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mercoledì 21 giugno 2023

Recensione Narrativa: SPLATTERPUNK FIGHTING BACK a cura di Jack Bantry e Kit Power.



Autore: AA.VV..
Titolo Originale: Splatterpunk Fighting Back.
Anno: 2017.
Genere:  Antologia Hardcore / Extreme Horror.
Editore: Independent Legions (2019).
Pagine: 180.
Prezzo: 13.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini. 

Antologia vincitrice dello Splatterpunk Award 2018 prontamente sdoganata alle nostre latitudini da Alessandro Manzetti per la “sua” Independent Legions.

Jack Bantry e Kit Power sono i curatori del progetto che propone undici racconti appositamente scritti nel 2017 da altrettanti autori. I nomi dei coinvolti, a parte Tim Curran (più volte proposto dalla Dunwich Edizioni), diranno poco persino ai cultori dell'horror estremo che, tuttavia, mantiene i connotati garantiti dalle firme più celebrate.

Splatterpunk Fighting Back allude, nel suo titolo, a un ritorno di un sottogenere, quello dello splatterpunk, nato e superato sul finire degli anni ottanta. Si sta parlando di un contenitore horror caratterizzato da violenza, contenuti forti e, al tempo stesso, interessati alla denuncia sociale, al portare in scena reietti ed emarginati per una volta veri protagonisti della storia. I “nuovi interpreti” schierati dal duo di curatori sembrano tuttavia tradire i manifesti iniziali codificati dai vari Skipp e Spector. Degli undici racconti, probabilmente, solo un paio rispondono a certe logiche. Per il resto siamo sulle coordinate dell'extreme horror, con molti esempi di hardcore horror. I contenuti sono abbassati di registro, prossimi a una tipologia di narrativa che intende insistere sul dettaglio macabro, prediligendo forme linguistiche immediate che non celano sottotracce o messaggi filosofico/esistenziali di fondo. Alla fine, la sensazione è quella di leggere una narrativa di consumo destinata a dimenticarsi presto. Ciò detto, come in ogni antologia, non mancano racconti capaci di scuotere il lettore.


La perla del miglior racconto va a Schegge di Inferno di Rich Hawkins. Mai titolo fu più appropriato di questo. Potenza pittorica ai massimi livelli, tanto da far venire alla mente certi pannelli dei trittici infernali di Bosch. Hawkins, pur omaggiando il culto degli antichi di Lovecraft, ricorda Clive Barker in diverse parti del racconto che, purtroppo, manca di unità. La storia è estremamente frammentaria, dando l'impressione di essere una scheggia di un'opera più complessa. Una madre va alla ricerca del figlio in un mondo che è stato improvvisamente flagellato da un'epidemia di follia generata da imprecisate creature che solcano i cieli. Sfumato, evanescente, offre scene extreme molto truculente. I mostri sono gli uomini stessi, nonostante non se ne rendano conto. Il mostro è il prodotto di un'evoluzione non percepibile dai limitati sensi umani. Il male, alla stregua di un cancro, proviene dall'interno, deforma i tessuti e rende cannibali gli uomini incapaci di ricordare il loro passato. Le vittime designate di tale inferno sono i bambini, gli unici a non essere ancora colpiti dalla contaminazione per poter così essere sacrificati per il sostentamento degli uomini. Hawkins cela contenuti freudiani e perturbanti, proponendo un'originale apocalisse con dei "morti viventi" letteralmente esplosi dall'interno. Evocativo.


In parte simile (bambini sacrificati), ma meno potente sul versante pittorico, è Il Prezzo da Pagare, fulmineo contributo di due pagine e mezzo prestato da John Boden. Il mondo è popolato da strani esattori che pretendono dai contribuenti, rigorosamente rinchiusi nelle proprie abitazioni, il versamento delle tasse. La descrizione dell'esattore di Boden suggerisce la presenza di creature demoniache o extraterrestri che passano per cibarsi dei tributi loro garantiti, tributi di carne umana.


