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sabato 5 giugno 2021

Recensione Narrativa: UNA TELA ROSSO FUOCO di Dick Francis



Autore: Dick Francis.
Titolo originale: In the Frame.
Anno: 1976.
Genere: Giallo.
Editore: Mondadori, 1978.
Collana: Il Giallo Mondadori.
Pagine: 170.
Prezzo: fuori mercato.

Commento Matteo Mancini.

Doppiamo l'impegno con Dick Francis, in vista di un futuro ed eventuale progetto di natura editoriale che potrebbe vederci coinvolti direttamente. Nell'occasione presentiamo il primo dei tre volumi dell'autore gallese inseriti nella collana Il Giallo Mondadori. Uscito in Inghilterra nel 1976 col titolo In The Frame (“Nella Cornice”), Alberto Tedeschi presenta nell'ottobre del 1978 agli afecionados del brivido da edicola Una Tela Rosso Fuoco, quindicesimo romanzo dell'ex fantino della regina d'Inghilterra.

È un giallo piuttosto classico che si muove in parte nel mondo dell'ippica, con un'ambientazione che si sposta dall'Inghilterra verso l'Oceania. Un pittore specializzato in ritratti equini, grande appassionato di scommesse e di corse in ostacoli (“Un principiante lui! Lo hanno buttato fuori dalla scuola perché gestiva un bookmaker”), si trova suo malgrado coinvolto in un'indagine necessaria a scagionare un cugino dall'accusa di aver assassinato la moglie e aver inscenato un furto in abitazione per truffare la compagnia assicurativa. Tutto ha infatti inizio con il ritrovamento di una donna morta e lo svaligiamento della casa della stessa (spariti quadri e vino da collezione). Convinto dell'assoluta innocenza del sospettato, il giovane pittore, durante una riunione di corse dell'ippodromo di Plumpton, dove va in scena il rientro del vincitore del Grand National (forse il leggendario Red Rum, anche se Francis non ce lo dice) evento che porta “metà dei pittori di cavalli d'Inghilterra” sulla pista per immortalare il campione, viene a sapere di una curiosa coincidenza che collega al fatto che lo travaglia. Una ricca possidente incallita di cavalli gli rivela di aver appena subito un grave atto vandalico che le ha mandato in fiamme l'intera villa. A legare i due atti delittuosi è la coincidenza che entrambe le persone offese sono da poco rientrate dall'Australia dopo aver acquistato un dipinto di Alfred James Munnings (artista davvero esistito e specializzato in disegni equini) e che i quadri importati sono stati sottratti dai malviventi. Finanziato dalla anziana possidente, il giovane pittore, facendosi aiutare da un collega trapiantato da anni in Australia, decide di intavolare un'indagine che si dipana tra Sydney, Melbourne, Alice Springs e quindi in Nuova Zelanda, ad Auckland e Wellington. Le corse dei cavalli, in particolare la milionaria Melbourne Cup, un Gruppo 1 sui 3.200 metri che si corre di novembre nell'impianto di Flemington, cadenzano una narrazione particolarmente ironica, che si muove tra una galleria d'arte e un'altra. Al centro del giallo c'è una banda intercontinentale che traffica con copie d'autore spacciate per originali vendute a possidenti che vengono poi svaligiati in giro per il mondo, dopo averne acquisito l'indirizzo e una descrizione dei beni di valore posseduti. La soluzione è molto arzigogolata, forse un po' forzata, ma è utile a Francis per parlare di usanze ippiche australiane alquanto curiose (discriminazione tra uomini e donne dovute a usi legati ai tempi coloniali, con le donne, un tempo amanti di ufficiali infedeli mandati in Oceania dall'Inghilterra, che non possono accompagnare i loro uomini in tribuna d'onore per non dare scandalo) e dei principali ippodromi locali (Cauldfield, Randwick, Flemington), ma anche e soprattutto della figura dei pittori ippici, ovvero artisti che legano la loro carriera immortalando cavalli. “Un pittore lascia la sua firma in tutto il quadro, non solo in un angolo, perché il suo modo di tenere il pennello è inconfondibile come yba scrittura. Le pennellate sono riconoscibili come le striature di un proiettile.”

Oltre a Munnings, vengono citati anche Raoul Millais e John Frederick Herring. Francis parla di tecniche di pittura, colori, stili, copie, come se fosse davvero un pittore. Ne viene fuori un romanzo in cui il mondo dell'ippica è secondario, anche se non mancano scommesse (col protagonista che irride la moglie del suo aiutante, trovando i vincenti partendo dal numero undici come cavallo base per poi procedere in assurdi calcoli di natura scaramantica), cronache via radio e riferimenti ippici (“un quadro intitolato Nijinsky a Newmarket aveva la possibilità di esser venduto a un prezzo molto più superiore di uno con targhetta un cavallo a Newmarket”). Colpisce molto il taglio ironico e scanzonato, con protagonisti decisamente simpatici e sopra le righe (non a caso sono due pittori). Carlo Jacono, autore della copertina italiana, coglie molto bene questa ilarità realizzando una copertina che immortala la partenza camuffata da Alice Springs, città desertica del cuore dell'Australia, dove i nostri sono giunti per venire a capo della rete internazionale di truffe e furti. “Chiunque abbia il coraggio di andarsene in giro in quel modo non dovrebbe aver paura di un paio di gorilla.”

La polizia, in tutto questo, funge da terminale delle indagini dei due improvvisati artisti che risolveranno tutto il mistero e porteranno, in modo rocambolesco e denso di azione, all'arresto dei componenti della rete di malviventi. Spettacolosa la trovata per aggirare un tentativo di trappola orchestrata dai manigoldi, col protagonista che, ispirandosi ai fratelli Marx, fa confluire in una camera d'albergo dozzine di persone prendendosi letteralmente beffa dei malviventi. Questi ultimi, certi di mettere le mani sullo scomodo testimone, resteranno impotenti al cospetto di dozzine di ignari potenziali testimoni tutti indotti a brindare con lo champagne e chiamati, con svariate scuse, a entrare nella camera. Alla domanda di come abbia fatto il “nostro” a comprendere di essere oggetto di una trappola, questo risponderà di aver capito tutto direttamente dalla telefonata dell'amico che lo invitava in stanza esclamando "dannato ossido di cromo!": “Mi ha detto il nome dell'uomo che dovevo capire che si trovava nella vostra stanza e vi costringeva a farmi scendere e a ficcarmi in trappola. Mi ha detto che era ossido di cromo, cioè il pigmento di colore verde. Verde. Greene! Hai capito?” Umorismo e sagace intelligenza in perfetto stile inglese, per una storia indicata a un ampio pubblico di lettori, senza indugiare in violenze o lessico volgare.

Il romanzo è stato trasposto, con qualche modifica (ambientazione iniziale a Cleveland e resto della storia in Germania), in un film televisivo prodotto nel 1989 e intitolato Dick Francis: In The Frame.

 
Dick Francis e i suoi romanzi
 
"Le corse a ostacoli a Plumpton e il crescere dell'eccitazione all'andatura armonica dei cavalli: nessun quadro potrà rendere loro giustizia, mai. Il momento fissato sulla tela non è mai il migliore."
 

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