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lunedì 21 aprile 2014

BRUNO MATTEI: Intervista a Pier Paolo Dainelli




Nelle foto di cui sopra, rispettivamente dall'alto in basso, Bruno MATTEI e il sottoscritto in compagnia del volume L'ULTIMO ARTIGIANO di Gordiano Lupi e Ivo Gazzarrini (sceneggiatore del regista Ivan Zuccon), a cui ho partecipato come coautore per la sezione western.

Testo e domande a cura di Matteo Mancini.
Ho di nuovo l'estremo piacere di ospitare sulla pagine del mio blog l'amico nonché grande esperto di B-Movie Pier Paolo Dainelli. Sono ormai passati quattro anni dalla bella intervista che mi rilasciò su Jess Franco ed è dunque arrivato il momento di bissarla con un regista molto vicino al regista spagnolo, sia per avervi collaborato a inizio carriera sia per molteplici similitudini nel percorso cinematografico. Inoltre l'occasione si rende quanto mai ghiotta dovendo io stesso parlare, al fianco di Antonio Tentori, Federico Frusciante e Ivo Gazzarrini, di questo regista nel prossimo Festival FI-PI-LI che si terrà in via Terreni, a Livorno, il 25 aprile p.v. Sto parlando ovviamente di BRUNO MATTEI.
Mattei ha molti punti in comune con Franco, soprattutto per la capacità di girare in tempi stretti film di genere a basso budget, spesso con inserti erotici spinti e forte uso dello splatter tanto da andare incontro a sequestri giudiziari e censure più o meno marcate. La caratteristica specifica di Mattei, tuttavia, è quella di cercare sempre di fare film di imitazione rifacendosi, a volte pedissequamente, ai capolavori commerciali hollywoodiani dei vari periodi storici. Lasciamo però che sia Pier Paolo a parlarci di questo ultimo artigiano del cinema di genere nostrano dei tempi che fu.

M.M.: Pier Paolo, innanzi tutto ti saluto e ti ringrazio per aver accettato questa intervista. Prima di iniziare con le domande sulla carriera di Mattei, sapendo che l'hai conosciuto di persona, puoi dirci qualcosa su di lui che ti ha colpito, magari un aneddoto sul vostro incontro, un profilo sull'uomo e sul regista?

P.D.:  Conservo un ricordo di Mattei davvero molto bello. Dal momento che ci siamo conosciuti non ci siamo mai mollati per quasi due giorni. Bruno era un fiume di parole. Ricordi e aneddoti si susseguivano senza posa in una narrazione sempre brillante e piena d'ironia. Ancora oggi, a distanza di anni, su tutto domina il ricordo della sua modestia, quella modestia che è tipica dei grandi. I lavoratori del cinema, quelli veri, non hanno bisogno di parlare del loro lavoro tracciando improbabili agiografie. Per Bruno ogni ricordo era qualcosa di divertente e per ogni film di cui mi parlava, ne ricordava sempre la storia produttiva, profitti o perdite che fossero. Ed è probabilmente per questa sua attenzione al lato “alimentare” che la carriera di Mattei è durata così tanto, passando dal dipartimento del sonoro, al montaggio, al direttore di doppiaggio e alla regia. Rimasi sorpreso quando scoprii che Bruno Mattei era stato il direttore del doppiaggio di Jeeg robot d'acciaio!!!


M.M.: Non viene spesso ricordato a dovere, ma Mattei, come molti suoi colleghi, viene dalla gavetta. Ha fatto il montatore e inoltre ha curato la versione italiana di molte pellicole provenienti dall'oriente, dagli Stati Uniti e da mezza Europa come il western erotico belga Les Aventures Galantes de Zorro (1972) di Gilbert Russel e il greco Armida, il Dramma di una Sposa (1969) che molti gli attribuiscono anche come regia.

