Titolo Originale: Il Lato Oscuro.
Anno: 2006.
Genere: Giallo / Crime.
Editore: Einaudi (2006).
Pagine: 520.
Prezzo: 16,50 euro.
Commento a cura di Matteo Mancini.
LA PREMESSA
Un volume dunque accattivante e con ambizioni internazionali da premiare per il proposito di lanciare scrittori italiani usando quale via promozionale la partecipazione di un parco di scrittori d'oltreoceano di eccezionale presa commerciale. Tra questi ultimi spicca Stephen King, credo per la prima volta inserito in un volume al fianco di scrittori italiani. L'asso del Maine, celebre per romanzi quali It, Shining e Il Miglio Verde, è solo uno dei tanti assi schierati da Santachiara. Nel testo figurano infatti maestri assoluti come lo scrittore della golden age fantascientifica Robert Silverberg, il plurivincitore dell'Ellery Queen Readers Award for Best Short Story of the Year Jeffrey Deaver (autore, tra gli altri, del romanzo Il Collezionista di Ossa, da cui poi è stato tratto il film interpretato da Denzel Washington), l'ex pugile F.X. Toole celebre per il racconto da cui Clint Eastwood ha tratto il capolavoro Million Dollar Baby, il giornalista di cronaca giudiziaria James Grady poi assurto al rango di scrittore di culto con I Tre Giorni del Condor (da cui il film degli anni settanta diretto da Sidney Pollack con Robert Redford) nonché il monumentale Ed McBain, creatore di quell'87 Distretto annoverato tra le serie poliziesche più popolari di ogni tempo. Al fianco di questi autori figurano inoltre una serie di scrittori italiani popolarissimi. Alle celebrità Carlo Lucarelli, conduttore della trasmissione Rai Blu Notte e di Dee Giallo, ma soprattutto scrittore di thriller (tra i quali ricordo Almost Blue e L'Isola dell'Angelo Caduto) e libri di inchiesta, e il magistrato Giancarlo De Cataldo (divenuto uno scrittore di riferimento del giallo all'italiana grazie a Romanzo Criminale) si sommano autori meno noti al grande pubblico ma dotati di una larga schiera di aficionados. Tra questi abbiamo il portabandiera del cosiddetto gotico rurale italiano (alla Pupi Avati, per intenderci) Eraldo Baldini e il collettivo bolognese Wu Ming, ma anche uno dei principali traduttori dall'inglese all'italiano di Stephen King ovvero Giovanni Arduino. Dunque un bel gruppo di scrittori coordinati da Roberto Santachiara, agente letterario con molte amicizie influenti oltreoceano. Santachiara pensa in grande e, parlando con McBain, concepisce un'idea priva di precedenti: mettere insieme una generazione di scrittori noir, horror e mistery italiani - legati alla sua agenzia letteraria - col top proposto dalla produzione americana. Un amalgama funzionale a esportare negli Stati Uniti gli scrittori della nostra penisola. Un tentativo di conquista che non andrà in porto.
Santachiara bada ai nomi, non costruisce un progetto definito. Gli autori non hanno limiti di battute né viene loro indicato un tema a cui dedicarsi se non il generico collegamento alla crime fiction. Santamaria vuole i grandi nomi, poco importa a cosa essi si dedichino. Quello che conta è il richiamo del pubblico che gli stessi sono in grado di garantire. Il risultato finale risente molto di questa impostazione. The Dark Side è un'antologia che non ha un fil rouge, mancando quindi di una vera e propria anima. Ciò inficia il giudizio sul volume, ma non ovviamente quello sui singoli racconti spesso e volentieri interessanti.
Sebbene manchino racconti geniali sul versante dei soggetti, la qualità degli autori spicca nelle notevoli doti narrative. Circa la metà dei racconti è piuttosto qualitativa, soprattutto per la capacità di coinvolgimento di cui sono capaci i narratori. Certo, non ci sono idee innovative. La bontà sta nel saper raccontare le storie. Gli scrittori stranieri, in media, sono di qualità superiore rispetto alle prove offerte dai “nostri”. Sono sei i racconti che definirei buoni, di cui due italiani (tra cui quello di Carlo Lucarelli). Altri quattro (compresi De Cataldo e Baldini) sono più che sufficienti. I restanti vanno dal sufficiente al mediocre, con soli due racconti (entrambi italiani) che ho reputato scarsi per i motivi che indicherò di seguito nell'analisi dettagliata.
