativa fantastica italiana sebbene sia rimasto misconosciuto per anni. All'Ombra dell' Antico Nemico, sintesi di due delle tre antologie realizzate dall'autore originario di Figline Valdarno (Fi), è una pubblicazione di valenza culturale, un appuntamento ghiotto per gli studiosi di letteratura fantastica italiana. In precedenza pubblicato da Marino Solfanelli Editore, che propose un trittico sotto il segno del titolo Il Libro del Comando (1990), e dalla Fanucci Editore che licenziò nel 1987 la traduzione in italiano dall'inglese di Fioraccio poi proposto, nella versione originale, dieci anni dopo dal Gruppo Newton, Magherini Graziani torna all'attenzione degli appassionati e lo fa con un volume formato da sette racconti, tre dei quali ripresentati dopo oltre cento anni dalla loro uscita.
Scrittore dotto, appassionato di storia dell'arte, biografo dei grandi Michelangelo, Raffaello e Masaccio, Magherini Graziani era riuscito a manlevarsi, per effetto di una cultura da autodidatta, dallo status di agricoltore, gestendo il patrimonio finanziario dei proprietari terrieri presso i quali il padre espletava l'attività di mezzadro. Attività quest'ultiuma che lo portò a frequentare ambienti di prestigio fino a sposare una contessa. Nonostante il titolo di studio di licenza elementare, era riuscito a scalare le gerarchie fino ad affermarsi autore tradotto in Germania, Francia e persino, postumo, negli Stati Uniti.
Di lui, a parte i volumi storici, si ricordano tre antologie. La prima scritta in collaborazione con un altro autore, Casentino: Impressioni e Ricordi (1884), quindi Il Diavolo: Novelle Valdarnesi (1886), giudicato il suo capolavoro e quasi interamente recepito dalla proposta delle Hypnos (manca un racconto, valutato di genere non fantastico) e, infine, In Valdarno: Racconti Toscani (1910). Decisiva, per la sopravvivenza nel tempo dell'opera, l'amicizia stretta col letterato francese Henry Cochin, traduttore di Dante, a cui Magherini Graziani concesse i diritti di distribuzione dell'antologia Il Diavolo: Novelle Valdarnesi, data alle stampe in Francia, alcuni mesi dopo l'uscita italiana, col titolo Le Diable: Moeurs Toscanes al fine di sconfessare la massima di Alexandre Dumas secondo la quale l'Italia sarebbe priva di soprannaturale perché sprovvista di nebbia. Il testo, nella versione francese, finì sotto gli occhi di un redattore di Providence (concittadino di Howard P. Lovecraft), tale George William Curtis, che decise di pescare in Europa un lotto di racconti da proporre in patria in un'antologia intitolata Modern Ghosts (1890). Tra questi elaborati fu selezionato anche Fioraccio, forse su suggerimento di Henry Cochin, che venne tradotto in inglese pur se con alcune modifiche rispetto all'originale. L'antologia ebbe discreto successo tanto che quarant'anni dopo venne saccheggiata dai responsabili del pulp magazine Weird Tales che vi estrapolarono, uno alla volta, i racconti da inserire nella sezione Weird Story Reprint. Quando nel numero131 uscì il racconto Fioraccio, nell'ottobre del 1934, il suo autore era già deceduto da dieci anni e forse, probabilmente, avrebbe voluto fare come il protagonista del suo racconto, uscire dal cimitero, per gustarsi un numero che sarebbe poi passato alla storia. A fianco degli emergenti che diveranno mostri sacri Catherine L. Moore (moglie di Henry Kuttner), Robert Ervin Howard e Clark Ashton Smith figura lo sconosciuto Giovanni Magherini Graziani, lo scrittore venuto dalla campagna fiorentina che in pochi, persino in Italia, conoscono.
Danilo Arrigoni, artefice dell'indovinato titolo della collezione, spiega questo e altro. Spiana la strada al lettore, fornendo una dottissima prefazione in cui delinea in modo magistrale il background sociale in cui agisce Magherini Graziani per poi passare a una veloce, ma esaustiva, analisi delle tematiche dei racconti e, in modo più particolare, dello stile adottato dallo scrittore. Giovanni Magherini Graziani offre "un tributo alle sue terre natali e alla classe spesso disprezzata dei contadini... un escamotage per non separarsi dal proprio fanciullino interiore."
