Splatter è una
miscellania di racconti che mancava nell'editoria italiana e che la
Gallucci ben ha fatto a mettere in commercio. Un prodotto
eccessivo, politicamente scorretto e coraggioso
per l'epoca in cui furono pubblicate le storie, apparse in circa un lustro
dal 1969 al 1975. Chi è solito pensare che lo splatter
e l'hardcore horror
siano prerogative di scrittori quali Edward Lee o Poppy Z. Brite è
vittima di un fallo enorme pronto a sbattersi più e più volte sul
background culturale che segue lo scarso gusto di questi soggetti.
Oggi è molto divertente leggere Ed Wood, nonostante alcuni racconti
siano troppo volgari e provocatori. Eppure contestualizzare la
lettura al periodo di quegli anni, offre rispetto a un autore
kamikaze che procede al grido di banzai. Se in Italia collane come I
Racconti di Dracula erano
indicate nell'indice dei libri vietati dalla chiesa, c'è da
sorridere a immaginare il trattamento che sarebbe stato riservato a
un Wood pur prodotto dalla Chiesa americana... ma ormai questa è
prerogativa del vissuto e rivolgersi ai profeti della parola di dio
ci sembrerebbe alquanto fuori luogo.
Eppure il titolo di
pulp ben si lega a
questo lavoro che anticipa
di trent'anni la corrente del cosiddetto hardcore
horror, col suo giocare
su temi scottanti
(prostituzione, omosessualità, alcolismo, guerra) miscelati
di continuo all'horror o al giallo, cercando sempre il colpo di scena
finale all'insegna dell'ironia più dissacrante.
Insomma, roba per la quale Alessandro Manzetti farebbe carte false
per proporre il volume, debitamente censurato nella copertina, quale
testo cardinale per la formazione degli studenti ammessi alla sua
accademia letteraria sognando la California di c'era una volta a
Hollywood.
E proprio da Hollywood,
seppur non quella luccicante di Quentin Tarantino, arriva il
personaggio celato dietro al progetto in questione, un vero
e proprio mito della cinematografia di genere.
Un nome che ai più suonerà come sconosciuto, ma che è diventato un
Mostro sacro nell'ambiente. Un personaggio che è finito per
suscitare le attenzioni del maestro del gotico Tim Burton (Edward
Mani di Forbice, Batman, Il Mistero di Sleepy Hollow, Alice in
Worderland, Mars Attacks!) e di
un asso come Johnny Depp che ha deciso di personificarlo nel film Ed
Wood (1994). Un binomio che ha
portato Ed Wood addirittura alla
notte degli oscar, strappando due statuette.
Un biglietto da visita, questo, che, a dispetto di quanto si possa
ritenere di cattivo gusto e indecoroso, rende questo autore (Ed Wood)
una leggenda immortale. Eppure, la sua vita è stata tutt'altro che
felice e spensierata.
Soggetto spesso e
volentieri entusiasta, scatenato, sempre alla ricerca di un sogno
impossibile da realizzare. Squattrinato, approssimativo, incapace di
gestire in modo professionale il materiale umano a disposizione,
eppure geniale e trascinante proprio per questo. Pur se limitato,
gettò l'anima e il cuore oltre l'ostacolo nella carriera
cinematografica, sia in veste di attore, produttore e, soprattutto,
di regista, sostenuto da una passione infinita. Fu persino conduttore
di programmi televisivi e tentò di lanciarsi nel settore
pubblicitario. Amico di altrettante leggende cadute nell'oblio, su
tutte l'ungherese Bela Lugosi (il primo e indimenticabile Dracula
nell'omonimo film diretto da Tod Browning), il wrestler Tor Johnson
e il medium televisivo “The Amazing Criswell”, diresse molteplici
film da inosservato, tra il 1953 e gli anni sessanta. Un insuccesso
commerciale, passato da improbabili produzioni tra cui quella del
film Ladri di Tombe dallo Spazio Profondo (“Plan
9 From Outer Space”) finanziato nientemeno che dalla Chiesa
Battista di Beverly Hills che impose come condizione il battesimo di
tutti gli attori e i tecnici coinvolti, Degli sviluppi di carriera
che valgono da soli il tributo di maestro del cinema bis dell'epoca,
al fianco di nomi quali Herschell Gordon Lewis o il nostro Joe
D'Amato.
