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sabato 18 aprile 2015

Recensioni Narrativa: LAGGIU', NELL'ABISSO di Joris-Karl Huysmans.


Autore: Joris-Karl Huysmans.
Titolo Originale: Là-bas.
Anno: 1891.
Genere: Atipico, tra il saggio, il fantastico, il rosa e il drammatico, ma con forte alone nero.
Edizione: Internos.
Traduzione: Goffredo Feretto.
Progetto grafico e impaginazione: Ester Feretto, 2009.
Pagine: 350.
Prezzo: 18 euro.

Commento di Matteo Mancini.
Commentare un romanzo come Là-bas, pubblicato in Italia negli anni '80 (a oltre cento anni dalla sua uscita in Francia) a cura di Goffredo Feretto col titolo Laggiù, nell'Abisso, non è affatto facile. Si tratta di un'opera complessa, atipica, difficilmente ascrivibile alla categoria dei romanzi essendo caratterizzata dall'incontro di tre diverse strutture narrative. Da una parte abbiamo il saggio puro, dall'altra una fortissima componente autobiografica mascherata da opera di fantasia, quindi una storia amorosa centrale che funge da sottotrama. A fine lettura si capisce come la componente narrativa sia pretestuosa, non essendo individuabile né un vero inizio né una vera fine, bensì l'esperienza maturata dal protagonista in una data parte della sua vita. Fondamentale, per comprendere il tutto, è la vita dell'autore che andiamo quindi ad analizzare.

JORIS-KARL HUYSMANS.