P.D: Bruno per anni ha lavorato presso l'ufficio edizioni della FILMAR curando la versione italiana di film come “Le Cinque Chiavi del Terrore”, “Il Diabolico Dottor Satana” di Jess Franco, “La Vendetta del Vampiro” e moltissimi altri. Per quanto riguarda “Armida”, secondo quanto dichiarato da Mattei in più di un'intervista, la regia è la sua e rappresenta anche il suo debutto dietro la macchina da presa. In realtà è il film "Emanuelle e Francoise - le Sorelline" a essere il remake di un film greco che secondo Mattei in Italia non avrebbe ottenuto il visto di censura. Mattei e Massaccesi si divisero i compiti: Mattei diresse il primo tempo, Massaccesi il secondo. Per quanto riguarda i film di kung-fu, un aneddoto che mi colpì molto è che siccome da Hong Kong arrivavano tradotti in inglese solo i dialoghi dei film, i nomi degli attori in cinese venivano inventati di sana pianta per la translitterazione in caratteri occidentali, creando non pochi problemi ai futuri studiosi del genere. Notevole fu il lavoro di montaggio per i film di Jess Franco. La versione italiana de "Il Conte Dracula" è sicuramente la più efficace per l'uso delle musiche tra tutte quelle approntate nei vari paesi in cui fu distribuito. Mattei mi raccontò che per questo film collaborò a stretto contatto con il geniale compositore Bruno Nicolai e quindi la versione italiana de "Il Conte Dracula" è quella che ne rispecchia al meglio le intenzioni. Mattei tra l'altro si è distinto per aver tagliato nella versione italiana il finale di “Paroxismus”. Quando gli chiesi perché, lui candidamente mi rispose:”Non mi piaceva!”.


M.M.: Hai ricordato, poco sopra, le collaborazioni con Jess Franco. Non è curioso leggere dalla rivista Notturno certe dichiarazioni di Mattei il quale afferma: “Franco era un pazzo. Le cose più brutte sono gli pseudo fantascientifici, come Frankenstein contro l'Uomo Lupo”, ma i film con Lina Romay sono ancora peggiori"...? Qualche maligno delle nostre parti non potrebbe sussurrare: guarda che roba... della serie “cencio dice male di straccio”?

P.D.: In realtà quando Mattei mi parlò di Franco ne sottolineò la personalità sicuramente eccentrica ma evidenziando anche le geniali peculiarità cinematografiche. Inoltre Mattei esprimeva giudizi severi prima su di sé e poi sugli altri. Franco è sicuramente più autore ma Mattei è stato certamente uno dei più scaltri montatori di tutta la settima arte. A chi mai sarebbe mai venuto in mente di cucire insieme tre telefilm della serie UFO e uscire nei cinema incassando un miliardo (dell'epoca!)? A lui comunque dettero solo i soldi per le sigarette..


M.M.: Se il primo film che ti ha fatto conoscere Jess Franco aveva come protagonista Sumuru, personaggio femminile nato dalla penna dell'anglo-irlandese Sax Rohmer, da cui Franco trasse anche la sua serie dedicata a Fu Manchu, qual'è il primo film che ricordi di aver visto di Bruno Mattei e che effetto ti fece la visione?

P.D.: Lo ricordo come fosse ora.. Ero in un negozio di videoregistratori (siamo nel 1986 ed erano la moda del momento) e i commessi stavano facendo delle prove con la videocassetta di "Virus". Rimasi talmente colpito dalle poche scene viste che noleggiai subito la vhs. Fu amore a prima vista! Solo dopo qualche ricerca (internet non esisteva) scoprii il nome del vero regista e iniziai a dare la caccia a tutti i suoi film nei videonoleggi. Poco dopo riuscii a vedere al cinema "L'Altro Inferno" e "Rats Notte di Terrore". Tutti film che amo moltissimo e che dimostrano una conoscenza delle dinamiche cinematografiche, secondo me, non comuni. L'inizio di "Virus" con l'incidente al modulo Antares, il monologo allucinato di Paola Montenero ne "L'Altro Inferno" e il ritrovamento del messaggio videoregistrato in "Rats" sono momenti realmente efficaci. Per non parlare del finale di Rats con il quale, citandolo in chiusura nel tema per l'esame di maturità, presi uno dei voti più alti di tutta la scuola. Quando lo raccontai a Bruno, rise a crepapelle..