Sette racconti tutti ascrivibili a un fantastico cattolico d'ambietanzione rurale che fa perno sulle superstizioni legate alla convinzione di una realtà magica in cui il diavolo funge da ispiratore e terminale, talvolta presenza diretta espressione dell'iconografia cattolica (caprone antopomorfo) talaltra mero suggeritore che induce al rigetto di Dio ("O che fai di codesta croce al collo? Levatela! Buttala via cotesta medaglia!"). Lo stile è quello dei c.d. racconti del focolare o, meglio ancora, di quelle storie, un po' fiabesche, che i vecchi del paese erano soliti raccontare ai fanciulli nelle sere di veglia, quando tutti si riunivano, prima di andare a dormire, per sognare un'evasione che all'epoca non poteva esser garantita dalle amenità che deliziano (o quantomeno dovrebbero nelle intenzioni) la vita quotidiana di oggi giorno. Ecco allora la natura edificante di queste storie, costruite sugli stilemi di quei moralizzanti racconti medievali di derivazione religiosa, funzionali ad ammonire dagli atteggiamenti irrispettosi per aderire a un approccio fedele agli insegnamenti cristiani. Magherini Graziani punta il dito sugli spacconi ("Ho leticato con tanti e nessuno finora mi ha mangiato... Se fosse vero che ci fosse il diavolo, vorrei leticare anche con lui!"), sui prepotenti, sui bestemmiatori, su coloro che scelgono un approccio materialistico bistrattando i morti, i santi e persino il diavolo e che, inevitabilmente, finiscono preda dei loro stessi atteggiamenti, pagando oltre la morte (con la dannazione) i propri errori.
Ecco allora i fantasmi di individui macchiati dal peccato che si trovano intrappolati in stanze di ville abbandonate (Il Diavolo e San Cerbone) oppure uomini che pagano con la dannazione ultraterrena i propri errori non trovando la pace in un cimitero consacrato (Fioraccio) o venendo trasportati all'inferno dallo spirito del cadavere dissacrato (Leonzio). Sorte similare tocca a coloro che scelgono scorciatoie offerte da esoteristi più o meno maledetti per ottenere vantaggi (Il Libro del Comando) o scoprire coloro che si sono resi manifesti di malefatte (Lo Specchietto). Non poteva poi mancare la classica storia che vede la vecchietta del paese lanciare efficaci anatemi contro i figli di coloro che si rifiutano di farle dono di cibo e monete, scatenando dei veri e propri malocchi che possono esser sciolti solo da esperti di magia bianca (La Strega).
Tematiche dunque classiche, in alcuni casi omaggianti autori del calibro di Edgar Allan Poe, si pensi a La Mascherata della Morte Rossa e La Verità sul caso Valdemar, rispettivamente omaggiati da Leonzio e Fioraccio, i due racconti più lineari dell'opera. Nel primo racconto, un signorotto facoltoso dileggia il teschio di un cadavere, invitando lo spirito dell'uomo defunto a recarsi a una delle tante feste dallo stesso organizzate. Offesa che viene pagata col materializzarsi di un'ombra gigante che martella l'abitazione del dileggatotore per poi irrompere nella festa e pretendere il tributo per esser stata svegliata dal sonno eterno. In Fioraccio, il racconto pubblicato su Weird Tales, un noto bestemmiatore che ha rifiutato Dio e tutti i suoi rappresentanti in vita, persevera nel suo atteggiamento anche da morto, emergendo dal luogo di sepoltura, sempre più putrefatto, chiedendo di esser sepolto in un luogo non consacrato. "Dov'era sotterrato Fioraccio la terra si alzò adagio adagio, proprio come se gonfiasse per ribollimento, ed uscì fuori lui ritto; stette un momento, e poi ricadde in terra disteso per il verso della buca... Si senti una voce cupa, come se venisse di sotto terra di dieci braccia: Portatemi via di qui, voglio duecento braccia d'acqua dove non si senta suon di campane."
