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venerdì 10 agosto 2018

Recensione Narrativa: LA PIRAMIDE DI FUOCO di Arthur Machen.



Autore: Arthur Machen.
Titolo Originale: The Shining Pyramid.
Anno: 1895.
Genere: Horror.
Collana: La Biblioteca di Babele.
Editore: Mondadori, 1989.
Pagine: 186.
Prezzo: Trattitiva Privata (prezzo copertina 9.000 Lire).

A cura di Matteo Mancini
E' il 1977 quando Jorge Luis Borges, forse il più quotato e qualitativo autore di fantastico, in veste di curatore, decide di rendere omaggio, tra gli altri, al grande Arthur Machen e lo fa con parole lodevoli ponendo lo scrittore gallese sullo stesso piano di un poeta, seppur definito minore in quanto settoriale, del calibro di Verlaine.
Borges sceglie tre racconti che, curiosamente, vengono nello stesso anno tutti recepiti, insieme ad altri del "ciclo Dyson", nell'antologia I Tre Impostori edita dalla Fanucci. Escono così in contemporanea in Italia, dopo anni e anni di silenzio e la pubblicazione dei soli La Polvere Bianca, tradotta in italiano nel 1960 da Einaudi insieme a Il Terrore e riproposta nel 1972 insieme a La Luce Interiore da Del Bosco Editore, e La Storia del Sigillo Nero, tradotto in italiano nel 1963 dalla Mondadori, due volumi per la prima volta interamente dedicati a Machen. Da una parte abbiamo la casa editrice Franco Maria Ricci che, rilevando i diritti della collana La Biblioteca di Babele curata da Borges, pubblica il trittico di racconti scelti dal gran maestro argentino. Dall'altra abbiamo la Fanucci che pubblica l'intero ciclo Dyson, comprendendo nel proprio testo il trittico dei racconti proposti da Borges oltre l'intero progetto de I Tre Impostori e tre ulteriori racconti.
Ecco che la scelta di Borges esce gravemente penalizzata sul mercato italiano, subito superata (sarà riproposta dalla Mondadori nel 1989) per quantità dalla Fanucci e con una sola novità rispetto a quanto già proposto in Italia ovvero il racconto La Piramide di Fuoco, The Shining Pyramid, scelto quale titolo del volume. E' su questo racconto che ci concentriamo, avendo già analizzato nella precedente recensione gli immancabili La Storia del Sigllo Nero e La Storia della Polvere Bianca che puntualmente ricompaiono nel progetto.

Ne La Piramide di Fuoco tornano le ambientazioni e le tematiche de Il Sigillo Nero. Machen trasporta di nuovo il lettore nelle verdeggianti colline della campagna inglese, o più probabilmente gallese, e questa volta lo fa trascinando lo stesso Dyson sul campo d'azione. L'aspirante scrittore, che si professa innamorato di Londra, si trasforma in vero e proprio indagatore e riesce, contrariamente ne I Tre Impostori, a interpretare bene gli indizi così da anticipare gli eventi. Ancora una volta però potrà fare ben poco per salvare la vita delle sfortunate vittime cadute nelle maglie del male. 
Se ne I Tre Impostori era stata l'attività di osservazione disinteressata a fare imbattere Dyson in una storia bizzarra e dai risvolti esoterici, questa volta è un amico che giunge a Londra a chiedere il supporto del dandy inglese. L'uomo è infatti inquietato da una serie di raffigurazioni, disegnate sul retro della propria casa, che si sono susseguite, di giorno in giorno, con l'apposizione di sassi di selce, e che gli hanno fatto pensare ai messaggi in codice di un ladro o di un gruppo di zingari per segnalare il materiale prezioso che l'uomo possiede all'interno delle mura della propria abitazione.
Dyson, poco convinto delle tesi dell'amico, si reca in campagna e studia il fenomeno, venendo colpito dalla descrizione dei vari disegni ovvero una serie di linee allineate (da lui definite quale rappresentazione di un esercito), poi i raggi, una ciotola (poi definita la coppa), una piramide e infine una mezzaluna. Dopo le raffigurazioni, Dyson nota l'insorgere, su un muretto vicino, di una serie di occhi dal taglio orientale, tracciati uno al giorno a circa un metro da terra fino a un massimo di quattordici. Lo scrittore si convince che il tutto faccia parte di un messaggio in codice che prova  a collegare al racconto relativo alla scomparsa, qualche settimana prima, di una giovane che si era incamminata da sola in una scorciatoia nel mezzo del verde delle colline. Nelle sue peregrinazioni sulla via dei sentieri battuti dalla giovane, Dyson si ritrova in un'area che gli ricorda il profilo di una coppa e si convince che la zona sia connessa alla raffigurazione praticata con la selce. Ma chi potrebbe mai aver fatto quei disegnei e perché? Questo è il quesito su cui ruota l'intera storia.
Ecco che, con un processo deduttivo (sconosciuto al Dyson de I Tre Impostori), lo scrittore scarta tutte le possibili soluzioni che vedono gli scolari in transito di giorno, gli zingari, i domestici e i campagnoli eliminati di volta in volta dalla rosa dei sospetti. Il tutto si concentra, data la particolare ubicazione del muretto interessato dai disegni e l'altezza in cui gli stessi sono stati apposti, su un profilo che vede dei soggetti di altezza compresa tra i novanta centimentri e un metro nonché dotati di una vista particolarmente sviluppata in grado di permetter di vedere al buio (un po' come registrato per i prigionieri costretti a vivere, per anni, in celle al completo buio) quali autori del complesso quadro di disegni. 

