Autore: Thomas Owen.
Titolo Originale: Cérémonial Nocturne et Autres Contes Insolites.
Anno: 1966.
Genere: Horror.
Editore: Agenzia Alcatraz, 2021.
Pagine: 256.
Prezzo: 14.00 euro.
Commento a cura di Matteo Mancini.
Prosegue la galoppata dell'Agenzia Alcatraz nel
riproporre i grandi classici della collana Marabout Fantastique.
È la volta del belga Thomas Owen, nome d'arte di Gérald Bertot,
asso di punta del fantastico belga.
Scrittore versatile fin dall'adolescenza, prende le
mosse quale cronista e critico nel primo ventennio del secolo scorso,
collaborando con svariati quotidiani. Firma sotto lo pseudonimo
Stéphane Rey numerosi articoli di critica d'arte, fondando
addirittura alcune riviste per giovani lettori e una casa editrice.
Viaggiatore infatuato dal Mare del Nord, appassionato di soprannaturale e laureato in legge, dopo una breve e poco convinta carriera da avvocato si dedica a tirare avanti un'impresa di una certa importanza nel campo della lavorazione del grano. La sua vera passione, però, è la scrittura che affronta da ogni prospettiva. Compie il grande passo per ragioni economiche, quando,
nel 1941, lo scrittore di noir Stanislas-André Steeman lo convince a
darsi alla scrittura di romanzi polizieschi. Pubblica i suoi primi
due romanzi trincerato sotto lo pseudonimo Stéphane Rey, prima di
lasciarsi convincere dall'amico collega ad adottare uno pseudonimo
inglese. Sceglie così il nome Thomas Owen, mutuando il nome del
commissario protagonista del suo secondo romanzo (Ce Soir, 8
Heures). Debutta col nuovo pseudonimo nel 1942 dando alle stampe
il poliziesco Destination Inconnue da cui vira subito in
direzione del fantastico e del grandguignol, trovando la dimensione
di elezione nel racconto breve a sfondo macabro/fantastico. Una passione quest'ultima che lo
porta a stringere amicizia col connazionale e leggendario Jean Ray, con
cui entra in affari e da cui viene lodato in prefazioni e presentazioni. Nel 1943, con Les Chemins Entranges
(1943), esce la sua prima antologia seguita da La Cave
Aux Crapauds (1945). La consacrazione arriva grazie alla
collaborazione con la collana Marabout Fantastique che gli
permette, nei paesi di lingua francofona, di poter affiancare il proprio
nome a quello dei più grandi maestri del fantastico inglese. Sbarca nel 1963
sulle pagine dell'importante collezione belga con la riproposizione
dell'antologia La Cave Aux Crapauds (a cui viene accorpata
anche la precedente antologia Les Chemins Entranges) seguita
da Cérémonial Nocturne: et Autres Contes Insolites (1966) e
da altre quattro antologie (tra cui La Truie e Le Rat Kavar).
Pur se tradotto nelle più impensabili lingue (ebraico, arabo e indostano) e inserito tra i centoventi autori presentati nel volume Maestri della Letteratura Fantastica (da noi pubblicato nel 1983 dalle Edizioni Edipem), in Italia resta pressoché sconosciuto fino all'uscita
dell'antologia Le Dimore Inquietanti (1994) della Panozzo
Editore, preceduta dalla pubblicazione di un unico racconto (La Présence
Désolée) selezionato da La Cave Aux Crapauds per mano di
Gianfranco De Turris, nel lontanissimo 1964, e inserito nell'antologia
collettiva Interplanet Europa 5 delle Edizioni dell'Albero.
Solo di recente, grazie all'interessamento delle Edizioni Hypnos e
della Dagon Press (Rivista Zothique), che gli hanno tributato uno
speciale nelle rispettive riviste, sul nome Owen è iniziato a
circolare un grande interesse nel circuito degli incalliti
lettori di fantastico del bel paese.
Dotato di vita particolarmente longeva, Owen si è spento a
novantadue anni nel 2002 e la sua produzione è ancora tutta da scoprire per noi italiani.
ANALISI GENERALE
Sedici
fulminei racconti e una strana novella
scritti tra il 1952 e il 1966, questo è il contenuto di Cerimoniale
Notturno, seconda
antologia in assoluto a firma Thomas Owen comparsa in Italia
e prima per la sempre più apprezzata e corposa Bizarre
dell'Agenzia
Alcatraz. Il termine bizarre
è
forse quello che più si adatta per descrivere le storie di Owen.
