Autore: Stephen King.
Titolo Originale: The Tommyknosckers.
Anno: 1987.
Genere: Fanta/Horror.
Editore: Sperling & Kupfer.
Pagine: 783.
Prezzo: 12.90 euro.
Commento a cura di Matteo Mancini.
INTRODUZIONE ALLA LETTURA
Romanzo spartiacque nella vita del "Maestro del brivido" che lo confeziona impiegando cinque anni, dal19 agosto 1982 al 19 maggio 1987. Sono anni estremamente produttivi nella carriera di King ma, allo stesso tempo, sono attraversati da problemi connessi all'abuso di alcool e sostanze stupefacenti. L'asso del Maine sforna una media di due romanzi all'anno con perle quali Christine (1982), It (1986) e Misery (1986). Le Creature del Buio, o meglio The Tommynkockers, vede la luce quale ideale ultimo romanzo della prima parte di carriera del nostro. King ha quarant'anni ed è prossimo a un vero e proprio crollo psico-nervoso che lo terrà lontano dal mondo editoriale per due anni. E' il momento in cui si rompono i legami con la gioventù. La madre dello scrittore muore piegata dal cancro e l'evento ha tragiche conseguenze sul figlio che già dal 1978 è un consumatore di cocaina. La fantasia non è più sufficiente a tenere lontano il male, occorre un incremento di droga e alcool per anestetizzare la sofferenza, King avrà la fortuna di avere alle spalle una famiglia solida, soprattutto una moglie, anch'essa scrittrice, che riuscirà a tirarlo fuori dal baratro in cui sono caduti vittima Maestri del calibro di Edgar Allan Poe. I personaggi de Le Creature del Buio, soprattutto il protagonista, sono figli di questo periodo. L'opera, che prende le mosse dall'amore dell'autore sia per la narrativa di Howard Phillips Lovecraft che per il cinema fantascientifico degli anni cinquanta incentrato sulla tematica "alieni", riflette in modo evidente gli strascichi legati al vizio dell'alcool e come questo, unitamente alla droga, trasformi una persona in un derelitto in balia di demoni che portano al deperimento della salute con l'illusione di duplicare le forze fisiche e mentali. Una lenta metamorfosi che trasforma le persone in qualcosa di diverso, dagli effetti fisici quali la perdita dei denti (come l'eroina) e mentali, con una sensazione di schiavitù al cospetto di un volere altrui che inibisce ogni capacità di autodeterminarsi.
In un'intervista per la rivista The Rolling Stones, King definisce The Tommyknockers "un libro orrendo: è l'ultimo che ho scritto prima di ripulirmi. E' un libro su tutta quell'energia fasulla che ti da la cocaina. Un libro di 700 pagine in cui dentro, forse, c'è un buon libro di 350 pagine."
LA RECENSIONE DEL ROMANZO
Romanzo che ho preteso di leggere a ogni costo, ma che ha minato e non poco le mie resistenze durante la lettura. Prossimo alle ottocento pagine, abbastanza pesante nella parte centrale, The Tommyknockers è un fanta-horror figlio della sua epoca. King lo concepisce nel momento del suo massimo fulgore artistico, nel cuore degli anni ottanta. Lo fa guardando alla tradizione letteraria di Howard P. Lovecraft (The Colour Out of Space, 1927) e a quella cinematografica de Invasion of the Body Snatchers (1956), ma anche a un romanzo quale Picnic sul Ciglio della Strada (1972) dei fratelli Strugatskij nonché alla catastrofe nucleare di Chernobyl, col conseguente abbandono della città contaminata.
Contrariamente a quanto capita di leggere, The Tommyknockers è un'opera corale in chiarissimo stile King, infarcita di personaggi caratterizzati oltre quanto necessario. Pur essendo nutrito da una serie di autocitazioni, quali personaggi ritornanti dal romanzo The Dead Zone, riferimenti a episodi di Firestarter, It e The Talisman, è altresì un contenitore di idee che fungeranno da spunti dai quali lo scrittore del Maine trarrà, nel nuovo secolo, una serie di romanzi. L'idea dell'invasione aliena tornerà al centro di una storia di King in occasione di Dreamcatcher (L'Acchiappasogni, 2001), così come la presenza di banali oggetti capaci di sparare gli uomini su pianeti interstellari sarà alla base di Buick 8 (2002) o ancora l'idea di un'influenza aliena capace di ridurre la popolazione di un villaggio in un unico essere collettivo in collegamento telepatico con ogni singola periferica fungerà da soluzione da cui prenderà l'abbrivio Cell (2006), per non parlare dell'idea di una barriera invisibile che rende impossibile fuoriuscire dalla città, quasi come se una bolla fosse discesa dal cielo, che sarà sfruttata per The Dome (2009).