Huysmans nasce a Parigi nel 1848 da padre olandese, a differenza di molti suoi futuri colleghi non è uno studente brillante. Così a diciott'anni entra nel mondo del lavoro con un ruolo di funzionario al Ministero degli Interni che lo porta ad abbandonare gli studi in giurisprudenza senza conseguire la laurea. Huysmans accetta l'impiego più per necessità alimentare che per passione, definendo il proprio lavoro "quel maledetto ufficio". La sua vera passione è la letteratura e la produzione narrativa. Si diletta nello scrivere articoli di critica, poi passa alla produzione personale entrando nelle grazie di Emile Zolà. Quest'ultimo è ben impressionato dalla prosa di Huysmans tanto da ammetterne il racconto Sac au dos nell'antologia Le Soirèes de Medan. Si tratta di un passaggio fondamentale nella carriera di Huysmans che ha iniziato a scrivere da appena quattro anni, nel 1876. Lo è perché le Soirèes de Medan diviene il manifesto della corrente naturalista di cui Huysmans verrà giudicato quale esponente principale assieme ai blasonatissimi Guy de Maupassant, Emile Zolà, Gustave Flaubert ed Edmond de Goncourt. Il carattere del franco-olandese però è molto labile, lo porta a passare di continuo da un estremo all'altro. Il suo è uno spirito inquieto, indolente, che lo porta di continuo a porsi domande sulla vita e su ciò che si nasconde oltre la morte. "Le conversazioni che non trattino di religione o d'arte sono così volgari e inutili." Qualcuno inizia a pensare che sia affetto da disturbi di carattere psicologico che hanno nel c.d. male di vivere la diagnosi più frequente. In realtà Huysmans è un'artista a tutto tondo e, specie nella Francia di quegli anni, di artisti maledetti non ne mancano certo. Frequenta contemporaneamente uomini timorati e ballerine da night, uomini da salotto e briganti da strada. Non esiste ambiente in cui non si possa trovare Huysmans, l'importante è che non ci si annoi e che si ricerchino, in un modo o in un altro, emozioni forti, vuoi che siano spirituali vuoi che si orientino per altre vie.
I suoi personaggi iniziali sono individui pietosi, finché non rompe con i naturalisti. Dopo aver pubblicato In Famiglia (En Ménage, 1881) e Alla Deriva (A Vau-l'eau, 1882) Huysmans è stanco. Sente di dover cambiare registro e nel 1884 pubblica Controcorrente (A Rebours). Si tratta di un passaggio centrale nella vita dell'autore ma anche della letteratura. Huysmans getta le basi per la nascita del decadentismo di cui viene considerato il padre fondatore. Oscar Wilde e Gabriele D'Annunzio diverranno allievi indiretti del franco-olandese. In questo romanzo si registra quel distacco dalla società che pervaderà Là-Bas, emerge cioè per bocca del protagonista la delusione dell'autore per il suo mondo visto come una sorta di kali yuga che è impossibile ribaltare. Vi è dunque un atteggiamento arrendevole, da cui ci si può liberare solo con una vita assimilabile quasi agli effetti provocati dalla droghe, ovvero con la fuga intellettuale. Inoltre Huysmans inizia a inserire esperienze autobiografiche e usa la narrativa, quale strumento meta-narrativo, per parlare delle sue opinioni e della sua visione del mondo (il cui contenuto porterà subito la critica bigotta ad attaccarlo in modo duro), plasmando un unicum che Wilde giudicherà senza intreccio. La visione è pessimista, resa ancor più nera dal ritorno in società che il protagonista dovrà fare, suo malgrado, ormai malato e isolato in una realtà parallela votata esclusivamente al bisogno egoistico di soddisfare i propri piaceri. Eloquente e calzante il commento che ne farà lo scrittore Barbey d'Aurévilly: "Dopo un libro tale non resta altro all'autore di scegliere tra la canna di una pistola e i piedi della croce." Invece Huysmans sceglie la via dell'esoterismo e dell'occultismo, legando amicizie con personaggi vicini al mondo delle sette segrete, comprese le sataniche, e dei Rosacroce. Inizia a frequentare gruppi di occultisti e organizza riunioni di spiritisti, al punto da restarne infatuato e subirne effetti diretti nella propria psiche. Se da un lato acquisisce informazioni e notizie legate all'occultismo, partecipando in prima persona anche a messe nere, dall'altro va incontro a strane sensazioni (ma saranno state solo sensazioni?) sostenendo di ricevere pugni fluidi, di subire palpeggiamenti e di essere circondato da qualcosa di invisibile. Arriverà a credere di esser stato assoggettato a una sorta di fattura di morte ordinata dai Rosacroce. Quest'ultimo aspetto lo porterà, per l'ennesima volta, a passare da un estremo all'altro, affermando: "E' attraverso la visione del sovrannaturale del male che ho avuto la prima percezione del sovrannaturale del bene. Questo derivava da quello. Con la sua zampa adunca il demonio m'ha condotto verso Dio." E' sempre la continua lotta tra gli estremi a guidare Huysmans, la moderazione, forse a ragione, altro non è che una mediocre media da cui sottrarsi alla ricerca della giusta via che non può mai essere una soluzione intermedia, in quanto imbastardita dai due elementi massimi che sono il bene e il male; stare nel mezzo vuol dire tenere qualcosa dell'uno e qualcosa dell'altro e dunque macchiare la purezza vuoi che sia benigna vuoi che sia maligna (come potrebbe annuire Arthur Machen). Da queste esperienze giunge la linfa per la genesi dell'opera forse più famosa nella produzione dell'autore e che è il libro qui oggetto di esame, un vero best seller dell'epoca capace di scioccare i benpensanti con parti eretiche e crude, ma anche di fornire una certa luce in grado di liberarsi da quell'abisso di perdizione evidenziato dal sottotitolo all'opera. Huysmans arriva a condannare ogni forma di magia, compresa la bianca e a trasformarsi in un paladino del cattolicesimo, seppure senza peli sulla lingua o meglio senza giri di parole sulla carta. Curiosissimo sarà il fatto che questo testo diverrà un cult degli estremisti di entrambe le posizioni, sia i simpatizzanti del satanismo sia di quelli votati al cattolicesimo estremo. Lo scrittore Robert H. Benson, cultore dell'occulto, dopo la lettura del testo si convertirà subito al cattolicesimo e userà Là-Bas quale bussola orientativa per portare alla luce certe pratiche nere. Ci sarà persino chi sosterrà che Huysmans, dopo aver dato vita al decadentismo, ha creato un ulteriore genere di apologetica teso a evidenziare la bellezza della Chiesa soprattutto nell'arte, nella vita monastica e nella liturgia. Insomma, un risultato finale tipico per un autore sempre al limite, dalla lettura delle cui opere poteva succedere tutto e il contrario di tutto... Chissà, forse è la forza della croce come ebbe modo di commentare il pittore Raffaelli nella più famosa raffigurazione di Huysmans finalizzata proprio a sottolineare una conversione innescata da una fase mistico-religiosa degenerata in fanatismo.