M.M.: Venendo ad affrontare la carriera registica di Mattei, facciamo subito la conoscenza di un altro regista assimilabile al duo Franco-Mattei: Joe D'Amato, il quale lancerà Mattei alla regia. Anticipo inoltre che la carriera di Bruno Mattei, seppur indirettamente grazie alla stretta collaborazione che stringerà nei primi anni '80 con Claudio Fragasso, andrà a intrecciarsi con quella di un quarto regista che, a mio avviso, ha una fortissima connessione, per sviluppo della carriera e tematiche cinematografiche affrontate, con i quattro sopracitati, mi riferisco a Mario Bianchi.
A tuo avviso, che differenze ci sono tra i vari Franco, Mattei, D'Amato, Bianchi e Fragasso, tutti registi assai longevi, costretti a lavorare con budget miseri e appassionati di horror e di erotismo, con incursioni, più o meno volute, nel porno?
Non trovi, a esempio, che Jess Franco e Joe D'Amato fossero molto più portati all'erotico rispetto a Bruno Mattei?

P.D.: Farei subito un distinguo a parer mio fondamentale. Mattei, a differenza di tutti gli altri, era un montatore. Chi si occupa di montaggio conosce perfettamente i meccanismi basilari della narrazione cinematografica: gli stacchi. Regole semplici come l'anticipazione del taglio del fotogramma che però sono la base affinché tutta la macchina cinema funzioni. Mattei mi parlava di schemi da seguire nella costruzione della narrazione e di tempi, tutte attenzioni che sono più di un montatore che di un regista. Non per nulla i migliori risultati li ha ottenuti in collaborazione con Fragasso, regista dotato di una gran tecnica, ma sicuramente meno legato a certi schemi. D'Amato era un autore, pur rifiutando di esserlo e sicuramente a modo suo, ma soprattutto era uno strepitoso direttore della fotografia, tra i migliori che abbiamo mai avuto in Italia. Per tutti però vale una considerazione: spinti dalla necessità di lavorare con mezzi e tempi limitati dovevano sfruttare al massimo il loro ingegno per riuscire a confezionare prodotti in grado di essere competitivi sul mercato. E se a distanza di decenni siamo ancora qui a parlarne, qualcosa hanno sicuramente lasciato. Riguardo a Bianchi l'ho sempre considerato un onesto artigiano. Riguardo all'attitudine di Mattei per l'erotico, penso che il confronto sia impari. Franco ha dalla sua una poetica originalissima legata a questo genere mentre Massaccesi poteva contare sulla sua straordinaria abilità fotografica.


M.M.: Il primo film di un certo interesse girato da Mattei, anche se c'è chi afferma che lo abbia diretto Joe D'Amato, è il delirante Emanuelle e Francoise le Sorelline (1975). Sono gli anni de L'Ultima Casa a Sinistra (1972) di Wes Craven e Mattei confeziona una sorta di rape & revenge per interposta persona tra i più sadici e perversi mai visti. Che ci dici al riguardo e come lo presenteresti se tu dovessi lanciarlo nella tua serie “I B-Movie di Tvr”?

P.D.: "Emanuelle e Francoise le Sorelline" ha due anime, quella più malinconica e trasognata del primo tempo e quella decisamente più estrema e al limite, del secondo tempo. Stando a quanto mi raccontò Mattei la spiegazione è che lui diresse il primo tempo e D'Amato/Massaccesi il secondo. Dovessi presentarlo, anche se reputo difficoltoso un suo passaggio in Tv, punterei sicuramente l'attenzione sulla disperazione che permea tutto il film, sul beffardo destino che spetta al protagonista trasformato da carnefice a vittima. In definitiva un film davvero triste con un inizio che senza utilizzare immagini forti riesce a essere crudele quanto la parte centrale, dove quello che appare sullo schermo si spinge davvero al limite.