Genio folle,
addirittura ai limiti
dello sdoppiamento della personalità
(il suo primo film, non a caso, si intitolava Glen or
Glenda). Conduceva una doppia
vita all'insegna del travestitismo. Costretto fin da piccolo dalla
madre a vestire da femmina, Wood creò un personaggio alter ego di
nome Shirley che entrava in scena ogni qualvolta dovesse scrivere
una sceneggiatura o un programma televisivo. In quei momenti, Wood
cambiava totalmente personalità. Prima ancora di sceneggiatori come
lo specialista di western spagnoli José Mallorquì (si vestiva da
cowboy), Ed Wood si calava nei panni di Shirley e diventava
scrittore. La prima moglie finì per lasciarlo, incapace di
sostenerne i vezzi e il feticismo per i golfini da donna. Poco male,
Wood riparò su un'altra compagna proseguendo nel vizio senza più
discussioni.
Attenzione però a
commettere l'errore di reputare Wood una femminuccia o un giullare di
corte. Niente affatto. Eroe di guerra nel secondo conflitto mondiale
in cui si arruolò come volontario nei Marines, mentendo sull'età
anagrafica pur di partire per il fronte. Medaglia di bronzo al valore
militare. Prese parte alle battaglie nelle isole Marshall e a Tarawa,
finendo ferito a seguito di una scarica di mitra. Leggende dicono che
avesse l'abitudine di indossare, sotto la divisa, un reggiseno e
mutandine rosa da donna. Verità o mito, le voci e le stranezze sul
conto di Ed Wood scorrono alla stregua di un bicchiere di whisky
scaricato in piena gola in una serata di gala e non fanno specie a
chi lo abbia conosciuto, tanto che l'aeronautica militare gli
commissionò la produzione di una serie di documentari sul volo
mettendo da parte le sue uscite in veste di Shirley. Wood è strano,
folle, estremo, ma è bravo. Il sindaco di Los Angeles, Sam Yorty, in
vista del secondo mandato, lo mette sotto contratto per fargli
scrivere i discorsi della sua campagna elettorale. La cosa potrebbe
sembrare pazzesca, eppure Wood ha il rispetto dell'estabilishment
nonostante la critica ritenga monnezza tutto quello che fa. I suoi
film, infatti, sono fiaschi incredibili e questo gli chiude la porta dell mondo dei sogni.
Dopo aver tentato
vanamente di sfondare nel cinema, con una moglie da mantenere (la
seconda) e una scappata per la disperazione, Wood si ricicla
nell'editoria delle edicole. Riviste pornografiche, horror e pulp gli
accettano i racconti, sebbene lui dica di amare l'horror classico e
il western. Lavora soprattutto per la Pendulum Publishing di Bernie
Bloom, col quale stringe un rapporto di odio-amore caratterizzato da
continui licenziamenti e successivi richiami.
Sul finire degli anni
sessanta e l'inizio degli anni settanta, la storia di Wood piomba
nella disperazione. L'alcool diviene sempre più la medicina per
placare la depressione, i quartieri popolari sempre più malfamati
della periferia i Hollywood sono le scenografie in cui vanno in scena
le ultime peripezie del genio maledetto. Prostitute, spacciatori e
delinquenti di varia specie prendono il posto degli attori, dei
registi e delle eccellenze della Hollywood bene. Cambiano i
protagonisti, ma non cambia Wood. È costantemente impegnato a
racimolare il gruzzoletto utile a evitare lo sfratto, ricorre più
volte al banco dei pegni. Lo sbattono spesso fuori casa. Perde posti
di lavoro, poi riesce a farsi riassumere perché nel suo lavoro di
narratore è bravo e produce quanto soddisfi gli editori di riviste
pruriginose che lo sottopagano con tre bicci. Wood beve forte, forse
prende anche sostanze allucinatorie che lo aiutano nella produzione,
ma lo avvicinano sempre più all'autodistruzione. Una vecchia e
scalcagnata macchina da scrivere lo accompagna nelle ultime avventure
condotte dai voli di una fervida quanto perversa fantasia che non lo
porta ad approdare a nessun porto florido. Wood non ha mai avuto
mezze misure, figurarsi nell'ultima parte di carriera. Non è mai
stato artista da salotti o ambienti benedetti dal crisma dell'alta
società. Attacca sempre più, con sarcasmo e coraggio, la società
americana, soprattutto quella periferica delle campagne. I suoi vizi
diventano oggetto dei racconti e lo fanno all'insegna della
degradazione, quasi come se fossero dei moniti. Alcolizzati,
prostitute, magnacci, ballerine di locali promiscui, omosessuali che
fanno coming out sono
i suoi personaggi preferiti e si alternano a storie più classiche
dove troviamo vampiri, banshee, diavoli e militari che combattono sul
fronte vietnamita. Il sesso è spesso al centro di trame che mettono
alla berlina la società bacchettona dell'epoca. Splatter e volgarità
fanno spesso capolino, sebbene Wood
dimostri di avere uno stile non proprio da gretto e piazzi alcuni
racconti persino introspettivi ed elaborati.
