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giovedì 28 giugno 2018

Recensioni Narrativa: LA CASA DELLE CONCHIGLIE di Ivo Torello.



Autore: Ivo Torello.
Anno: 2018.
Genere: Erotico / Horror / Esoterico.
Editore: Edizioni Hypnos.
Pagine: 420.
Prezzo: 16,90 euro.

A cura di Matteo Mancini.
"Ogni libro contiene in sé le conoscenze di altri mille libri" si legge nel primo capitolo dell'ultima fatica dell'esperto genovese Ivo Torello. Si tratta di una giusta considerazione che calza, tra l'altro, a pennello proprio per questo La Casa delle Conchiglie, probabilmente l'opera più complessa, per l'innegabile retaggio esoterico che sottende il romanzo, dello scrittore nato nel 1974. Presentato, apparentemente, come un erotico estremo che sconfina spesso oltre la stessa definizione di erotico, il romanzo contiene in sé il seme della classica letteratura weird di fine ottocento e inizio novecento. Torello è uno studioso di lungo corso del genere weird (plurivincitore del Premio Lovecraft), nonché storico collaboratore di Andrea Vaccaro e delle Edizioni Hypnos, e questo si respira a pieni polmoni nella lettura del testo che snocciola tributi in ogni pagina e crea un'atmosfera che ricorda i vari Il Gran Dio Pan (1890) di Arthur Machen (per l'esistenza di un altrove cui accedere col ricorso di sostanze capaci di sublimare l'estasi) e Alraune - La Mandragora (1911) di Ewers per l'atmosfera corrotta e gli espliciti riferimenti sessuali (ivi compresa la pratica per generare l'homunculus), ma soprattutto sembra giocare sui temi toccati dal saggio di magia sessuale Magick (1913), opera in cui Aleister Crowley cerca di rendere pubblici i suoi studi legati al rapporto sesso-magia come via per entrare in contatto con entità superiori che si celano alla vista dei comuni mortali e che sono veicoli di un potere capace di sconvolgere l'ordine naturale delle cose.
Dunque La Casa delle Conchiglie è un erotico solo in apparenza. E' uno di quei romanzi per i quali Aleister Crowley avrebbe speso parole di elogio e Hanns Heinz Ewers avrebbe contattato Torello per contendere a Paolo Di Orazio l'onere della prefazione. Vien da se la considerazione che siamo alle prese con quello che potrebbe definirsi un romanzo maledetto.

