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lunedì 25 marzo 2019

Recensione Narrativa: IL VECCHIO DELLE VISIONI di Algernon Blackwood.



Autore: Algernon Blackwood.
Titolo Originale: Old Man of Visions.
Traduzioni: Maria Teresa Tenore.
Anno: 1907-1915.
Genere: Antologia Horror.
Collana: I Miti di Cthulhu.
Editore: Fanucci, 1986.
Pagine: 200.
Prezzo: Trattativa privata.

A cura di Matteo Mancini.
Antologia curata da Gianni Pilo che raccoglie una serie di racconti del terrore pubblicati, dal 1906 al 1915, dall'inglese Algernon Blackwood. Ci siamo già soffermati su questo scrittore in occasione della recensione della raccolta dedicata al detective dell'occulto John Silence, per poi dilungarci nell'analisi dei testi recentemente ripubblicati dalla Dagon Press (La Valle Perduta), dalle Edizioni Hypnos (Discesa in Egitto) e nell'autunno scorso dalla Adiaphora (Il Wendigo). Con questo volume torniamo indietro nel tempo, proponendo una delle prime pubblicazioni italiane dedicate all'autore di Shooter's Hill.
Gianni Pilo, per la Fanucci e la mitica collana I Miti di Cthulhu, pesca nel 1986 undici racconti fino ad allora inediti nella nostra penisola. Pur essendo opere, per lo più, di completamento e secondarie, si tratta di un progetto meritorio di menzione alla luce dell'importanza e delle qualità del narratore in questione, definito da molti quale maestro assoluto nel creare atmosfere capaci di suscitare angoscia senza ricorrere a effetti grossolani o mostri percepibili dai sensi.
Non ci dilungheremo, nell'occasione, in una minuziosa analisi dei singoli racconti, essendo prossimo un nostro articolo interamente dedicato a Blackwood e che uscirà su un'importante rivista di settore. Ci limitiamo dunque a evidenziare come l'antologia si riveli piuttosto omogenea sia per tematiche che per qualità. Tra tutti brillano due racconti, entrambi incentrati su un ruolo femminile visto dall'autore quale fonte ossessiva di pensieri e capace di rubare l'anima di un uomo nel crisma del tradizionale colpo di fulmine di "cupidiana" memoria. Due testi, impreziositi da romantiche e dotte venature erotiche, in cui si realizza l'associazione amore-morte, un dolce contrasto che, probabilmente, trova la fonte di origine nelle esperienze avute da Blackwood con il gentil sesso. Solitario e mai legatosi sentimentalmente in modo importante con una donna, lo scrittore inglese traduce in questi due racconti, Il Fascino della Neve e La Danza della Morte, i propri timori di una vita di relazione. L'amore, chimerico, desiderio di ogni esser vivente, illude e offre estatiche emozioni che spingono verso la morte, una fine però anestetizzata che trasforma l'innamorato in una sorta di tossicodipendente che si spara droga nelle vene per vedere dischiudersi i portali del paradiso. Due grandissimi racconti, specie Il Fascino della Neve, giostrati nel tradizionale cliché blackwoodiano fatto di ritmo e tensione crescente, che culminano in epiloghi in cui l'orrore diviene poesia.

Molto interessante poi Miss Slumbubble in cui l'autore, pur non succedendo niente, sfrutta le mille fobie ossessive di una zitella di quarant'anni (anch'essa delusa dall'amore), in procinto di recarsi in vacanza, per regalare ai lettori una storia angosciosa incentrata sulla claustrofobia. E' il classico racconto da far leggere a quelle persone che hanno l'ossessione di controllare più volte se hanno preso quanto avevano preventivato e che, nonostante le verifiche positive, devono ricontrollare nuovamente il tutto per sentirsi davvero sicure. Dopo essersi sincerata di aver portato tutto l'occorrente, la scoperta di essere l'unica persona all'interno di un vagone di un treno, getterà la trasportata in un incubo ingiustificato che la porterà a tentare di aprire i finestrini per gettarsi al di fuori dal treno in corsa. Fermata e debitamente salvata, scoprirà di esser stata fatta salire, per errore, su un vagone stregato già scenario di precedenti suicidi. Lo scrittore polacco Grabinski avrebbe gradito.

Gli altri testi sono un mix di ghost story, più o meno classiche (bello il fiabesco L'Altra Ala), precognizioni (Complice Prima del Fatto) e tema blackwoodiano per eccellenza che contrappone soggetti del regno umano a quelli del regno vegetale. In quest'ultima categoria di racconti assisteremo alle storie incentrate su un terreno che trae linfa vitale dagli umani (Il Transfert) e su un bosco che si anima per disorientare e respingere il viandante incaricato di abbattare alcuni alberi di esso componenti (Antiche Luci). Da menzionare poi il testo iniziatico/esoterico che da il titolo all'antologia ovvero Il Vecchio delle Visioni. Si tratta di un racconto meyrinkiano molto diverso dagli altri, in cui un decrepito millenario (figura assimilabile a quella dell'Ebreo Errante) si rivela capace di vedere il mondo che si trova oltre il proverbiale velo, così da esaudire i desideri spirituali degli iniziati, poiché solo chi è allineato su una data lunghezza d'onda spirituale può scorgerlo ed entrare in relazione con lui, sebbene non a parole. Determinante, per proseguire la relazione, è il mantenimento del c.d. silentium.

Questo in estremissima sintesi il contenuto dell'antologia, la cui copertina beneficia dell'estro visionario e, al contempo, erotico del peruviano Boris Vallejo, tuttavia per nulla corrispondente al contenuto dell'opera. Lettura per studiosi di fantastico inglese e per chi intenda approfondire la produzione letteraria di Algernon Blackwood. Non fondamentale per gli altri.



"Di tutte le emozioni, la paura è probabilmente la meno soggetta al potere della suggestione, almeno dell'auto-suggestione; e questo è vero soprattutto a proposito di vaghi timori che non hanno una causa evidente. Con una paura provocata da una causa conosciuta si può discutere, la si può mettere in ridicolo, calmarla, scherzarci sopra: in una parola, usare la forza della suggestione per liberarsene. Ma con una paura dalle origini incomprensibili, la mente è completamente perduta. La semplice asserzione «Io non ho paura» è altrettanto inutile e vana del tentativo più sottile di suggestione consistente nel fingere di ignorarla del tutto. Per di più, ricercarne la causa tende a confondere la mente, e ricercare invano produce il terrore."

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