Ciò premesso, The Dark Side è un volume da premiare per l'intento che ne sta alla base e per il suo offrire ai lettori l'opportunità di conoscere autori nuovi, cercando di spingerli sulla produzione italiana. Da non sottovalutare il tentativo di offrire visibilità internazionale a una serie di autori italiani e, di conseguenza, al nostro movimento letterario di genere. Un aspetto questo che non può che essere lodato. Purtroppo, l'Einaudi non ha ristampato l'antologia, segno di un successo non riscontrato sul mercato e per questo rinviato al mittente.
ANALISI DETTAGLIATA
Pur riconoscendo una qualità generale più che interessante. Sono tre i racconti che si contendono il gradino più alto dell'ideale podio.
Si tratta di tre storie molto diverse, che non hanno certo nel soggetto il loro punto di forza. La qualità sta in un caso nella tecnica e nel giocare sui luoghi comuni del lettore medio, nell'altro caso sta nel particolareggiato sviluppo del contesto ambientale rappresentato dal mondo dello sport e nel terzo caso risiede nella caratterizzazione del personaggio protagonista. Ciò premesso ritengo il racconto che chiude l'antologia, Holy Man (“Sant'Uomo”) di F. X. Toole, il miglior elaborato dell'antologia. Conosciuto soprattutto per Lo Sfidante, il racconto da cui è stato tratto Million Dollar Baby, Toole, già scomparso da due anni rispetto all'uscita di The Dark Side, offre nelle mani di Santachiara un inedito che non è affatto inferiore al capolavoro che gli ha permesso di ottenere il successo internazionale. Ex pugile ed ex allenatore di pugilato, Toole mette a disposizione della scrittura la propria esperienza, fatta di duro lavoro a bordo ring ma anche di conoscenza di aneddotica pugilistica, per raccontare dal punto di vista di un allenatore, alla ricerca del campione che possa portarlo alla corona, la vicenda di un pugile decaduto che riconquista l'olimpo per cadere di nuovo in disgrazia, in balia dei medesimi richiami (donne facili, soldi, cattive amicizie e alcool) che ne avevano spezzato la carriera. Testo denso, coinvolgente, che rispolvera i ricordi cinematografici che hanno reso epica l'epopea di Rocky Balboa, senza però cancellare la zona d'ombra caratterizzata dalla illegalità, dagli incontri combinati e dagli egoismi che gravitano attorno al mondo della boxe. Cinico, ma realistico nel suo mostrare la lunga e faticosa strada verso l'ascesa e, al tempo stesso, la ripida e veloce discesa da cui perdere tutto (fiducia e stima comprese). Toole ci dice che, a volte, la seconda chance è un qualcosa che non deve essere concesso a chi non se l'è saputa meritare. Amaro.
Molto qualitativo e, per certi versi, didattico, per l'evidente tecnica messa a nudo dall'autore, è Born Bad (“Seme Cattivo”) dell'asso Jeffrey Deaver. Racconto breve del 2003 che gioca sui luoghi comuni e sui cambi di prospettiva, in una logica sofistica che ribalta, attraverso un lavoro di costruzione e decostruzione progressiva, il quadro che il lettore si era fatto. Storia in sé e per sé semplice, ma lavoro di tecnica magistrale. Deaver propone un arresto in famiglia raccontato in modo da capovolgere gli iniziali i ruoli (supposti dal lettore) di madre modello e di figlia scapestrata.
Lavora invece sulla caratterizzazione del personaggio l'italiano Giampiero Rigosi, con il suo Alfama, una storia che rievoca i copioni di Luc Besson (penso a Leon). Autore di Bologna, con cui ho avuto l'onore - nel giugno del 2021 - di condividere una pubblicazione nella medesima antologia (siamo insieme pubblicati in Storie Felsinee – I 34 Racconti di Bologna a cura di Giovanni Modica, per Il Foglio Letterario), Rigosi piazza una storia da annoverare nel sottogenere dell'allievo che supera (o tenta di farlo) il maestro. Sicario della ndrangheta operativo a Milano, Alfama è un vecchietto silente dai modi gentili, romantico, malinconico e apparentemente pacifico. È un qualcuno che potrebbe benissimo celarsi nella popolazione, passando da inosservato (cosa che farà all'epilogo per sottrarsi alla vendetta dei mandanti di un tempo). Alfama è chiamato ad addestrare il nipote di un boss, un ragazzo amante della bella vita e delle donne appariscenti, chiacchierone e caciarone che non spende troppo nel premere il grilletto. Improvvisamente tagliato fuori dalla cosca mafiosa, Alfama riesce a sventare l'omicidio commissionato a sue spese, grazie a quell'esperienza a cui un giovane killer non può pensare di sopperire col coraggio e il fegato. Testo bello, triste, che mostra la dura vita (e la rinuncia alla propria famiglia) di un sicario costretto a fare quello che fa più per condanna di vita che per una libera scelta.