M.M.: Dopo un debutto interessante, seppur spinto agli eccessi, Bruno Mattei si dedica all'erotismo perverso. In quattro anni, tra il 1976 e il 1980, gira una decina di pellicole, molte delle quali dei falsi mondo movie con Laura Gemser, oltre a far debuttare Cicciolina in un erotico puro e affrontare un genere a te caro: il nazi-erotico, con due titoli violentissimi, considerati dei cult del genere. Che ci dici di questo periodo e puoi spendere due parole di introduzione, per i non addetti, sul mondo movie e sul nazi-erotico?

P.D.: I mondo movie devono la loro definizione al primo grande successo che definì il genere, "Mondo Cane" (1962) di Gualtiero Jacopetti. Si tratta di film in cui si gira il mondo alla scoperta di eventi e spettacoli raccapriccianti, in grado di colpire allo stomaco gli spettatori anche partendo dal pretesto che tutto quanto è mostrato è vero. Il nazi-erotico, definizione coniata da un addetto del ministero dello spettacolo o come meglio definito da Davide Pulici, Erosvastica, è quel genere che, prendendo a pretesto la denuncia di quanto avveniva nei campi di sterminio nazisti durante la seconda guerra mondiale, mostrava orrori di ogni tipo conditi con abbondanti dosi di sesso. Considerato uno dei generi più infami di tutta la settima arte, c'è da sottolineare che spesso quello che risalta e che ne diluisce gli eccessi è l'aspetto fumettistico. Il genere nacque anche in questo caso sulla scia del successo di altri film: il canadese "Camp 7" e "Salon Kitty" di Brass. Mattei frequentò entrambi i generi. I mondo movie furono per Bruno quasi una conseguenza naturale del suo ruolo di montatore, dato che questo filone era per la stragrande maggioranza formato da materiale di repertorio da assemblare in sala di montaggio, magari collegandolo con parti girate ad hoc. Bruno ricordava divertito che su un giornale era uscito un articolo che diceva che "Le Notti Porno nel Mondo" era stato girato senza allontanarsi dal quartiere di Roma del Tiburtino Terzo. Riguardo agli erosvastica, Mattei mi disse che lo sbaglio del suo "Kz9 Lager di Sterminio" fu proprio quello di affrontare l'argomento "seriamente", abbandonando l'aspetto fumettistico. Questa scelta fu duramente punita in sede di censura con la bocciatura del film. L'altro erosvastica di Mattei, "Casa Privata per le SS", è molto più blando anche se non privo di analisi interessanti.


M.M.: Nel 1980 Bruno Mattei gira in contemporanea due film molto diversi tra loro, sfruttando le medesime location e andando a toccare il tonaca movie. Probabilmente sono i migliori film della prima decade di carriera del regista: La Vera Storia della Monaca di Monza e L'Altro Inferno. Nel primo, inoltre, si può ammirare come protagonista una gradita conoscenza del cinema bis italiano: Zora Kerova. Che puoi dirci?

P.D.: La procedura del back to back, ovvero dei due film girati contemporaneamente, era tipica del peplum degli anni sessanta (dove il secondo film veniva definito di "recupero") e Mattei, in stretta collaborazione con Fragasso (tanto da poterlo considerare un co-regista), gira due film di assoluto interesse che condividono in parte lo stesso cast. A tal proposito è doveroso ricordare la recentemente scomparsa Franca Stoppi, attrice dotata di notevoli capacità espressive. "L'Altro Inferno" è davvero un'opera singolare che propone un mix di elementi provenienti da tutti gli horror di maggior successo degli anni settanta. Il tutto è confezionato con una disinvoltura davvero incredibile ma proprio questo compendio di tanti spunti provenienti da film diversi, rendono la visione de “L'Altro Inferno” difficilmente dimenticabile.


