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sabato 21 aprile 2012

Recensioni Cinematografiche: GIALLO (2009) di Dario Argento



Produzione: Italia – Stati Uniti, 2009.

Regia: Dario Argento.

Sceneggiatura: Jim Agnew, Sean Keller, Dario Argento.

Interpreti Principali: Adrien Brody, Emmanuelle Seigner, Elsa Pataky, Lorenzo Pedrotti, Luis Molteni.

Genere: Drammatico / Poliziesco.

Durata: 92 minuti.

Commento di Matteo Mancini

Film nato sotto ottimi auspici, tanto da coinvolgere il premio oscar Adrien Brody, e finito preda di contrasti e diverbi - anche dovuti al mancato pagamento di alcuni attori - sfociati addirittura nel blocco del film uscito prima in DVD e dopo ben due anni sui grandi schermi (di poche sale). Un epilogo dunque imbarazzante che, di fatto, ha reso per molto tempo la pellicola fantasma e ha trasformato la produzione in un clamoroso fiasco.

Eppure l'opera non è malaccio, anzi da un punto di vista tecnico e di cura nella messa in scena è probabilmente il miglior film di Dario Argento degli ultimi venti anni. E allora, cosa c'è che non va?
In prima battuta il soggetto del trio Jim Agnew, Sean Keller e lo stesso Dario Argento. Il nostro, coadiuvato dall'accoppiata di autori (sconosciuti) americani, predispone un plot che è una via di mezzo tra un thriller e un film drammatico con evidenti influenze da horror come Saw (da cui si mutua l'idea delle vittime prigioniere costrette a subire mutilazioni).

Lo stile è quello del thriller di tensione, ma il contenuto non può ritenersi tale. Lo spettatore non deve chiedersi chi sia l'assassino, perché Argento lo mostra quasi subito spostando l'attenzione dall'intreccio al movente e alla caratterizzazione psicologica deviata del killer nonché del poliziotto che dirige le indagini. Anche l'ispettore infatti ha delle grosse turbe mentali che lo rendono deviato, addirittura si è macchiato di un cruento omicidio prima di entrare in polizia (!?).

Da questo deriva una sceneggiatura con poca verve, peraltro con caratterizzazioni criminologiche appena abbozzate. In certi punti sembra quasi che si sia voluto fare un film alla Il Silenzio degli Innocenti (si veda anche il coinvolgimento attivo nelle indagini di una parente della vittima rapita) ma l'assassino, nella fattispecie malato e costretto a ricorrere a medicine specifiche, è decisamente ridicolo. Sono inoltre stereotipati e brutti i dialoghi che coinvolgono quest'ultimo e le sue vittime (terribile la sequenza con la Pataky che beffeggia il suo carnefie dicendogli che è brutto).

Non mancano alcuni buchi di sceneggiatura. Il più evidente ricade nel fatto che l'assassino è ingiustificatamente a conoscenza dell'identità della sorella della sua ultima vittima. Oltre a ciò non mancano clamorose inverosimiglianze: si va dall'ispettore con un passato da assassino, all'assassino che scappa protetto dalla sorella della sua ultima vittima che cerca di bloccare l'amico poliziotto.

Se lo script è abbastanza deludente, la regia invece tende al buono. Argento non sperimenta nulla di nuovo, ma mette in scena il film riducendo di gran lunga le sbavature degli ultimi suoi film. Così ci sono carrellate e soggettive gustose, piani sequenze e gradite autocitazioni a Suspiria, Phenomena e Il Gatto a Nove Code. Bella, per la capacità di suscitare tensione, la sequenza che precede il primo rapimento (si può comunque dire che i primi quindici minuti sono in stile Argento puro), probabilmente il momento più alto e teso del film. Buono anche l'utilizzo delle fatiscenti location che rimandano ancora a Saw, così come la rappresentazione di Torino con molti primi piani a monumenti e strutture.

Non manca il gore alla Argento (su tutti l'omicidio in flashback della madre del protagonista con coltello piantato nella gola) anche se il nostro pare un po' contenersi. Tra le scene più disturbanti si segnalano una lingua trafitta da una siringa, l'amputazione di un dito con tanto di fiotto di sangue e l'asportazione di un labbro con una specie di forbice.

Le interpretazioni e i doppiaggi si rivelano, se comparati con i film degli ultimi venti anni del maestro, persino notevoli. Sia chiaro niente da far gridare al miracolo, però Adrien Brody, in un duplice ruolo, regge bene soprattutto nella veste del poliziotto triste e solitario (meno in quella di assassino). Brava anche Elsa Pataky, ordinaria invece una Emanuelle Seigner (che io ricordo divina in La Nona Porta di Polanski) che peraltro appare non in grande forma fisica.

Buonissime notizie sul versante della fotografia. Frederic Fasano compie un deciso passo in avanti rispetto a La Terza Madre, superando quel tocco televisivo che caratterizzava il suo primo lavoro per Dario Argento. Particolarmente buone le scene in notturna.

Le musiche, piuttosto in ombra anche se non malvagie, sono di Marco Werba, compositore con all'attivo poco più di un pugno di film.

Inguardabile la locandina del film talmente dozzinale da essere inadeguata persino per un prodotto amatoriale, figurarsi per un film del maestro del brivido.

Giallo è dunque un film che risente molto delle atmosfere americane di cui si sono fatti portatori i due cosceneggiatori. Si tratta infatti di un film molto più convenzionale, privo dell'interesse per l'erotico che ha interessato sempre più l'ultimo Argento e che rifiuta il taglio tipico del giallo all'italiana per prediligere atmosfere più hollywoodiane. Non credo che tale impostazione abbia reso migliore il risultato finale, di certo c'è il fatto che la cura complessiva del lavoro è superiore rispetto agli ultimi lavori del maestro. Manca tuttavia un po' di verve e una storia capace di incollare lo spettatore allo schermo. Mezza occasione mancata, ma non per colpa della regia. Ai margini della sufficienza.

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