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martedì 21 agosto 2018

Recensione Narrativa: L'ESORCISTA di William P. Blatty



Autore: William Peter Blatty.
Titolo Originale: The Exorcist.
Anno: 1971.
Genere: Horror.
Editore: Mondadori.
Pagine: 400.
Prezzo: 14 euro.

A cura di Matteo Mancini
A oltre dieci anni dalla prima lettura, ritorniamo a immergerci nelle pagine de The Exorcist, fortunato romanzo dato alle stampe nel 1971 da William Peter Blatty. Scrittore americano di origine libanese, Blatty, dopo anni di studio, confeziona il suo capolavoro alla veneranda età di quarantatré anni.
Autore legato soprattutto al mondo del cinema, cimentatosi anche alla regia, Blatty intraprende in modo curioso la carriera dello scrittore. Sfrutta infatti la partecipazione a un quiz televisivo, culminata con una vincita di 10.000 dollari, per entrare nel mondo del cinema. Già autore di un paio di romanzi di risibile successo, approda al mondo delle sceneggiature in cui inizia subito a destreggiarsi con pregevole successo. Celebre la collaborazione con Blake Edwards nella stesura del copione de Uno Sparo nel Buio (1964), opera legata alla serie avente come protagonista Peter Sellers nei panni dell'ispettore Clouseau.
Il vero successo arride a Blatty solo dopo l'uscita de L'Esorcista, romanzo shock che destò enorme clamore già all'uscita fino a tramutarsi in cult assoluto dopo la realizzazione, nel 1973, della riduzione cinematografica, curata dallo stesso Blatty per la regia di William Friedkin. Un'opera, premiata con il riconoscimento di due Oscar (sceneggiature e sonore) e quattro Golden Globe (film, sceneggiatura, regia e attrice non protagonista), di una potenza e di un'irriverenza tale da plasmare un vero e proprio sottogenere, subito preso a modello dai registi italiani che risposero con l'emulo “de noi altri” intitolato L'Anticristo (1974) per la regia di Alberto De Martino seguito da una lunga serie di pellicole tra cui Chi Sei? (1974), La Casa dell'Esorcismo (1975), L'Ossessa (1974) e Malabimba (1979), ed evoluto sino a noi con pellicole quali The Exorcism of Emily Rose (2005) e Il Rito (2011) che non fanno che riproporre l'infinita lotta tra l'esorcista e il demone impossessatosi di un corpo umano.

L'idea nasce grazie a caso verificatosi, pare, nel 1949 in Maryland ai danni di un giovane adolescente. Blatty legge il resoconto quando ancora frequenta l'università e inizia a documentarsi. Attratto dal sogno di trarne un romanzo, lascia maturare il proposito per anni, addirittura oltre venti, prima di mettersi a scrivere e confezionare l'opera che lo consegnerà all'immortalità, diventando uno dei pochi autori ad aver creato uno stereotipo tanto forte da tracciare un nuovo archetipo.

Ne esce fuori un romanzo che tratta il tema della possessione diabolica in un'ottica possibilmente più fedele possibile alla realtà. Blatty antepone all'intervento della Chiesa cattolica e alla constatazione dell'insorgenza del paranormale tutta la tiratela medico-scientifica sottesa a dimostrare la non sussistenza di una patologia mentale tale da giustificare fenomeni assimilabili alle sintomatologie proprie dello sdoppiamento della personalità e/o dei disturbi schizofrenici-paranoidi. 
Come inevitabile che sia, la trattazione procede per gradi, lentamente e via via a crescere, sino a un orrore dai contorni blasfemi e irriverenti che scoppia in un epilogo infernale dall'alta valenza orrorifica, giocato soprattutto sul dato sensoriale rappresentato dall'udito (si parla di muggiti e berci sovrumani) e dall'olfatto (odori pestilenziali). 

Tutto ha inizio da un innocente gioco con una tabella Ouija, portale attraverso il quale lo spirito di Pazuzu, noto demone, si impossessa del corpo di una giovane ragazzina, costringendola a una patologia di cui i medici non riescono a venirne a capo. La piccola diviene schiava di un drastico mutamento comportamentale, sboccata oltre i limiti della bestemmia, malata di sesso (si autopenetra col crocefisso e costringe la madre a leccare il sangue dalle ferite, si masturba davanti ai medici), ma soprattutto allettata e sempre più denutrita, tra pozze di vomito e scariche diarroiche che la rendono sempre più il lontano ricordo di quella che era. 

