giovedì 8 maggio 2025

Recensione Narrativa: L'ORECCHIO DELLA CIVETTA di Erckmann-Chatrian.


Autore: Emile Erckmann e Alexandre Chatrian.
Titolo Originale: L'Oreille de la Chouette.
Anno: 1849-1860.
Genere: Folk Horror.
Editore: Agenzia Alcatraz, 2023.
Pagine: 350.
Prezzo: 17.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini. 

Tredicesima uscita per la collana Bizarre dell'Agenzia Alcatraz, che ripropone i numeri più famosi della serie belga Marabout Fantastique. Dopo aver rispolverato alcuni dei nomi più famosi del fantastico francofono (e non solo, basti ricordare le uscite dedicate a Ethel Mannin e Vernon Lee), è la volta della coppia costituita da Emile Erckmann e Alexandre Chatrian, due autori della seconda metà dell'ottocento soliti firmare a quattro mani i loro testi.

Assai famosi in vita nella seconda metà dell'ottocento, soprattutto per i loro adattamenti teatrali, le riduzioni liriche (addirittura di Pietro Mascagni), i romanzi patriottici e i racconti incentrati sulle cronache di vita rurale della popolazione dell'Alsazia-Lorena (di cui i due autori erano originari), il sodalizio Erckmann-Chatrian ha scritto pagine importanti del fantastico francese tanto da ricevere lodi da firme quali Howard P. Lovecraft (che li cita nel suo Supernatural Horror in Literature) e Montague R. James. Una qualità sfociata in oltre un milione di copie vendute quando ancora erano in vita. Una fortuna che ha toccato il fantastico (campo di elezione soprattutto di Erckmann) salvo poi allontanarsene a favore di tematiche di presa storico-politica. Un successo rovinato dalla vicenda conclusiva che ha posto termine alla collaborazione sfociando addirittura nelle aule di tribunale, a seguito di una serie di rivelazioni fornite da Alexandre Chatrian a un giornalista de Le Figarò. Chatrian affermò che il socio Erckmann aveva posizioni politiche filo tedesche e assicurò che l'autore delle opere firmate Erckmann-Chatrian in realtà era lui stesso. Assai infastidito, Erckmann citò a giudizio l'ex amico e riuscì a ottenere la condanna dello stesso per diffamazione. Quarant'anni di carriera (1847-1889) cancellati da un triste epilogo, reso ancora più amaro dai problemi mentali che minarono la salute di Chatrian portandolo alla morte pochi mesi dopo la condanna.

Nel novecento la produzione Erckmann-Chatrian è stata a poco a poco ridimensionata, tanto che i due autori non sono stati citati nel volume francese (aspetto che rende ancora più importante l'esclusione) della Edipem Maestri della Letteratura Fantastica. A loro non è neppure dedicato un rigo nella Guida alla Letteratura Horror dell'Odoya anche perché nel novecento, in Italia, la loro produzione è stata quasi del tutto ignorata. Il loro primo racconto (L'Araignée-Crabe) è stato pubblicato nel 1957, all'interno dell'antologia Destinazione Universo, per poi esser di nuovo riproposto nel 1994 in un trittico tutto dedicato alla coppia francese edito da Edizioni Theoria e completato da Le Trois Ames e Le Lunette de Hans Schnaps.

Si deve poi a riviste come Hypnos (nel numero 10 dell'autunno 2019 è pubblicato uno speciale di Danilo Arrigoni interamente dedicato alla coppia) e ad Agenzia Alcatraz la loro riscoperta, oltre che alla Dagon Press di Pietro Guarriello che, nel 2021, ha proposto per la prima volta in Italia un romanzo della coppia: Hugues Le Loup (“Il Lupo”).