M.M.: Il 1980 è anche l'anno di uscita di quello che è il maggior successo commerciale di Mattei: Virus. Una pellicola non priva di difetti, ma che è tutt'oggi ricordata e apprezzata da registi come Quentin Tarantino. Quale è secondo te il motivo di tanto interesse?

P.D.: Mentre Romero nei suoi film ha sempre volutamente tralasciato il motivo per cui i morti tornano in vita, Mattei e Fragasso ce lo spiegano e la motivazione che ci forniscono è un delirio da film culturalmente impegnato, abilmente contaminato con le più azzardate teorie complottistiche: per risolvere il problema della fame nel mondo, quale miglior trovata che creare un virus che spinga la gente a divorarsi a vicenda?
Visivamente notevole è l'immensa centrale immersa nel niente, popolata dai morti viventi. La paura ancestrale del cannibalismo portata in un contesto altamente tecnologico è sicuramente una trovata funzionale. Altro punto a favore del film è l'interpretazione decisamente sopra le righe di Franco Garofalo che apporta momenti ironici davvero riusciti che oltretutto mettono alla berlina l'intero genere, tanto che a uno zombi che tenta di azzannarlo, rivolge la domanda:"Preferisci l'ala o la coscia?
Altro elemento che contraddistingue “Virus” è lo splatter, qui davvero esasperato, eccessivo e abbondante, senza dimenticare l'utilizzo delle stesse musiche dei Goblin che già tanto avevano contribuito alla riuscita della versione di "Zombi" rimontata da Argento.

M.M.: Dopo aver toccato un po' tutti i generi legati all'erotismo malato, Mattei non può esimersi dal trattare anche il c.d. Women in Prison dirigendo due pellicole gemelle violentissime e sanguinolenti che ripropongono la bella Laura Gemser protagonista. 
Se in occasione di Franco avevamo speso due parole su Soledad Miranda, questa mi pare l'occasione per parlare di quest'altra regina del cinema bis, legata soprattutto a Joe D'Amato ma che io ricordo sempre, anche in vesti caste ne I Due Superpiedi quasi Piatti, al fianco di Terence Hill... che ci dici? Hai qualche aneddoto da regalarci?

P.D.: Laura Gemser viene sempre ricordata da tutti come una persona squisita che, nei momenti in cui aspettava la preparazione delle scene, se ne stava tranquillamente in disparte. Nonostante le parti da eroina del sesso che ha sempre portato sullo schermo, la sua vita privata è sempre stata dominata da un assoluto amore per il suo compagno, l'attore Gabriele Tinti. Non per niente dopo la scomparsa di Tinti, la Gemser ha diradato drasticamente la sua attività fino a ritirarsi dalle scene. Joe D'Amato aveva una vera e propria ammirazione per questa attrice e pur di averla con sé durante le lavorazioni dei suoi film, le affidava l'incarico di costumista. Da ricordare che la Gemser fu scelta come protagonista di "Emanuelle Nera" di Albertini, dopo che era stata notata in una piccola parte nella serie originale di Emmanuelle.


M.M.: Dopo il tentativo di rinverdire il peplum con un trio di pellicole di livello inferiore due delle quali con riferimenti al cinema di Brass e di Borowczyk, Mattei gira quello che so essere un tuo cult personale (e che io espongo in DVD originale nella mia videoteca): Rats, Notti di Terrore, con il grande Ottaviano Dell'Acqua per una volta protagonista. Come lo presenteresti questo film e cosa hai da dirci al riguardo?