La Casa delle Conchiglie narra le vicende legate alle sorti del maggior bordello di lusso parigino di metà ottocento, un luogo meta di artisti, scienziati, alte cariche di Stato e borghesi danarosi. Ma racconta soprattutto le vicende della maitresse, Madame Sabatiere, una vera e propria esperta di arti magiche che vive all'interno di una stanza contornata di libri di ogni natura da cui attinge il suo sapere tutto orientato a conseguire vantaggi materiali da spendere nella concretezza della vita di tutti i giorni (dunque aspirazioni non trascendenti): assorbì le capacità diplomatiche dello zio, la sua propensione al complotto e alla menzogna, nonché l'abnegazione al guadagno completamente spogliata da qualsiasi dubbio o pentimento o carità cristiana.
Il romanzo, strutturato in sette capitoli per circa quattrocento pagine, ha valenza catartica ed esorcizzante. Simboleggia la perenne lotta tra la visione epicurea (ben incarnata dagli artisti) e quella stoica (più vicina al mondo politico-istituzionale ovvero i presunti esperti che prendono per mano la produzione artistica per usarla per i loro fetidi scopi: profitto o spalancare le porte dell'inferno), conflitto che viene sintetizzato dalla rappresentazione teatrale de Le Nozze Folli tra Marte e Venere messa in scena all'interno del bordello con l'intento, non riuscito, di ribaltare il trionfo dell'amore sulla guerra. Leggiamo infatti dello scontro tra una sedicente organizzazione segreta a sfondo iniziatico (con tanto di Grande Maestro), chiamata l'Ordine del Dio dormiente (la “setta più potente e pericolosa d'Inghilterra. E forse anche dell'intero continente”), e un gruppo di prostitute di alto bordo, molte delle quali ignare del loro essere pedine in balia di un gioco più grande della loro semplice aspirazione (prostituirsi per il piacere insito nell'accoppiamento). I primi hanno infatti il fine di scatenare il grande olocausto richiamando sulla terra, attraverso un rituale di sangue a sfondo esoterico, gli Dei (dormienti) che esistevano prima della nascita di ogni altro Dio (evidenti omaggi ai grandi Antichi di Lovecraft, con tanto di squarci onirici in cui si permette all'uomo di sbirciare sul mondo di queste potenze). "La crudeltà è il solo linguaggio universale" affermano gli aderenti all'Ordine. "Ogni speranza è vana, ogni amore è vacuo. Dobbiamo forgiare noi stessi come lo sono stati i mondi e le galassie: con la violenza! Questo baraccone di carne che chiamiamo vita è fondato sul dolore e sull'afflizione, sulla lotta a ogni costo contro l'inevitabile morte! Questa è l'essenza di ogni cosa: la lotta! Per sopravvivere, per evolvere, per esser degni di sfidare l'abisso, questo dobbiamo essere: guerrieri! Guerrieri della disciplina! dell'ordine! del dolore e della sopraffazione! Cos'è la bellezza di una giovane donna se paragonata alla bellezza della guerra e della vittoria?"
Il rituale prosegue sotto l'effetto di formule magiche, elisir afrodisiaci e allucinogeni capaci di aprire porte dimensionali connesse all'azione di potenze ultraterrene pronte a irrompere sulla terra, riti di sangue, larve (in senso spiritico) e magia rossa. Evidente la condanna da parte di Torello del bigottismo e della castrazione degli istinti naturali legati all'accoppiamento, il tutto sbilanciato a favore di una visione libertina ed edonistica vista come chiave esorcizzante della violenza e di ogni altro istinto di sopraffazione che sta alla base dei disastri bellici. “Se i filosofi e i moralisti scopassero ogni tanto l'Umanità si eviterebbe un bel po' di coglionate e di cacce alle streghe e di roghi. Se chiavassero per il gusto di farlo.” 
Spirito guerresco da una parte (ma anche spirituale e ideologico, aggiungerei io) contrapposto alla grazia e bellezza dei corpi dall'altra finalizzata a se stessa, senza alcun desiderio ulteriore al semplice richiamo della carne. Quello che Lovecraft, come ricordato in Contro il Mondo, Contro la Vita da Michel Houellebecq, tendeva a condannare quando diceva che "i misteri del sesso sono alla portata di chiunque. Basta passare mezz'ora in un aia e vedere come si accoppiano le bestie. Quando io guardo l'uomo, invece, guardo le caratteristiche che lo elevano dal rango di bestia e che lo rendono essere umano; osservo le qualità che danno alle sue azioni simmetria e bellezza creatrice. Desidero veder considerato il comportamento umano, mettendo l'accento sulle qualità che gli sono proprie e senza che vengano messe in risalto le particolarità bestiali che ha in comune con il primo verro o caprone che gli capita attorno.
Torello, a differenza del solitario di Providence, si schiera senza filtri e compromessi dalla parte dell'amore libero e sfrenato, in una visione più legata al materialismo che a una visione trascendente,  e lo fa anche nella scelta del registro linguistico. Laddove risulta essere elegante e ricercato nella parte dedicata al substrato esoterico, con momenti da grandissimo scrittore di stampo weird (nulla da invidiare ai grandi maestri), cambia del tutto nella parte erotica, aspetto questo a mio avviso discutibile (pur essendo una scelta voluta e anche provocatoria). Torello affronta questa parte, senz'altro la preminente, con piglio pulp, senza pudori e senza censure, pur con una certa ironia grottesca, sfruttando un campionario di soluzioni che suggeriscono una visione tinto brassiana. Ecco che traspare un erotismo che va oltre il suo stesso concetto, per interessare sfere assai più spinte ed esplicite rispetto a un semplice suggerimento di carattere subliminale. Torello non lascia niente all'immaginazione del lettore, nonostante giustamente scriva che “ciò che passa per la testa di un uomo non sarà mai uguale a ciò che passa per la testa di un altro”; ne La Casa delle Conchiglie viene infatti descritto tutto nei minimi dettagli, determinando anche un “involgarimento” del lessico e delle situazioni narrate nella descrizione delle scene hot, momenti che qualcuno non tergiverserebbe a definire squisitamente pornografici.