Lo stile dei racconti è caratterizzato da un'impronta verista, cercata col ricorso al gergo fiorentino e con descrizioni fedeli dell'ambiente rurale della seconda metà dell'ottocento. Ne viene fuori un taglio molto dilatato, Magherini Graziani porta avanti le storie per effetto di dialoghi che rievocano ricordi, spesso e volentieri, frutto dell'intervento di più soggetti, con microstorie inserite in un racconto che poi prende una via diversa da quella iniziale, mentre coloro che parlano svolgono azioni determinate (a esempio una battuta di caccia alla lepre). Enrico Rulli ha scritto che "i racconti di Magherini non hanno una trama unica, ma si affidano al filo della memoria, alla chiacchiera, tanto che la narrazione imbocca vie imprevedibili." Un modo di narrare che produce, quale effetto collaterale di una scelta che vuol essere fedele al clima che si respirava nelle veglie, una frammentarietà non sempre piacevole. Magherini Graziani cerca di rendere solida la base di realtà che sottende al soggetto per poi inserire, a poco a poco, il paranormale così da rendere credibile ciò che altrimenti potrebbe sembrare inverosimile. Riesce in questo in modo magistrale, offrendo squarci, a tratti onirici, di grande spessore. Il fantastico si manifesta, ma lo fa quale risultanza di un accadimento toccato con mano. Magherini Graziani accenna a un qualcosa che sta oltre (Che ci sia, non c'è da negarlo), ma non spiega il perché né scende nel merito della questione occulta. Si limita a mostrare le visioni o i rimedi per contrastare le conseguenze che derivano dal male, a esempio descrive un rito per contrastare il malocchio. Così, quali ragioni del paranormale che irrompe nella quotidianità, si trovano cenni al ballo angelico (una sorta di sabba), a un grimorio che evoca Satana costringendolo a esaudire le richieste prestategli, a delle tecniche di divinazione mediante specchi, ma anche ad apparizioni diaboliche in cui il principe della notte si manifesta sotto la veste di capra, di cavallo rampante che non tollera la visione di croci o di un vecchio dotato di forza nerboruta. Non mancano momenti splatter, in San Cerbone, a esempio, si parla di una donna assassinata, in quanto autrice di tradimento, e fatta decapitare con inoltro della testa all'amante.
Danilo Arrigoni chiude la sua eccelsa prefazione definendo l'autore "un libero rielaboratore di un patrimonio narrativo plurisecolare alla cui perpetuazione sottomise qualsiasi altra velleità artistica , giungendo quasi ad annullare la propria voce in favore del commento anonimo di un contadino o di tracce narrative bruciate tra una divagazione e l'altra." Ecco quindi che All'Ombra dell'Antico Nemico diviene occasione di studio delle tradizioni letterarie fantastiche del folklore toscano, una via che in tempi più recenti a noi è stata seguita dal regista emiliano Pupi Avati e, in ambito narrativo, da autori quali Eraldo Baldini e Danilo Arona che ne hanno mutuato la tradizione e hanno portato fino a noi un tipo di orrore che avrebbe rischiato di estinguersi.
"Ne ho conosciuti di questi bravi, che dicono per farsi grandi: Ma che Dio! Ma che diavolo! Sono per l'appunto questi che in core ci credono più di voi e di me. E poi alle volte succedono certi casetti...!"
Scrittore dotto, appassionato di storia dell'arte, biografo dei grandi Michelangelo, Raffaello e Masaccio, Magherini Graziani era riuscito a manlevarsi, per effetto di una cultura da autodidatta, dallo status di agricoltore, gestendo il patrimonio finanziario dei proprietari terrieri presso i quali il padre espletava l'attività di mezzadro. Attività quest'ultiuma che lo portò a frequentare ambienti di prestigio fino a sposare una contessa. Nonostante il titolo di studio di licenza elementare, era riuscito a scalare le gerarchie fino ad affermarsi autore tradotto in Germania, Francia e persino, postumo, negli Stati Uniti.
Di lui, a parte i volumi storici, si ricordano tre antologie. La prima scritta in collaborazione con un altro autore, Casentino: Impressioni e Ricordi (1884), quindi Il Diavolo: Novelle Valdarnesi (1886), giudicato il suo capolavoro e quasi interamente recepito dalla proposta delle Hypnos (manca un racconto, valutato di genere non fantastico) e, infine, In Valdarno: Racconti Toscani (1910). Decisiva, per la sopravvivenza nel tempo dell'opera, l'amicizia stretta col letterato francese Henry Cochin, traduttore di Dante, a cui Magherini Graziani concesse i diritti di distribuzione dell'antologia Il Diavolo: Novelle Valdarnesi, data alle stampe in Francia, alcuni mesi dopo l'uscita italiana, col titolo Le Diable: Moeurs Toscanes al fine di sconfessare la massima di Alexandre Dumas secondo la quale l'Italia sarebbe priva di soprannaturale perché sprovvista di nebbia. Il testo, nella versione francese, finì sotto gli occhi di un redattore di Providence (concittadino di Howard P. Lovecraft), tale George William Curtis, che decise di pescare in Europa un lotto di racconti da proporre in patria in un'antologia intitolata Modern Ghosts (1890). Tra questi elaborati fu selezionato anche Fioraccio, forse su suggerimento di Henry Cochin, che venne tradotto in inglese pur se con alcune modifiche rispetto all'originale. L'antologia ebbe discreto successo tanto che quarant'anni dopo venne saccheggiata dai responsabili del pulp magazine Weird Tales che vi estrapolarono, uno alla volta, i racconti da inserire nella sezione Weird Story Reprint. Quando nel numero131 uscì il racconto Fioraccio, nell'ottobre del 1934, il suo autore era già deceduto da dieci anni e forse, probabilmente, avrebbe voluto fare come il protagonista del suo racconto, uscire dal cimitero, per gustarsi un numero che sarebbe poi passato alla storia. A fianco degli emergenti che diveranno mostri sacri Catherine L. Moore (moglie di Henry Kuttner), Robert Ervin Howard e Clark Ashton Smith figura lo sconosciuto Giovanni Magherini Graziani, lo scrittore venuto dalla campagna fiorentina che in pochi, persino in Italia, conoscono.
