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martedì 24 marzo 2020

Recensione Narrativa: CULTI SVEDESI di Anders Fager.



Autore: Anders Fager.
Titolo Originale: Svenska Kulter.
Anno: 2009.
Genere: Horror/Erotico.
Editore: Edizioni Hypnos, 2019.
Collana: Modern Weird.
Pagine: 270.
Prezzo: 16,90 euro.

A cura di Matteo Mancini.
Curiosa e accattivante nuova proposta della Hypnos di Milano che, nell'ottobre 2019, pubblica per prima sul mercato italiano lo scrittore svedese Anders Fager.
Ex ufficiale di fanteria, Fager è uno scrittore nato e residente a Stoccolma, classe 1964, legato soprattutto al mondo dei videogiochi, nella veste di game designer, e a quello dei giochi di ruolo. Proprio in virtù di questa sua passione si deve l'incontro ideologico con lo scrittore Howard Phillips Lovecraft, apprezzato da Fager per la presa visiva ma disprezzato per lo stile e i continui lirismi. Intervistato a Milano, Fager racconta di essersi imbattuto nella narrativa del solitario non grazie ai libri ma per effetto del gioco di ruolo The Call of Cthulhu. Da tale origine, tutt'altro che aulica, arriva la linfa da cui traggono origine le storie raccolte nella prima delle antologie, delle cinque previste, che costituiscono il c.d. ciclo dei Culti Svedesi.
Svenska Kulter è l'antologia, pubblicata in patria nel 2009, che ha lanciato Fager nel mondo dell'editoria. Grazie a essa, lo svedese ha ottenuto elogi che hanno portato alcuni critici a descrivere i suoi testi quale ideale punto di incontro tra la narrativa di James Ellroy e quella di H.P. Lovecraft. Pubblicato in Svezia, Finlandia, Francia e Italia, Fager si è contraddistinto per l'interesse per il genere horror, dimostrando fin dal suo debutto, bagnato con un Novellpris per il racconto Mormors Resa (Il Viaggio della Nonna) e dalla conquista della finale, in Francia, al Grand Prix de l'Imaginaire, grazie ai racconti Les Furies di Boras e Le Reine en Jaune, una marcatissima impronta votata a una contaminazione con un erotismo di matrice omosessuale sconfinante nel porno. Dunque un orrore tutt'altro che trascendente, ma finalizzato a ridimensionare sul piano realistico quanto Lovecraft proiettava su dimensioni cosmiche. In questa ottica ne deriva un orrore che mira, più che a spaventare nell'animo, a scioccare il lettore, suscitando ribrezzo. Ecco quindi lo splatter, il continuo giocare sul senso dell'olfatto richiamando gli olezzi riconducibili al sudore, allo sperma o allo sterco. Una deriva che avvicina, per certi versi, la narrativa di Fager a quella di Clive Barker, pur non essendo minimamente paragonabile sul versante della fantasia. Rispetto allo scrittore di Liverpool, Fager è concettualemente derivativo e assai più grezzo nella costruzione dei periodi. Lo stile di Fager è immediato e diretto, privo di fronzoli e virtuosismi, portato avanti con una costruzione narrativa che predilige periodi estremamente brevi a frasi d'effetto. Ne deriva una struttura linguistica frammentaria, di veloce lettura ma, al contempo, povera di poesia e poco orientata a descrizioni di valenza pittorica.
Inutile girarci intorno, il suo Culti Svedesi è una cocente delusione per questo recensore. Antologia composta da cinque novelle e da quattro brevi racconti (uno dei quali, su una piovra marina, molto carino) di cui l'autore non fornisce neppure il titolo, presentandoli quali frammenti collocati tra un testo e l'altro.
Il testo si apre con un delirio porno-horror intitolato Le Furie di Boras ("Furierna Fran Boras"). Fager cala in Svezia i miti di Cthulhu, nella fattispecie nella campagna di Underryd, al centro del triangolo formato da Varnamo, Boras e Jonkoping. Tra le cinque novelle è quella maggiormente lovecraftiana, seppur in chiave satirico-grottesca. Una congrega di moderne streghe, votate al culto di Shub-Niggurath (ovvero il Capro Nero dai Mille Cuccioli), praticano un inusuale sabba periodico nel corso del quale sacrificano al loro Dio un ragazzo (il bellone di turno) adescato nella vicina discoteca. Fager procede con volgari e idioti dialoghi, regalando schizzi più che evocare il sense of wonder. Sembra quasi leggersi, tra le righe, una condanna alla movida e alla dipendenza delle giovani generazioni ai cellulari e alle sostanze stupefacenti (viagra compreso). Su ciò si innesca un'orgia sanguinolenta che culmina con l'emersione, dal fitto del bosco, di una creatura ciclopica dotata di tentacoli e pronta a macellare coloro che non si attengono alle sue leggi. Questo perché Shub-Niggurath pretende carne non contaminata da droghe o altre sostanze e, qualora non soddisfatto, non perde tempo nello scagliarsi contro la sacerdotessa. Fager sembra qua deridere Lovecraft, dissacrandolo in modo osceno, con una storia che propone amplessi e frattaglie in un cocktail degno di uno scatenato z-movie.