P.D.: Ricordo ancora i manifesti di "Rats" che, a rotazione, fecero il giro di tutti i cinema della provincia di Firenze, fu l'ultima volta che vidi cartelloni di una produzione italiana di genere esposti... Si tratta quindi di un film che davvero segna la fine di un'epoca. Successivamente le produzioni italiane di genere si sposteranno in blocco nelle Filippine alla ricerca di costi più bassi, seguendo le orme del precursore Margheriti. "Rats" parte da un'idea di Mattei decisamente originale: rielaborare "La Notte dei Morti Viventi" sostituendo gli zombi con i ratti, proiettando inoltre il tutto tra qualche migliaia di anni. Il risultato, nonostante i tempi e i mezzi limitati, è notevole, l'atmosfera di minaccia che permea tutto la vicenda è palpabile e il finale sfodera una trovata talmente allucinante da valere tutto il film. Inoltre “Rats” evidenzia un valore produttivo superiore al solito perché a Mattei fu permesso di girare sui set ancora in piedi utilizzati da Sergio Leone per il suo "C'era una Volta in America". I topi, invece, non erano altro che cavie immerse nella tinta nera. Mattei rideva come un matto quando raccontava che quelle cavie avevano formato delle colonie che ancora infestano gli stabilimenti della De Paolis dove il film fu girato.


M.M.: Abbiamo detto che Mattei era un abile sfruttatore delle mode del momento, ma è anche vero che ha cercato di ridare linfa a generi morti. Già abbiamo detto del peplum, ma a metà anni '80, spinto dal produttore Di Girolamo, fa ancora di più andando a girare due western a genere ormai morto. A mio avviso, però, Bianco Apache e Scalps sono i due film più quadrati dell'intera opera matteiana legati soprattutto alle tematiche revisioniste lanciate negli anni '70 da Soldato Blu. Anche se non credo che tu sia un patito di western, li hai visti?

P.D.: I western di Mattei sono un qualcosa fuori tempo massimo, come se qualcuno li avesse tirati fuori da un congelatore. L'unico aspetto che li lega al periodo in cui sono stati effettivamente girati sono le scene splatter che nei western fanno un certo effetto. Per il resto li trovo due film effettivamente risolti in modo compiuto.


M.M.: Dopo la parentesi western e l'imminente crisi del nostro cinema di genere, Mattei si sposta nelle Filippine dove, a fine anni '80, gira una serie di rambo movie a mio avviso difficilmente salvabili e con protagonisti muscolari pessimi, a cui aggiunge copie spudorate di famose pellicole hollywodiane come l'invedibile Robowar con un alieno killer che sembra uscito dal film Il Replicante. Tornato in Italia gira a Latina e a Venezia quello che, forse, è il suo peggior horror: Terminator II – Shocking Dark che nonostante il titolo è la copia spudorata di Aliens. Cosa si salva di questo nutrito gruppo di pellicole, secondo te? C'è qualche film che ti sentiresti di consigliare.

P.D.: Mi sono sempre divertito a guardare questi titoli con una formula: guardiamo come si possono rifare a costo vicino allo zero film dal budget milionario come Terminator o Alien! E il cinema fatto così diventa quasi una specie di gioco che personalmente mi affascina. "Shocking Dark", per esempio, ha dalla sua uno dei migliori lavori di direzione della fotografia (opera di Riccardo Grassetti) che sia mai stato fatto in un film di Mattei. Non dimentichiamoci mai che questi film si trovano distribuiti in DVD in giro per il mondo, andate a cercare i film italiani di oggi e venite a dirmi cosa trovate..


M.M.: Credo meriti una domanda a parte il film Zombi 3 che Mattei ultimò insieme a Fragasso subentrando in corso di lavorazione a Fulci. Tutti parlano malissimo di questa pellicola, a mio avviso invece, se la si considera nel lotto dei film di Mattei, non è affatto la peggiore, ma si assesta subito dietro le più riuscite. Ha un buon ritmo, un bel prologo e ci sono sequenze degne di nota, come gli zombi che avanzano nell'acqua, che anticipano certe sequenze romeriane. Sei anche te tra i disfattisti o la poni subito dietro a Virus e Rats, parlando degli horror di Mattei?

