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lunedì 17 settembre 2018

Recensione Narrativa: CHERUDEK di Valerio Evangelisti.



Autore: Valerio Evangelisti.
Anno: 1997.
Genere: Fantastico/Storico.
Editore: Mondadori.
Pagine: 490.
Prezzo: 10,00 euro.

A cura di Matteo Mancini.
Volume pubblicato nel 1997 dalla Mondadori quale quinto episodio della saga Eymerich avviata nel 1994 da Nicolas Eymerich Inquisitore, ma comunque leggibile a prescindere dalla precedente ed eventuale lettura degli altri episodi. Da molti considerato il capolavoro di Valerio Evangelisti, da un punto di vista personale è il quinto libro che mi capita di leggere di questo autore, il terzo (in ordine sparso) della saga Eymerich. Senz'altro il più complesso fin qui affrontato, addirittura tale da rendere necessarie almeno due letture. Lo scrittore bolognese conferma la grande passione per la storia, rafforzata da un'innegabile cultura di fondo, per intessere una delle sue trame caratteristiche snodate su tre distinti livelli temporali. A differenza di altri lavori compare un Evangelisti orientato su metafisica, filosofia, simbologia (si noti il ricorrere continuo del numero tre) e analisi religiosa trascendente oltre che psicanalitica. Sulla classica storia dell'inquistiore Nicolas Eymerich si innescano altre due storie, in cui ritroviamo gli stessi personaggi (o buona parte di essi) della storia principale, sospese in una dimensione che è avulsa dal tempo come noi lo conosciamo. In una di queste storie, ambientata in una località del Nord Italia (in cui le vie si snodano in modo da formare una croce al cui centro svetta una Chiesa che contiene la reliquia di San Malvasio, che altro non è che Eymerich) costantemente avvolta dalla nebbia e invasa da insetti che perdono sangue (e al cui interno sono intrappolate le anime degli uomini costretti a riparare nel purgatorio per purificarsi), i personaggi vivono in stretta relazione con i fatti dell'epoca di Eymerich. Risultano, in altri termini, un prodotto della mente dello stesso inquisitore, una sorta di sogno di consistenza materiale, indotto dalla somministrazione di una sostanza di derivazione alchemica, che permette all'inquisistore di scrutare dentro di sé, in un'anima a metà strada tra il sacro e il diabolico, e plasmare la sua visione di purgatorio (il Cherudek, ovviamente strutturato su tre livelli e di cui la città è quello superficiale). Un mondo che prende forma proprio da un episodio connesso con la storia ambientata nel 1360 e vive in parallelo con la stessa, pur essendo influenzato da aspetti propri del futuro. Una dimensione da cui cercano di fuggire coloro che hanno preso coscienza del loro stato (sono dei morti che vivono in una realtà altra, se mi permettete l'espressione, e che vorrebbero porre fine al loro stato), finendo però per discendere sempre più in basso in una sorta di anticamera dell'inferno in cui Eymerich, in persona, prosegue la sua attività di inquisitore (descrizioni dantesche di alto livello). La terza storia è una sorta di sguardo sull'aldilà e viene concepita alla stregua di un monologo di un uomo del trecento, ormai smaterializzatosi e divenuto puro spirito, che è intrappolato in un involucro di metallo (per causa dello stesso Eymerich) e, nonostante questo, vive ed è a conoscenza di quanto avviene nel mondo (ivi compressi le evoluzioni scientifiche e le tesi di Einstein), captando le grida delle altre anime e vivendo nei sogni delle altre persone. Un intreccio molto complesso, con i tre livelli della storia che interagiscono tra loro determinando influenze l'uno sull'altro. Non di pronta soluzione, si tratta di un romanzo che, per esser appreso appieno, richiede una certa flessibilità d'approccio e anche una certa passione per la filoosfia.