Si mantengono su
livelli buoni altri tre racconti. Più concentrato sull'intreccio è
Carlo Lucarelli che col suo L'Uomo col Vestito a Strisce
regala forse l'unico
racconto veramente giallo dell'antologia. Lo scrittore parmense
ambienta il suo giallo nell'inusuale cornice di un campo di
concentramento nazista. A corto di indagatori, il responsabile del
campo, per venire a capo
dell'omicidio della fidanzata (un'ausiliaria con la passione per gli
ufficiali uccisa nel campo da una SS con pulsioni da serial killer), si trova costretto, suo malgrado, a ricorrere all'acume di un
ex poliziotto triestino recluso nelle baracche. Lucarelli ricrea, da abile
narratore, il clima e la follia dei campi di concentramento. Lo fa
con eccezionale presa visiva e fa avvertire al lettore i calci e i
cazzotti a cui sono sottoposti gli ebrei. L'intreccio giallo tiene
tanto da rendersi beffardo all'epilogo, andando di pari passo con lo sviluppo del
contesto d'insieme in cui si svolgono i fatti. Uccidere una SS, anche
per un pari grado, non è la stessa cosa di uccidere un “semplice”
ebreo, lo capirà bene l'ex poliziotto triestino che, risolto il caso, se la ride senza che gli altri ne comprendano la ragione.
Notevole è Herbert in Motion dell'inglese Ian Rankin, celebre per la serie di romanzi del ciclo John Rebus. Racconto del 1996 che ricorda il giallo In The Frame (“Una Tela Rosso Fuoco”) di Dick Francis, Herbert in Motion (titolo di un quadro immaginario) trova la sua linfa vitale nella dettagliata descrizione del mondo dell'arte pittorica, tra nomi di pittori e opere d'arte, gallerie (il protagonista è il direttore della Tate Gallery di Londra), agenti che si propongono di offrire quadri di giovani emergenti e richieste di noleggio dei quadri avanzate da clienti per far colpo su ospiti internazionali. Rankin è altamente ironico e, al contempo, adrenalinico. Fa mettere in piedi ai suoi protagonisti, tra cui il direttore della Tate Gallery, una truffa attraverso la quale rubare una serie di quadri minori custoditi nei sotterranei della Tate Gallery per sostituirli con delle copie fatte realizzare appositamente da pittori in erba, così da poter vendere gli originali a collezionisti privati senza dare l'idea che ci sia stato un furto (idea mutuata dal citato romanzo di Francis). La richiesta di noleggio da parte del primo ministro inglese di uno dei quadri sostituiti getta però nel panico il direttore della galleria... è l'inizio di una serie di incredibili coincidenze che porteranno il direttore a essere smascherato da uno degli ospiti del primo ministro inglese, un politico americano, patito per la pittura e amico fraterno dell'autore del quadro originale (il Vittorio Sgarbi della situazione). Il direttore, ormai preso dall'idea di suicidarsi, viene salvato da un particolare... il vero quadro è stato acquistato mesi prima dallo stesso politico americano che si complimenta per la qualità della riproduzione ("E' un falso con i controcoglioni!"). Davvero molto carino.
È molto buono anche Six-Love (“Sei-Zero”) di James W. Hall dove l'intreccio lascia spazio a un'analisi introspettiva. Protagonista è un padre frustrato che vede ricadere sulla figlia, una promessa del tennis, i propri fallimenti ancora una volta a vantaggio dell'imprenditore che gli ha rovinato la vita. È infatti il datore di lavoro dell'uomo, di nuovo, a rubare quanto il destino aveva altrimenti messo a disposizione del nostro. Dopo aver perso la donna, l'uomo vede la figlia superata in maestria dalla figlia del rivale. Convinto di vedere in quest'ultima le caratteristiche ciniche del padre, pensa bene di attentarne la salute sparandole dalla distanza con una carabina così da stroncarne la carriera. L'infortunio della ragazza, lancia la figlia del nostro verso le più alte vette del tennis. Ormai divenuta popolare, la giovane tennista si diletta nell'umiliare le avversarie; diventa arrogante e presuntuosa tanto che il padre tende a non riconoscerla più come propria. Infatti, c'è un particolare... quella non è sua figlia, ma la figlia del rivale, mentre chi ha azzoppato è il reale prodotto del suo sangue... Si può rimediare a un torto patito? Certo, facendone un secondo...!