L'autore opta per un taglio poliziesco che si snoda su un doppio binario di indagine. Da una parte l'approfondimento medico-psichiatrico, che vede i vari dottori procedere per ipotesi che si riveleranno tutte errate tanto da rendere necessario l'intervento della Chiesa, e dall'altra la pista legata alle classiche indagini della polizia giudiziaria. Il fenomeno, infatti, non si limita alla mera possessione, ma è inserito in un corollario di cui fanno parte una serie di profanazioni su statue e immagini sacre (con apposizione di falli sul Cristo e con modifiche sulle vesti della Madonna così da tramutarla in una donna di facili costumi) nonché una morte sospetta verificatesi, nella casa dell'indemoniata, con il crisma di un omicidio rituale. Un poliziotto altamente ironico (“Presto... lei è come i rabbini quando parlano della venuta del Messia: Presto... sempre Presto!” così risponde al commento "Presto" di Padre Karras circa la possibilità di andare assieme al cinema in un immediato futuro), appassionato marcio di cinema (si fa fare un autografo dalla madre dell'indemoniata, nota attrice, dicendo che è per sua figlia, per poi confessare che in realtà è per sé) e solito introdurre le proprie domande prendendo il discorso alla larga, riesce a collegare tutti gli indizi sino a giungere alla folle, ma reale, conclusione che vede una giovane bambina autrice di tutti i misfatti oggetto di indagine (dalle oltraggiose e spinte lettere a sfondo sessuale al brutale omicidio perpetrato con una violenza tale dal lasciar supporre la presenza di un assassino dotato di forza titanica). Troppo anche per un addetto ai lavori come lui, che decide, così come gli psichiatri, di lasciare campo libero agli operatori religiosi. Un modo come un altro per mostrare il fallimento, al cospetto del paranormale, di tutte le scienze che dominano il mondo contemporaneo, da quelle medico-scientifiche a quelle giudiziarie.

La copertina italiana del
film diretto da Friedkin

Blatty investe molto nella cura delle caratterizzazione dei personaggi, peraltro, a loro modo, problematici e con un passato oscuro che rende le loro vite familiari fallimentari. Un matrimonio naufragato con allontanamento del padre per la piccola protagonista della vicenda. Una madre morta nell'abbandono per Padre Karras. Una figlia schiava dell'eroina, tanto da esser creduta morta dalla madre, per il domestico svizzero che aiuta la madre della piccola indemoniata. Una vita in completa balia dell'alcool per il regista presso il quale lavora la madre dell'indemoniata.
Ecco che si ha un quadro di persone, in misura diversa, complessate e schiave dei sensi di colpa. Persone che cercano di fuggire da questo status in modo diverso, chi col lavoro, chi con l'alcool, chi nascondendo la verità. Una condizione che porterà, ognuno di questi personaggi, a vivere con un macigno premuto sul cuore, dando campo libero all'atroce ilarità del diavolo che si divertirà a dileggiarli, peraltro in modo assai sconcio e scandaloso (ampio ricorso a riferimenti sessuali) durante il rito. Ce ne sarà per tutti, ivi compreso Padre Merrin: "Dove sta la tua umiltà, Merrin? Nelle tombe dove sei andato a rifugiarti per fuggire dai tuoi simili? Per evadere dalla compagnia di chi è più basso di te, di chi non ha una mente che possa competere con la tua? Ti degni mai di parlare agli uomini...? La tua dimora è in un nido di pavoni, Merrin! Torna sulla cima della montagna e parla con l'Unico che consideri tuo eguale!"
Da sottolineare i dialoghi dei tre personaggi che si alternano nel corpo di Regan, ognuno tratteggiato in modo e con stile diverso, ma tutti quanti con una spiccata dose di ironia. “Di questi tempi la crisi degli alloggi è terribile anche per noi...” commenta una delle personalità all'interno di Regan per scongiurare l'esorcismo ed evitare di esser espulsa dal corpo posseduto. Tante personalità, ma solo uno è il protagonista dello spettacolo: Pazuzu. "Il demone è bugiardo. Mentirà per confonderci le idee, e appunto per questo alle menzogne mescolerà delle verità, per meglio attaccarci. L'attacco è psicologico" spiega Merrin al meno esperto Karras, entrambi autorizzati dal vescovo a condurre l'esorcismo.