Diciamo subito che, probabilmente, non si tratta della migliore
antologia pubblicata dal belga. Solo in alcuni casi si
toccano quelle vette di sense
of wonder che
possono rendere memorabile un racconto. Il
macabro/fantastico,
talvolta accompagnato da una cinica ironia se non da una vera e
propria satira che ricorda il Jonathan Swift de I
Viaggi di Gulliver,
la
fa da padrone,
ma lo fa, spesso e volentieri, dando mostra di sé - o suggerendo una
sua presenza allusiva - solo all'epilogo dei racconti. Il
soprannaturale, o comunque l'elemento
di disturbo, si insinua lentamente nella vita di tutti i giorni, a
poco a poco la modifica fino a distorcerla,
facendo di Owen un autore vicino a quella nuova corrente horror che
sarebbe poi esplosa con Matheson e successivamente con Stephen King.
A differenza di un Claude Seignolle, infatti, manca la componente del
folklore agreste e la predisposizione al gotico. La lunghezza delle
storie impedisce uno studio approfondito dei personaggi, portando
sovente l'autore a miscelare tra realtà e sogno a occhi aperti, così
da rendere evanescente la prima a beneficio del secondo che, non di
rado, si concretizza sovrapponendosi alla realtà stessa. Lo stile è
alleggerito da inutili orpelli e rende la lettura di
facile digestione collettiva. Da segnalare la presenza, a
introduzione di ogni racconto, di una citazione d'autore (Jean Ray,
Ambrose Bierce, Guy de Maupassant, Claude Seignolle e altri) non
sempre ben articolata alla storia che segue.
ANALISI NEL DETTAGLIO
Delle diciassette storie proposte solo un terzo può
definirsi di particolare valore, mentre le altre, pur assestandosi su
livelli apprezzabili, non riescono a rimanere impresse nel lungo
periodo.
Owen
gioca infatti su alcuni stilemi inflazionati, quali quelli del morto
che si presenta davanti ad alcuni conoscenti
- o comunque testimoni oculari - senza
che questi si rendano conto di avere a che fare con uno spirito.
Di questo gruppo di racconti il più riuscito è Le
Grand Amour de Madame Grimmer
(“Il Grande Amore della Signora Grimmer”), una ghost
story
piuttosto classica (dialogo tra un avvocato e una cliente che poi si
scoprirà esser già deceduta) ma ben caratterizzata nello studio dei
personaggi. Owen sposta l'attenzione dalla componente fantastica al
black
humor
giostrato sulle caratterizzazioni dei personaggi, in particolare
quella dell'avvocato Stieglitz, un soggetto tanto cinico e asettico
nei sentimenti da impressionarsi per la metamorfosi della poltrona
riservata ai clienti involuta da oggetto di lusso a vecchia e
consunta seduta dopo che vi è morto il marito della vecchia cliente
vista alcune settimane prima.
Similare,
ma orientato al grandguignol, è La
Fille de la Pluie (“La
Ragazza della Pioggia”) che vede, durante un giorno di intensa
pioggia, un passante svogliato e solitario fare un incontro per la
strada con una ragazza dalle mani insanguinate (e che ironizza sulla questione allineandosi, almeno a parole, alle convinzioni di Erszebet Bathory relative alle qualità rinfrescanti del sangue). Desideroso di portare
il proprio aiuto, l'uomo viene adescato dalla sconosciuta che lo
convince a seguirla verso una villa abbandonata. All'interno delle
mura della casa verrà a galla una terribile realtà consumatasi, ma lo
si scoprirà solo alla fine, anni prima. Interessanti le ultime
quattro righe della storia che potrebbero ribaltare il narrato
svestendolo dell'elemento fantastico per riconsegnarlo alla
dimensione reale. Owen suggerisce un ritorno sul luogo del delitto di
un uomo che ha cancellato l'evento dalla memoria (altrimenti non
avrebbe senso la domanda che l'uomo si pone, a fine racconto, chiedendosi dove fosse cinque
anni prima nel giorno del delitto), ma non in modo sufficiente da sfuggirne al richiamo. Da
notare i curiosi nomi dei due protagonisti che rimandano all'idea del
fantasma o comunque dell'inconsistenza corporea. I due si chiamano
infatti Doppelganger (doppio, sovente di immaginazione e maligno) e
Lamie (la lamia, nella mitologia greca, era un fantasma seduttore che
adescava giovani uomini per nutrirsi di sangue).