Non mancano infatti dei piccoli gioiellini del genere, quanto mai
satirici.
Muore giovane, a soli
54 anni, nel 1978. I giornali non gli dedicano neppure un trafiletto.
Il servizio funebre va quasi deserto. Viene cremato e le sue ceneri
sparse. Wood compie il suo ultimo viaggio da perfetto signor nessuno.
Cala il sipario e il dimenticatoio è pronto a ingoiare Ed Wood come
capita per la maggior parte dei comuni mortali ma c'è un ma... un ma
inatteso, imprevedibile, folle, grosso come una caserma militare.
Dei cinefili, amanti dell'orrido e delle stranezze (tipo quelli che a fine anni novanta saccheggeranno le videoteche per appropiarsi delle vhs più strane), all'inizio degli
anni ottanta, rispolverano le pellicole di Ed Wood. Le tirano fuori
dalle cantine più isolate e organizzano un concorso, il Golden
Turkey Awards,
dove Ed Wood spopola a gran furore, sbaragliando la concorrenza. Proposta nel giusto ambiente la crisalide è prossima a liberare la fantomatica Maniposa Negra oggetto di ricerche dell'antagonista dell'unico vero sequel ufficiale di Django; le
pellicole di Ed Wood ottengono quell'attenzione che non hanno mai
ricevuto prima, liquidate troppo frettolosamente per intravederne il genio e sregolatezza dell'autore. Ladri di Tombe dallo Spazio Profondo
diventa, contro ogni pronostico degli anni precedenti, un culto al punto da far scomparire il
Minnesota di Massimiliano Allegri e da portare il regista e la sua
produzione all'attenzione di università e accademie. I professori parlano di Ed Wood, gli studenti ne studiano le sequenze e le battute. La seconda
moglie, quando viene avvicinata e informata dei nuovi sviluppi, pensa
che sia tutto uno scherzo e tende a svenire per i giramenti avuti dal capo. Ed Wood,
incredulo persino nelle scritture automatiche estrapolate dalle sedute
spiritiche acquisite agli atti, si guadagna il titolo di “peggior regista di
tutti i tempi” e la cosa è
così bella da farne un simbolo che arriva persino a bussare alla porta di
casa di Tim Burton e Johnny Depp, con buona pace per la cremeria. Persino i suoi libri vengono
riscoperti. A New York viene organizzata una galleria intitolata “Gli
Infimi Libracci di Ed Wood.” Il
pubblico ora applaude e si diverte, prendendo dalla giusta
prospettiva il lavoro dell'artista. Il brutto anatroccolo che amava
travestirsi da oca ce l'ha fatta, tributato negli studi accademici
sul cinema del Novecento, oggetto di tesi di laurea e persino di
lezioni di cinema capaci di impietrire i puristi della settima arte. Visti i mezzi a disposizione, le peripezie e le
continue follie, una vera e propria leggenda degna del sogno americano, c'è poco da girarci intorno.