Il soggetto, dilatato per il vezzo di raccontare il passato e gli atteggiamenti caratteriali dei vari personaggi, è tutt'altro che complesso. Una scrittrice di storie western, a passeggio col proprio cane nella sua immensa proprietà, sbatte in un oggetto che affiora dal terreno. Convinta di aver colpito un barattolo, la donna prende a scavare scoprendo, a poco a poco, di essersi imbattuta in qualcosa di enorme sepolto da milioni di anni (si parla di 50 milioni di anni). Questo l'avvio su cui King ricama a più non posso, fino a delineare una storia apocalittica, sulla scia di The Stand (1979), sviluppata in modo non lineare, dalla prospettiva dei numerosi personaggi, con molte battute a vuoto e continue interruzioni di ritmo. Torna anche l'interesse per i poteri metapsichici, al centro di buona parte della produzione del Maestro del brivido. L'oggetto sepolto nel terreno è infatti un vero e proprio disco volante della tradizione fantascientifica degli anni cinquanta che libera, a mano a mano che viene esumato, un gas e una serie di onde elettromagnetiche nocive alla salute animale. Haven, la cittadina (di fantasia) in cui si svolgono i fatti, diviene patria di una contaminazione che ricorda quella delle città vittime di un disastro nucleare. Chi si trova residente nella area diviene oggetto di mutazioni mentali e fisiche orientate a trasformare l'uomo in un qualcosa di diverso, un qualcosa di alieno e crudele soltanto apparentemente geniale. Aiutata dall'amante, un poeta ubriacone che ha installato nel cranio una lastra metallica (caratteristica che lo rende quasi immune alle trasformazioni), la scrittrice riesce a giungere allo sportello dell'U.F.O. così da addentrarsi in un fitto mistero che promette di rivelarsi quale evento in grado di rivoluzionare il mondo. Haven però è sempre più schiava della follia e di un atteggiamento morboso che sfocia in creazioni fantascientifiche che, tra le altre cose, vedono distributori di bibite sorvolare l'aria alla stregua di antesignani droni, radio evolute al rango di teletrasporatori di persona che sparano le vittime in altre dimensioni, macchine da scrivere azionate telepaticamente che scrivono interpretando il sonno del loro ideatore e armi giocattolo che rilasciano fluidi verdi in grado di polverizzare le persone. Sempre più flagellata dagli influssi dell'astronave, Haven assume le vesti in una vera e propria città chiusa. I forestieri non riescono a penetrarvi. Emorragie, emicranie, perdite di denti, vomito iniziano a manifestarsi quali sintomi ricorrenti che renderanno vano ogni tentativo di accesso, sebbene scomparse, omicidi e strane voci rimbalzino alla stazione di polizia della vicina Derry. Alla stessa maniera, chi si trova all'interno della cittadina non potrà evadere, schiavo di una trasformazione assuefattiva che, sotto l'illusione di incrementare le capacità mentali con tanto della possibilità di leggere nel pensiero, determinerà un'involuzione fisica che renderà i colpiti dei mostri ricoperti da una membrana trasparente da cui sarà possibile sbirciare gli organi interni. “Il collo e la testa di Bobbi erano totalmente trasparenti e gelatinosi. Le sue mammelle si erano gonfiate e si erano fuse in un'unica protuberanza di carne priva di capezzoli. Attraverso la pelle del suo stomaco Anne intravedeva organi che non avevano niente di umano e nei quali circolava un fluido verde. Dietro la fronte vedeva il sacco tremolante della mente... Fra le cosce di Bobbi un mazzo grottesco di tentacoli fluttuava nell'aria come un ciuffo di alghe, uscendole dalla vagina.” Una descrizione quest'ultima che funge da preludio a una delle scene più oniriche e folli del romanzo, una visione da William S. Burroughs che non vi anticipo.