Là-Bas esce a puntate sul giornale l'Echo de Paris, nel 1891, e due mesi dopo in volume. E' un'opera consigliata solo a una stretta cerchia di lettori (intellettuali, soggetti alla ricerca di spunti riflessivi che vadano oltre al materialismo), poiché la maggior parte si stancherebbe dopo le prime trenta pagine. Huysmans inzialmente vorrebbe scrivere un saggio su un personaggio che non può non interessarlo: il nobile Gilles de Rais. Un soggetto che passa da essere un eroe, combattendo al fianco di Giovanna d'Arco, e poi si trasforma in un sanguinario pederasta completamente votato al male, un po' per lussuria un po' per la fissa per i processi alchemici. Infine, in punto di morte, torna a convertirsi nella speranza dell'espiazione delle pene consumate nella vita terrena. Un continuo mutare di situazioni che rispecchia, seppur in chiave assai più tragica, le evoluzioni e involuzioni dello stesso Huysmans. "Ci troviamo di fronte a un uomo la cui anima è per metà di rozzo soldato e per metà di monaco."
La passione per gli estremi di Huysmans trova così un prototipo perfetto per esternare la propria opinione: "Visto che è molto difficile essere santi, non resta che darsi al satanismo... o un estremo o l'altro. Esecrazione dell'impotenza, odio della mediocrità: non potrebbe essere forse questa una delle definizioni più indulgenti del diabolismo?" In questo passaggio c'è tutto della personalità di Huysmans, uno scrittore più filosofico che esoterico e per questo non amato da autori quali Machen o altri avvezzi al mondo dell'esoterismo, che non tarderanno nello sconfessare certi passaggi in cui Huysmans prova a dare sfondo esoterico alla propria opera.
Ma a chi potrebbe interessare un lavoro del genere, cioè un saggio storico su De Rais? Di certo non a molti, o quanto meno non a un pubblico variegato. Decide allora di dar vita a un progetto ibrido che prenda le mosse da Gilles de Rais e che si sviluppi su un canovaccio atto ad attirare un maggior numero di lettori e che ha nella storia centrale dell'amore clandestino che vive il protagonista il suo elemento scatenante e fondamentale per la prosecuzione dell'opera. In mezzo a tutto questo c'è ciò che, a mio avviso, interessa veramente all'autore ovvero la critica secca alla società a lui contemporanea, una vera e propria condanna con la rivalutazione del medioevo visto come epoca assai più evoluta rispetto al becero consumismo e materalismo della Francia di fine secolo (immaginiamoci del mondo d'oggi). Ecco la genesi di La-Bàs che curiosamente però va ad acquisire, nella storia della letteratura, un certo peso per essere il primo romanzo in cui viene narrato lo svolgimento di una messa nera. Addirittura il testo è tutt'oggi considerato quale romanzo del moderno satanismo e dell'immaginario demoniaco, definizione che il sottoscritto non condivide affatto.

Raffigurazione di Henry Chapront

Lo scrittore franco-olandese, pur se elegantissimo e colto, realizza un lavoro di ricerca, riporta nozioni e spiegazioni non sempre precise (anche se potrebbero sembrarlo) filtrando quanto gli interessa da notizie e spiegazioni che gli giungono da soggetti che vivono ai margini delle sette segrete o del mondo del satansimo. L'impressione è che il tutto gli serva per lanciare un monito contro certe pratiche e per prendere le distanze a beneficio di una via libera da ogni forma di magia, ma comunque orientata allo sviluppo spiriturale da perseguire con il ricorso dell'arte.

Protagonista è un vero e proprio alterego dell'autore, tale Durtal. Si tratta di uno scrittore che non crede alla magia (si ricrederà) e che sta raccogliendo una serie di dati per completare un saggio sulla figura del maresciallo Gilles de Rais. Come il protagonista di Controcorrente, ha abbandonato il proprio mondo vivendo quasi da eremita, in compagnia di un gatto. "Era diventato rarissimo l'angolo tranquillo dove si potesse, con qualche artista, conversare a piacimento, senza promiscuità da cabaret e da salotto, senza secondi fini sleali o fraudolenti, dove si potesse occuparsi solo d'arte, al riparo dalle donne!" Per bocca di quest'ultimo e grazie a una serie di dialoghi orchestrati dai pochi personaggi (d'elite culturale) con cui il protagonista è solito interloquire, Huysmans si abbandona a una serie di prese di posizione che costituiscono, malgrado quanto si dica, la vera essenza dell'opera. L'autore, già nella prima pagina del romanzo, prende le distanze da quel movimento di cui faceva parte: "Ciò che rimprovero al naturalismo...è di aver incarnato il materialismo nella letteratura, d'aver glorificato la democrazia dell'arte... respingere il sovrasensibile, negare il sogno, non comprendere che la ricerca dell'arte incomincia proprio laddove i sensi non servono più!"