La copertina del numero di
Weird Tales
dove fu pubblicato Magherini-Graziani.
Danilo Arrigoni, artefice dell'indovinato titolo della collezione, spiega questo e altro. Spiana la strada al lettore, fornendo una dottissima prefazione in cui delinea in modo magistrale il background sociale in cui agisce Magherini Graziani per poi passare a una veloce, ma esaustiva, analisi delle tematiche dei racconti e, in modo più particolare, dello stile adottato dallo scrittore. Giovanni Magherini Graziani offre "un tributo alle sue terre natali e alla classe spesso disprezzata dei contadini... un escamotage per non separarsi dal proprio fanciullino interiore."
Sette racconti tutti ascrivibili a un fantastico cattolico d'ambietanzione rurale che fa perno sulle superstizioni legate alla convinzione di una realtà magica in cui il diavolo funge da ispiratore e terminale, talvolta presenza diretta espressione dell'iconografia cattolica (caprone antopomorfo) talaltra mero suggeritore che induce al rigetto di Dio ("O che fai di codesta croce al collo? Levatela! Buttala via cotesta medaglia!"). Lo stile è quello dei c.d. racconti del focolare o, meglio ancora, di quelle storie, un po' fiabesche, che i vecchi del paese erano soliti raccontare ai fanciulli nelle sere di veglia, quando tutti si riunivano, prima di andare a dormire, per sognare un'evasione che all'epoca non poteva esser garantita dalle amenità che deliziano (o quantomeno dovrebbero nelle intenzioni) la vita quotidiana di oggi giorno. Ecco allora la natura edificante di queste storie, costruite sugli stilemi di quei moralizzanti racconti medievali di derivazione religiosa, funzionali ad ammonire dagli atteggiamenti irrispettosi per aderire a un approccio fedele agli insegnamenti cristiani. Magherini Graziani punta il dito sugli spacconi ("Ho leticato con tanti e nessuno finora mi ha mangiato... Se fosse vero che ci fosse il diavolo, vorrei leticare anche con lui!"), sui prepotenti, sui bestemmiatori, su coloro che scelgono un approccio materialistico bistrattando i morti, i santi e persino il diavolo e che, inevitabilmente, finiscono preda dei loro stessi atteggiamenti, pagando oltre la morte (con la dannazione) i propri errori.
Ecco allora i fantasmi di individui macchiati dal peccato che si trovano intrappolati in stanze di ville abbandonate (Il Diavolo e San Cerbone) oppure uomini che pagano con la dannazione ultraterrena i propri errori non trovando la pace in un cimitero consacrato (Fioraccio) o venendo trasportati all'inferno dallo spirito del cadavere dissacrato (Leonzio). Sorte similare tocca a coloro che scelgono scorciatoie offerte da esoteristi più o meno maledetti per ottenere vantaggi (Il Libro del Comando) o scoprire coloro che si sono resi manifesti di malefatte (Lo Specchietto). Non poteva poi mancare la classica storia che vede la vecchietta del paese lanciare efficaci anatemi contro i figli di coloro che si rifiutano di farle dono di cibo e monete, scatenando dei veri e propri malocchi che possono esser sciolti solo da esperti di magia bianca (La Strega).