Su un livello inferiore, pur assestandosi sopra la sufficienza, ci sono quattro ulteriori racconti. Di James Grady (What's Going On) quello migliore, una prison story che proietta il lettore in un carcere di massima sicurezza in cui sono detenuti, tra gli altri, il protagonista e suo figlio, uno scapestrato spaccone a cui una banda rivale (per futili motivi) ha promesso la morte. Un'evenienza, quest'ultima, che il padre del giovane cerca a ogni modo di ovviare, prevenendone le occasioni. Laddove falliranno le trattative col direttore del carcere e col boss che muove i fili della malavita all'interno della prigione, sarà l'arguzia e i rapporti interpersonali con gli altri detenuti ad arrivare. Il vecchio riuscirà a innescare una rivolta interna, passando agli occhi di tutti come l'unico in grado di poterla sedare senza spargimenti di sangue e senza ritorni massmediatici. Per risolvere il tutto, l'uomo chiederà al direttore del carcere quanto aveva già chiesto con le buone: il trasferimento del figlio in un'altra struttura. Una richiesta banale che solo in una trattativa dove c'è qualcosa da perdere può divenire una merce di scambio. Richiesta accordata e rivolta sedata.
Si vola nell'anno 3000 con Robert Silverberg, maestro indiscusso della sci-fi, che tratteggia un mondo in pace perenne, rivoluzionato dai viaggi in pianeti esterni, dal surriscaldamento terrestre e dalla pratica della clonazione umana. Silverberg è in vena di filosofismi e cita indirettamente gli insegnamenti di Empedocle, filosofo greco che vedeva nella lotta tra odio-amore la linfa vitale del progresso e della vita. A salvare l'esistenza dall'apatia ci penseranno quattro cloni illustri (tra cui quelli di Picasso, Hemingway e Einstein) e i loro attentati terroristici funzionali a cancellare quanto resta dell'epoca antica, così da poter di nuovo riavviare l'intelletto e la fantasia. Il nuovo millennio sarà salutato dal crollo del Louvre. “Quello di cui abbiamo bisogno nel mondo è un ritorno alla sfida... Dobbiamo tornare a vivere nel rischio.”
Orienta il tutto verso l'orrore rurale Eraldo Baldini, vero e proprio specialista del genere, con la sua Notte di San Giovanni. Si tratta di un racconto classico, ben descritto e ambientato nel periodo susseguente al termine della seconda guerra mondiale. È il contesto socio-ambientale contadino ad acquisire rilevanza primaria. Baldini fa vivere sulla pelle dei lettori il senso di povertà, la scarsità di cibo e la rabbia verso i vicini che si sono rivelati accomodanti con l'invasore tedesco. In questo contenitore, sapientemente ricostruito, Baldini delinea una storia dall'epilogo telefonato in cui folklore, disperazione, superstizione, innocenza fanciullesca e stregoneria si uniscono per confermare, pur se con presa realistica, la leggenda popolare per la quale attendere a un crocicchio una strega comporta il rischio di perdere l'anima.
Meno qualitativo, ma comunque costruito con maestria è Dolcevita Zen Shot del giudice De Cataldo. Il racconto parla del mondo dei paparazzi, dei loro intrallazzi e delle macchinazioni ordite per incastrare potenti uomini della finanza. Come si suol dire, però, il diavolo fa le pentole e non i coperti... così, in una ripresa casuale, il giovane allievo supera il maestro immortalando la premessa che da avvio alla macchinazione orchestrata per incastrare il facoltoso finanziere. È il proverbiale “zen shot”: “l'immagine che non dovrebbe esserci. L'inquadratura non programmata. L'incidente che può salvarti la vita o rovinartela.”
Sprazzi interessanti sono riscontrabili in In Like Flynn del collettivo bolognese Wu Ming. Protagonista è il mito di Hollywood Errol Flynn, attore di punta del cinema action degli anni trenta e quaranta, che troviamo in una fumeria d'oppio a Hong Kong, in compagnia di un fedele amico tedesco e di un ladruncolo italiano. Flynn, allentato dalle sostanze psicotrope, racconta dell'avventura a Manila che lo ha visto tentare di truccare un combattimento tra galli. Testo strano, in cui la dimensione della realtà e quella del sogno si mescolano, favorite dall'influenza delle droghe. La parte relativa al racconto dei galli è a dir poco spassosa, meno sono i sogni dei vari personaggi che mischiano quanto detto prima di addormentarsi in un calderone che porta a soluzioni a dir poco surreali.