Gli sforzi di indagine dello scrittore vengono premiati e lo stesso riuscirà a mostrare all'amico l'evento pubblicizzato, è il caso di dire, dagli strani disegni. I due, acquattati ai filamenti d'erba, nel cuore delle colline gallesi e tremando di orrore, assisteranno a una sorta di sabba gestito dai rappresentanti del piccolo popolo e che vedrà, in veste sacrificale, la ragazza rapita, ormai disgregata in un "putrido rifiuto che agitava continuamente gonfi e orribili tentacoli striscianti", trasmutare in nuova creatura in un'involuzione che le consentirà di accedere al suo nuovo mondo ovvero quello dell'oltretomba, nei luoghi segreti al di sotto delle colline.
Dyson, in modo un po' didascalico, spiegherà a fine racconto il processo che ha seguito per giungere alla conclusione, ma nonostante ciò troverà nel suo amico un uomo che preferisce l'ignoranza alla conoscenza. Quest'ultimo confesserà di voler restare legato agli insegnamenti riconosciuti dalla società piuttosto che comprendere i veri misteri della vita. "Ho vissuto sempre sobriamente come tuti gli uomini timorati di Dio e non posso fare altro che credere di avere sofferto di qualche mostruosa allucinazione." Come dire: non c'è peggior cieco di chi non voglia vedere...

Machen conferma lo stile elegante e piazza una sublime e terrorizzante descrizione del sabba del piccolo popolo, momento in cui il racconto tocca il proprio apice qualitativo. Per il resto gioca un po' a fare il Conan Doyle della situazione, scegliendo, alla fine, la via didascalica per spiegare tutti i passaggi seguendo la prerogativa tipica della narrativa gialla dell'epoca. The Shining Pyramid diviene così un racconto minore nella produzione di Machen, caratterizzato da una struttura da racconto giallo costruita su un soggetto tipicamente horror che non ha l'intensità e la capacità di inquietare come La Storia del Sigillo Nero o come La Storia della Polvere Bianca, riuscendo tuttavia a trasmettere la magnificenza e la pace estatica del contesto gallese teatro, tuttavia, di riti blasfemi orditi da quelli che Machen definisce "i rappresentanti degli abitanti preistorici che vivevano nelle caverne delle campagne della Turania." Un contrasto dunque che riproduce quella dicotomia tra bene e male evidenziata, in prefazione, dallo stesso Borges che scrive che "l'esistenza del male, non è mera assenza del bene, ma una coalizione di entità che lotta incessantemente contro il bene, e che ha la possibilità di vincere." Le creature della luce da una parte e le creature delle tenebre dall'altra in quello che è l'infinito confronto della vita.

A chi fosse interessato alla lettura del racconto consigliamo l'acquisto dell'edizione de I Tre Impostori edita dalla Fanucci nel 1977 o nel 1991, non prendete invece l'edizione del 2004 perché in essa la Fanucci ha deciso di tagliare, tra gli altri, il racconto in questione.

Un Machen attempato
pronto a una bella passeggiata
per i vicoli di Londra.

"Una grande piramide di fiamma si elevò come una guglia e fu come il precipitare di una cascata, che proietto un fascio di luce su tutta la montagna. In quel momento Vaugham vide nella cavità miriadi di forme umane, contorte come bambini orribilmente deformi, e i volti, con occhi a forma di mandorla, brucianti di infernale e indescrivibile lussuria, lo spettrale giallo della massa di carne nuda."

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