Elenco

  • Cinema
  • Ippica
  • Narrativa
  • Pubblicazioni Personali

venerdì 16 dicembre 2016

Recensione Narrativa: LE NOTTI DELLA LUNA NERA di Libero Samale (alias Frank Graegorius e John Kheith).



Autore: Libero Samale (meglio conosciuto come Frank Graegorius e qua John Kheith).
Genere: Horror.
Anno: 1980.
Edizione: Antonino Cantarella, collana I Racconti di Dracula, N. 140.
Pagine: 122.

Commento a cura di Matteo Mancini.
Penultimo romanzo horror di Libero Samale che, stranamente, si firma come John Kheith (nome del protagonista della storia) in luogo del consueto Frank Graegorius.
Non ci soffermiamo su questa figura, avendolo già fatto in altre occasioni, ci "limitiamo" qua a definirlo il Conan Doyle tricolore, certi di fargli un complimento, per la sua appartenenza ai gruppi esoterici ma soprattutto per la sua professione di medico (lodato psichiatra) e di serio studioso di occultismo in ogni sua sfaccettatura. Il romanzo che ci è capitato per le mani, Le Notti della Luna Nera, è una delle sue ultimissime fatiche, che esce appena cinque anni prima della morte, quando il Gran Maestro Dottore, ha già 66 anni. Dunque è un Samale forse stanco, ormai prossimo a lottare con l'ictus che lo avrebbe condotto nell'aldilà per prender parte, ci piace immaginarlo, a un'altra vita cui si accede con un viaggio da cui non è consentito ritorno (quanto meno cosciente). Ne deriva un testo che non è certo da annoverarsi tra le sue perle, ma questo non deve condurre a cestinarlo celermente o a giudicarlo non meritevole d'interesse.
Lo stile e la capacità evocativa, infatti, sono quelle dei tempi migliori. Così come la narrazione e i tempi rendon la lettura scorrevole e piacevole, mai noiosa. L'intreccio è il punto debole, peraltro un po' portato per le lunghe nella prima parte, e non mancano alcuni punti poco approfonditi (a esempio non si capisce perché le divinità del male dal Nepal decidano di recarsi in Inghilterra). 
Abbiam da poco letto e recensito Malpertuis di Jean Ray e ritroviamo, in questo testo, l'idea delle divinità, questa volta legate alla mitologia indiana (India orientale), che tornano a vivere celandosi dietro spoglie umane. A differenza di Ray però, queste divinità sono conscie del loro stato e ritornano sulla terra per scatenare il male senza che questo sia determinato da destino o fattori esterni. Scatenano il male perché sono nate proprio con questo fine. Come nell'opera del belga si assiste a un mescolamento di culture dato che, dall'idea iniziale di Brahma contrapposto alla dea Kalì e al suo sposo, si arriva alle messe nere e a una setta, composta per lo più di zingari cecoslovacchi, che venerano il diavolo con accezione e riti prettamente europei. Protagonisti, ancora una volta, abbiamo preti e guru che disquisiscono su quale sia la vera e unica religione e un giovane ragazzo che vede rapita la sua giovane sposa.
Il tema del romanzo prende le mosse da concetti filosofici propri di personalità come Empedocle. Ritroviamo infatti l'innegabile convinzione relativà alla necessità perenne di un conflitto tra bene e male come linfa vitale per far si che il mondo possa andare avanti. Dunque il male ha, a suo modo, una natura benevola, essendo lo stesso necessario per la stessa esistenza del bene. "Sai bene che che ci risveglierai e molto spesso." tuonano, all'alba della creazione, le due entità diaboliche, paragonabili per finalità ai demoni cristiani, al dio Brahma. "Altrimenti il tuo mondo non sarà equilibrato. Male e bene devono lottare tra loro per assicurare al mondo una possibilità di esistenza. La crudeltà non può mancare nel tuo mondo, così come non può mancare la morte." E così, da condannate a restare nell'abisso, le due entità sovraumane, periodicamente, vengono liberate dalle catene per ritornare nel mondo degli uomini per portare odio e violenza, finché un eletto non entrerà in possesso di un'arma rituale, simboleggiata da una spada lucente, che li ricaccerà negli inferi, dividendo l'amore malato e perverso che unisce le due divinità trasformandole in un cocktail satanico. 