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CONSIDERAZIONI GENERALI
Trentatré racconti, scritti tra il 1969 e
il 1975, indirizzati in buona parte al circuito delle riviste
softcore (anche se alcuni sono
pornografici a tutti gli effetti, specie considerando l'epoca, e per
giunta nell'ambito del sesso omosessuale), che delineano il mondo
“artistico” di Ed Wood. Una lettura variegata dove tornano
in modo ossessivo il tema della morte, quello dell'anima intrappolata
in un involucro ormai non più funzionante, ma anche le problematiche
sessuali di coppie che trovano nella perversione la medicina
per superare la crisi erotica o dei singoli che trovano la felicità
facendo coming out e dichiarando al mondo la propria
omosessualità. È un Ed Wood che invita alla libertà, al
superamento dei confini imposti da etica e religione, fino a
invocare, in via provocatoria, il diavolo in persona. In tutto questo
non manca lo splatter (non vi aspettate però
sbudellamenti o sangue continuo), di cui anche al titolo della
selezione ufficiosa curata dalla Gallucci, e soprattutto (a tratti)
una predilezione per quell'orrore gotico proprio dei racconti
dei vari Edgar Allan Poe e Bram Stoker. Alla tensione però
subentra presto l'ironia e un marcatissimo taglio politicamente
scorretto che pervade quasi tutti i racconti. Prostitute,
ballerine a fine carriera, omosessuali, lesbiche, ubriaconi di
periferia, ma anche vampiri, banshee, fantasmi e il diavolo in
persona sono i personaggi che si muovono sullo scacchiere di Ed Wood.
Possiamo azzardare a indicare quattro grandi gruppi di
racconti. Da una parte abbiamo i racconti erotico/pornografici
che ruotano attorno a problemi di diversa natura sessuale, da
chi ha perduto la potenza erotica a chi è incerto sui propri gusti o
cerca di nascondere la sua vera natura per evitare la condanna
etico/sociale. Abbiamo quindi un gruppo di racconti di
atmosfera orrorifica che costituiscono, in svariati casi, un
dichiarato omaggio alla narrativa gotica che ha fatto forte il genere
nell'ottocento. Nutrito, da un punto di vista numerico, anche il gruppo
di racconti corali con un manipolo di soggetti, di
solito ubriaconi o campagnoli, che raccontano le sorti di
qualcuno che è perito per giungere a conclusioni
strampalate. Completano il lotto un più contenuto gruppo di racconti
di guerra che sviluppano il passato bellico dell'autore.
ANALISI NEL DETTAGLIO
Tra
i tanti racconti brilla Petti
di Pollastrella,
un autentico gioiello pubblicato nel 1972. È un Wood altamente
ironico al servizio di un soggetto che anticipa film quali Hostel
di
Eli Roth o la canzone di Alberto Fortis Nuda
Senza Seno o,
ancora, la barzelletta del “toro e del torero e della particolare
pietanza offerta ai clienti del ristornate dell'arena dove va in
scena la corrida”.
Wood
si muove partendo dall'idea dell'esistenza di ristoranti esclusivi e
riservati a una stretta cerchia di soci, in cui si permette ai
clienti di scegliere, tra quelli ancora in vita, l'animale da cucinare e poi da servire quale
pietanza. Wood distorce il tutto proponendo
una pietanza molto particolare: la donna. Fin qui interessante, al
punto da costituire un antesignano di quell'hardcore
horror che
avrebbe poi fatto la voce grossa sul finire del novecento nei premi
di settore quali il Bram
Stoker Award (si
pensi ad autori quali Edward Lee), il racconto evolve ulteriormente in
vero e proprio gioiello, grazie a una conclusione in crescendo che lo
rende difficilmente dimenticabile. Vera
e propria perla per gli amanti degli spice
magazines.
Fa
coppia con questo racconto Bordello
degli Orrori: Il Tocco Atroce.
Pubblicato nel medesimo anno e più orientato verso atmosfere da
horror gotico, si tratta di un testo in cui l'autore gioca nel
ribaltare la ricerca dei piaceri del sesso capovolgendoli in qualcosa
di perverso dietro al quale si muovono vendette e perversioni che conducono alla morte. Protagonista è una squillo
intenzionata a proseguire la propria carriera in una casa di
tolleranza. Furba e all'apparenza indipendente, la donna, ormai non
più troppo giovane, finisce per essere adescata per un bordello
molto particolare costruito nei pressi di un cimitero. A gestirlo è
una maitresse pagata da finanziatori che utilizzano prostitute
da trasformare in armi di contaminazione batteriologica.
