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giovedì 28 febbraio 2019

Recensione Narrativa: IL PRINCIPE ZALESKI di Matthew P. Shiel.



Autore: Matthew P. Shiel.
Titolo Originale: Prince Zeleski.
Anno: 1895.
Genere: Giallo.
Editore: Sellerio Editore, 1986.
Pagine: 136.
Prezzo: 7 euro.

A cura di Matteo Mancini.
"E' splendidamente pazzo... c'è della magia nella sua opera" commentava Ralph Strauss in riferimento alla produzione di Matthew Phipps Shiel. Origine curiosa quella di Shiel. Figlio illegittimo di un ufficiale della dogana irlandese (secondo altre fonti di un predicatore), nasce sull'isola di Montserrat, nei Caraibi, partorito da una schiava mulatta. Nono figlio, unico maschio, viene nominato a quindici anni, dal vescovo di Antigua, Re di Redonda, un'isola disabitata tra Nevis e Montserrat, col titolo di Re Felipe I.
L'esperienza caraibica va stretta al giovane Matthew che a sedici anni emigra a Londra, affascinato dalla narrativa. Prende la laurea in medicina, ma non è interessato alla professione. Le sue frequentazioni sono legate ai salotti popolati dagli scrittori decadenti. Stringe amicizie importanti, con Oscar Wilde, Robert L. Stevenson e Arthur Machen (di cui si ritrova vicino di casa) che lo portano a debuttare quale narratore nel 1895, a trent'anni, con l'antologia breve Prince Zaleski. La produzione diviene presto copiosa, facendo di Shiel un autore interessato al fantastico ad ampio raggio. Si interessa dalla fantascienza alla narrativa del terrore senza disdegnare il giallo. In particolare focalizza la propria attenzione, a partire da The Yellow Danger (1898), sul pericolo orientale costituito dai cinesi, tanto da rivelarsi un vero e proprio precursore in anticipo su Sax Rohmer (si pensi al diabolico dottor Fu Manchu) e gli altri. Scriverà tre importanti romanzi sull'argomento.
Nel 1901 da alle stampe l'opera per cui è maggiormente ricordato ovvero La Nube Purpurea, dando il là al filone catastrofico che, per motivi vari, vede l'umanità assottigliarsi fino a estinguersi quasi del tutto, fatto salvo per un unico personaggio che si trova costretto a vagare nella desolazione, alla ricerca dei propri simili. Un plot che, nel novecento, sarà saccheggiato da autori quali Richard Matheson e Stephen King con opere che passeranno alla storia del genere, basti pensare Io Sono Leggenda (1954) e L'Ombra dello Scorpione (1978). Un'altra opera famosa di Shiel è L'Isola degli Inganni (1908), una via di mezzo tra la sci-fi e il fantastico.
Penalizzato da uno stile barocco e arcaico, ottiene meno successo rispetto ad altri colleghi del periodo, tanto che verrà tradotto in Italia in grave ritardo (nel 1967, a venti anni dalla morte, uscirà la prima edizione de La Nube Purpurea) e non otterrà menzione né nel volume francese pubblicato dalla Edipem sotto il titolo I Maestri della Letteratura Fantastica né all'interno del corposo studio di David Punter intitolato Storia della Letteratura del Terrore. Nonostante ciò, riesce comunque a farsi apprezzare negli Stati Uniti, soprattutto negli anni '30, grazie a una lunga corrispondenza con August Derleth (il prosecutore della scuola lovecraftiana) che culmina nella pubblicazione di un lotto di racconti del terrore per la Arkham House. Howard Philips Lovecraft gli dedica una pagina nel suo L'Orrore Sovrannaturale nella Letteratura. Il solitario di Providence scrive che l'autore, "di quando in quando, attinge vertici di orribile fascino." A parte La Nube Purpurea, l'attenzione del collega si concentra sui racconti Xelucha (1903), un horror necrofilo con venature di erotismo perverso, e The House of Sounds (1897), rilettura del capolavoro di Edgar Allan Poe Il Crollo della Casa Usher, quest'ultimo giudicato "l'indiscutibile capolavo di Shiel."
La vita dell'autore è tutt'altro che tranquilla. Nel 1914 viene condannato a sedici mesi di lavori forzati per violenza carnale nei confronti della figliastra dodicenne. Negli anni venti finisce sospettato di avere idee di impronta fascista e gusti omosessuali. 
Vive gli ultimi anni della propria esistenza all'insegna del delirio. Tenta di dar vita a una nuova dottrina, di impronta laico-religiosa, chiamata la Religione della Scienza, con l'obiettivo, alquanto improbo, di soppiantare il cristianesimo. Predispone dei rituali ben precisi che provvede a scrivere in delle carte che scompaiono nel nulla alla sua morte, che interviene nel 1947 a ottandue anni, sebbene nessuno comunichi per diversi mesi l'avvenuto decesso. Morto l'uomo, prende vita il mito. A poco a poco, l'opera di Shiel scala gli ideali gradini che conducono al gotha dei grandi maestri del settore. "Benché ignorato dalla massa dei lettori, Shiel è autore di alcuni tra i più meravigliosi romanzi in lingua inglese" affermerà Victor Gollanez. Arnold Bennett, invece, lo definirà "erudito, filologo, inventore, stilista."