Più criptico e, a suo modo, claustrofobico il successivo Il Viaggio della Nonna. Horror on road che propone l'odissea di due giovani ragazzi, che poi si scoprirà essere non umani, da Malmoe fino alla Slovenia e da qui al ritorno in patria. Al centro del viaggio c'è il recupero di una creatura contaminata da Yog Sothoth, che si nutre di carne umana. Fager miscela l'horror al noir, plasmando una storia che scorre lentamente e centellina le mostruosità di fondo evitando di fare quanto fatto nel primo racconto. Laddove ne Le Furie di Boras si sbatteva il mostro sotto l'occhio del lettore, con tanto di dovizia di particolari, qua si sfuma il tutto (cosa che aiuta il testo e stimola l'immaginazione del lettore). Si lasciano intendere mostruosità che però non vengono mai a galla nella loro completezza. I due giovani protagonisti sono due degenerati, vecchio retaggio dell'uomo che fu, nelle cui vene scorre un sangue bestiale. Sembrano quasi tratteggiati alla stregua di creature mannare e, allo stesso tempo, rievocano gli ibridi umani de L'Orrore di Dunwich. I due dovranno vedersela con una serie di malavitosi, chiamati ad aiutarli per effetto del denaro, ma presto schierati contro. Sparatorie e inseguimenti autostradali sono il leit motiv, tra fughe e accessi in stazioni di servizio per rifornirsi di acqua e salsicce. Il racconto, non da noi, è considerato uno degli apici di Fager.

Più classico, e a nostro avviso il migliore dell'antologia, Il Desiderio di un Uomo Distrutto (Den Brutne Mannens Onskan), dove l'autore retroagisce al 1718, spostando la narrazione in Norvegia, nei pressi di Trondheim. Qua si assiste all'evocazione di Ittakva, Colui che Cammina col Vento, per vendicare la distruzione praticata dall'esercito svedese ai danni dei contadini locali. Munito di uno speciale flauto, eredità di uno stregone padre della moglie, un campagnolo ormai prossimo a morire, dopo aver assistito all'omicidio della figlia e al pestaggio della suocera, risveglia il dio per consumare la sua vendetta sotto la forma di un gelo mortale che discende sui soldati in fuga.

Torna la componente sessuale, seppur non marcatissima, in Per Sempre Felici a Ostermalm (Lyckliga for Evigt pa Ostermalm), dove Fager condanna il materialismo e l'arrivismo proprio della società contemporanea.
Uomo d'affari rientra presso la propria abitazione affetto da una strana influenza e con strane ecchimosi sul corpo. La fidanzata, a lui legata per ragioni economiche, nota subito delle difformità comportamentali e una strana perdita di memoria. L'uomo, che sfodera una continua erezione, in realtà, non è il suo fidanzato, ma un qualcuno che ne ha preso le sembianze dopo averlo sodomizzato. Molto probabilmente è il datore di lavoro dell'uomo, un individuo di origine musulmana che si chiama John Kalim Aziz (cognome che richiama alla mente quel Al Azif titolo arabo del Necronomicon). Fager, attraverso un racconto estremamente lento e vagamente omaggiante Lo Strano Caso di Charles Dexter Ward, traccia la progressiva perdita della dignità umana a favore del materialismo e degli interessi economici, rappresentati da un uomo che smarrisce sé stesso pur di far carriera e una donna, di origine macedone, che fa calcoli e progetta un futuro con un figlio per mettere le mani sul patrimonio dell'amante.
Infelice, nel corso del testo, dato l'attuale caos generato dal coronavirus, la frase: "Le influenze sono roba pericolosa. Nel 1918 sono morte 25 milioni di persone per una cosa chiamata spagnola. Un'influenza assassina. Grazie, Signore, che viviamo nel duemila..."

Così come l'antologia si era avviata con un porno horror alla stessa maniera si conclude. Il Capolavoro della Signora Witt ("Froken Witts Stora Konstverk") è un lungo testo, decisamente noioso e prolisso, che parla delle mostre di fotografia artistica realizzate da una pornostar alla ricerca continua dell'estremo. Avvicinata da una donna, facente parte di una misteriosa fondazione a caccia di opere estreme (si rivia a quella Carcosa di cui alla narrativa di Chambers), la giovane protagonista cadrà vittima di un delirio che la trasformerà in un'assassina artistica. Racconto delirante, osceno e senza alcuna remora, che si muove tra arte pornografica e psicologia alienante, portando l'orrore in una dimensione prettamente terrena tra apatie e devianze.

Questo il debutto italiano di Fager. Autore coraggioso, interessato ai rapporti tra l'horror e il porno, che si muove su una dimensione squisitamente terrena e che, a nostro avviso, lo rende autore più vicino al pulp che al weird. In Fager il soprannaturale è pretestuoso, metaforico. Tutto si riconduce ai vizi e alle ambizioni terrene. Il piacere del sesso alternativo (spesso di natura omosessuale) che si mischia a un dolore estatico, ma anche la volontà di far carriera, di isolarsi da un'abitudine in cui imperversa la noia per prendere vie meno battute che portano a una degenerazione non troppo difforme da quella che è capace di offrire l'abuso di alcool e droghe. Culti Svedesi viene così a presentarsi in una veste impropria. Strizza l'occhio ai fan di Lovecraft e della narrativa classica, ma è decisamente più vicina a quegli autori pubblicati dalla Independet Legions Publishing, quali Charlee Jacob o Edward Lee. Fager non è un autore classico vecchio stampo, ma un alfiere di quello che potremmo definire Hardcore Horror.

L'autore ANDERS FAGER.

"Sei tu a decidere cosa significano queste immagini. L'arte non è quello che esibisco. E' quello che vedi tu in quello che esibisco. E' il tuo vissuto privato a definire cos'è tutto questo."

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