Autore: David Gerrold.
Titolo Originale: Deathbeast.
Anno: 1978.
Genere: Fantascienza Viaggi nel Tempo.
Editore: Mondadori, collana Urania (n.813).
Pagine: 170.
Commento a cura di Matteo Mancini.
A quasi un anno dalla
pubblicazione sulla collana Urania del romanzo Mastodonia
di Clifford D.
Simak, la Mondadori propone, sempre per la medesima collana, un
romanzo che porta ancora una volta l'uomo al cospetto delle creature
della preistoria. È il turno di Deathbeast,
romanzo minore del
pluri-premiato David Gerrold (meglio noto per la saga catastrofica
dei Chtorr),
da noi pubblicato, con l'orrendo titolo di Superbestia,
il nove dicembre del 1979 (numero 813, Urania), ma scritto l'anno
prima proprio come Mastodonia.
Gerrold, da leggersi così come
si scrive essendo lo pseudonimo di Jerrold David Friedman, è un
autore particolarmente blasonato nel panorama sci-fi statunitense,
spesso legato alle produzioni televisive. Da sempre fan accanito
della saga Star Trek,
di cui ha scritto
anche qualche episodio unitamente a quelli destinati al serial Ai
Confini della Realtà,
è stato finalista al Premio
Nebula nel 1973 con La
Macchina di D.I.O.
e nel 1974 con ...Per
Proteggere l'Uomo dal Male,
e ha poi vinto il Premio
Hugo, per il miglior
racconto lungo, nel 1995 con Il
Bambino Marziano.
Il romanzo che ci apprestiamo ad analizzare in queste poche righe è
un'opera minore, lo potremmo definire un divertissiment.
Gerrold parte dalla tematica tracciata da Ray Bradbury nel 1952, col
suo storico Sound of
Thunder – Rombo
di Tuono (più
volte citato, come espressione, nel testo, non so se per volontà
dell'autore o della traduttrice Beata Della Frattina), per riproporre
l'idea del safari da praticarsi nell'epoca del cretaceo per effetto
di macchinari capaci di far viaggiare l'uomo nel tempo. Dunque idea
di partenza identica a quella di Bradbury, ripresa anche da Simak
(seppur in modo più vicino al fantasy, con intervento persino di
alieni capaci di aprire portali dimensionali), ma sviluppo
completamente orientato all'azione e all'avventura. Pur
caratterizzato da uno stile a tratti poetico, l'opera di Gerrold è
contenutisticamente parlando grezza, votata al mero e unico
intrattenimento senza offrire particolari spunti di riflessione al
lettore. Se Bradbury utilizzava l'elemento del safari nel cretaceo
per dare il via a un discorso legato al c.d. effetto farfalla, ovvero
la possibilità di alterare completamente il futuro modificando
(anche involontariamente) il passato, in Gerrold scompare ogni remora
e preoccupazione. Anzi, c'è di più... Gerrold dice che non si può
modificare il futuro semplicemente incidendo in minima parte nel
passato, come a dire che non si può inquinare il mare determinando
uno stravolgimento dell'ecosistema versando una bottiglia di un litro
di petrolio sulla superficie marina. Chiarito questo passaggio, utile
a tracciare la specie umana come la peggiore mai vissuta al mondo a
causa del suo spiccato egoismo, i personaggi del romanzo (odiosi
oltre ogni limite e, verrebbe da dire, frustrati persino sotto il
profilo sessuale al punto da ricercare le emozioni forti sfidando la
morte rappresentata dal T-REX, perché altrimenti privi di scopi
nella vita) non hanno alcun accorgimento e rispetto per l'ambiente in
cui vengono sparati, attraverso una tecnica similare al
teletrasporto. Il romanzo parte subito nel cretaceo, con un fascio di
luce e una sorta di astronave che viene vomitata in una vallata
attorniata dai dinosauri. Appena arrivati, i nostri, che avranno a
disposizione circa tre giorni prima di ritornare a bordo e far
ritorno al loro tempo, andranno in giro a sparare a ogni tipologia di
dinosauro (uccidono persino un brontosauro) e lo fanno così, per il
gusto di uccidere o per riprendere sequenze particolarmente
spettacolari da rivendere poi in futuro. Non hanno nessun rispetto né
per le prede né per i loro simili. L'egoismo regna sovrano.
La copertina dell'edizione americana.
