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venerdì 28 luglio 2023

Recensione Narrativa: IL CUSTODE DELLA POLVERE di Joseph Payne Brennan.



 
Autore: John Payne Brennan.
Anno: 2022.
Genere:  Antologia Horror.
Editore: Dagon Press.
Pagine: 198.
Prezzo: 15.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Prima antologia assoluta interamente dedicata allo scrittore weird Joseph Payne Brennan, già apparso in Italia nel corso degli anni in una dozzina di antologie collettive.

Prevalentemente poeta, Brennan pubblicò qualcosa come diciotto raccolte di racconti, specializzandosi soprattutto nell'orrore e nel soprannaturale, senza disdegnare poliziesco e western. Fu cultore di Edgar Allan Poe, studioso di Howard P. Lovecraft, fondatore di riviste macabre, corrispondente di scrittori quali Donald Wandrei, Manly Wade Wellman, Frank Belknap Long e autore di qualcosa come quattrocento racconti e due romanzi. Come si può intuire da questo scarno profilo, fu soprattutto uno scrittore pulp, un intrattenitore popolare capace di rimodulare quanto già apparso sulla scena per proporlo in modo accattivante e coinvolgente.

Lanciato dalla morente Weird Tales, seppe costruirsi un'aura di culto grazie ad August Derleth e ai successivi riconoscimenti firmati da Maestri di primo piano quali Stephen King e Thomas Ligotti (che lo ha descritto quale "il miglior poeta che il weird abbia mai avuto"). Una dimostrazione di stima resa non certo per cortesia, visto che lo stesso King, nel 1980, offrì una propria introduzione a un'antologia di Brennan presentandolo ai lettori come uno dei suoi Maestri.

Pietro Guarriello, con la sua Dagon Press, nel 2022 pensa bene di saggiare il terreno degli appassionati, predisponendo (anche in vista di un secondo volume non ancora apparso sul mercato editoriale) una raccolta non originale che riunisca i quattro racconti pubblicati dall'autore sulla mitica Weird Tales a sei ulteriori storie riconducibili, più o meno in modo evidente, alla narrativa di Howard P. Lovecraft. Ne viene fuori un libro snello, corredato da una piccola introduzione e postfazione di Brennan nonché da un saggio riassuntivo dello stesso Guarriello sulla biografia e sulla produzione dell'autore. Il risultato finale è all'altezza delle aspettative. Il Custode della Polvere (2022) infatti è un'antologia che non delude l'appassionato di pulp e di weird dei tempi d'oro. Certo, pensare di trovare racconti dotati di eccezionale originalità sarebbe un errore. Brennan è un narratore, piuttosto che un autore che traccia nuove strade. Ripropone grandi classici, ma lo fa senza tradirne i contenuti e soprattutto le atmosfere. Il lettore si trova alle prese con storie dal ritmo crescente, dove i mostri si palesano e dove l'orrore arriva sempre dall'esterno dell'uomo. Salvo qualche rara eccezione (The Green Parrot o The Calamander Chest) la paura non è sfumata, ma viene determinata da creature, spesso e volentieri aliene, frutto di evocazioni demoniache oppure vomitate dagli abissi dell'oceano per un qualche fenomeno naturale (uno tsunami, una tempesta o un movimento tellurico). Di fronte all'inesplicabile l'uomo non può far altro che fuggire, sebbene non manchino tentativi di lotta e contrasto che vanno a buon fine debellando il male. È un orrore dunque “mostruoso” che non di rado affonda le mani nel sovrannaturale, chiamando in causa saperi connessi agli antichi indiani di America (le ambientazioni sono tutte statunitensi) o legati a culti preesistenti alla venuta dell'uomo. Netto l'amore per i contesti ambientali a sfondo naturalistico. I sentieri di campagna, i boschi, le paludi o i villaggi abbarbicati sulla costa e battuti dalle onde dell'oceano sono gli scenari che dominano e incastonano le avventure dello scrittore che, per il resto, cerca di stimolare il senso dell'olfatto. Olezzi, odori nauseabondi e marcescenza accompagnano molte storie, anticipando al lettore l'entrata in azione del male.

La resa narrativa è veloce, snella, con una particolare visionarietà cinematografica. Non c'è dunque da restare sorpresi se le storie di Brennan abbiano colpito molti lettori statunitensi fino a intaccare la fantasia degli scrittori della seconda parte del novecento. Sono storie che divertono gli appassionati, tengono sulle corde e offrono finali convincenti nello stile di quella narrativa orrorifica d'estrazione pulp di inizio novecento.