L'idea
del ritorno di un'ossessione dal passato
si ripete in molteplici racconti di Owen. È il caso di La
Soirée du Baron Swenbeck (“La
Serata del Barone Swenbeck”) e di Wohim
am Abend? (titolo
non tradotto in italiano e che significa “Dove Andare la Sera?).
Questo secondo racconto riprende l'idea della camminata solitaria in
mezzo ad un agglomerato urbano che muta continuamente forma alla maniera di Brazil di Terry Gilliam. Più allucinato e inquietante de La
Ragazza della Pioggia, Owen
si immerge del tutto nel fantastico, dando vita a un loop che tortura
il povero protagonista depositario, probabilmente, di una colpa e di
un rimorso da cui non riesce a liberarsi. Si realizza così un orrore
urbano che affonda le proprie radici in un oscuro passato di cui non
vengono definiti i contorni. L'orrore della guerra, rappresentato dai
rimandi alle divise grigie (forse naziste, visto che la storia è
ambientata a Brema), la sensazione di brain
storming
che pervade il protagonista, convinto di visitare luoghi in cui ha la
sensazione di esser già stato ma senza carpirne i dettagli
indispensabili a ricomporre un quadro che resta sfuggevole, e poi
lui... il diavolo, che si diverte a ricreare, in tempi e luoghi
diversi, sempre la stessa scena, alla maniera di uno strizzacervelli
sadico. Prende così piede la morte per emorragia interna della donna del
protagonista che si ripropone, per mezzo di altre donne
caratterizzate da un'inquietante somiglianza, quale corrispettivo di
un aiuto prestato durante la guerra dal demonio. Piccoli indizi in
qua e in là, volutamente incompleti al fine di rendere più
misterioso e spiazzante il racconto.
Il
passato torna a bussare come un macigno anche nel più convenzionale,
e a tratti edgarallanpoeniano,
La
Soirée du Baron Swenbeck, dove
un vecchio barone, seduto a una tavola imbandita e al cospetto dei
suoi tanti ospiti, è costretto a rivivere il suicidio del fratello
che torna a morire ogni anno tra le mura del castello. Solo il
tempestivo intervento di un ospite riuscirà a interrompere la serie
di suicidi, liberando il barone dalla maledizione a costo però della
morte improvvisa con un inspiegabile segno di cappio stretto al
collo.
Aderente
a questa tipologia di racconto è infine Elna 1940, una storia che funge da ideale sintesi tra La Fille de la Pluie e Wohim am Abend?. Si rinnova l'idea del passato della guerra (in questo caso la prima guerra mondiale) cucito su un'ambientazione ancorata ai fatti dell'occupazione del Belgio per mano dei nazisti. In questa cornice si muovono personaggi che ricordano quelli del racconto La Fille de la Pluie. Due soldati tedeschi trovano rifugio nella casa di proprietà di una giovane orfana concepita, in conseguenza di uno
stupro per mano di un soldato tedesco, durante la prima guerra
mondiale. Senza che la giovane lo sappia, uno dei due ospiti è
proprio quel soldato tedesco di cui ignora nome e fattezze.
Il finale, ancora una volta, sconvolge il senso del narrato e lascia
quasi suggerire che uno dei due soldati, in realtà, era solo uno
spirito. Questa conclusione è suffragata dalla presenza di un
cadavere decomposto e ridotto in scheletro, con vicino una divisa e
il documento, proprio nella stanza in cui è stato fatto ricoverare
la sera prima il più anziano dei due.
Diverso
dai precedenti cinque racconti, ma comunque ascrivibile al rango
delle ghost
story,
è Cérémonial
Nocturne (“Cerimoniale
Notturno”). Atipica storia che sembra scritta per spaventare gli
adolescenti al fine di farli obbedire agli ordini impartiti dai
genitori. Il tentativo di un neo maggiorenne di interrompere l'usanza
di avvertire i genitori al suo arrivo, dopo una scorribanda notturna,
viene impedito da un'oscura presenza incontrata sulle scale di casa.