Romanzo denso di buone idee, costruito su un soggetto vincente e per tratti coinvolgente. Purtroppo King sembra non intravedere l'intero potenziale. Si lascia sviare dalla tentazione di parlare dei vari personaggi, piuttosto che sviluppare la storia. È geniale l'idea di un pugno di alieni, ormai morti sotto un profilo materiale ma ancora vivi e vegeti sotto quello spirituale, che utilizzano quali fonti energetiche esseri viventi costretti a vivere da loro schiavi inconsapevoli. Una trovata che sarà al centro del capolavoro dei Wachowski Matrix. Le parti in cui Bobbi e Gardner penetrano all'interno dell'U.F.O., il pre-finale nelle fiamme che avvolgono Haven (curioso testacoda tra inferno e paradiso, come sembra quasi suggerire il nome scelto da King) o la parte in cui Gardner entra nel box della compagna dove sono intrappolate alcune cavie da laboratorio sono momenti da romanzo di prima fascia dell'autore del Maine. Purtroppo la qualità è diluita fin troppo dall'abitudine di King di utilizzare oggetti comuni quali fonti dell'orrore, oltre che da una logorroica spinta a scrutare nel privato dei personaggi. Così registriamo quelle che per noi, puristi dell'horror classico e del weird, sono cadute di stile. Distributori di bibite che caricano alla stregua di tori i malcapitati poliziotti, televisioni che parlano con i personaggi per spingerli a commettere delitti oppure un certo compiacimento grandguignol quando non ce ne sarebbe ragione, in aggiunta a un linguaggio talvolta sporco e scurrile (su cui King, da grande auto ironico, non omette di scherzare).
Alti e bassi che portano The Tommyknockers, distribuito in Italia quale Le Creature del Buio, a essere collocato in basso nelle classifiche dell'autore, ma non poi così in basso. Qualcosa di buono e interessante c'è, specie se King tenesse fede alla sua intervista e tagliasse duecento pagine di romanzo.
CURIOSITA', ADATTAMENTI E OMAGGI
Sebbene King ne abbia preso le distanze, secondo alcune fonti The Tommyknockers è stato il terzo romanzo più venduto negli anni ottanta con quasi un milione e mezzo di copie vendute.
Nel 1993 è stato tratta dal romanzo una mini-serie televisiva di due puntate che, inspiegabilmente, dopo essersi avviata in modo convincente e seguendo abbastanza fedelmente le coordinate di King è stata stravolta dallo sceneggiatore con una parte finale, affetta da diversi vuoti narrativi e momenti poco credibili, assai diversa dal testo originale. Laddove King si limitava a rendere ectoplasmatici gli alieni, Power, regista dell'operazione, mostra una lotta all'arma bianca tra uomini e alieni (ritornati misteriosamente in vita). Non contento, il regista e il suo sceneggiatore modificano le sorti dei personaggi e chiudono con una stucchevole happy end dalla valenza esorcizzante. Haven trova una via di fuga dalla sua distruzione e fa salva la propria esistenza. Peccato davvero, soprattutto alla luce dell'incoraggiante prima parte. Alla fine si ricordano le buone interpretazioni dei due protagonisti Jimmy Smits e Marg Halgenberger, oltre che della bomba sexy Traci Lords (quella che ha il rossetto laser, non presente nel romanzo, e che si atteggia a focosa e antipatica linfomane), celebre nell'industria pornografica americana per aver recitato in una serie di film porno da minorenne, e di John Ashton (nei panni del poliziotto, sulla scia del ruolo già ricoperto nel divertente action movie Beverly Hills Cop, al fianco di Eddie Murphy nei panni del sergente Taggart).
Da segnalare infine l'omaggio musicale reso dal gruppo metal tedesco Blind Guardian che ha ricordato il romanzo in due sue canzoni, inserite nell'album Tales From the Twilight World (1990), intitolate Tommyknockers (che ha per ritornello la filastrocca ripetuta più volte nel romanzo) e Altair 4 (il pianeta su cui nel romanzo viene spedito un ragazzino nel corso di uno spettacolo di magia).
Stephen King nel 1987.
"Ieri notte a tarda ora,
i Tommyknockers, i Tommyknockers
hanno bussato e oggi ancora,
Vorrei uscire, ma non so se posso,
Per la paura che m’hanno messo addosso!"
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