Se questi sono gli aspetti positivi ci sono comunque alcune ingenuità di fondo, attribuibili anche all'epoca di uscita del romanzo. Si legge infatti che la pratica dell'esorcismo è praticamente così desueta che neppure i preti sanno dirne qualcosa. “Per fare un esorcismo dovrebbe mettere sua figlia in una macchina del tempo e rispedirla indietro nel sedicesimo secolo” non lo dice uno psichiatra, bensì un gesuita. Padre Karras, l'uomo chiamato in soccorso dalla madre di una bimba sospettata di esser posseduta dal demonio, riferisce alla donna che molto probabilmente la stessa, che pure è atea, è a conoscenza di maggiori aspetti sulla questione rispetto a un prete. “Non ho mai conosciuto un sacerdote che avesse praticato un esorcismo” aggiungerà di lì a poco.
Una visione, questa, che, molto probabilmente, risente della scarsa conoscenza di Blatty delle problematiche religiose, essendo il fenomeno assai conosciuto in paesi, a esempio, come l'Italia che certo non è il terzo mondo. Non a caso, in un film quale Il Demonio (1963) di Brunello Rondi (storico regista della seconda unità nei film diretti da Federico Fellini) si assiste a pratiche del genere, con tanto di ossessa che si muove con la c.d. spider-walk ripresa dallo stesso Blatty che, evidentemente, aveva recuperato il film.
Questo forse, insieme a una struttura più da sceneggiatura che da romanzo e soprattutto a un finale frettoloso dove il diavolo riesce ad avere la meglio sui due parroci, che non possono far altro che prendere il cammino del sacrificio per riuscire a liberare la ragazzina, è il difetto più grosso del romanzo che mira all'intrattenimento ma cerca anche di porre dei quesiti al lettore.
Blatty cerca di spingere il suo pubblico alla riflessione. In prima battuta, aspetto sottolineato anche da svariati esorcisti del mondo odierno, ammonisce la leggerezza dell'uomo del nuovo millennio che prende tutto con leggerezza e superficialità ivi comprese le cose che non conosce, finendo col giocare con l'occulto credendo che lo stesso sia innocuo e frutto di montature e dicerie. “Scopo delle sedute medianiche e delle tabelle Ouija è aprire una porta... Nei manicomi di tutto il mondo c'è un sacco di gente che si è baloccata con l'occulto.” Regan e soprattutto sua madre, che le lascerà in mano la tavola Ouija, pagheranno infatti con l'ossessione e la disperazione la loro leggerezza.
Molto interessante anche la riflessione relativa alla natura del male. È padre Merrin, l'esorcista (che poi ha solo un'esperienza diretta sul tema, si pensi invece quanti siano, a esempio, gli esorcismi praticati da Padre Amorth) chiamato su invito di Padre Karras per condurre il rituale, a sottolineare come, in realtà, il male si insinui, più che nelle guerre e in forma diretta con l'intervento demoniaco, subdolamente nella vita di tutti i giorni. Blatty suggerisce pertanto che il romanzo vuole quasi essere una metafora estremizzata, in fin dei conti, attraverso cui evidenziare quanto il male si celi nella vita di tutti i giorni, alimentandosi di tanti aspetti banali che alla fine determinano conseguenze serie. Forse anche per questo tutti i personaggi coinvolti hanno un passato in cui le incomprensioni e i litigi hanno portato ad allontanamenti e alla rottura dei rapporti interpersonali tra familiari. “L'ossessione si manifesta soprattutto negli assurdi, insignificanti rancori, nei malintesi, nella parola crudele e tagliente, che sale alle labbra involontariamente in una discussione tra amici. Tra innamorati. Se di queste piccole cose ne mettiamo insieme un bel po', non abbiamo nessun bisogno dell'intervento di Satana per fomentare le nostre guerre. Ci riusciamo da soli... Forse il male è il crogiolo della bontà. E forse persino Satana, suo malgrado e chissà per quali vie, serve a portare a compimento la volontà di Dio.” Ecco allora il messaggio di Blatty teso a giustificare la presenza del maligno come sorta di banco di prova, voluto da Dio, per testare l'uomo e prepararlo a un qualcosa di non intellegibile per i comuni mortali. Il male diviene allora strumento del bene. Proprio in queste riflessioni, a mio avviso, risiede il succo e la ragione di fondo che giustifica il romanzo. Blatty, per mezzo di Padre Karras che, grazie all'esorcismo riscopre la fede in Dio, ci vuole dire che se esistono episodi diabolici come quello che vede vittima Regan, allora, di converso, deve esistere anche l'altra faccia della medaglia. Ecco allora che Satana, nel suo mostrarsi, altro non fa che rendere visibile il suo negativo, che a sua differenza preferisce stare nell'ombra e nell'umiltà, proprio come avviene nel lento sviluppo di una fotografia. Il ragionare per negativi porta quindi a scoprire il positivo e, a suo modo, a offrire uno spunto di analisi per conquistare quella fede che mai si è posseduta o su cui, per ragioni legate a quelle vicende talvolta dalla parvenza ingiustificabile che colpiscono nella vita di tutti i giorni noi tristi avventurieri, si è iniziato a dubitare. E' allora il caso di fare una grande dedica al diavolo, una sorta di cattivo per ragioni di copione, col passaggio di quella canzone di Ivano Fossati che dice "dedicato ai cattivi, che poi così cattivi non sono mai...

