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sabato 7 aprile 2012

Arthur Machen & Il Gran Dio Pan




ARTHUR MACHEN & il racconto IL GRAN DIO PAN

A cura di Matteo Mancini

Con questo articolo analizzo uno dei più grandi racconti fantastico/orrorifici dell'intera produzione mondiale e in particolare della fine '800.
L'occasione è quanto mai ghiotta per sfatare un certo luogo comune figlio della bassezza voluta dalle regole imposte dal mercato editoriale, secondo le quali un racconto o un romanzo sarebbe cosa indipendente dall'autore che l'ha scritto. Ciò è solo parzialmente vero, specie quando si ha a che fare con i veri artisti, perché nei loro lavori resta inevitabilmente impresso il marchio di fabbrica dell'autore e il suo modo di vedere le cose.

A mio avviso, conoscere il pensiero, la vita, e la filosofia di un'artista è la base di partenza imprescindibile per poi comprenderne appieno le opere (si può dire anche l'inverso, ma ciò implica uno studio molto più ampio). Una sorta di bussola attraverso la quale orientarsi nella giungla della fantasia costituita dai vari racconti che, quasi sempre, hanno uno o più filo conduttori comuni. Per questo mi viene da ridere (amaramente) quando vedo trattare con sufficienza dai lettori e soprattutto dagli editori le parti relative alle biografie. Molte persone addirittura saltano a pie' pari queste parti e ciò è davvero un peccato mortale. È come pretendere di costruire un palazzo senza occuparsi delle fondamenta!
Veniamo ora al libro e all'autore oggetto di questo mio intervento.

Il Gran Dio Pan (The Great God Pan) è un vero e proprio caposaldo della narrativa fantastica inglese e più in generale mondiale.
Scritto nel 1890 da un autore considerato, a ragione, da Howard P. Lovecraft un vero maestro del fantastico: sto parlando del gallese Arthur Machen.
Classe 1863, Machen fa parte di quella larga schiera di scrittori, non di impronta commerciale alla Stephen King o alla Matheson per intenderci, profondi e fermamente convinti di una realtà fantastica sconosciuta ai comuni mortali e da loro portata in scena con l'ausilio dei racconti.
Figlio di un ecclesiastico e cresciuto nelle lande e nelle brughiere gallesi (da qui deriverà il suo gusto per gli scenari fatiscenti e umidi), emigrò molto giovane a Londra dopo aver condotto un'infanzia solitaria. Nella capitale svolse vari impieghi, dal traduttore di romanzi esteri all'insegnante, prima di intraprendere la carriera di giornalista. Svariate delusioni lo portarono a sviluppare una personalità ancora più solitaria e ad alimentare un incredibile talento visionario favorito dal fortissimo interesse per il mondo esoterico. Un po' come i vari Arthur C. Doyle, Bram Stoker, Algernon Blackwood, Gustav Meyrink e altri, traspose tale passione nei suoi testi facendo spesso di essi non delle opere di mero intrattenimento ma dei veri e propri veicoli culturali intrisi di una valenza metaforica in cui racchiudere le proprie teorie metafisiche e spirituali. Tali interessi lo portarono presto a entrare a far parte, col nome Filus Aquarti, della società segreta inglese Golden Dawn. L'ingresso in questa nuova realtà lo aiutò a perfezionare quanto già fosse riuscito a maturare per conto proprio, plasmando meglio quel mondo di cui aveva intuito la presenza sulla base dei propri studi non convenzionali.
In alcune lettere scrisse di aver avuto diretta dimostrazione dell'esistenza del male ultraterreno e che al mondo non vi sia nulla di impossibile.
L'attenzione del Machen scrittore si focalizzò sempre più sulla certezza che il mondo non è che il riflesso di un'altra realtà, sconosciuta agli uomini, nascosta oltre un velo di ignoranza il cui superamento, se non preparato, può portare alla pazzia. Il Male viene visto non come il contrario del Bene, bensì quale un principio assestante con le proprie leggi, la sua grandezza e le sue schiavitù. Da ciò deriva l'ossessione di Machen per la ricerca di quel qualcosa che non è di questo mondo, una sorta di chiave per aprire un mondo spirituale e trovare la propria salvezza.
Il concetto base, poi non molto diverso da quello di Gustav Meyrink, è che l'universo altro non è che una realtà costituita da vari livelli aperti sia alle forze ritenute malefiche sia a quelle ritenute benigne. Entrambe, mediante l'opportuna interazione dell'uomo, possono scendere nel livello terreno e incarnarsi sotto mentite spoglie per confondersi tra la gente.
Di lui, molto romanticamente, il curatore di antologie Giuseppe Lippi dirà: Machen è stato uno dei tanti estranei che hanno popolato questa terra, aggirandosi spaurito e sprovveduto nel mondo degli uomini, quasi incapace di provvedere a se stesso per la parte materiale (infatti salvo un paio di successi come il racconto breve Gli Arcieri, The Bowmen, che scatenò un'isteria collettiva durante la prima guerra mondiale con i soldati inglesi convinti di essere assistiti dalle frecce degli arcieri di San Giorgio nelle battaglie contro i tedeschi, visse per lo più di stenti aiutato dagli amici) ma colmo di sogni e visioni che ha lasciato in una folta serie di opere.