Sempre
della medesima cerchia è il precedente, di un anno, Vieni
Dentro che
potremmo considerare quale ispiratore, seppur meno riuscito, dei due
precedenti racconti. Ironico e simpatico fin dal titolo (avente
ovviamente un doppio senso), ruota attorno a un curioso “Istituto
per i Disinformati in Erotica Sessuale”
che mira a risolvere problemi di coppia. A dirigere il tutto è una
vampiressa, che appare solo a mezzanotte, esperta in necromanzia al
punto da far resuscitare i proverbiali morti (quelli a cui non si
alza più l'organo maschile).
Erotismo
perverso e necrofilo torna in Desolazione
di Pietra,
una riscrittura in chiave hardcore
della paura dei cimiteri e degli strani spettri che si muovono tra i
sepolcri al calare del sole. A metà strada tra un horror classico e
un pulp
politicamente scorretto, con tanto di evanescenti sagome viste
penetrare nel cimitero e che il protagonista scambia per Belzebù a
caccia di anime oppure direttamente per la morte. Wood volge il tutto
sul versante dell'erotismo malato, tanto che il protagonista, un
giovane bullo, supera inizialmente le proprie paure accoppiandosi di
continuo con giovani donne costrette a coricarsi sulla tomba di una
vecchia reputata una strega. Come in Vieni
Dentro, la
creatura mortale artiglierà il ragazzo, pretendendo di essere
soddisfatta.
Questi
quattro racconti, via via sempre più interessati da atmosfere
orrorifiche, ci conducono verso gli elaborati più in linea col
genere gotico. Wood si dimostra un abile
creatore di suspense e di atmosfere del terrore.
Sotto questo versante Dracula
Revisited
e La
Notte in cui la Banshee Lanciò il suo Urlo
sono i due elaborati migliori, seppur assai meno originali dei
precedenti. Entrambi pubblicati nel 1971, costituiscono dichiarati
omaggi alla narrativa dei grandi maestri del terrore.
Si confermano il forte retrogusto necrofilo e la passione per le
nebbie, l'oscurità e gli urli nella notte. Il primo è una
riscrittura dell'arrivo di Jonathan Harker al castello di Dracula.
Seppur lievemente ridondante, è una storia che mette in evidenza le
sicure qualità dell'autore che qua abbandona la satira, i doppi
sensi e il politicamente scorretto per un testo all'insegna del
classico. Bella la parte della carrozza trainata dai cavalli
imbizzarriti.
La Notte in cui la Banshee Lanciò il suo Urlo
parla dello spirito di una morta che si risveglia dal suo sonno
mortifero, perché richiamata da un urlo. Lo spirito, un po' come
quelli presenti in Dracula Revisited, fluttua in aria nei
luoghi che erano stati quelli natali finché non scopre di aver
ereditato il ruolo dell'antica banshee.
Non dissimile per taglio e contesto scenografico è
L'Ultimo Sipario. Uscito nel medesimo anno dei due
sopracitati, è un racconto a tratti metaforico (rappresenta
l'oscurità della morte) e a tratti allusivo (teatro come bara dentro
cui si è imprigionati), sospeso tra il fantastico e il realistico.
Un attore, rimasto all'interno di un teatro sgombro (che rappresenta
la vita venuta al suo termine), vaga all'interno dei locali fino a
imbattersi nell'oggetto misterioso che andava cercando: una bara in
cui coricarsi.
La tematica della morte è una vera e propria ossessione
di Wood. La ritroviamo, affrontata in modo diverso, in una mezza
dozzina di racconti. In Il Ritorno della Mummia (1971) lo
spirito di un faraone sepolto 3.000 anni prima torna a calcare la
terra dopo che la sua tomba è stata profanata da tre individui.
Horror piuttosto classico che ripropone l'idea ritornante di Wood
della morte quale paralisi dell'anima che resta intrappolata
all'interno del corpo destinato a imputridire. Il faraone,
tornato a calcare la soglia del sepolcro, non riconosce più il nuovo
mondo, se non per le armi che sembrano non essere cadute di moda.