P.D.: Amo follemente Zombi 3. E le parti che amo di più di questo film sono proprio quelle dirette da Mattei e Fragasso. Fulci, per questo tipo di produzioni, aveva un approccio troppo autoriale e inoltre in quel periodo soffriva di gravi problemi di salute. Trovo riuscitissimo il lavoro di montaggio nella sequenza di apertura, quando l'elicottero insegue il fuggitivo con la valigetta contenente il Death One. E come dimenticare l'arrivo dei soldati all'albergo, in una sequenza dal ritmo serrato accompagnata dalle belle musiche di Stefano Mainetti. In definitiva un horror d'azione dal ritmo sostenuto e impreziosito dal tocco macabro di Fulci che si nota in molte sequenze, prima fra tutte quella della piscina.


M.M.: Con l'arrivo degli anni '90, Mattei interrompe la collaborazione con Fragasso. Lo storico collaboratore passa a dirigere una serie di horror, a mio avviso inguardabili, il nostro invece entra in quello che è il suo peggior momento della carriera. Tra il 1990 e il 2002, gira una dozzina di pellicole un po' thriller e un po' erotiche stile Nove settimane e 1/2, usando spesso come attore protagonista Antonio Zequila (conosciuto dal grande pubblico come “er mutanda” de L'isola dei famosi). Ti confesso di conoscere poco questa fase, c'è anche un ulteriore copia spudorata come il monster movie Cruel Jaws, ma non credo ci siano film da salvare. Che ci dici, ne hai visto qualcuno degno di nota?

P.D.: A parte "Cruel Jaws" che è più un lavoro di rimontaggio fatto a spese de "L'Ultimo Squalo" di Castellari, tutto il resto fa parte della serie di pellicole realizzate per Ninì Grassia e anche se l'aspetto predominante dovrebbe essere l'erotico, in più di un'occasione ecco che spunta il giallo con connotazioni horror, come ne "Gli Occhi Dentro".


M.M.: Nel nuovo secolo, seguendo Jess Franco nella scelta di optare per il digitale, Mattei torna al suo genere di elezione: l'horror. Quest'ultimo periodo, forse, è il più interessante del regista, quanto meno per l'impegno e il tentativo di rilanciare generi ormai morti. Supportato da Gianni Paolucci, prima di girare un trio di erotici di bassa lega, confeziona per il mercato homevideo l'ennesimo film di imitazione a immagine e somiglianza dei film in voga all'epoca (Snuff Killer), ma soprattutto due cannibal movie nella giungla filippina e uno tra gli horror più originali della produzione matteiana: La Tomba. Doppiaggi pedestri e interpretazioni ai limiti dell'amatorialità penalizzano fortemente queste pellicole, ma è indubbia la passione di Mattei. Le hai viste e che ne pensi?

P.D.: Intanto parliamo del fatto che "Belle da Morire" diventò un successo nel mondo dell'home video tanto da generare anche un sequel e che questo risultato spinse Mattei a tentare anche la carta di generi un po' meno facili. Bruno mi disse che queste produzioni erano realizzate con ritmi velocissimi, tanto che piazzava la macchina in mezzo alla giungla e semplicemente girandola da una parte e dall'altra, filmava tutti i primi piani del film. Senza contare i furti: solo ne "La Tomba" ci sono parecchie scene prese di peso da "L'Armata delle Tenebre"di Sam Raimi. Inoltre in questa fase della sua carriera Mattei aveva rinunciato a montarsi personalmente i suoi film e purtroppo si nota.


M.M.: La fiducia di Paolucci e l'arrivo di un collaboratore come Antonio Tentori, a mio avviso il migliore tra quelli avuti in tutta la carriera da Mattei, permettono al nostro di girare tre tra i suoi migliori lavori in assoluto. Per un bizzarro gioco del destino sono le sue ultime tre opere peraltro neppure tradotte in italiano, davvero una mancanza imperdonabile. Mi riferisco al women in prison The Jail e ai due zombie movie girati nelle filippine. Cosa ne pensi?

