Autore: Stefan Grabinski.
Titolo Originale: Namietnosc.
Genere: Fantastico / Sentimentale.
Anno: 1930.
Edizione: Ester, 2020.
Collana: Cronache dall'Insolito.
Prezzo: 14,00 euro.
Commento di Matteo Mancini
Bella prova di esordio dei traduttori Michols Magnolia e Massimo Barberini che propongono sul mercato italiano un inedito di Stefan Grabinski, lo scrittore definito dal critico Karol Irzykowski “l'Edgar Allan Poe Polacco”.
Novella piuttosto breve, composta da cinquantacinque pagine, risalente all'ultimo periodo della produzione dell'autore che la stende qualche anno dopo il suo primo e unico viaggio a Venezia. Proprio nella città veneta è ambientata la storia. Grabisnki attinge probabilmente dalla propria vicenda personale, dall'incontro con la connazionale Stefania Kalinowksa che lo indusse a passare un'intera estate tra le calle dell'antica Repubblica Marinara, perché probabilmente preso dalla sua bellezza. Ed è proprio nell'intera stagione estiva che si snoda la storia d'amore che investe il protagonista, un turista polacco, che vive nella città italiana una passione travolgente per una sconosciuta vedova spagnola di origini nobiliari. Quest'ultima, solita frequentatrice di Venezia, si propone di fare da cicerone al nuovo arrivato e avvia con lo stesso una relazione d'amore travolgente.
La poetica in prosa di Grabinski è eccezionalmente resa dai due traduttori. Eleganza e stile si antepongono al taglio fantastico, plasmando un ritmo lento ma dall'intensità progressiva allo scorrere della lettura. La visione del polacco è votata a un realismo dal sapore documentaristico, attraverso il quale viene reso uno spiccato omaggio alla città di Venezia, con i suoi quartieri, i suoi musei, i suoi palazzi, le sue calle ingoiate dalle tenebre e i suoi cimiteri monumentali. Proprio in uno di questi, nel cimitero dell'isola di San Michele, Grabisnki inserisce il primo tassello di un puzzle che conferirà alla storia un background fantastico. Definito “l'isola dei morti”, il luogo ospita la sede di sepoltura del marito della giovane vedova. Quest'ultimo si sarebbe suicidato per dimostrare alla propria compagna il suo immenso amore, certo di non poter più raggiungere un apice di passioni ed emozioni tali, così da rendere inutile il resto dell'esistenza. Un suicidio, dunque, su cui però si allunga il sospetto di un avvelenamento praticato dalla donna, una lettrice avida di volumi che legano il sesso alla morte (è proprio grazie a un volume di questo genere che i due protagonisti del romanzo fanno la loro prima conoscenza). Sulla tomba infatti si erge una scultura che rappresenta i due amanti, con la donna intenta a offrire all'uomo un calice, con un sorriso stampato in faccia “che cela un accenno di inganno e di crudeltà” e una daga veneziana tenuta nell'altra mano dietro la schiena. Lo stesso protagonista fa menzione al sospetto che la coppa contenesse veleno.
In realtà, penso di poter dire che la scultura rappresenti una metafora della passione d'amore. Si potrebbe infatti sostenere che, alla stregua di un forte alcolico, l'amore, se vissuto in dosi di intensità eccessiva, possa minare l'integrità mentale di chi vi venga attinto portando lo stesso ad assumere condotte equiparabili a quelle di un ubriaco o di un pazzo. La coppa allora, che l'uomo si appresta a bere, contiene dunque l'amore per un donna che è predisposta al tradimento (da qui la daga nascosta dietro alla schiena). Un evento che può arrivare ad uccidere un uomo e, al tempo stesso, soddisfare il narcisismo femminile. Non è forse un caso che la protagonista, anziché mostrare disperazione e rimpianto per il perduto amore, si dimostri invece entusiasta per quanto accaduto, al punto da mostrare gli esiti delle sue conquiste come si potrebbe fare con una collezione di grande valore. “Morì per me e a causa mia. Non è stupendo?” chiede al polacco. Allo stesso modo si rivela assai irrispettosa nel condurre al cospetto della tomba del defunto marito la sua nuova e probabilmente ennesima conquista. Un personaggio che richiama alla mente la donna della canzone La Ballata dell'Amore Cieco di Fabrizio De Andrè (nella scultura l'uomo, guarda caso, viene definito come “accecato” dall'amore).
Emerge pertanto il pessimismo romantico dello scrittore verso l'amore, atteggiamento peraltro stimolato dalle esperienze personali (la moglie lasciò Grabinski dopo cinque anni di matrimonio), su cui però si innesca la vendetta del defunto. Le scappatelle dei due protagonisti vengono, a poco a poco, disturbate da una misteriosa donna, tale Donna Rotonda, entrata empaticamente in contatto mentale proprio col defunto marito della protagonista. Ce lo dice un pittore locale, realmente esistito, capace di entrare in contatto con l'aldilà per lasciarsi guidare dagli spiriti, al fine di mettere su tela visioni del futuro. L'artista, al secolo Luigi Bellotti, traccia l'ideale luogo di incontro, rappresentato da un ponte che mette in relazione il mondo dei vivi con quello dei morti. L'immagine, ben rappresentata da Giada Morganti per la realizzazione della copertina del libro, è la conclusione di un patto tra il defunto e la pazza donna che vaga disperata per le vie di Venezia perché abbandonata dal suo amore. “Entrambi vittime di un'immensa passione, siamo uniti nella fratellanza dell'angustia.”
A determinare l'inizio della parabola che condurrà al tragico finale è, ancora una volta, il tradimento. La curiosità spinge il protagonista polacco, a poco a poco preso dalla misteriosa donna rotonda, a pedinarla e scoprire che, in realtà, è una magnifica rappresentante del gentil sesso, distrutta nella mente dal perduto amore. “Non era più Donna Rotonda l'inquietante, la macabra apparizione per i bambini, il triste e spregevole spettro di un'assopita laguna; era Gina Vamparone, la sfortunata figlia di Venezia, che sbocciava nel rifugio del disabitato palazzo in una donna bellissima, impazzita per amore.” Rapito dal richiamo della carne e pur amando la giovane nobildonna, spagnola, il polacco cade nelle maglie della passione, passando una notte con la sconosciuta. Assimilabile a uno stupro per effetto di un errore di persona, la scappatella andrà ad avviare il dramma di gelosia che porterà la povera disperata a scagliarsi contro la rivale d'amore, fino al tragico epilogo.
Racconto Veneziano rappresenta così, al contempo, l'omaggio di Grabinski alla città di Venezia, reso sia con le calibrate descrizioni cittadine sia col ricorso di personaggi storici e locali realmente esistiti, e, al tempo stesso, la sublimazione del pessimismo dell'autore verso l'amore, visto quale passione che unisce la gioia sfrenata per poi scemare nella disperazione più assoluta (romantico il viaggio finale verso il cimitero) a delineare un “falso racconto fantastico” che pende sul versante dell'allegoria. La speranza è che possa essere la prima delle opere ancora inedite in italiano a esser riproposte, nella nostra lingua, dal duo Magnolia-Barberini che ha dichiarato il proposito di sdoganare l'intera produzione dell'autore polacco, fino a oggi conosciuto soprattutto grazie alle antologie Il Villaggio Nero (2012) e Il Demone del Moto (2015) pubblicate rispettivamente da Hypnos (e anche Mondadori) e da Stampa Alternativa.
L'autore STEFAN GRABINSKI
"Nella vita capita che dopo un periodo di monotonia e comune realtà seguano una serie di episodi eccezionali."
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