Questo il contenuto. Quanto alla forma evidenziamo un lessico snello ed estremamente scorrevole, infarcito di dialoghi e di una sana punta di sarcasmo. Di facilissima lettura e di pronta interpretazione. Certo, le descrizioni di Blatty hanno poco della poetica dei maestri del fantastico di fine ottocento-primi novecento, non sono sognanti né magnificenti, essendo legate a una modernità di linguaggio che sacrifica la ricercatezza, i lirismi e il gusto del sense of wonder in favore dell'immediatezza e dell'essenzialità spiccia. Ciò nonostante è un romanzo che inquieta seppur, al giorno d'oggi, penalizzato dall'uscita della riduzione cinematografica. Chiunque si avvicini a questo libro difficilmente non avrà visto il film, aspetto quest'ultimo che toglie molta suspense e, potremmo dire, rende inutile la lettura di chi sia mosso dalla curiosità di sapere come andrà a finire (discorso diverso per gli “studiosi” del genere). La riduzione di Friedkin, infatti, è fedelissima al romanzo di cui propone persino i dialoghi, discostandosi dal testo solo per piccoli e risibili dettagli (tipo Regan che si libera dai legacci nella parte finale) e l'eliminazione di qualche personaggio secondario (Sharon). Rispetto al film, possiamo dire che il romanzo resiste molto meglio alla verosimiglianza e al rischio di cadere nel ridicolo, cosa che non sempre riesce a fare il film.

A ogni buon conto siamo alle prese con un romanzo che ha fatto scuola e vanta uno sterminato gruppo di aficionados. Blatty scriverà, nel 1983, un sequel intitolato Legion, da noi edito col titolo Gemini Killer, poi trasposto su pellicola, per la regia dello stesso scrittore, col titolo L'Esorcista 3.
Piaccia o non piaccia è un'innegabile pietra miliare della letteratura e, meglio ancora, del panorama terrorifico, dalla letteratura alla musica, passando per fumetti e cinema. Indimenticabile anche la musica del film curata, curiosamente, dai Mike Oldfield con l'ossessivo e ripetitivo Tubolar Bells che ispirerà le produzioni dei Goblin di Claudio Simonetti (si pensi a Profondo Rosso) e di John Carpenter (si pensi alla musica di Halloween). L'horror e la narrativa fantastica, si voglia o no, passano di qua.


WILLIAM PETER BLATTY.

"Uno si rivolge a Dio, ma deve mettersi in testa che, se questo Dio esiste, prima di manifestarsi, ci dorme sopra un milione di anni. E non bisogna esser portati a diventare impazienti... Dio non parla mai. Il diavolo, invece, non fa che battere la grancassa. Il diavolo fa un sacco di pubblicità, padre. "

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