Il Grande Dio Pan è probabilmente la sua opera più famosa e sintetizza assai bene la filosofia dell'autore sopra accennata per sommi capi.
Il testo è scritto con uno stile molto moderno, sebbene si sia appena alla soglia del novecento. Machen non sceglie lo stile adottato dagli scrittori gotici (solitamente pesante e verboso), ma opta per un lessico e una forma molto scorrevole priva di fronzoli e virtuosismi linguistici. Il racconto, di circa sessanta pagine, si struttura su vari capitoli non lineari dislocati in tempi diversi, in modo da mantenere alta la tensione e non svelare troppo presto certi aspetti paranormali.
Tutto ha inizio con un esperimento condotto da una sorta di mad doctor convinto che le cose della realtà terrestre non siano altro che degli ostacoli fittizi frapposti tra l'uomo e il mondo reale. “Ciò che sta davanti ai tuoi occhi è un velo. Gli antichi sapevano che cosa voleva dire alzare il velo. Era l'equivalente di vedere il Dio Pan” spiega il medico al suo assistente. Il Dio Pan, come argomenterò nel proseguo, deve esser decriptato. Machen, secondo la mia interpretazione del testo, non intende banalmente il Baphomet in carne e ossa che poi apparirà anche nel testo (ma per dare una valenza simbolica/metaforica al racconto) bensì, per Dio Pan, intende il mondo fantastico che si distende oltre la caducità del nostro mondo. È un qualcosa di immateriale, il principio e la fine di tutto. Assume un valore astratto un po' come se Machen volesse fargli simboleggiare la verità assoluta, ovvero il segreto dell'esistenza.
Per eliminare tale velo (di ignoranza), il medico pratica su una paziente consenziente una micro lesione nella materia cerebrale (di fatto per farle aprire un occhio interno). L'esperimento ha successo ma ha delle inattese e pesanti controindicazioni. La giovane intravede sì qualcosa di fantastico, ma impazzisce di lì a poco senza spiccicare più parola perché preda di un terrore inesplicabile. Morirà nel giro di un anno. Tale fenomeno è verosimilmente riconducibile alla leggerezza del medico di far oltrepassare la soglia a una persona non preparata a compiere simile viaggio (infatti si limita a subire l'operazione senza aver compiuto alcun percorso) e per questo incapace di gestire la situazione in cui sarà catapultata al punto da essere investita e soggiogata dalle regole aliene che ne bruceranno l'esistenza.
La narrazione da qui si sposta nel tempo, nella Londra vittoriana dove facciamo la conoscenza del protagonista, una sorta di detective a tempo libero.
Una serie di fatti bizzarri cominciano a verificarsi in città. Personaggi ricchi cadono in improvvisa disgrazia, altri muoiono d'infarto a seguito di tremendi shock di cui non si comprende l'origine e infine si registra una lunga catena di suicidi di personaggi di spicco della nobiltà londinese. Viene altresì ritrovato un quadernetto di un pittore visionario anch'egli morto all'improvviso, tale Meyrick (probabilmente un omaggio di Machen al collega coevo Gustav Meyrink), in cui sono raffigurati dei dipinti difficili da guardare a causa dell'angoscia suscitata dalle immagini: si tratta di inquietanti disegni che immortalano sabba orgiastici tra uomini e divinità mostruose.
Intanto le indagini del detective improvvisato si stringono attorno a una donna di esotica bellezza che però pare esser scomparsa nel nulla.
Vengono altresì raccolti dei documenti che parlano di strani fatti verificatesi, anni prima, in campagna. I documenti narrano di una bambina di genitori ignoti affidata a una famiglia del posto. Questa bambina era solita trascorrere le proprie giornate in mezzo al bosco, finché non si verificarono due fatti bizzarri. Due suoi compagni persero il senno, morendo in seguito di shock, dopo averla vista in compagnia di divinità agresti romane.
Proprio su questo aspetto si struttura il resto del racconto, con Machen che centellina i fatti per far crescere la tensione fino al nauseabondo finale. Si scoprirà inoltre che la donna (in realtà è un mezzosangue il cui padre è il Dio Pan) che scatena tutti questi infausti eventi altro non è che la figlia della donna sottoposta all'esperimento iniziale. Anche questo è da interpretare come passaggio di consegne della verità tra la madre e la figlia che ne diviene portatrice però sana perché ne ha metabolizzato il contenuto (non a caso lei non impazzisce).
Ne deriva un racconto fantastico pieno zeppo di allusioni erotiche, che seppur non esplicite sono suggerite piuttosto bene, caratterizzate dalla passione della donna protagonista nel condurre una doppia vita. Una altolocata, insieme ai personaggi più influenti di Londra, un'altra piena di depravazioni tanto estreme da indurre al suicidio o da far morire di crepacuore tutti i suoi compagni d'avventura. Il motivo è riconducibile alle creature che accompagnano la donna, ma soprattutto alla sua capacità di trasformarsi in un essere non essere come si scoprirà all'epilogo.
Machen, nel corso del testo, attraverso la voce di un suo personaggio precisa: Sappiamo cosa accadeva a chi incontrava il Gran Dio Pan, e il saggio sa che i simboli non sono mai vuoti, ma rimandano sempre a qualcosa. Pan era il simbolo squisito sotto il quale gli antichi nascondevano la conoscenza delle forze più segrete e spaventose che sottendono il tutto; forze capaci di incenerire l'animo umano, così come la corrente elettrica incenerisce il corpo. Esse non possono venir nominate, né discusse e neppure immaginate, se non sotto un appropriato velo simbolico. Alla maggior parte di noi quel simbolo appare come un'antica, poetica leggenda; a qualcuno potrà sembrare una storia assurda. Ma lei e io di questo non si può dubitare, conosciamo il terrore che si annida nel cuore segreto della vita, o almeno ne conosciamo un frammento, incarnato in sembianze umane. Sappiamo che ciò che non ha forma è in grado di modellarsene una.
In questo passaggio, a mio avviso, risiede la chiave di lettura dell'intero testo che lo trasforma da opera di intrattenimento ad autentico capolavoro metaforico intriso di quei valori filosofici e spirituali su cui Machen fondava il proprio pensiero. Al di là di tale componente, è comunque anche un grande racconto dell'orrore seppur non calibrato benissimo perché troppo intuibile nei suoi successivi sviluppi e con un solo colpo di scena (relativo all'identità della donna che fa impazzire i compagni).