 

NEL DETTAGLIO

Tra i testi proposti spicca Slime (“Viscidume”, 1953), un vero e proprio precursore di beast movie quali Lo Squalo o il “nostro” Shark Rosso nell'Oceano. Una primordiale creatura degli abissi, dalla forma sfuggevole (“sembrava un grande cappuccio svolazzante, e poi una viscida pozzanghera nera di limo vivo e fluente che scorreva a velocità incredibile”), si ritrova sbattuta sulla terraferma a seguito di movimenti tellurici e del maremoto interconnesso. Rintanata in una palude, si adatta all'ambiente e prende a dar sfogo alla sua fama insaziabile, ingurgitando piccoli mammiferi finché, in seguito, non finisce per aggredire e assorbire viandanti e cacciatori sprovveduti. La polizia e l'esercito, allarmati da testimoni e da cittadini, iniziano a indagare sul mistero legato alla scomparsa di una serie di individui. Vengono pertanto organizzate pattuglie e trappole che portano alla lotta finale col mostro, così da evitare che riprenda la via del mare.La luce sarà l'arma con cui fronteggiare l'occulto. Brennan cadenza all'insegna dell'intrattenimento e del sense of wonder, tenendo sempre viva l'attenzione del lettore. L'epilogo con i lanciafiamme modernizza i richiami all'orrore cosmico di matrice lovecraftiana per aprire la via a Hollywood e ai B-movie da drive-in. Non a caso il racconto funse da ispirazione per Blob Il Fluido che Uccide (1958) ma, soprattutto, per una serie di pellicole che esploderanno negli anni settanta dopo il successo del beast movie di Steven Spielberg.


Più convenzionali, ma comunque efficaci per i loro contenuti necrofili e nauseabondi, sono i più maturi Forringer's Fortune (“Il Tesoro di Forringer”, 1975) e Jendick's Swamp (“La Palude dei Jendick, 1987). Il primo è un dichiarato omaggio a Howard P. Lovecraft, che viene espressamente nominato nel testo, ma anche a The Body Snatcher di Robert L. Stevenson. Si assiste alle azioni di trafugamento salme di un vecchio gestore di un banco dei pegni, che si muove sfruttando misteriosi cunicoli sotterranei che si snodano per miglia sotto la città, fino a condurre al cimitero del posto. Interessante, sulla scia del racconto di Stevenson, il legame che si viene a intrecciare tra questo viscido e sporco personaggio e il protagonista, in qualche modo attratto dall'uomo. L'obiettivo del profanatore è dichiaratamente illecito. Intende infatti sottrarre gioielli e oggetti di lusso sepolti con le salme, un tema già affrontato da un'altra prospettiva da Brennan col racconto che da il titolo all'antologia e che è anch'esso presente nel lotto. Qua Brennan si supera per il senso dell'orrore e per le continue allusioni al mondo dell'occultismo. Il profanatore è uno studioso di testi vietati tanto che Brennan snocciola titoli legati alla stregoneria e alle arti occulte. Sono questi riferimenti e questa padronanza della materia che legano il protagonista all'uomo. Forringer's Fortune è un testo marcio, nauseabondo, con i protagonisti che “nuotano” tra topi e ossari. Il finale ricorda vagamente il Modello Pickman di Howard P. Lovecraft per la volontà, tipica di Brennan, di mettere in scena l'orrore nella forma di un “mostro” alieno e tentacolare che proviene dall'altrove (forse dagli abissi marini).

Non troppo dissimile è Jendick's Swamp che modifica le ambientazioni riportandole nell'ambito dei boschi e delle paludi. Uno scrittore di racconti e uno sceriffo brancolano in un'area limacciosa alla ricerca della villa di una famiglia di degenerati spariti nel nulla. La magione, fatiscente, appare sul crinale di una collina attorniata dagli alberi e dagli acquitrini. È crollata su sé stessa e sembra non rivelare segni di vita. Un forte olezzo si diffonde dalle stanze, non a sufficienza da dissuadere i due indagatori dall'analisi del luogo. Cannibalismo, sacrifici umani, depezzamenti e un essere ultracentenario sorretto dagli influssi malefici di un demone (Iththaqua) capace di materializzare in cielo mostrando, tra le nubi di una tempesta, il suo volto costituiscono gli ingredienti di un racconto del terrore di buona fattura. Da notare un omaggio, non so quanto voluto, al Malpertuis di Jean Ray, nella parte in cui si dice che una divinità sopravvive solo se c'è qualcuno che ancora le dedica preghiere e in lei crede. Menzione speciale anche per il pittore Francisco Goya, espressamente citato da Brennan.