L'ombra percorre in senso opposto le scale, sfiora con una mano
gelida il ragazzo e bussa alla porta del padre, così da rispettare
l'ordine che lo stesso aveva dato al figlio. Da quel giorno, il
protagonista non disubbidirà più agli inviti dei genitori.
Simpaticissimo
e veramente bizzarro è infine Le
Petit Fantome (“Il
Piccolo Fantasma”), una vera
e propria parodia del sottogenere.
È un Owen votato all'ilarità che gioca sull'immagine tradizionale
del fantasma fluttuante che si muove all'interno di un lenzuolo mosso
dal vento. Solo che qua a evocare lo spettro non è un omicidio
violento né l'intervento di un medium, ma l'adesione a una
Federazione Internazionale delle Associazioni Soprannaturali che si
impegna, su chiamata, a infestare magioni e castelli. La morte del
titolare del castello in questione, che poi si scoprirà essere una
villa trasandata, e la confidenza instaurata tra il fantasma e lo
scapestrato figlio di un chirurgo mandato all'interno della casa per
punizione a causa dei suoi continui scherzi porteranno alla decisione
della Federazione di revocare l'invio del fantasma. Insieme alla
lettera di spiegazioni arriverà anche quella del fantasma che
sfrutterà quanto appreso dalla piccola peste facendogli pervenire un
dissacrante biglietto di saluti che costerà al piccolo una nuova
punizione (il padre penserà infatti a uno scherzo dallo stesso
orchestrato).
Abbiamo
dunque analizzato sette
ghost story
(oltre 1/3 dell'opera) che costituiscono il collante di un'antologia
che sa però prendere anche altre vie. Tra queste vi è quella del
racconto macabro di impronta realistica. Owen inserisce infatti due
racconti molto diversi tra loro che non hanno nulla di fantastico.
Bagatelles
Douces (“Dolci
Sciocchezze”) è il più interessante e, al tempo stesso, più
insignificante. La storia, pur ben scritta, sembra un racconto di
narrativa rosa, con una vecchia allettata che cerca di mettere
assieme (costituendo una nuova coppia) il suo giovane ospite con una giovane e timida parente.
Piuttosto insignificante fino alla fine, il racconto si riscatta
nelle ultimissime righe, con un paio di dialoghi che suggeriscono
che la morte dell'anziana non è affatto un suicidio ma un vero e
proprio omicidio perpetrato dalla giovane parente, così da liberarsi
dalle pressioni della donna e non mettersi insieme col pupillo di
lei. “(La sua morte)
è una vera liberazione” è
la frase cardinale da sciogliere per comprendere il testo.
Grandguignolesco
e intriso di black
humor
è La
Passagère
(“La Passeggera”). Durante un autentico nubifragio, un
automobilista offre un passaggio a un'autostoppista che gli chiede di
condurla davanti a un dato palazzo. Il conducente, pur sorpreso dal
luogo desolato in cui ha caricato la donna, cerca di instaurare un
dialogo con la sconosciuta che gli rivela di essere una manicurista.
Scesa la donna e ritornato presso la propria abitazione, l'uomo scopre
che la sconosciuta ha lasciato sulla sua vettura una valigetta con gli
strumenti del mestiere... La sorpresa e il senso di disgusto
irrompono nelle ultime righe, all'apertura del bagaglio. Sembra il
prologo di un film di Dario Argento, poiché che la donna si occupi
di mani è l'unica certezza del caso... ma altre domande sorgono spontanee.
Abbastanza
nutrito è il gruppetto di racconti “demonologici”.
Tra di essi spicca il famoso Au
Cimetière de Bernkastel (“Al
Cimitero di Bernkastel”) in cui Thomas Owen rende
omaggio al “socio” Jean Ray, contribuendo a consolidare l'aura
del mito attorno a questo fantastico personaggio.
Ormai sessantenne, Ray, che è personaggio trainante del racconto,
viene
presentato come una sorta di avventuriero a caccia di storie
soprannaturali, impavido, profanatore di tombe maledette, abile
ipnotizzatore e caratterizzato da un alone di mistero che lo fa
muovere con circospezione e poca propensione alla chiacchiera,
acquisendo informazioni grazie alle indubbie doti manipolatorie.