Il racconto è inserito nell'ottima antologia da collezionisti Il Gran Dio Pan e Altre Storie Soprannaturali edita nel 1982 dagli Oscar Mondadori e purtroppo (o per fortuna, a seconda dei punti di vista) non di facilissima reperibilità (su ebay, se fate attenzione, la potreste trovare). Più facile, seppur di minor prestigio, reperire l'edizione della Fanucci oppure l'antologia collettiva L'orrore secondo Lovecraft. Si tratta comunque di un testo che non può mancare nella biblioteca di un appassionato di narrativa fantastica, a partire dai fan di Lovecraft. Notevoli anche gli altri racconti inseriti. Posterò presto una recensione del libro.

4 commenti:

  1. Complimenti per la bella e ispirata analisi. Aspetto con interesse anche la recensione al resto del libro. Proprio in questi giorni sto ponderando l'uscita di un'antologia di scritti inediti e di saggi in tributo a Machen, da far uscire per celebrare l'anniversario dei 150 anni dello scrittore, nel 2013, e il tuo pezzo (magari ampliato con il resto della recensione) potrebbe fare al caso...
    Spero che nel frattempo ti sia arrivato il libro di Lewis.
    Un saluto e complimenti ancora.
    Pietro Guarriello (Dagon Press)

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  2. Certo che ho il libro di Lewis (vi ho anche fatto i complimenti per la rilegatura, davvero un lavoro eccellente). Il mio pezzo ve lo cedo più che volentieri (anzi è un onore e un grande piacere condividerlo con chi ha le stesse passioni), farò presto anche tutta la recensione dell'antologia.
    Apprezzo molto i vostri complimenti, mi fa molto piacere che l'articolo sia piciuto. Buona Pasqua.

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  3. Complimenti, bella e interessantissima recensione!

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