M.P. SHIEL

Matthew P. Shiel debutta nel mondo editoriale con l'antologia gialla, composta da tre racconti, Prince Zaleski. L'opera, definita "poliziesco intriso di decadentismo estetizzante", si inserisce nel sottogenere lanciato, tra gli altri, da Edgar Allan Poe (l'August Dupin de I Delitti della Rue Morgue, 1841) e Conan Doyle, con l'intramontabile Sherlock Holmes de Uno Studio in Rosso (1887), caratterizzandosi però per alcune peculiarità. Ci troviamo dunque nell'ambito dei c.d. detective fin de siècle ma, a differenza degli altri detective protagonisti della carta stampata del periodo, il protagonista di Shiel è legato al decadentismo. Nobile russo decaduto, costretto all'esilio dall'amata terra, Zaleski è un reietto, coltissimo e misantropo con interessi poliedrici (egittologia, studio dei crittogrammi, filosofia, grafologia, medicina, psicologia, fisica), vive in un'enorme e diroccata struttura, aggredita dalla vegetazione e dai topi, confinato in una stanzetta all'interno della torre di pertinenza della dimora. E' forte il retrogusto di un romanzo cardinale, nell'ideale manifesto del decadentismo poi esaltato da Oscar Wilde, come Controcorrente (1884) di Karl Huysmans. Come il protagonista dello scrittore francese, Zaleski si è isolato dal mondo, non vuol più saperne della contemporaneità tanto da non interessarsi a quanto avvenga fuori dal suo ristretto mondo. Ragione della fuga dalla realtà "un amore sfortunato e tormentato" da cui il Principe non è stato più in grado di riprendersi. A parte il narratore delle storie, non lo cerca nessuno ("Il mondo aveva smesso rapidamente di interessarsi a lui") e la cosa ha un forte impatto malinconico nel lettore, poiché si tratta di un uomo che avrebbe potuto dare molto alla società, solo se avesse avuto più fortuna ("Non sono mai riuscito a ricordare senza pena il fato del Principe Zaleski"). Appare preda dell'ozio, in attesa della morte da eludere per mezzo dello studio. Quando si impegna alla soluzione del caso lo fa con riluttanza, cedendo soltanto alle pressanti richieste dell'unico amico ammesso nel suo ritiro. Vive attorniato da opere d'arte, mummie e oggetti da collezione, assistito da un gigante Etiope con cui, forse, ha un rapporto di natura superiore alla semplice natura lavorativa. "Quando spinsi il portone ed entrai nell'edificio, fui colpito dalla fantasia saturnina di quell'uomo imprevedibile, che aveva scelto un sito tanto desolato per trascorrere i suoi giorni. Mi appare come un ampio mausoleo, che celasse sepolti genio, cultura, intelligenza, grandezza."
Un po' alla stregua di Sherlock Holmes, Zaleski è un fine pensatore, un filosofo, dotato di un acume tale da lasciar sospetto che sia depositario di poteri divinatori. Consumatore di cannabis sativa, si interessa, quasi sempre passivamente, a casi insoluti che gli vengono posti da un amico, nientemeno che lo stesso Shiel, che si spinge a trovarlo per sentire la sua versione su accadimenti su cui nessuno riesce a venire a capo.