In tutto questo, oltre che per lo spaccato autobiografico di James Ellroy (primizia imperdibile per i suoi fan), risiede il buono di The Dark Side. Un materiale sufficiente, direi, per consigliarne l'acquisto, anche perché il resto non è certo da buttare. Vi sono almeno altri due racconti meritevoli di menzione dettagliata.
Il racconto che apre l'antologia, per esempio, The Mexican Pig Bandit (“La Scrofa Messicana”) di James Crumley, autore considerato il “più importante autore di romanzi hard boiled degli anni settanta-ottanta”, è un pulp action in salsa hippie (è ambientato a fine anni sessanta) di tutto rispetto, pur se con un soggetto troppo lineare e un lessico sporco. Protagonista è un detective privato ritornante dell'autore, C.W. Sughrue, in vacanza in Messico. L'uomo, un asso nel ritrovare giovani marmocchi in fuga dalle famiglie, se la sta spassando in Messico a suon di birre e marijuana, quando assiste a una strana rapina. Un commando di banditi, che poi saranno impropriamente accostati ai comunisti, assalta un bus cittadino inducendolo alla fermata grazie all'intervento di un'enorme scrofa ammaestrata. Il fine economico dell'operazione è marginale. Il vero obiettivo è un neonato di un'americana che, riconosciuto Sughrue, chiede aiuto al nostro prendendolo a male parole per essersi limitato a fungere da osservatore. Azione e intrigo giallo sono al centro della storia, peccato che il finale cali di intensità.
Merita un plauso La Divisa Stretta del barese Piero Colaprico, che confeziona un classico crime italico immerso nella realtà del meridione e, più nello specifico, del barese. Una realtà in cui la linea di demarcazione tra crimine e anti-crimine è così sottile da confondere i confini (“crimine e anticrimine sono le due facce della stessa medaglia”). Notevole la parte di racconto ambientata nel ristorante dove i poliziotti, tra cui un ispettore mandato da Milano per risolvere un caso di corruzione interna alla Polizia, mangiano a fianco del tavolo dove è riunito il clan mafioso.
Convincono poco gli altri testi. Ed McBain (Can che Abbaia) abbandona la narrativa poliziesca di cui è maestro per deludere con un testo breve e banale (pur se scritto bene) che vede un uomo impegnato a uccidere il cane della compagna (un Maltese nano) finendo per assassinare la stessa. Sulla stessa falsa riga è Stephen King (Il Sogno di Harvey) che giostra il tutto su un sogno premonitore che sembra, all'epilogo, manifestarsi nella sua concretezza (ma ciò è solo suggerito al lettore).
Il Nero, del vincitore del Premio Calvino Flavio Soriga, propone (in modo stanco e poco coinvolgente) le pratiche seguite dai burocrati fascisti per eliminare banali rivali di amici, addossando agli stessi fantomatiche attività eversive. Meno brillante è Giovanni Arduino che anticipa Wulf Dorn (si veda il romanzo Incubo) con Francesca Sta con Me, racconto telefonato che gioca sulla tematica dell'amico immaginario a cui confidare le proprie debolezze. Sperimentale e confusionario La Gabbia, a mio modesto avviso, il razzie award per il racconto meno riuscito dell'antologia. Lo firma Simona Vinci.
CONCLUSIONI:
Al di là della mancanza di un trait d'union che conferisca una dimensione specifica all'antologia superandone la matrice collettiva, The Dark Side è un'ottima occasione per avvicinarsi alla lettura di un genere, la crime fiction, piuttosto sviluppato anche in Italia. Santachiara, curatore del progetto, offre il meglio che c'è sulla piazza realizzando un prodotto unico, purtroppo non ripetuto, in cui la narrativa di genere italiana si incontra con l'americana. Vedere “i nostri” al fianco di mostri sacri quali Stephen King, Jeffrey Deaver, Robert Silverberg, James Ellroy, James Crumley, Ed McBain e James Grady non può che essere un sogno per un lettore e appassionato italiano. Plauso a Santamaria per il messaggio lanciato, meno per la gestione del progetto. Se lo trovate sulle bancarelle dell'usato a prezzo ribassato non lasciatevelo sfuggire, pur se non geniale nei soggetti, merita senza dubbio l'acquisto e propone il top del genere.
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