“Molto
presto una rete di informazioni diaboliche sparirà con lui, con
grande danno di chiunque voglia conoscere meglio quel mondo
misterioso a cui siamo collegati a nostra insaputa e che l'ignoranza
ci impedisce di percepire.”Owen
riporta l'episodio secondo il quale Ray riuscì a entrare in un
recinto di tigri riuscendo a tenerle a bada con il suo aplomb. Qui,
alla stessa maniera, lo scrittore/avventuriero riesce a esorcizzare
una donna indemoniata e a scoprire la tomba di una vampiressa sepolta
in un cimitero tedesco. Più che il soggetto, a spiccare è la
caratterizzazione del protagonista, con Owen che cerca di
spacciare il tutto per una storia accaduta nella realtà.
Più
convincente è il folle La
Tentation de Saint Antoine che
propone il più spiazzante, folle e imprevedibile epilogo che
permette al “presunto” santo di liberarsi da una tentazione
satanica. Asserragliato in una grotta, il poveretto resiste a una
marcia di corpi putrefatti (forse appestatati), ma traballa al
cospetto di una donna nuda che gli si fa incontro invitandolo
all'accoppiamento. Antonio saprà liberarsi dalla tentazione in un
modo decisamente originale e tutt'altro che casto... La purezza
spirituale è salva (si noti l'ironia dissacrante di Owen e la sua
critica al pudico senso religioso).
Molto
buono è Un
Beau Petit Garçon (“Un
Bel Bambino”) che ricorda alcuni racconti di Arthur Machen. È un
tipico racconto demonologico che diviene atipico per la particolare
caratterizzazione del soggetto tentatore. Chi mai potrebbe essere più
innocuo di un bambino dall'incommensurabile bellezza che si relaziona
solo con altri bambini, fornendo loro caramelle e dolciumi? Ebbene,
diffidare sempre dalle apparenze. Owen sembra quasi alludere alla
forza corruttrice delle sostanze stupefacenti, dal momento che le
persone adescate dal misterioso bimbo, incapaci di comprendere il
gesto di vendere la propria anima, assumono condotte devianti che le
portano a macchiarsi di delitti atroci. La polizia e un gruppo di
studiosi di demonologia si metteranno a indagare sul caso, ma del
bambino satanico spariranno le tracce...
Molto
particolare è Les
Lectures Dangereuses (“Letture
Pericolose”) attraverso il quale Owen sembra sfruttare il tema
“grimori maledetti che inducono alla pazzia” per lasciare un monito teso a scongiurare il rischio
che la finzione letteraria si sovrapponga (nella mente del debole)
alla realtà e generi mostri. Un piccolo libro di ventidue pagine,
intitolato Vie
et Survie du Vampire,
diviene così portale di accesso e di fuga di strani personaggi che
rendono il testo vivo e capace di generare nuove pagine intrise di
dettagli in precedenza assenti, ma anche di liberare corpi pronti a
lasciar cadere la loro mannaia sullo stordito protagonista.
Confermata la caratterizzazione del grimorio indistruttibile e non
aggredibile dalle fiamme.
L'idea
della sovrapposizione tra finzione e realtà
viene proposta anche ne La
Dame de Saint-Petersbourg (La
Dama di San Pietroburgo). Erotismo allusivo, col sogno perverso di
una giovane donna che si trasforma in realtà grazie all'incontro con
un'elegante dama di San Pietroburgo (una seduttrice accalappia donne)
incontrata durante una camminata in pieno centro.
Mutation
(Mutazione) è la versione ribaltata che sta alla base del film di
Renato Pozzetto “Da
Grande”.
Qui Owen vede nell'unione matrimoniale la tomba dei sogni di
gioventù. Solo un ritorno al passato può portare quell'allegria e
spensieratezza che la vecchiaia ha spazzato via. Racconto dunque
disilluso e nostalgico, col protagonista che, in camera da letto,
torna a essere piccolo gettando nello sconforto la moglie.
Le
Chasseur
(“Il Cacciatore”) lavora sul ribaltamento situazionale, mutando
il rapporto preda-predatore proprio quando i ruoli sembravano
definiti. È una variante del classico racconto incentrato sui
cacciatori di vampiri. Owen introduce l'elemento della storia d'amore
e del ribaltamento finale che porta l'uomo sedotto e già
vampirizzato a sorprendere la vampira prossima a nutrirsi della sua
ultima goccia di sangue.