Uomo di intelletto, piuttosto che d'azione, non si muove mai dalla sua abitazione (fa eccezione l'ultimo dei tre racconti). Risolve i casi comodamente sdraiato su una poltrona, con un lungo processo deduttivo intervallato da lunghe (e talvolta noiose) elucubrazioni di impronta filosofica che lasciano perplesso e stupefatto Shiel.
"Era l'uomo del mistero. Io, che lo conoscevo meglio di chiunque altro, sapevo che era impossibile conoscerlo. Era un essere che apparteneva poco al presente: con un braccio cingeva l'intero passato, mentre nell'altro gli pulsava il battito del futuro. Mi dava l'impressione di avere capacità risolutive non solo guardando indietro, ma anche in avanti, e ho saputo che ha predetto eventi futuri con estrema precisione. Tutto in lui era superlativo... La sua memoria non era soltanto straordinaria, ma aveva il segno dello strano, del pitico, del sibillino. Il suo intelletto possedeva la leggerezza di un giovane camoscio, e a meno di non riuscirne a seguire l'impressionante velocità dei singoli passi, che lo portavano ad altezza vertiginose, lasciava storditi e confusi, con l'impressione di una onnipotenza mentale."
Lo vediamo alle prese con tre storie, Shiel ne scriverà una quarta (non inclusa nel volume della Sellerio) nel 1945 a cinquanta anni di distanza dalle altre tre, molto arzigogolate. L'autore opta per una struttura che non aiuta il pathos. Vediamo Shiel raccontare, di volta in volta, al Principe le premesse che stanno a capo di un diverso mistero su cui poi Zaleski dovrà ragionare decriptando, a poco a poco, i vari misteri così da pervenire alla spiegazione chiara e precisa degli eventi verificatesi. Ne vengono fuori dei racconti molto dilatati, portati troppo per le lunghe dall'autore con una cura estrema dei particolari che non è idonea a rendere accattivante la lettura. Il genere delle storie è ascrivibile al giallo puro, anche se latita l'azione. Si tratta di analizzare fatti passati per scoprire cosa sia successo. Zaleski scioglie tutti gli intrighi con una capacità mentale che sfiora doti medianiche. Lievemente aiutato dall'uso di oppiacei, snocciola al suo invitato tutti i punti salienti compresi i quali giungere alla conclusione diviene un'inevitabile deduzione. Eccetto nell'ultimo racconto, S.S., il migliore del lotto, dall'indagine non segue l'azione, per così dire, ma si perviene alla mera comprensione dei "perché" sottesi ai comportamenti tenuti dai soggetti dei racconti narrati in premessa da Shiel
Alla fine resta un po' di amaro in bocca anche se si notano le doti da poeta del macabro dell'autore. Tutto viene, a mio modesto parere, rovinato dalla struttura poco atta a creare tensione. Alla fine, più che le storie e gli intrecci, a interessare sono le caratterizzazioni del malinconico protagonista e della sua dimora.