Molto interessante e visionario è Terapia di Morte di Bracken MacLeod, forse l'autore più titolato dell'antologia (finalista al Bram Stoker Award e allo Shirley Jackson Award). Strutturato su un doppio binario che convergerà in un'unica storia, si tratta di una delle poche storie che possono effettivamente definirsi splatterpunk. La componente extreme (non parlerei qua di hardcore) diviene funzionale alla storia e non centrale come avviene per molte delle altre. Le distinzioni sociali, l'onnipotenza dei danarosi e il modo in cui gli stessi passano per impuniti presentando semplicemente un biglietto da visita alle forze dell'ordine delineano una storia dai contenuti superiori e più calibrati rispetto agli altri incubi. Notevole l'idea di portare alla distruzione una famiglia modello, formata da un uomo e una donna che vivono in simbiosi e che hanno la sventura di trovare sulla loro strada un imprenditore annoiato che ha deciso di vincere l'apatia, uccidendo in modo subdolo il prossimo (tema ancora attuale, si veda il recente episodio della strage automobilistica provocata dai ragazzi alla guida di una Lamborghini). Bella la parte del viaggio nel tempo suscitato da una sorta di santone imbroglione, tuttavia capace di far emergere il peggio dai suoi clienti, in cui l'imprenditore (ri)scopre il gusto di uccidere. Buono.


Oltre ai citati tre racconti, a mio avviso i migliori dell'antologia, si scende di svariati gradini. Appaiono ben costruiti ma con poca inventiva Il Problema di Darla (titolo italiano orrendo per il suo suggerire interrogativi peccaminosi) e La Casa dei Macellai. Entrambi gli elaborati hanno una forte matrice cinematografica e un epilogo senza speranza in cui forze ultraterrene banchettano con i protagonisti impossibilitati a far fronte al cospetto di simili esseri. Nel primo racconto, di Kristopher Rufty, una bambina chiede aiuto a un poliziotto, affermando che un mostro fuoriuscito dall'armadio le ha ucciso i genitori. Rufty miscela con una dose di tensione crescente (punto di forza) la tematica del baubau a quella degli esseri demoniaci richiamati inavvertitamente nella nostra dimensione dall'utilizzo per gioco di tavolette ouija. W. D. Gagliani e Dave Benton, col secondo racconto, propongono un survival dall'intensa azione che omaggia pellicole quali Non Aprite quella Porta. Una ragazza, smarritasi nel bosco, riceve un passaggio dalla persona sbagliata. Esseri deformi, vecchi cannibali, depezzamenti di corpi trucidati e infine una progenie, ancor più malata e inumana nonché dai tratti del bigfoot, chiamata a soverchiare gli equilibri tra bene e male.


Scelgono la via iperbolica Tim Curran e Matt Shaw. Entrambi gli scrittori, strizzando l'occhiolino a Il Naso di Gogol, immaginano storie con personaggi sprovvisti di parti del corpo capaci di muoversi per conto autonomo e di compiere vendette. Più interessante l'elaborato (Melvin) folle e memorabile di Shaw. Uno sfigato viene respinto in discoteca dalla bellona di turno, che lo reputa un verginello incapace di accenderle la libido. Il giovane, tuttavia, ha un reparto riproduttivo molto particolare capace di allungarsi come nessun altro. Hardcore horror che guarda a Il Demone sotto la Pelle di Cronenberg, andando oltre il confine in cui il regista canadese si era fermato. Il corpo alieno, qua, sarà l'elemento caratterizzante del sesso maschile e il suo percorso sarà così assurdo da dar vita a uno stupro senza precedenti (che difficilmente si scorderà). Incisivo il finale utile a ripristinare il senso di giustizia violato. Più politicamente corretto Curran (Arto Fantasma), con un uomo perseguitato dal suo braccio amputato che non ne vuol sapere di restare distaccato dal corpo di origine. Se Shaw gioca sul (surreale) divertimento, Curran, strizzando più di un occhio a La Bestia dalle Cinque Dita di William Fryer Harvey, crea ribrezzo con le sue dettagliate descrizioni dei processi putrefattivi cui va incontro il braccio. Finale prevedibile ma d'effetto.