Ne esce fuori un romanzo assai coraggioso e, al tempo stesso, piuttosto originale, intriso di un'ironia satirica e di un cinismo che riesce a pungere in più di una circostanza come quando si dice che “prendendo un uomo per l'uccello è assai più facile farselo amico; se poi lo si capisce abbastanza da concedergli ciò che più intimamente brama, si compie la magia”; o come quando, facendo il verso al Dizionario del Diavolo di Ambrose Bierce, si snocciolano gustosi aforismi. Costituisce un esempio di quest'ultimo aspetto la definizione data al termine "amicizie" ovvero legami umani basati sul reciproco profitto.
Romanzo coraggioso, dicevamo, che si traduce in una vera e propria unione tra la narrativa weird, quella la “W” maiuscola, e un erotismo estremo più vicino a un Restif de la Bretonne che alla narrativa del marchese De Sade ovvero un erotismo che cerca le gioie del sesso senza pudori, senza crudeltà e senza il timore della condanna del peccato. Ecco appunto emergere lo spirito libertino ed esorcizzante del romanzo, con una dissolutezza che Torello immagina quale via e ideale medicina per raggiungere la felicità e sconfiggere ogni forma di violenza.

Eccezionale la ricostruzione storica e lo studio di fondo (con tanto di esempi di racconto nel racconto, facendo leva su una lunga serie di passaggi narrativi di volumi citati) che ha impegnato, credo per anni, Ivo Torello. L'autore genovese da sfoggio di un'invidiabile eleganza sia nella costruzione dei personaggi (molti dei quali reali artisti e reali personaggi dell'epoca, tra essi anche Alexandre Dumas) che delle scenografie tratteggiate con gusto, oserei dire, pittorico, ma soprattutto dimostra di essere un grande autore weird con una passione esoterica e citazionista che trasuda da ogni pagina (non si contano gli omaggi ai vari Chambers, Lovecraft, Colin Wilson, Ewers, Grabinski etc etc). A trovare dei difetti, a mio modesto avviso, c'è il barkeriano atteggiamento (qua eterosessuale) di indugiare sulle situazioni sessuali come un voler ostentare un valore recepito dalla maggior parte degli altri componenti della società come un qualcosa da censurare o da vivere in modo privato e, forse forse, ipocrita. Una scelta questa che determina la controindicazione di una certa ripetitività situazionale, nel corso della lettura, e un rallentamento del ritmo oltre che un “decadimento” di un lessico che mal si concilia con la ricercatezza e l'eleganza della parte weird. Ciò detto si tratta comunque di un romanzo di alto valore e da suggerire agli amanti del genere. Certo, la scelta operata da Torello taglia dalla lettura un ampia cerchia di lettori. Sconsigliatissimo ai puritani, vietato ai minori di anni 18 (senza voler chiamare in causa il ricercatissimo volume di Isabella Santacroce), ma in grado, a mio avviso, di costruirsi attorno un sufficiente zoccolO duro di aficionados.

Bellissima la cura grafica (formato tascabile), la copertina e la galleria finale. Da questo punto di vista un ulteriore passo in avanti delle Edizioni Hypnos, sempre più qualitative.

L'autore IVO TORELLO

"Sapeva di tante donne che usavano i libri per evadere dalla vita di tutti i giorni; per lei leggere equivaleva alla costruzione di un arsenale... Tutto ruotava sempre intorno al medesimo perno, denaro compreso: il sapere. Era il sapere, distillato nella guisa delle infinite storie che formano la realtà, il fine a cui ella cominciò ad ambire."

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