Nella prima storia, La Stirpe degli Orven, Zaleski dovrà capire cosa si celi dietro l'omicidio di un conte, con una serie di altri eventi, tra cui furti e altri delitti, verificatosi in simultanea con la morte dell'uomo. Più intrigante La Pietra dei Monaci di Edmundsbury in cui, il cambiamento di colore di una pietra preziosa, contenuta all'interno di uno scrigno, getta in paranoia colui che era stato incaricato di rubarla (un rappresentante della mitica setta degli Assassini) e persino il proprietario, con entrambi convinti che l'originale sia andato smarrito, il primo pensando che il proprietario l'abbia celato e il secondo che l'altro l'abbia rubato.
Nel racconto S.S., dal titolo sinistro e quasi profetico (riferimento a quanto avverrà in Germania con l'avvento di Hitler), Zaleski si troverà alle prese con una setta legata all'ideologia greca, chiamata Società di Sparta, intenzionata a ripulire il mondo dalle persone malate e deboli, così da evitare la dedadenza della razza umana. "Hanno mosso una guerra sconsiderata contro la vita inferma." Zaleski, nel testo, condanna questa organizzazione segreta per i metodi (omicidi rituali con delle pergamene piegate e collocate sotto la lingua di vittime apparentemente date per suicida), ma non nella sostanza. Una posizione che desta perplessità e rende comprensibile il motivo per cui Shiel verrà tacciato di simpatie filo fasciste. "Abbiamo un flagello, i cui effetti sullo stato moderno sono uguali a quelli che la guerra aveva sullo stato antico, ma che risulta assai più distruttivo. Il nome di questa pestilenza è la Scienza Medica... Grazie a essa noi mettiamo la massima diligenza nella preservazione dei peggiori... Mai nel corso della storia il sole brillò su uomini più divinamente vigorosi, o su donne più perfette, che nella vecchia e severa Sparta. Come tutti i mortali dovevano subire la morte, ma erano certi di essersi definitivamente liberati dalla malattia... La malattia determina l'indebolimento e l'estinzione degli uomini e delle nazioni." In altre parole Zaleski evidenza come la medicina, riuscendo a tenere in vita soggetti affetti da malattie o disturbi trasmissibili in via ereditaria, determini un indebolimento generale nella produzione. Un'ottica alquanto fredda e crudele, che rende l'uomo assimilabile alle politiche connesse all'allevamento animale dove, per andare in razza, si devono verificare le attitudini e la perfezione degli esemplari destinati alla riproduzione. 
Nel testo, al di là di queste pericolose posizioni, compare anche un evidente critica all'atteggiamento psicologico che guida l'uomo moderno. Un aspetto che è ancora molto di moda ai giorni nostri. Vediamo infatti verificarsi, a seguito dei primi omicidi della setta, un assurdo effetto emulazione, poiché i media, tramite i giornali, diffondono la notizia di una serie di inspiegabili suicidi. "L'ondata di suicidi ha avuto origine nell'istinto di imitazione così comune negli uomini, non devi tuttavia pensare che si tratti di un processo mentale consapevole. Una persona sente l'impulso di muoversi e agire, ma non si rende conto che al fondo è soltanto l'impulso di muoversi e agire seguendo un esempio. Negherebbe con forza questa tesi."

Il Principe Zaleski è dunque una breve antologia, composta da tre racconti gialli, che è molto interessante nell'analisi della figura del detective di fine secolo e che si pone, fallendo, quale alternativa alle ben più spettacolari storie di Sherlock Holmes. Shiel ha fatto assai di meglio.


"In quei momenti è come se il nervo ottico della mente si distorcesse in intere comunità, sino a riconoscere nella figura del Mietitore senza naso e col mantello nero il più puro angelo dell'amore. Come una vergine matura, logorata dalla sua verginità, cede alla tensione del desiderio che la consuma, l'anima, oppressa dalla contingenza del vivere, ha gli stessi deliqui, gli stessi desideri, e cede debitamente alla tomba, facendo della morte il suo adultero amante" (Matthew P. Shiel, stralcio dal racconto SS).




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