Decide così di tornare nella tomba, portandosi dietro uno dei tre
profanatori, ovvero una ragazza dai capelli biondi che intende avere
per sposa nell'aldilà che va ancora cercando. In Dentro alla
Tomba (1971) Wood insiste sulla questione suggerendo le
sensazioni che si potrebbero avere se, una volta morti, si rimanesse
coscienti di quanto ci capita attorno, dal funerale, passando per il
trasporto fino al seppellimento e la solitudine perenne nel freddo
del cimitero. Rispetto ad Edgar Allan Poe, Wood dimostra di preferire
di gran lunga l'ironia e la leggerezza. Sulla stessa base si muove
Io, Stregone (1971) in cui, guidati dalla voce di uno stregone
in relazione col demonio, si cerca di ipnotizzare l'uomo per
convincerlo ad abbandonare il legame con l'anima in quanto questa è
un qualcosa destinato a non svilupparsi e a restare imprigionato
nella tomba. “Il male è vita e vivere è il male. Il diavolo è
il vissuto e vivere è diabolico.” Il racconto viene
ulteriormente sviluppato dal più hardcore e pulp Fuoco
Infernale (1972), dove troviamo un Wood che mischia erotismo
softcore al fantastico (prologo molto onirico), seguendo le
avventure di un diavolo libidinoso a caccia di pollastrelle da
condannare ai piaceri degli inferi corrompendole con una verga
infinita. In entrambi i racconti, Wood si diverte a dissacrare e a
giocare con i doppi sensi e le parole da leggere al contrario per
comprenderne la portata. “Io sono il vissuto” dice il
mattatore della storia, cioè “I'm the Lived” ovvero...
arrivateci da voi.
Degni di nota sono anche i tentativi di contaminazione
col giallo risalenti al 1973. Wood piazza almeno un paio di
racconti riusciti.
Solo
una domanda (1973)
parte come i racconti nei quali Wood, con dialoghi volgari e
caratterizzazioni decadenti, propone i problemi sessuali di una
coppia di amanti, salvo poi svilupparsi in una trama gialla. Una
coppia di ubriaconi, uomo e donna, litigano in quanto la seconda
intende passare il resto della vita a sbronzarsi e pretende che il
suo uomo le procuri i soldi per il vino (da notare quali siano i
valori e i lussi ricercati dai personaggi di Wood). Questo, uno
sfaccendato, si trova ricattato dalla prospettiva di non poter più
avere un rapporto sessuale con la donna e la cosa gli da ai nervi,
perché nella vita si può rinunciare a tutto ma non certo al
proverbiale Breil della situazione. Della serie “chi
non lavora non fa l'amore”
canterebbe Celentano.
Wood
però è uno scrittore
sarcastico a cui piace l'ironia.
I suoi protagonisti non sono donne che fanno perdere la testa a un
uomo, ma grette e grasse vacche (passatemi il termine) che tuttavia
ottengono quello che vogliono, in quanto nella vita ci si deve pur
accontentare. C'è un particolare però... qualcuno precede il
protagonista nella rapina che ha studiato a tavolino, ovviamente in
un'enoteca, e sottrae il bottino. Potrebbe finire qua, con la beffa,
e invece no. Wood ribalta la situazione, fa diventare un paladino
della giustizia il suo improbabile protagonista. L'uomo, infatti,
rincorre il ladro di turno, lo aggancia e lo blocca, strappandogli di
mano il bottino, proprio mentre i due vengono illuminati dalla
polizia. Il “nostro” evidenzia subito il suo fare eroico così da
passare da integerrimo difensore della legge e per un attimo riesce
quasi a convincere la polizia. C'è una domanda che sorge spontanea,
un po' come avviene all'epilogo degli sketch di Tortora quando
interpretava l'ispettore Derrick: cosa ci faceva, di notte, un
individuo come lui all'interno del locale violato?
Gioca
le sue carte all'insegna della truculenza alla Robert Bloch Schizzi
di sangue dappertutto
(1973). Wood recepisce la lezione di Psyco
e confeziona un giallo che offre una buona resa, per la breve
distanza, riuscendo anche a sorprendere. Protagonista è un uomo
ambiguo, a cui piace vestirsi da donna, che cerca di collaborare con
la polizia per coprire le tracce dell'omicidio della sorella, ma
questo si scoprirà solo alla fine. Tipico racconto alla Wood, con
l'elemento del travestitismo alla Norman Bates. Bello.