Sono bellissimi alcuni passaggi dove vi è una netta condanna della società moderna ("In tutti i tuoi libri ti sei scagliato contro questo scorcio finale di secolo") che porterà, appunto, all'esaltazione dei tempi che furono. "Il denaro diventa veramente mostruoso quando si fa chiamare capitale. Allora la sua azione non si limita più a istigazioni individuali ma si estende all'umanità intera. Il capitale decide i monopoli, edifica le banche, accaparra le sostanze, dispone della vita e può, se gli pare, far morire di fame migliaia di creature! E intanto lui si nutre, s'ingrsssa, si moltiplica da solo dentro una cassaforte, e i Due Mondi, in ginocchio l'adorano, muoiono di desiderio davanti a lui, come davanti a un Dio. Ebbene, se il denaro può essere a tal punto padrone delle anime, o è diabolico o è inesplicabile." E' questo il vero demonio di cui parla Huysmans, ad avviso di chi scrive, poiché tutto parte dal desiderio di ricchezza e di dominio. Il diavolo non è da ricercare nella goffa rappresentazione della messa nera, pur se descritta con grande cura e blasfemia, da cui tutti, tranne i satanisti, prendono le distanze, bensì è da individuare nello strumento che da concreto potere e su cui tutti si affrettano a mettere le mani, magari vendendosi per pochi spiccioli. Il diavolo non ha forma di caprone, ma di moneta da spendere sul libero mercato. C'è una visione dell'uomo alla Thomas Hobbes. La creatura umana viene vista alla stregua di una creazione maledetta dal peccato originario dell'egoismo e della prepotenza. "Guardatevi intorno e cosa vedete? Una lotta incessante, una società cinica e feroce, i poveri e gli umili insultati, calpestati dai borghesi arricchiti, dai pescicani! Dappertutto è il trionfo degli scellerati o dei mediocri, dappertutto l'apoteosi dei furfanti della politica e delle banche! E voi credete che si potrà risalire una corrente simile? No, mai l'uomo non è cambiato; la sua anima era putrida al tempo della genesi e oggi non è meno marcia né meno fetida. Varia solo la forma dei peccati: il progresso è l'ipocrisia che genera vizi più raffinati" E' in questo, e nella critica che andremo poco oltre a sottolineare, che sta la grandezza di questo meta-romanzo. Ragioni per cui Là-Bas è tutto fuorché un romanzo fantastico, seppur caratterizzato dall'esperienze maturate dall'autore che hanno però la sola ragione di dare verosimiglianza a una storia capace di attirare curiosità per la sua componente blasfema e cruenta, ma che, secondo me, altro non è che un background che funge da specchietto per le allodole. Verrebbe da dire che Huysmans, in questo, è stato davvero diabolico, un po' come lo è il protagonista occulto del suo romanzo che altro non fa che nascondersi per convincere tutti quanti della propria inesistenza.


Huysmans non risparmia niente e nessuno, sovrapppone la componente narrativa con capitoli che sono delle vere e proprie parti di un saggio su De Rais. Si tratta di bei passaggi che, tuttavia, rallentano non poco il ritmo. L'autore non risparmia niente, va giù di mano pesante, raccontando con macabra puntigliosità le pratiche omicidiarie che si consumavano nel castello del nobile. Si tratta di capitoli che gli costeranno non poche polemiche, così come certe sue esternazioni (tutt'altro che infondate): "pensa quanto sia orribile il clero dei giorni nostri, non c'è vero satanismo senza preti sacrileghi... I moderni satanisti sono superiori di ordini missionari, confessori di comunità, prelati e badesse, alti dignitari della curia romana che è il centro della magia contemporanea. I laici invece sono reclutati  nelle classi elevate e ciò spiega come certi scandali siano soffocati se per caso la polizia li scopre!" Sono affermazioni che dimostrano grande coraggio e che creerebbero orde di proteste persino ai giorni nostri, magari con il sequestro del volume. Attenzione però a non cadere in errore, Huysmans non fa di tutta un'erba un fascio e nel testo faranno la loro presenza dei veri e propri "esorcisti", anche se non sono chiamati tali, che lottano contro gli anatemi lanciati dai "preti neri" facendo tornare indietro le maledizioni ai diretti interessati (c.d. legge del ritorno).

