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mercoledì 20 ottobre 2010

Recensione narrativa: HSF(M.Milani)




Autore: Marco Milani
Anno di uscita: 2005
Casa editrice: Prospettiva Editrice
Pagine: 168
Prezzo: 8.00
Commento Matteo Mancini
Antologia prevalentemente di genere horror che porta la firma di Marco Milani. Nato nel 1964 in quel di Como, ma residente nella provincia di Rovigo, Milani dimostra con questo testo di possedere un indubbio talento nel descrivere situazioni oniriche al limite del grottesco. Alcuni racconti propongono degli squarci visionari davvero eccezionali descritti con cura nella scelta delle parole.Se questo è l’aspetto positivo che emerge dalla lettura, non mancano, tuttavia, alcuni punti dove – ad avviso di questo recensore – si dovrebbe intervenire per migliorare l’opera.In prima battuta, dei tredici racconti proposti solo sette o otto hanno un’impronta tale da renderli omogenei per esser inseriti in un’antologia comune, i restanti, invece, sono delle sorte di freddure o delle fulminee riflessioni mascherate da racconto.In secondo luogo, salvo alcune eccezioni, molti racconti hanno delle prime parti notevoli in cui ci si aspetta chissà che cosa e poi evaporano via via che si giunge all’epilogo.Dopo queste premesse di carattere generale, passiamo ai singoli racconti.L’antologia si apre con quello che ritengo il miglior racconto del lotto: “In Nomine Patris”. Si tratta di un’opera che rievoca le atmosfere dell’Eymerich evangelistiano (conquistadores spagnoli portano il cattolicesimo nel Messico degli indio), ma lo fa con un'impronta personale da cui trapela una sfumatura dissacrante nei confronti della Chiesa cattolica. Tale sfumatura tocca il suo apice nell’ottimo finale in cui si assiste a un ribaltamento dei ruoli grazie all’intervento di un archetipo del genere prettamente fantastico. Un testo davvero ben congegnato e articolato, con un Milani generoso di scene altamente crudeli(terribile quella del soldato che uccide un neonato) mirate a sortire un effetto ben centrato (che non è meramente quello di scioccare il lettore, ma di farlo riflettere su certe incongruenze perpetrate nella storia da chi professava con fanatismo un certo credo).Si prosegue con il racconto più lungo della serie, quasi cinquanta pagine, cioè “Chi ha paura del gatto nero?”. Qui Milani offre delle visioni intrise di una poetica onirica unica, con un gatto nero che si siede sulla luna e poi, via via, la fa a fette con ripercussioni negative sul protagonista della storia. L’idea è a dir poco geniale, ma messa disposizione di un soggetto poco originale (siamo alle prese con il classico patto diabolico con un protagonista che si è arricchito grazie a esso e si trova costretto a offrire la preziosa contropartita tanto cara agli dei degli inferi). Quest’ultima riflessione penalizza un testo che ha dei margini per evolvere in un qualcosa di notevole.Seguono due racconti che non mi sono piaciuti molto e che hanno in comune una prima parte molto bella che poi evapora in un epilogo non all’altezza delle premesse.Primo dei due racconti è l’onirico “Tanti auguri”, in cui un uomo di ritorno da una festa si ritrova catapultato in un contesto che sembra appartenere a un’altra dimensione. La prima parte del testo tiene incollati nella lettura, con descrizioni dal grande impatto visivo. Nel secondo frangente si scivola nel grottesco più assurdo con ripercussioni anche sullo stile che diventa sporco e poco seducente.Discorso simile vale per “Ho visto una nuvola che somigliava a un’ala di un angelo”, anche se in questo testo emerge una certa ironia (potrebbe pure sembrare una critica al vetriolo) sul modo in cui gli scrittori di genere sviluppano le loro idee, ciò nonostante l’epilogo non è paragonabile all’affascinante inizio.L’antologia si risolleva con i due successivi lavori, in modo particolare con il folle (in senso positivo) “Il tema di Pierino”. In esso si assiste agli effetti provocati da un meteorite caduto su Stienta, con bizzarre mutazioni comportamentali nei cittadini. Più classico, invece, “La casa vicino a Firenze” che omaggia esplicitamente Lovecraft e il Necronomicon. Piccolo neo di quest’ultimo testo, comunque più che godibile, sta in un epilogo in cui serpeggia un velo di confusione.Seguono tre mini racconti che paiono scritti di getto e non hanno molto da offrire, se non riflessioni travestite in forma narrativa.Si giunge poi all’ottimo “Il canto della sirena” che ripropone quel Milani tanto bravo nel dipingere l’onirismo poetico. Testo che ricorda vagamente un racconto di Conan Doyle (mi pare che il titolo fosse “La stella polare”), si tratta di un testo fantastico che chiama in causa la figura della sirena e si chiude in modo eccezionale avendo come scenario i mari del nord. Davvero un ottimo racconto.Meno qualitativo, ma comunque con buone descrizioni è “Notte chiara”; anche in questo caso l’intera costruzione onirica tende a non sbocciare in un qualcosa di unico causa un escamotage finale già stato letto e riproposto con piglio poco personale.Gli altri due racconti sono uno una specie di breve gioco di parole, l’altro affronta il tema del suicidio.In definitiva una raccolta che svela un interessante talento dell’autore nel districarsi col genere fantastico, con due o tre perle, diversi testi di completamento e altri promettenti ma ancora acerbi (in genere a causa di finali deludenti). Voto: 6+

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