Gerrold lavora sulle
caratterizzazioni dei personaggi, piuttosto stereotipati sul modello
cinematografico, in verità. C'è il super macho (che vive per l'azione e il pericolo continuo, visto alla stregua di una droga che provoca astinenza), c'è la spalla fedele
che sembra legata al primo da un rapporto di omosessualità repressa
di natura narcisista (sono entrambi due valenti combattenti e per
questo si attraggano), c'è poi la gatta morta che si innamora del
più coraggioso per sopperire al bisogno di protezione, c'è la ritardata e ci sono le due guide incaricate di tenere sotto controllo, per
contratto, la spedizione ma che verranno, puntualmente, scalzate dal
loro ruolo di comando. Non c'è invece spazio per altre considerazioni, se
non quelle legate alle motivazioni psicologiche che spingono delle
persone a scegliere di intraprendere un viaggio nel tempo per sfidare
il più feroce predatore che sia vissuto sulla terra dall'alba dei
tempi: il T-REX.
Ne deriva una sorta de Il
Mondo Perduto, mi
riferisco a quello di Crichton, ante
litteram con i
personaggi che vagano, liberi, in mezzo al bosco (non ci sono le
pedane sterilizzate di Bradbury) muniti di fucili laser, balestre con
dardi incendiari, sonde che permettono di intercettare fonti di
calore, visori notturni e caschi, a sfidare le insidie proprie di un
mondo che si è estinto da milioni di anni. Tutto resta confinato nel
Cretaceo, persino il finale, e tutto ruota sul conflitto tra questi
uomini e un T-Rex, cosa che rende piuttosto ripetitiva la narrazione,
martoriato dall'inizio alla fine con bruciature e ferite continue. La
bestia viene infatti affrontata in più occasioni e sempre allo
stesso modo. Fucilate laser e via... col mostro che, invece di
scappare, si incaponisce nel voler annientare gli ospiti che hanno
osato invadere il suo regno. Belle le parti in cui li fissa con
l'unico occhio rimasto sano (viene in mente la famosa scena con
l'occhio del T-Rex che, in Jurassic
Park, sbircia
dentro la macchina dei bambini). Ma non c'è solo il T-Rex, compaiono
anche il già citato Brontosauro, un pterodonte, un allosauro e c'è
persino un corpo a corpo tra un cacciatore e un dinosauro della
stessa famiglia dei Velociraptor (momento alquanto cruento e
sanguinario).
Molto belle le descrizioni dei
dinosauri, sia per la conformazione fisica sia per la loro
caratterizzazione comportamentale. In particolare si parla di odore
di morte, di olezzo di carne marcia, di terra che trema a ogni passo.
Crichton, probabilmente, ha letto il romanzo e, in questo, si è
ispirato per il suo Jurassic
Park. A parte ciò,
però, vi è poc'altro che lo rende unico e degno di particolare
menzione. Non manca il ritmo e una certa dose di coraggio nel
proporre momenti sanguinolenti rispetto, a esempio a Mastodonia,
ma, a differenza anche
di quest'ultimo, mancano gli spunti di riflessione atti a rendere
autoriale il testo e non una semplice cronaca di una spedizione di
caccia. Gerrold ricerca l'avventura e il brivido piuttosto che
veicolare il soggetto al fine di far luce sulle implicazioni relative
alla possibilità di alterare il futuro operando sul passato (cosa
analizzata nel testo di Bradbury) o su quelle di natura religiosa
(come fatto da Simak). Alla fine allora cosa resta? Semplice, una
lettura veloce indicata ai fanatici (me compreso) dei dinosauri e
null'altro.
Il racconto lungo di BRADBURY
che funge da ispirazione per questo romanzo
di Gerrold.
Si nota la pedana sterilizzata che isola gli umani dall'ambiente esterno,
accorgimento assente in SUPERBESTIA.
Si nota la pedana sterilizzata che isola gli umani dall'ambiente esterno,
accorgimento assente in SUPERBESTIA.
"Ethab sfidava tutto ciò che odiava e temeva di più, perché solo così poteva dimostrare di essere superiore. E quella mattina aveva lanciato la sfida estrema. Aveva sfidato la morte. Doveva sconfiggere il tiranno, abbatterlo, perché solo così sarebbe stato un vero uomo, completo... Ma quello che non sapeva è che non avrebbe mai potuto realizzare la sua aspirazione di compiutezza, perché per una sfida affrontata e vinta, mille altre ne restavano."
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