Sono molti gli spunti di riflessione che vengono offerti nel testo, Huysmans cerca di spiegare la pratica dell'alchimia, del simbolsimo (specialemnte delle campane), persino di certi rituali di magia nera e del succubato, ma anche di malefici a distanza e di larve (gli spiriti volanti), andando però talvolta incontro a ricostruzioni parziali o comunque suscettibili di critiche da parte dei più ferrati. Si tratta di passaggi, a mio avviso, marginali rispetto alla vera natura dell'opera e che servono a corredare la componente saggistica non incidendo direttamente sui fatti narrati che rimangono sempre piuttosto terreni. E' bellissima, da questo punto di vista, la condanna conclusiva al mondo politico che rappresenta la società di oggi giorno, con un popolo di ciechi che credono a quanto vien loro detto senza cercare la rielaborazione personale, senza sviluppare un proprio pensiero, ma annullandosi in schieramenti fagocitanti e diretti a uniformare le masse per controllarle meglio.
"Ecco la gente che proclama sbraitando i risultati delle elezioni di fronte al municipio... E' il popolo d'oggi! Non acclamerebbe così un sapiente, un artista e nemmeno un santo, che pure sarebbe un essere soprannaturale". Passaggi che non possono che farmi apprezzare questo autore il quale dice una verità innegabile, lasciando intendere che questo avviene poiché i soggetti indicati non portano vantaggi diretti ed economicamente apprezzabili prima facie. Il popolo, la massa, vuol accrescere la propria ricchezza e ha bisogno di sentirsi coinvolta in un nucleo omogeneizzato di idee e costumi, andare al di là di questo (come farebbero le tre categorie di soggetti menzionati) comporterebbe la rottura della cultura e dunque la certezza di avere a che fare con un reietto o il rischio di smarrirsi in un mondo privo di riferimenti, un po' come un naufrago che non sa nuotare e che si trova immerso in mezzo all'oceano. "Basti pensare che questo secolo di positivisti e di atei ha travolto tutto meno il satanismo, questo perché il satanismo o è ignorato o è sconosciuto e la maggior forza del diavolo è quella di esser riuscito a farsi negare!"

Huysmans in giovane età.

Interessante è anche la piega amorosa che smuove il protagonista dalla sua vita da eremita per ricondurlo alla stessa, poiché in fondo non si può sfuggire dalla propria personalità. Huysmans prende spunto, ancora una volta, dall'esperienza personale. Fa incontrare il proprio personaggio con una donna che gli invia delle lettere di elogio e che è la moglie di uno scrittore cattolico. Durtal non ha un buon rapporto col gentil sesso, quanto meno a livello affettivo: "la donna è sempre fonte di dispiaceri e seccature... Le sole donne gradevoli sono quelle che non si hanno". Alla fine però cede, perché quelle lettere gli generano un'ossessione che, alimentata dalla curiosità, lo portano a incontrare l'estimatrice misteriosa (eccellente l'ambiguissima caratterizzazione del personaggio che passa, anche questo, da atteggiamenti da alta classe a esplosioni da prostituta vera e propria, così come passa da esser dolce a cinica e crudele) e a intrattenere un focoso rapporto con la stessa (inferiore però a quello frutto dell'immaginazione precedente, aspetto questo che evidenzia la precoce caducità dei desideri in Huysmans, al punto dal non volerli trasformare in realtà per non rovinarli). Ecco che subentra la componente erotico/sentimentale che funge da ponte per immettere il personaggio nel mondo delle sette sataniche. La donna, infatti, è in contatto con uno di quei preti neri e, su richiesta (il motivo è compiere uno studio sul satanismo per meglio spiegare la parabola di De Rais), porta il suo amante a partecipare a una messa nera. Qua Huysmans introduce alcune scene al limite tra il macabro e il feticismo malato, con la donna che seduce il protagonista constringendolo a un rapporto blasfemo e che porterà lo stesso a prenderne le distanze nei successivi giorni. Vi è poi la famosa descrizione della messa nera che però non produce effetti ultraterreni, se non quello di sconfinare in un'allucinata orgia di sesso e di bestemmie.

La condanna e la presa di distanza dal satanismo non è mai in discussione nel corso della lettura, poiché come successo a Gilles de Rais e a tutti coloro che si vendono al demonio (si vedano i personaggi della messa nera come sono caratterizzati) non può che esserci perdizione. "Il maligno inganna tutti coloro che si danno a lui o in lui confidono". Ne emerge la figura di un leviatano che disprezza i suoi stessi adepti e che li conduce alla decadenza, perché il demonio è un nemico dell'uomo. Un'immagine che, contrariamente all'impostazione data al testo e a certe frasi in grado di suscitare un'infinita polemica, dovebbre essere in sintonia con gli insegnamenti cattolici, per di più che arriva la condanna a ogni forma di magia, ammettendo comuque l'esistenza del soprannaturale ("negarlo è sguazzare nel truogolo del materialismo, nella risciacquatura dei liberi pensatori"), in quanto la medesima si estrinsecherebbe sempre per mano demoniaca.

