Anno: 2015.
Genere: Fantastico / Avventura.
Editore: Lettere Elettriche (2025).
Pagine: 280.
Prezzo: 18.90 euro.
Commento a cura di Matteo Mancini.
Avete presente le novelle della serie Challenger di Conan Doyle (si pensi a The Lost World – Il Mondo Perduto, 1912) e il pulp Gestapo Mars (2015) di Victor Gischler? Ecco, The Lost Level, serie pubblicata da Brian Keene a partire dal 2015 e ancora in fase di sviluppo, si muove su queste coordinate avendo come base di riferimento The Dark Tower (“La Torre Nera”) di Stephen King.
Ci troviamo infatti in un secondary world a cui si accede, per mezzo della magia (così fa il protagonista, un occultista con una certa vocazione per l'azione), passando da un livello all'altro e muovendosi tra passato e futuro.
“Il Labirinto” di Keene, così come “La Torre Nera” di King, “collega tutto e usandolo si può viaggiare di pianeta in pianeta e di galassia in galassia... La nostra galassia e il nostro universo hanno differenti versioni che esistono in altri spazi dimensionali”. Si parla dunque di realtà alternative da cui si può accedere a ulteriori livelli (altrimenti detti dimensioni). “Il Livello Perduto” è una dimensione trappola, costantemente battuta dal sole, da cui, una volta penetrati, non si può più uscire. Keene sviluppa proprio in tale dimensione la sua adventure story e lo fa con un piglio weird, prossimo a quello che ci aveva deliziato in occasione di Earthworm Gods (“I Vermi Conquistatori”, 2005), interamente votato all'azione (lotta con spade, mani nude, pistole e fucili futuristici). Non ci sono situazioni dissacranti in ossequio agli estremismi a cui talvolta l'autore piace abbandonarsi. Anzi, in alcuni punti, ci sono sdolcinati momenti politically correct (tipo uno spot propagandistico in favore della parità tra i sessi). The Lost Level è un romanzo che sarebbe molto piaciuto ai lettori di inizio novecento e che omaggia i film fantascientifici degli anni cinquanta animati con la tecnica della stop motion. Il romanzo è pieno zeppo di mostri che altro non sono che creature del nostro mondo presentate in versioni ciclopiche (tipo granchi e lumache giganti), ma figurano anche un T-Rex che lotta con un robottone (la copertina rappresenta una parte di storia), uno pterodattilo (omaggio a Doyle) che intende artigliare i nostri e il leggendario ottofante, oltre piccoli uccelli piranha e, udite udite, dischi volanti nazisti, grigi (alieni in vena di abduction) e vera e propria spina nei fianchi gli annunaki (dei rettiliani antropomorfi che fungono da antagonisti per tutto il corso della vicenda).
La
struttura, che non ha una vera e propria fine presentandosi quale
primo episodio di una storia che resta in sospeso, segue il cliché tipico
dei point
to point. Un
occultista, in vena di sperimentazioni, si ritrova perduto in un mondo presentato come una
terra dei primordi. Natura allo stato puro, trappole continue che
annoverano pericoli come erba tagliente, pozze di acqua che si
rivelano creature invertebrate e animali di ogni specie
(persino un gatto antropomorfo). Durante la marcia, il nostro
libererà alcuni umani autoctoni dalla prigionia di un plotone di
uomini serpenti e da qui partirà l'avventura per tornare al villaggio
dei liberati. Keene inserisce la storia d'amore tra il protagonista e
la regina liberata e, soprattutto, un'infinita sequela di scene d'azione che
delizieranno gli amanti dei mostri giganti. Tante le sottotracce,
alcune appena abbozzate, come un morbo zombie che avrebbe colpito
una realtà parallela a quella terrestre e da cui sarebbe fuggito un
cowboy finito nel livello perduto, oppure l'idea di un creatore che si muove nei sotterranei del mondo in combutta con i grigi, la presenza di robot
volanti provenienti dal futuro che raccolgono la posta e che ricordano quelli presenti in
The
Waste Lands (“Terre
Desolate”, 1991) di King, e ancora riferimenti a Il
Triangolo delle Bermude, aerei
da guerra abbandonati nella boscaglia, riferimenti a un mondo in cui
i nazisti hanno trionfato, templi pagani e via dicendo. Ce n'è
davvero per tutti i gusti e la cosa promette bene per i sequel.
L'edizione
curata da Lettere Elettriche è professionale. Traduzione ed editing
curati al punto giusto. Non ho rinvenuto refusi o scivolate particolari, a
parte qualche dialogo che si poteva scrivere meglio (non so se da
parte di Keene). La copertina è quella originale.
Il finale, già lanciato verso un sequel, promette un prosieguo che Keene ha scritto tre anni dopo dando alle stampe Return to the Lost Level (2018).
L'intrattenimento
è assicurato. Lettura di evasione, nel vero senso della parola. Tra le scene più bizzarre segnalo quella con Bloop (uno
dei personaggi più riusciti e ben caratterizzati da Keene, una
specie di Chewbecca di Star
Wars)
che omaggia l'epilogo con Perlman in Pacific
Rim (2013). La più riuscita, invece, è la parte horror nel tempio della lumaca.
Alessandro Girola lo saccheggerà, pur introducendo delle varianti, per il suo Cocagne. Keene, però, è altra roba.
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