Tematiche dunque classiche, in alcuni casi omaggianti autori del calibro di Edgar Allan Poe, si pensi a La Mascherata della Morte Rossa e La Verità sul caso Valdemar, rispettivamente omaggiati da Leonzio e Fioraccio, i due racconti più lineari dell'opera. Nel primo racconto, un signorotto facoltoso dileggia il teschio di un cadavere, invitando lo spirito dell'uomo defunto a recarsi a una delle tante feste dallo stesso organizzate. Offesa che viene pagata col materializzarsi di un'ombra gigante che martella l'abitazione del dileggatotore per poi irrompere nella festa e pretendere il tributo per esser stata svegliata dal sonno eterno. In Fioraccio, il racconto pubblicato su Weird Tales, un noto bestemmiatore che ha rifiutato Dio e tutti i suoi rappresentanti in vita, persevera nel suo atteggiamento anche da morto, emergendo dal luogo di sepoltura, sempre più putrefatto, chiedendo di esser sepolto in un luogo non consacrato. "Dov'era sotterrato Fioraccio la terra si alzò adagio adagio, proprio come se gonfiasse per ribollimento, ed uscì fuori lui ritto; stette un momento, e poi ricadde in terra disteso per il verso della buca... Si senti una voce cupa, come se venisse di sotto terra di dieci braccia: Portatemi via di qui, voglio duecento braccia d'acqua dove non si senta suon di campane."
Lo stile dei racconti è caratterizzato da un'impronta verista, cercata col ricorso al gergo fiorentino e con descrizioni fedeli dell'ambiente rurale della seconda metà dell'ottocento. Ne viene fuori un taglio molto dilatato, Magherini Graziani porta avanti le storie per effetto di dialoghi che rievocano ricordi, spesso e volentieri, frutto dell'intervento di più soggetti, con microstorie inserite in un racconto che poi prende una via diversa da quella iniziale, mentre coloro che parlano svolgono azioni determinate (a esempio una battuta di caccia alla lepre). Enrico Rulli ha scritto che "i racconti di Magherini non hanno una trama unica, ma si affidano al filo della memoria, alla chiacchiera, tanto che la narrazione imbocca vie imprevedibili." Un modo di narrare che produce, quale effetto collaterale di una scelta che vuol essere fedele al clima che si respirava nelle veglie, una frammentarietà non sempre piacevole. Magherini Graziani cerca di rendere solida la base di realtà che sottende al soggetto per poi inserire, a poco a poco, il paranormale così da rendere credibile ciò che altrimenti potrebbe sembrare inverosimile. Riesce in questo in modo magistrale, offrendo squarci, a tratti onirici, di grande spessore. Il fantastico si manifesta, ma lo fa quale risultanza di un accadimento toccato con mano. Magherini Graziani accenna a un qualcosa che sta oltre (Che ci sia, non c'è da negarlo), ma non spiega il perché né scende nel merito della questione occulta. Si limita a mostrare le visioni o i rimedi per contrastare le conseguenze che derivano dal male, a esempio descrive un rito per contrastare il malocchio. Così, quali ragioni del paranormale che irrompe nella quotidianità, si trovano cenni al ballo angelico (una sorta di sabba), a un grimorio che evoca Satana costringendolo a esaudire le richieste prestategli, a delle tecniche di divinazione mediante specchi, ma anche ad apparizioni diaboliche in cui il principe della notte si manifesta sotto la veste di capra, di cavallo rampante che non tollera la visione di croci o di un vecchio dotato di forza nerboruta. Non mancano momenti splatter, in San Cerbone, a esempio, si parla di una donna assassinata, in quanto autrice di tradimento, e fatta decapitare con inoltro della testa all'amante.
Danilo Arrigoni chiude la sua eccelsa prefazione definendo l'autore "un libero rielaboratore di un patrimonio narrativo plurisecolare alla cui perpetuazione sottomise qualsiasi altra velleità artistica , giungendo quasi ad annullare la propria voce in favore del commento anonimo di un contadino o di tracce narrative bruciate tra una divagazione e l'altra." Ecco quindi che All'Ombra dell'Antico Nemico diviene occasione di studio delle tradizioni letterarie fantastiche del folklore toscano, una via che in tempi più recenti a noi è stata seguita dal regista emiliano Pupi Avati e, in ambito narrativo, da autori quali Eraldo Baldini e Danilo Arona che ne hanno mutuato la tradizione e hanno portato fino a noi un tipo di orrore che avrebbe rischiato di estinguersi.
L'autore
GIOVANNI MAGHERINI GRAZIANI
"Ne ho conosciuti di questi bravi, che dicono per farsi grandi: Ma che Dio! Ma che diavolo! Sono per l'appunto questi che in core ci credono più di voi e di me. E poi alle volte succedono certi casetti...!"
Nessun commento:
Posta un commento