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giovedì 31 dicembre 2020

Recensione Narrativa: L'HAREM DELLE VERGINI DANNATE di Ivo Torello.




Autore: Ivo Torello.
Anno: 2019.
Genere: Horror/Erotico.
Editore: Edizioni Hypnos, 2019.
Collana: Gli Strani Casi di Ulysse Bonamy.
Pagine: 142.
Prezzo: 9,90 euro.

Commento Matteo Mancini.
Secondo episodio (dei quattro al momento presentati) della serie Gli Strani Casi di Ulysse Bonamy ideata nel 2019 dallo scrittore genovese, classe 1974, Ivo Torello. 
La storia si inserisce nel solco tracciato dal precedente La Gorgiera della Contessa Sanguinaria (2019), mutuandone i cliché temporali e tematici. Ci troviamo ancora nella Parigi del 1923 a seguire gli inusuali casi del detective dell'occulto Ulysse Bonamy, un furfante dai modi garbati e dai gusti sessuali non proprio raccomandabili, abile nell'utilizzare unguenti a base di mandragora per acuire le percezioni e trovare i giusti sviluppi di indagine. “Avete una vaga idea di chi sia questo uomo!?” dirà nel corso del testo uno dei personaggi di Torello “Uno dei peggiori mascalzoni di tutta Francia! Un truffatore in grado di ingannare pure il Padreterno! Costui è, tanto per capirci, il protetto della strega del bordello di Montmartre, Dauphine Sabatiere.”

A differenza dell'episodio pilota, l'azione si sposta dalla capitale francese alla campagna, a Villers-Cotterêts, presso il collegio femminile denominato Ecole des Filles Gertrude de Greve dove sulle mura spiccano blasfeme rappresentazioni del Cristo in croce (la passione sembra evocare l'estasi erotica). Qui Bonamy, che si presenta sotto mentite spoglie, riesce a farsi assumere come inserviente. Il suo fine è far luce su uno scandalo che ha inondato le pagine dei giornali parigini ed è costato la caccia all'uomo ai danni di un professore del collegio, nel frattempo rifugiatosi nella casa dell'amico indagatore. Quest'ultimo, tale Maurice Jollain, è un letterato famoso, nell'editoria semi-clandestina, con lo pseudonimo di Jules Jukes quale autore di libri di argomento erotico. L'uomo, ad avviso della polizia, sarebbe al centro di una serie di abusi sessuali, a danno delle minorenni della scuola, praticati indossando la maschera di un caprone cornuto così da poterle circuire inducendone il silenzio. Le indagini tuttavia sono state traviate a sommo scopo dal vicedirettore della struttura, il vero responsabile dei delitti, intenzionato ad assurgere al ruolo di Grande Maestro di un Ordine Esoterico fondato a inizio secolo e solito riunirsi in un luogo denominato il Tempio di Anin-Horsan. Il collegio infatti altro non è che la sede occulta dell'ordine, un luogo protetto dall'omertà delle più alte cariche nazionali, a conoscenza degli strani riti che si consumano tra le mura della scuola.