Questa l'interessante premessa su cui viene costruito un canovaccio che vede ritornare, sotto le vesti di una pantera e di un cobra, la Dea Kali e il suo sposo, Rudra il rosso. E' la prima che risveglia il suo uomo, in virtù di un sinuoso ballo che inebria e ipnotizza la vittima di turno che finisce così impossessata dallo spirito di Rudra il Rosso e perde così ogni volontà e legame con la realtà. Samale regala perle di erotismo poetico, con la Dea Kali che affiora dalle acque di un lago piuttosto che di una piscina, alla stregua di una Venere Infernale, per indurre al peccato soggetti incapaci di resistere alla sua carica erotica e al suo richiamo. Si assisterà più volte a queste scene di ammaliamento finché la divinità non si rivelerà soddisfatta del corpo giusto da offrire in regalo allo spirito del suo amato. Si assiste dunque a una prima parte a metà strada tra il poliziesco grandguignolesco (non manca quello che oggi viene chiamato splatter, in particolare è da ricordare un pazzesco interevento chirurgico in sala operatoria) e il fantasy. Samale prende un po' di tempo, ripetendosi anche, dispensando vere e proprie firme degli omicidi che si susseguono con la presenza di elaborate statuette a forma di pantera e di cobra lasciate sui luoghi degli omicidi, ovvero "i simboli che rappresentano l'essenza malvagia delle due divinità."

L'autore LIBERO SAMALE.

La seconda parte del testo è invece più spiccatamente horror, ma Samale, pur perseverando a regalare momenti di sano terrore scritti da gran narratore del brivido, perde la via maestra dell'originalità e ritorna su tematiche a lui care già proposte in opere come Il Golem (1963). Così vediamo i protagonisti spostarsi dal Nepal a Londra e da questa alla "cara" Repubblica Ceka (sui monti Tatra), con la consueta schiera di zigari che stordiscono con i loro violini ipnotizzando i passanti e con le messe nere che richiedono sacrifici umani. In questo contesto si scatena la lotta per la conquista della spada magica che, guarda caso, si trova proprio in una grotta sui Monti Tatra protetta da rettili di ogni specie, ivi compresi coccodrilli, e che i protagonisti dovranno affrontare. Rudra e la Dea Kalì, intanto, spadroneggiano tra gli zingari, forti dei loro incantesimi e dei loro maledetti miracoli, spacciandosi per i demoni dell'inferno cristiano. Bella la parte in cui la Dea fa risogere un vecchio avvocato sepolto in una tomba, trasformandolo nel suo putrescente e fedele servitore. "La putredine è bella, la putredine è buona! La putredine è più soave d'un balsamo. E voi, volete servire il Principe delle Tenebre? Ebbene, dovete apprezzare non più il bello, il buono e il vero, ma la bruttezza, la malvagità e la menzogna. La morte è migliore della vita , perché le tenebre sono migliori della luce" questo dicono ai loro seguac i due spiritii, promettendo protezione ma garantendo morte ai traditori. Chi decide di legarsi al male non può più esser libero di ripensamenti.

Epilogo con gli eroi di turno che ristabiliranno la normalità e le divinità che andranno incontro al loro ciclico declino in attesa di una nuova era in cui risorgere. Omaggio persino a un western come Un Dollaro Bucato con un amuleto di una maga che si rivelerà decisivo grazie alla sua composizione, anziché al suo supposto valore mistico e trascendentale.

In definitiva siamo al cospetto di una lettura piacevole che si ultima in qualche ora, ma che lascia poco di nuovo. Quello che c'è da apprezzare è la capacità narrativa di evocare scenari fantastici da brivido, che cela un autore che non ha avuto lo spazio che avrebbe meritato nell'alta editoria. C'è allora da ringraziare piccole realtà come la Dagon Press o entusiasti studiosi/scrittori come Sergio Bissoli che, con gli strumenti a disposizione (purtroppo non molti), han contribuito a gettare luce su un personaggio di spiccato valore umanistico e narrativo oltre che professionale nel campo della psichiatria. Allora lunga vita al dottore che, sicuramente, scruterà da qualche dimensione a braccetto con Doyle e gli altri appassionati e creatori di narrativa Fantastica.

"Forse la SPADA DI FUOCO  sarebbe riuscita a
sospingere Rudra e Kalì nell'abisso da dove erano
usciti; ma sempre essi avrebbero lasciato il loro marchio
feroce: il COBRA ROSSO e la PANTERA NERA,
a devastare le vite umane.
Brahma abbandonò le sue fantasticherie dolorose e tracciò
con la spada una traccia di fiamma nello spazio.
(Libero Samale aka John Keith e Frank Graegorius)  

"Nell'abisso dei millenni, prima che il mondo fosse il Nero Nulla, sbadigliò e dal suo sbadiglio nacque Rudra il Rosso, il Dio del male. Dormiva sospeso nello spazio vuoto, caos che ribolliva nella mente di Brahma. Ma dall'abisso scaturì anche un'altra feroce creatura: la dea Kali."

Nessun commento:

Posta un commento