Un
altro thriller grandguignolesco, ma debole nel finale, è Particolari
Cruenti
(1972). La polizia indaga su un giro di depezzamenti di donne,
dapprima profanate dai cimiteri e poi uccise da un assassino che
sottrae trofei diversi per costruire un corpo con le parte anatomiche
rimosse alle vittime. Questo è ciò che pensano gli indagatori. La
realtà, tuttavia, sarà ben diversa e legata a traffico di organi da
impiegare in trapianti chirurgici. Intreccio deboluccio, ai limiti
del fantascientifico. La polizia trova facilmente il case
linkage
ovvero il collegamento che lega le vittime all'assassino e risolve il
caso.
La
serie dei racconti da salvare prosegue con due elaborati di
ambientazione bellica. Autorizzazione
Negata
(1971) è forse il miglior racconto di Wood relativamente alla cura
delle caratterizzazioni dei personaggi e alla descrizione di quanto
sta avvenendo durante la narrazione dei pensieri del protagonista.
Wood gioca tutto sull'introspezione del protagonista, un pilota di
caccia di rientro sulla portaerei dopo un'azione di guerra. Un
imprevisto, però, rende impossibile l'atterraggio dell'intera
squadriglia che si trova costretta a volteggiare sopra la nave, in
attesa che la pista venga liberata dalla carcassa di un aereo
precipitato. Eccellente la gestione dei tempi. Wood dimostra
un'insospettabile
bravura nel tratteggiare la psicologia del pilota
in quello che sembra un racconto che anticipa i dialoghi tra Rocky e
Adriana nella saga del più famoso pugile della cinematografia
hollywoodiana. Il pilota ricorda i dialoghi avuti con la moglie che
ha cercato di far di tutto per dissuaderlo dal proseguire nella
carriera militare. Ma fare il pilota è l'unica ragione di vita del
protagonista, perché fuori dall'aereo da guerra non sarebbe più
lui.
Molto
buono e più action
Niente
atei all'inferno
(1971), un altro dei migliori racconti dell'antologia. L'inferno
dantesco si sveste dei contenuti fantastici per assumere quelli reali
della guerra in Vietnam. Wood sposta la sua attenzione sul campo di
battaglia, tra gli orrori del conflitto che ha insanguinato le vite
di tanti americani. In guerra non c'è più spazio per le idee
preconfezionate e la follia è dietro l'angolo persino per un
reverendo che sembra perdere la fede, sembra... poiché in guerra è
impossibile non raccomandarsi a Dio. Bello e chiuso con un gesto
eroico, tra esplosioni e proiettili saettanti. Forse il titolo più
bello dell'antologia.
Segue
la via della parodia Posizione
del Missionario Impossibile
(1971) che dileggia apertamente Cuore
di Tenebra di
Conrad, anni prima dell'uscita di Apocalypse
Now.
Dissacrante e molto divertente per l'epilogo attraverso il quale Wood
ribalta un racconto serioso e drammatico, all'insegna dell'avventura -
tra sabbie mobili e crotali velenosi - incentrato sull'attraversamento di
una giungla da parte di una spedizione capitanata da due missionari
alla caccia di una regina albina. In realtà è tutta una farsa utile
a criticare i luoghi comuni della società perbenista. Da
sottolineare infatti i ragionamenti attraverso i quali i due
protagonisti reputano la società da cui provengono preferibile a
quella di chi vive disperso in una giungla e pertanto da non poter essere rifiutata quale futura prospettiva. Non andrà così. Epilogo
squisitamente farsesco. Buona la gestione del racconto e l'atmosfera
avventurosa.
Tra
i racconti di matrice squisitamente sessuale è da salvare Via
col Vento
(1971), che propone i sogni di una ragazza di campagna che brama di
emanciparsi e di vivere una nuova esistenza in città. Wood struttura
il racconto su un doppio binario, giocando sui ricordi privati e
intimi della giovane che sta ingannando il tempo guardando le poche
auto passare sulla strada. L'epilogo della storia dimostrerà che
tutto il mondo è paese e che il rapporto sessuale avuto per
capriccio dalla giovane con uno dei tanti verginelli del paese è
assai meno peccaminoso, nonostante quanto la stessa potesse pensare,
delle orge tenute sottobanco dagli insospettabili bacchettoni che
popolano la zona.