P.D.: Conobbi Mattei proprio nella fase precedente la realizzazione di questi film e lui ne parlava con entusiasmo. In effetti il recupero dei generi, fatto con l'aiuto di uno storico del cinema come Tentori, poteva essere una grande occasione. Purtroppo non molto tempo dopo, Mattei è morto. I film che rimangono non fanno altro che testimoniare quello che Bruno ha dimostrato durante tutta la sua carriera: l'abilità non comune di realizzare pellicole proponibili sul mercato internazionale, prodotte con costi irrisori. Una qualità sicuramente derivante dalla capacità di girare solo l'essenziale per il funzionamento di una sequenza, sfruttando la sua grande abilità di montatore.


M.M.: Abbiamo parlato di Paolucci e di Tentori, non posso quindi non chiederti, visto il coinvolgimento di entrambi i nomi, cosa ne pensi di Dracula 3D, ultimo horror di Dario Argento. Non è curioso notare come un regista del calibro di Argento sia finito per andare a sostituire un artigiano come Mattei, prendendone di fatto il posto seppur con un budget superiore?

P.D.: In effetti questo è successo, ma Argento, uno dei più grandi talenti del nostro cinema, non è sicuramente abituato a certi metodi di lavoro, così come si sarebbe trovato spaesato Mattei a girare il suo "Shocking Dark" con il budget di Aliens.


M.M.: Un'ultima domanda sugli alias utilizzati da Mattei. Sappiamo che molti registi italiani si nascondevano dietro nomi anglofoni o comunque stranieri. Eppure Mattei, come anche Jess Franco, sebbene sia conosciuto soprattutto come Vincent Dawn, Werner Knox o Jordan B. Matthews, sfodera una lista di nomi che sfiora le venti unità. Perché una simile scelta, secondo te?

P.D.: Secondo me a tutti noi sfugge sempre qualcosa che non ci fa comprendere completamente figure come quelle di Mattei o Franco. Questa era gente che non faceva cinema alla ricerca del capolavoro così come certa critica sembra interpretare esclusivamente la settima arte, questa era gente che col cinema ci viveva... e quando si lavora per vivere e non solo per fare arte, non si sta a valutare tutti i progetti per la loro qualità, magari si accettano incarichi solo per il compenso. Anche la Storia dell'Arte è piena di pittori che firmavano con pseudonimi i lavori su commissione.


M.M.: Chiusura d'obbligo con una domanda sul futuro di Pier Paolo Dainelli e dei B-Movie. Ci sono novità in arrivo? Progetti per il futuro?

P.D.: Nonostante il mio grande amore nei confronti della TV regionale come laboratorio per esperimenti meno legati all'auditel o agli sponsor, non posso fare a meno di sottolineare quanto le scelte scellerate del nostro paese sul piano tecnologico, con l'adozione di un sistema inadeguato e completamente superato come quello del digitale terrestre, abbiano messo in ginocchio le TV medio-piccole. I costi di adeguamento alla nuova tecnologia e la congiuntura economica hanno creato un clima di concorrenza forsennata che ha portato a un abbassamento dei listini pubblicitari e di conseguenza degli introiti. Tutto questo ha generato un circolo vizioso, dal quale non vedo uscita. Inoltre l'arrivo dell'on-demand ha reso in un istante obsoleto tutto l'armamentario della vecchia tv. Rimane una sola consolazione, tutti questi film sono entrati a far parte di quella sorta di enorme coscienza collettiva che è la rete. Rimarranno per questo sempre accessibili a chiunque vorrà avvicinarsi a un cinema delle capacità, delle idee e in definitiva dell'astuzia di giocare con gli spettatori, rendendoli partecipi di spettacoli che volevano arrivare al limite del mostrabile. O almeno così gli facevano credere..


Un saluto e un ringraziamento al grande Pier Paolo.

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