Piacciono meno (al sottoscritto) e per motivi diversi i restanti quattro racconti. Nuotano di Notte di Adam Millard è un racconto speculare (ma meno originale) a quello di Matt Shaw. Millard riscrive e modernizza (perdendo tutto il fascino) il mito della sirena. Le ambientazioni si spostano dagli oceani e dai canti che risuonano nelle notti frustate dalla nebbia ai biechi pub di periferia, dove vecchi segaioli (nello specifico significato del termine) si dilettano senza freni inibitori nell'assistere a spettacoli canori di avvenenti soubrette. Una di queste decide di adescare un insolito cliente. Diviso in due parti nette, il racconto, pur delineando situazioni piuttosto convenzionali per il new horror (soprattutto quello cinematografico), cala notevolmente alla distanza culminando in un'orgia gore cannibalica. Meglio, su questo versante, Molly di Glenn Rolfe, un racconto che risulta addirittura finalista agli splatterpunk Awards 2018, nella categoria best short fiction. Un piazzamento d'onore che dovrebbe fare del racconto la perla dell'antologia. Purtroppo, sarà un problema di questo recensore, è tra i meno convincenti sotto il profilo del terrore. Perfetto per una rivista di racconti pornografici, cerca di rialzare il livello mostrando le perversioni e le follie dei clienti facoltosi di un hotel a cinque stelle (Hilton). “Prostitute, tossici, gente davvero merdosa, ma almeno se ne stavano per conto proprio. Ti facevi gli affari tuoi, e quelli si facevano i loro. Lo stesso non poteva dirsi degli uomini d'affari e delle donne che frequentavano l'elegante hotel di Oakman. Era un mondo di stronzi boriosi.” La lettura offre la sensazione di assistere a uno di quei gialli borghesi di fine anni '60 di Umberto Lenzi. Rolfe è di gran lunga più bravo nel giocare sull'erotico, assai spinto (compresi rapporti saffici), ma si rivela inconsistente sul versante horror. In azione abbiamo un'avvenente e prosperosa ninfomane che viaggia accompagnata da una bambola assassina (stile da Chucky) e che, alla stregua di una mantide religiosa, elimina tutti coloro con cui intrattiene rapporti sessuali. Scritto bene, ma destinato a evaporare dalla memoria.

Punta sulla blasfemia Duncan Ralston con La Passione dei Robertson. Buona tecnica narrativa e ottima ricostruzione scenografica, degna di uno scrittore da mainstream alla Stephen King. Convince molto meno, invece, il sottotesto che sembra fungere da apologia dell'ateismo. Una coppia di coniugi fanatici religiosi pensa bene di rapire il titolare di un negozio di ferramenta per redimerlo dal peccato rendendolo partecipe, poche ore dopo del Natale, della passione di Cristo. Torture story a tutti gli effetti (vaghi ed evitabili i rimandi erotici), con una pazzesca e grottesca crocifissione dagli esiti nefasti e beffardi. Convince poco la conclusione essoterica (con due “s”) e banale, secondo la quale sarebbe inopportuno venerare un Dio che costringe gli uomini a superare prove all'insegna della sofferenza e del dolore.

Dalle parti della blasfemia si muove anche Solo gli Angeli lo Sanno di George Daniel Lea, un racconto grandguignol che potrebbe piacere agli appassionati di sperimentalismi. La forma si antepone alla sostanza, appesantendo la narrazione in vista di immagini scioccanti che cercano di rinnovare il binomio dolore ed eccitazione elevandolo al rango di credo.


Che dire alla fine? Splatterpunk Fighting Back è un'antologia di intrattenimento di facile lettura, capace di divertire chi ami il filone più truculento del genere. I racconti, a parte quello di Lea, sono tutti veloci e scorrevoli. Mancano messaggi forti di fondo, così come tende a essere evanescente (salvo un paio di eccezioni) il sense of wonder in favore di un presunto realismo che diviene spesso surreale. Magia, occultismo e visioni trascendenti sono evitate se non, addirittura, rinnegate o ribaltate, in favore di mostri prodotto della deformità (spirituale) umana. Il male, in questa concezione moderna, non viene neppure più dalla società, ma è connaturato e dormiente nella natura umana, un qualcosa che si alimenta e cresce nel profondo io divenendo un'estensione (che sia un pene, un braccio o un'esplosione di organi piuttosto che una proiezione cerebrale provocata dallo stimolo di certi piaceri e aspettative represse) dell'immagine impeccabile percepibile a colpo d'occhio nella vita di tutti i giorni. Si lascia leggere, ma vietato parlare di capolavoro del genere.

 
La copertina originale.
 
"Se Dio era là per salvarlo, allora perché ha permesso ai Robertson di rapirlo, in primo luogo? E se un Dio sottopone qualcuno a una simile tortura solo per impartirgli una lezione, allora che diavolo di malato, sadico, depravato abbiamo pregato, in tutti questi anni? Non un dio a cui vorrei trovarmi davanti in attesa del giudizio, questo è dannatamente certo.”

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