Tra suggestioni lovecraftiane (si inneggia a Shub-Niggurath, ossia il capro nero dei boschi dai mille cuccioli), grimori al soldo di santoni di origine persiana dai nomi che rievocano il pantheon lovecraftiano (Abdul Ben Azel), sostanze psicotrope che fondono in sé stesse i principi del sodio penthotal (“Lucifero favorisce l'emersione dei nostri pensieri più reconditi, abbattendo ogni forma di autocontrollo, ci costringe a dire solo la verità”) e, al tempo stesso, liberano gli istinti animali dell'uomo, vengono a delinearsi i contorni di un giallo presto sconfinante in un weird in odore di pulp magazine. Pur se elegante e tecnicamente forbito (non mancano alcune scivolate nel volgare), il contenitore di Torello va sempre più a tracciare le coordinate seguite da quei romanzi frivoli da edicola che, negli anni sessanta e settanta, fecero la fortuna di serie quali I Racconti di Dracula. L'autore genovese si limita ad accennare al paranormale, miscelandolo a un erotismo che tocca punte di pornografia (limitate al sesso orale) in modo da sfumarlo e lasciarlo in background; tuttavia, il male c'è ed è reale, lo si capisce nei dettagli di cui il romanzo è intriso. Sedicenti ex satanisti, riqualificatesi alla vita di eremiti (alla Huysmans), ammoniscono dal proseguire su certi cammini e lo fanno alludendo a visioni capaci di frantumare la sanità mentale. Non mancano poi rivelazioni inaspettate rese da uomini che non possono essere depositari di certe notizie, così come si percepiscono odori bestiali al culmine dei riti che rimandano direttamente a un mondo altro che sovrasta la realtà per come noi la conosciamo. Torello cala il tutto in un contesto argentiano che richiama alla memoria il capolavoro Suspiria (a noi salta in mente anche l'horror L'Ultimo Mago della serie I Racconti di Dracula), anche se si tratta di un cliché che ha fatto la fortuna di una serie di sottogeneri cinematografici precedenti (si pensi al nunsploitation, in cui si cambiava il contesto collegiale in quello monacale), e, al tempo stesso, mette in scena, in chiave moderna, orge sabbatiche che attingono dall'immaginario iconografico di Francisco Goya (si veda il dipinto a olio su tela Il Grande Caprone completato nel 1798 e che raffigura una capra in posizione eretta) per mettere alla berlina l'ipocrisia del mondo borghese. Giudici, militari, politici e personaggi insospettabili sono i componenti di una setta che utilizza il sesso quale via per trascendere, salvo poi piegarsi a piaceri ben più materiali (“il mio anelito più alto è il piacere della carne”) senza ambire ad altro di superiore. Spunti di riflessione non certo privi di precedenti sviluppi, si pensi, tra gli altri, a molta della narrativa dell'orrore di Frank Graegorius (alias Libero Samale) che, su tale tematica, ha costruito la sua carriera letteraria relativamente al suo versante gotico. Evidente la parte in cui il perbenismo della società parigina da una parte condanna le pratiche sessuali e, dall'altra, contribuisce al successo di chi narri i fatti a essi connessi con tanto di dettagli e aneddoti, a dimostrazione di una sussistenza di una bramosia interiore repressa dall'incapacità di esternare l'animale che vive nel profondo dell'essere.

Torello è un autore diretto, il perfetto contrario di un bacchettone, ben lontano da ipocrisie di sorta, alla stessa maniera in cui lo sono i personaggi dei romanzi fin qui dati alle stampe. “Non è innocente che sogna certe cose senza avere il coraggio di farle... Mettete persone del genere nella certezza assoluta dell'impunità, e vedrete com'è davvero la natura umana” asserisce l'antagonista, quasi a voler dimostrare che quanto l'ordine esoterico mette in pratica altro non è che la concretizzazione dei sogni della maggior parte delle persone che costituiscono la società di cui tutti noi facciamo parte. Un modo di porsi che condanna l'intera società e, forse in maniera più calibrata, la natura stessa dell'uomo (perverso e "maiale" per natura). Attraverso riti di magia rossa, in cui sono coinvolte le ragazze dell'istituto (idea ripresa in precedenza dal regista underground Lorenzo Bianchini, regista de Radice Quadrata di Tre e di Custodes Bestiae, rispettivamente del 2001 e del 2004), si giunge così alla soluzione finale che vedrà Bonamy risolvere il caso, coinvolgendo direttamente la polizia francese grazie all'arroganza del vicedirettore della struttura, un uomo sempre più spinto dalla volontà di assurgere al ruolo di Gran Maestro, fino a fidarsi dei perfetti sconosciuti e di cadere in balia dello spirito di Satana.

Curiosamente, il romanzo non ha riscosso giudizi entusiastici, addirittura stroncato da alcuni lettori con l'accusa di non proporre niente di interessante o di essersi volutamente invischiato in “paludi letterarie di matrice pulp e lovecraftiana con punte di pseudo porno.” Commenti da cui ci distraiamo per allinearci all'opinione dell'amico Cesare Buttaboni che ne ha esaltato le atmosfere e lo stile, trovando nell'epilogo una suspence tale da promuovere a pieni voti l'autore.

Notevole il ritmo, veloce la lettura. L'Harem delle Vergini Dannate è un libro che si legge in un paio di giorni, facile da seguire e portato in scena in un mix di eleganza e pulp. Consigliatissimo a coloro che cercano quelle contaminazioni tra erotico spinto e horror che fecero la fortuna della narrativa da edicole degli anni settanta e, al tempo stesso, a chi cerchi quell'orrore paranormale legato alla tradizione cristiano centrica.
 
Il Grande Caprone (1798)
di Francisco Goya.
 
"La natura umana non è in nulla diversa da quella delle altre bestie, che prendono ciò che vogliono per diritto, con prepotenza, senza rispondere a nessuna legge al di fuori di quella dei propri appetiti."

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