Delle tre storie è senz'altro più agevole l'avventura centrale che vede Eymerich alle prese, nel territorio francese di metà 1300, con un moto rivoluzionario (l'Ecclesia spiritualis), nato in seno alla Chiesa cattolica, che intende sovvertire le gerarchie ecclesiastiche per ristabilire il valore della povertà e della penitenza (nonché affermare la libera interpretazione della sacre scritture) come faro guida, in luogo della ricchezza e degli agi, oltre che impedire l'accordo di Bretigny che porrebbe fine alla guerra dei cento anni tra Francia e Inghilterra.
"I francescani si crogiolano nella ricchezza, i domenicani coltivano il potere e si fanno persecutori dei cristiani veri!" tuona uno dei rappresentanti dell'ecclesia spiritualis al cospetto di un Eymerich, travestito da mendicante, costretto a ingoiare bocconi amari pur di venire a capo di un mistero che vede all'opera persino una guarnigione di soldati zombie (Evangelisti sembra omaggiare la trilogia di De Ossorio dei Resuscitati Ciechi). Un esercito di uomini mal ridotti, qualcuno non più capace di parlare, che poi si scopriranno essere dei soldati gravemente feriti, in parte ristabiliti grazie alla somministrazione di una sostanza allucinogena di derivazione alchemica, che attaccano, alla stregua di automi, al grido "A la mort Gog, a la mort Magog!" Un avventura che diviene sempre più macabra, tanto da addentrarsi in atmofere horror che poi verranno debellate all'epilogo con spiegazioni più o meno terrene. Così vediamo Eymerich, accompagnato nel suo procedere da Avignone (sede papale in cui riceve l'incarico) a Figeac (ultimo baluardo in mano francese prima del fronte inglese) da un altro inquisitore, imbattersi in schiere di soldati morti, in piena campagna, crocefissi su croci capovolte al suolo. Un procedere continuo nel pericolo, tra gruppi di mercenari che, inevitabilmente, finiscono col catturare il religioso, malattie pestilenziali che portano alla caduta degli arti, e battaglie che vedono discendere dal cielo una sorta di angelo gigante (da molti identificato nel diavolo), in sella a un cavallo più grande di un palazzo, per rubare una campana (che poi si scoprirà essere un calice rovesciato al cui interno il leader dell'eccelsia spiritualis preparerà la sostanza alchemica) condotta in territorio francese dalla Svezia da una santa alquanto atipica. Un lungo viaggio all'insegna dell'avventura e della morte in vista dello scontro finale con i vertici dell'Ecclesia Spiritualis, che altro non sono che modesti uomini, a loro modo di fede, che ricorrono ad arti, più o meno, condannate dall'inquisizione per far emergere la Chiesa dei poveri in luogo di quella despota dei ricchi. Ragione quest'ultima che porta a identificare il leader del movimento, sospettato da Eymerich di essere un falso e un truffatore, quale l'anticristo in persona indicato dalle scritture di San Giovanni.

Un romanzo visionario, onirico, ma anche allucinato e allucinante in cui il lettore finisce con l'identificarsi con i personaggi (dannati?) della parte ambientata nella città italiana soffocata dalla nebbia e caratterizzata da continui rimandi. Un contesto dove avvengono fatti inspiegabili che spiazzano i vari personaggi che, loro malgrado e incosapevolmente, sono pedine determinanti all'interno di un complotto al cui centro c'è Eymerich o, meglio ancora, c'è la mente e la psicologia labirintica (quanto rigida) dell'inquisitore. Non ha torto l'ispettore di finanza Dentice che, alquanto paranoico in partenza, vede complotti ovunque. Più verosimilmente, però, tutti questi personaggi sono mere pedine plasmate dalla fantasia corrotta (dall'elemento alchemico) di Eymerich, soggetti che non possono perseguire alcun fine poiché le loro speranze sono già condannate all'origine. Vite dalla consistenza di sogno o, meglio ancora, di incubo senza fine, in cui non è possibile morire e in cui la sofferenza si rinnova di continuo (come le ferite che subisce Dentice che guariscono d'un colpo per ripresentarsi peggio di prima) proprio perché condannata alla non liberazione offerta dalla morte. Uno status che sembra però avvolgere anche Eymerich e il suo rivale, il c.d. anticristo del testo (che è poi il protagonista della terza parte, l'uomo del trecento che parla intrappolato in un contenitore da cui non può uscire), in un'ottica alquanto pessimistica e beffarda in cui tutti coloro che cercano di agire per il bene collettivo finiscono per crollare nel male e nella perdizione individuale.

Inutile ribadire, perché ormai è sotto gli occhi di tutti, che Valerio Evangelisti è l'apice della narrativa fantastica italiana contemporanea e non solo di questa anche se, dall'espressione della foto che vedete qui sotto, qualcuno potrebbe pensare, legittimamente, di vederla in altro modo.

VALERIO EVANGELISTI

"In questo luogo esistono due realtà sovrapposte. Queste realtà si toccano in alcuni punti. I piani inclinati sono quelli da cui è possibile gettare un sguardo sul mondo parallelo... Le porte girevoli sono quei punti di contatto in cui può avvenire il passaggio da una realtà all'altra... Solo una porta, che noi dobbiamo scoprire, permette di entrare nel mondo di Eymerich."

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