Buono è “l'urbano” On the Elevator (“Nell'Ascensore”, 1953) che si ricollega al precedente Slime. Ancora una volta Brennan sposa l'idea dell'orrore senza forma che proviene dal mare, spostando il tutto in città. L'orrore bestiale si miscela a un qualcosa che, per struttura narrativa e forma dei personaggi, si approssima al giallo. Un essere avvolto da un impermeabile, durante una notte di tregenda, penetra all'interno di un albergo. Il portiere, troppo indaffarato per accorgersene, nota solo un soggetto barcollante, forse un vecchio ubriaco, chiamare e penetrare all'interno dell'ascensore. È l'inizio di un incubo che non avrà risposta, con la polizia chiamata a risolvere il mistero di un omicidio perpetrato in modalità bestiali da un killer sparito nel nulla.


Vette di horror soprannaturale di discreta fattura sono garantite da The Willow Platform (“La Piattaforma di Salice”, 1973), un racconto che omaggia la narrativa “naturalistica” alla Algernon Blackwood, tanto che si cita persino la figura del “wendigo” (oltre il rimando ai salici). Un vagabondo rinviene all'interno di un rudere contadino un grimorio di evocazione demoniaca che porta alla materializzazione di un elementale sospeso oltre la terza dimensione. Brennan parla di viaggi astrali, evocazioni, esseri mostruosi che si muovono in una fitta vegetazione di salici. L'epilogo, pressoché identico al più breve e meno efficace The Seventh Incantation (“Il Settimo Incantesimo, 1963), porta alla morte dello sprovveduto che cerca di misurarsi con l'occulto senza avere le competenze per gestirne gli effetti collaterali.


The Keeper of the Dust (“Il Custode della Polvere”, 1962) tratta un altro grande classico: l'ira dei demoni chiamati a difendere le tombe egizie profanate da irrispettosi occidentali. Un tombarolo, di rientro dall'Egitto, trova stranamente il suo appartamento avvolto dalle polveri e dalla sabbia. In poco tempo, si ritrova prigioniero di una realtà altra, dove un demone dal corpo di bambino deforme si materializza per punirlo per aver sottratto uno scarabeo da una tomba di una mummia. Ottima la ricostruzione scenografica e la lenta spirale onirica che conduce al claustrofobico epilogo.


Sono sorretti da un minor senso dell'orrore trascendentale le altre storie. The North Knoll (“Il Poggio a Nord”, 1964) parla di un genius loci che presidia una collinetta nell'aperta campagna e aggredisce chi entra nei confini della sua area. The Green Parrot (“Il Pappagallo Verde”, 1952) è una classica ghost story di inizio carriera, con un viandante (uno scrittore che si è concesso una pausa) che si imbatte, imboccando un viottolo campestre preso come scorciatoia, in una vecchietta che insegue uno strano pappagallo verde sfuggitole dalla voliera. Intenzionato ad aiutare la donna, l'uomo rischia di perdersi nei sentieri boschivi e di farsi sorprendere dal freddo glaciale. Rientrato presso la locanda in cui è solito cenare, lo scrittore viene informato di essersi imbattuto in due fantasmi. Esercizio di stile, nulla più.

Più curioso e riuscito è The Calamander Chest (“Il Baule di Calamandra”, 1954), l'ultimo racconto di Brennan per Weird Tales. Il Baule di Calamandra è un classico racconto che giostra su un oggetto maledetto acquistato a basso prezzo in un antiquariato. Curiosa, e poi rubata da Stephen King (racconto The Moving Finger, 1990), l'idea del dito adunco che fuoriesce misteriosamente dal baule e ipnotizza l'acquirente sparendo ogni volta all'interno dell'oggetto senza che, all'apertura del mobile, sia visibile alcunché di strano. Sviluppo di storia stereotipato (i tentativi di disfarsi del baule non hanno esito positivo), ma ben gestito fino all'inevitabile finale.

CONCLUSIONI

Dunque un lotto di racconti che sapranno deliziare il palato dei fan delle storie più popolari alla weird tales ovvero testi che trattano il soprannaturale con una resa stilistica alleggerita da virtuosismi o preziosismi letterari.

La confezione della Dagon Press, non immune da refusi, è più che buona e messa in commercio a prezzo ghiotto. All'interno trovate inserite anche le locandine dei volumi in cui sono uscite le prime versioni dei dieci racconti proposti. Gradimento assicurato

 
 
Joseph Payne Brennan

"H. stava manipolando forze maligne, entità che probabilmente esistevano quando la terra era ancora giovane. La natura ha sperimentato con molte forme di vita - e non tutte appartenevano necessariamente al piano fisico. Probabilmente alcune di quelle... cose... sono esistite e sono scomparse, e gli elementi esili di cui erano composte non hanno lasciato tracce... forze primitive che, in un certo senso, esistono ancora in un altro tempo, si potrebbe dire in un'altra dimensione."

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