Un
discorso a parte deve essere fatto per Étranger
à Tabiano
(“Straniero a Tabiano”) che sembra un elaborato a metà strada
tra Abraham Merrit e Bulwer-Lytton, penso a storie come Il
Vascello di Ishtar o
La
Razza che Verrà.
Owen descrive da zero una società con i suoi usi politici,
burocratici e di svago, plasmando un misto tra un trattato di
fantasia e un racconto. Dietro al progetto si muove un'evidente
satira che richiama i lavori di Jonathan Swift ma anche un tentativo di vincere la morte in una modalità che proietta il defunto in una nuova realtà in cui si continua a soffrire e morire. Il protagonista (un
avventuriero), non si sa bene come, supera la dimensione terrestre,
avvolto da un oceano di nebbia, e approda in un mondo altro, da cui
cercherà di fuggire senza riuscirvi. Owen orchestra un incubo in
cui, alla violenza dell'immagine e ai giochi cruenti della società
dell'altrove, non manca l'ironia dissacrante che vede funzionari
inetti trasformati in professori universitari o l'emanazione di norme
che vietano l'allattamento di adulti (!?) nei parchi pubblici al fine di poter proteggere il mercato delle bevande (che altrimenti subirebbe un danno economico) e persino la sepoltura di maghi lasciati con i crani scoperti dal suolo e su cui la capigliatura cresce furente. Al grottesco fa comunque
seguito una parte dotata di una potenza onirica percepita, a tali vertici, solo ne La
Tentation de Saint Antoine. Distese desertiche in terre abbandonate dagli
animali e dalla vegetazione contrastano, solo apparentemente, con
l'inizio su di un mare che non da traccia di sé essendo avvolto da una nebbia impenetrabile. La speranza è
un'illusione, poiché non vi è possibilità di evasione (tremenda la scena dello sgozzamento della ragazza, ma anche la battaglia mortale tra due tori). La violenza
è presenza costante, in un mondo dominato da un regime presso il
quale il protagonista è un ospite inizialmente gradito e poi temuto.
Lo
stile è decisamente più pesante dei restanti racconti a causa di
una struttura sfilacciata che assume la veste del racconto solo nella
primissima parte e nell'ultimo terzo di storia, suggerendo per il
resto la forma di un breve trattato. La parte centrale, infatti, è
una serie di appunti scollegati e frammentari che danno l'idea dei
Mondo
Movie che
riscuotevano successo al cinema (“Mondo
Cane”
è del 1962), cioè quei film incentrati su scene di violenza e
bizzarrie registrate in giro per il mondo per mostrare una diversa faccia della
civiltà umana. Sembra quasi che Owen si sia ispirato a questi film
per scrivere il suo mondo movie letterario.
CONCLUSIONI
Ennesima
ottima proposta dell'Agenzia Alcatraz che non muta la squadra
vincente. Luca Fassina traduce con perizia. Max Baroni introduce la
lettura con dieci paginette che descrivono la vita e la narrativa
dell'autore (“Thomas
Owen, Perturbatore”).
A parte la novella finale, un vero e proprio gioiello (pur se a tratti pesante e
concepito in modo sperimentale per il suo essere un compromesso tra
un trattato di una società di fantasia e un racconto), si tratta di
un fantastico che è ancorato alla vita di tutti i giorni, motivo per cui qualcuno ha parlato di "realismo". Se
Seignolle è narratore di avventure contadine, Owen ambienta le sue
storie nella città, guardando a paure e rimorsi passati che tornano a rivivere e cercando
sempre di scuotere il lettore con spiazzanti righe finali. Si nota
una certa predilezione per l'ironia, il black humor e il grandguignol
a cui l'autore ricorre a seconda dei casi. Il livello complessivo è
sufficiente, con almeno quattro piccole perle molto diverse tra loro:
Un
Bel Bambino, Straniero a Tabiano, Il Piccolo Fantasma e
Al
Cimitero di Bernkastel.
Si
fa infine notare l'incomprensibile assenza dei titoli originali dei
racconti (cosa che fa innervosire gli studiosi del genere ed è del tutto suprflua per gli altri). La copertina è quella originale, mentre il titolo è stato
alleggerito togliendo “e altri racconti insoliti”.