Ed ecco che si arriva al vero amore dell'autore, la dichiarazione votata alla letteratura che ha il solo scopo di salvare chi se ne occupa dal disgusto di vivere e di alleggerire la pena di quei pochi che ancora amano l'arte. Un numero che va diminuendo sempre più. La nuova generazione non si interessa che ai giochi d'azzardo e alle corse dei cavalli. Oggi gli uomini non leggono più, sono le donne di mondo che comprano libri e ne determinano il successo o il fiasco. E così è alla dama, come la chiamava Schopenhauer, o all'oca, come la definirei io, che dobbiamo quell'infornata di romanzi tiepidi e mucillagginosi di cui possiamo proprio andar fieri! Per l'avvenire si sta preparando davvero una bella letteratura, poiché, per piacere alle donne, bisogna naturalmente esporre, in uno stile semplificato, idee predigerite e sempre stagionate. I rari artisti rimasti non devono più preoccuparsi del pubblico; vivono lontani dai salotti, lontano dal codazzo dei titolari di sartorie letterarie alla moda e il solo dispetto che possono onestamente provare è di vedere la propria opera, dopo la stampa, esposta alla degradante curiosità della folla! L'arte dovrebbe essere come la donna amata, fuori portata, aerea, lontana... giacché solo con la preghiera si può avere un'eiaculazione dello spirito veramente pura!" Cosa vi leggete in tutto questo se non una condanna dell'editoria contemporanea, votata a fare cassa piuttosto che a favorire l'arte? E' in questo che si cela la vera natura del romanzo, aspetto che però viene quasi del tutto ignorato da certe critiche che si fanno prendere dalla componente esoterica/occulta che è marginale alle vere intenzioni dell'autore che vuol invece condannare il suo mondo, troppo "idiota" per andare oltre le apparenze e troppo ozioso per porsi le domande giuste ("il popolo invece di migliorare, con l'andar dei secoli peggiora sempre più, scende sempre più in basso, diventa più stupido"). "L'ignomia di questi tempi può essere cancellata solo dall'intervento di un Dio, poiché non saranno certo il socialismo e le altre illusioni di operai ignari e pieno d'astio a modificare la natura degli esseri e a riformare i popoli. Sono cose di là dalle forze umane..."

Un pessimismo davvero marcato che però non è stato sconfessato dal decorrere di oltre un secolo, basti vedere il mondo odierno. La conclusione del romanzo costituisce la natura dello sforzo di Huysmans che ormai ha perso ogni speranza "collettiva" per poter destare la società dall'atteggiamento dormiente che la caratterizza, non resta che rifugiarsi in uno studio personale, di lì a poco si convertirà al cattolicesimo, in una lotta per acquisire quei valori necessari alla scalata del paradiso. "Questo secolo se ne infischia del Cristo glorioso, insozza il soprannaturale e sull'aldilà ci sputa. Come dunque sperare nel futuro, come immaginare che saranno puliti i marmocchi partoriti dai fetidi borghesi di questo lercio tempo? Allevati come sono, mi domando che cosa potranno mai fare nella vita? Si riempiranno la pancia ed evacueranno l'anima attraverso il ventre." Un epilogo che lancia Huysmans nell'olimpo dei più grandi scrittori, anche se il suo Laggiù, nell'Abisso è più un saggio, non tanto sul satanismo, ma sul declino della società occidentale ormai entrata da tempo in quello che gli orientali chiamano il kali yuga.

Grandissimo romanzo dunque adatto però a un pubblico di nicchia e da leggere oltre le mere apparenze, quale condanna della società moderna e spunto per gettare nuove basi di sviluppo contro l'arroganza di chi tesse i fili del gioco (che non è il diavolo, bensì l'uomo assetato di potere e di denaro).

  HUYSMANS nel famoso dipinto di Raffaelli.

"Solamente i santi, gli scellerati e i folli sono persone interessanti da conoscere: i soli con cui possa valere la pena di conversare. Le persone di buon senso sono tutte nullità che ripetono l'eterna solfa d'una vita banale: sono folla, più o meno intelligente, ma folla, e non le posso sopportare!"

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