Carini,
infine, Fiori
per Flame LeMarr
(1973), che propone la decadenza professionale di una ballerina di
locali equivoci che preferisce infortunarsi in modo grave piuttosto
che essere allontanata da un datore di lavoro stanco della perdita di
freschezza della donna, e Sul
Luogo del Delitto
(1971). In quest'ultimo racconto un reporter intervista una serie di
testimoni oculari di un omicidio perpetrato da un killer armato di
coltello. Tutti si lamentano e reclamano sicurezza, eppure nessuno ha
mosso foglia per soccorrere l'aggredita, affermando tuttavia che
sarebbe intervenuto se solo qualcun altro avesse fatto il primo
passo.
Quanto
sopra è il meglio dell'antologia. La
Gallucci non lesina in proposte e inserisce anche testi volgari che
hanno poco da dire se non evidenziare il coraggio dell'autore
nell'affrontare questioni spinose,
in modo sbandierato ed esplicito. E così ecco racconti quali
Divorzio
sull'Isola
(1969), Superfava
(1971) e L'autografo
(1974), nei quali si parla in modo spinto e diretto di rapporti
omosessuali, evidenziando, in modo abbastanza critico, le difficoltà
sociali a cui andava (o va) incontro chi ha certi orientamenti. Se in
Divorzio
sull'Isola la
cosa porta a un ricatto ai danni dell'omosessuale, in Superfava
(altro
titolo che gioca sui doppisensi) diviene punto di forza per scalare
la classifica nelle vendite di prodotti commerciali (guarda caso
proprio le fave).
In
Come
un'aquila sgozzata (1972)
la componente pornografica è legata al gusto per il truce e lo
splatter. Un Tentativo di uxoricidio finisce male o così
sembrerebbe, perché anche da morta la donna riesce a dire la sua. È
una folle
anticipazione seminale del futuro
hardcore horror,
pur se raccontato con spiccata ironia.
Calamity
Jane Ama Hosenose Kate che ama Cattle Anne
(1971) propone, dopo un lungo dialogo all'insegna di proposte
saffiche e pettegolezzi femminili, un duello all'ultima lacrima in un
saloon
del far
west tra
le due amanti del defunto Wild Bill Hickok.
Molti
sono poi i racconti in cui sbandati, ubriaconi e campagnoli vincono
la noia nelle bettole raccontatosi le vicende cui sono andati
incontro alcuni dei loro concittadini. In Dadi
(1971)
si parla della morte e delle mutilazioni subite dal più abile
giocatore di zona, in Tanto
per Ammazzare un Sabato Sera (1972)
degli ubriaconi disquisiscono sull'opportunità di uccidere qualche
prostituta perché sabato è tale solo se ci si diverte, mentre in
Epitaffio
per un Ubriacone
(1973) si ricorda un compagno di bevute morto in cella per aver
cercato di riscaldarsi dopo che gli è stata sottratta l'ultima
bottiglia di whisky. La siccità e l'opportunità di ingaggiare uno
sciamano indiano sono al centro dei dialoghi di Preghiera
per la Pioggia (1971).
Non
mancano poi racconti in cui coppie risolvono i problemi sessuali
prendendo vie sadomaso (Doppio
Colpo,
1973)
e fetish (Pornostar,
1973)
dopo
aver scoperto, per mero caso, le abitudini deviate del proprio
compagno. In Private
Girl
(1975), invece, un magnaccio cerca di convincere la sua donna privata
a soddisfare un cliente particolare, giusto per fargli un favore
personale. Un favore che sarà destinato a ripetersi. Racconto che
ricorda molto l'episodio interpretato da Eva Grimaldi in
Abbronzatissimi
(1991).
Completa
il lotto il modesto Riflessi
Lenti
(1972) che propone una ritardata mentale che non ammette i suoi
difetti intellettivi neppure dopo aver collezionato una lunga serie
di licenziamenti, salvo finire annebbiata dall'alcool e al completo
oscuro dei gusti sessuali ricercati dagli uomini.
CONCLUSIONE
Splatter
è un'antologia destinata
agli appassionati di pulp e di horror
che affronta la materia in modo dissacrante
e all'insegna dell'ironia. Il divertimento, il dileggio e il
politicamente
scorretto
sono i propositi ricercati dall'autore,
che ha scritto questi testi per racimolare qualche dollaro e non
certo per fare alta narrativa.
C'è tuttavia del buono e più di un soggetto così delirante e folle
da superare le aspettative iniziali del lettore.