L'antologia della Agenzia Alcatraz, ottimamente tradotta da Camilla Scarpa, delude le attese degli amanti del fantastico, a causa di una selezione (operata dai curatori della Marabout Fantastique) che non massimizza la produzione fantastica della coppia diluendo il materiale con tanti racconti che di fantastico non hanno nulla. Sarebbe forse stato opportuno – sebbene contrario allo spirito della collana Bizarre – proporre una selezione rimodulata e sbilanciata sul fantastico. Dei diciotto racconti proposti meno della metà sono ascrivibili al fantastico. Tanti non possono neppure qualificarsi come perturbanti. Dominano le cronache di paese, i momenti di vita comune, tra locande (sempre presenti), passeggiate in campagna, combattimenti tra animali, furti e omicidi. Tra gli argomenti ricorrenti abbiamo i deliri allucinatori provocati dall'abuso dell'alcool o dalle problematiche mentali, il sonnambulismo, la sfiducia nelle masse, la caratterizzazione negativa degli ebrei, le ambientazioni teutoniche, l'amore per l'arte (i protagonisti spesso sono pittori o musicisti), ma anche bizzarre scoperte scientifiche che potenziano i sensi umani.

Sorprende lo stile leggero, delicato, che non disdegna il romanticismo e una comicità grottesca, senza mai appesantire o annoiare anche quando i contenuti delle storie hanno poco da dire. La lettura è sempre piacevole e cala con successo il lettore nelle ambientazioni.

Il volume pubblicato dala Dagon Press.

Tuttavia solo due dei diciotto racconti proposti, specie se si considera l'anno di pubblicazione, sono da reputare autentici capolavori. È il caso de Il Cannocchiale di Hans Schnaps (La Lunette de Hans Schnaps, 1859) uno sci-fi ante-litteram che anticipa la tematica della realtà virtuale. Uno scienziato pazzo inventa un cannocchiale speciale (“materializza le idee e le mette a disposizione delle masse”) che riproduce tutto quanto passa nella mente dell'uomo che vi guarda all'interno, traducendo in immagini pensieri, sogni e aspirazioni provocando una vera e propria fuga dalla realtà che induce l'utilizzatore a vivere una vita immaginaria attaccato allo strumento. Un capolavoro a tutti gli effetti. Interessanti anche i passaggi, con uno snobismo che vede nel volgo una massa ignorante di persone. ”Perché un'idea abbia successo in questo mondo, bisogna che abbia l'appoggio delle masse. Ora, le masse, che non saprebbero elevarsi all'altezza dell'idea pura, comprendono mirabilmente l'idea materializzata, cioè i fatti. La pretesa superiorità degli uomini pratici sui pensatori non ha ragione d'essere. Quei giovanotti là sono ricchi, potenti, governano il mondo, si fanno loro delle statue... Perché? Perché mettono a portata di imbecille l'idea di qualche povero diavolo di grand'uomo morto di fame in un tugurio”.


Celebre, non solo per gli elogi di Lovecraft, L'Occhio Invisibile (L'Oeil Invisible, 1857). Un racconto che anticipa Il Ragno (1907) di Hans H. Ewers e La Finestra sul Cortile (1942) di Cornell Woolrich, parlando di una serie di strani suicidi (che danno spunto alla realizzazione della copertina del libro) che avvengono fuori una locanda. Al centro dell'intreccio ci sarebbe una sorta di stregoneria orchestrata da una vecchia signora che abita sul lato opposto all'appartamento della locanda. Un pittore intuirà il tutto. Spierà i movimenti della donna e, affittato l'appartamento in questione, adotterà uno schema inverso per ribaltare il sortilegio e portare al suicidio la strega.


Il terzo racconto di livello, seppure penalizzato da un finale frettoloso e da certe soluzioni divinatorie un po' fuori luogo, è Il Ragno-Granchio (L'Araignée-Crabe, 1860), una sorta de Lo Squalo dei primordi che propone una surreale avventura ambientata nelle acque termali di Spinbronn, dove la quiete e le qualità curative delle acque vengono minacciate da una serie di scomparse e di ritrovamenti di cadaveri. In azione infatti vi è un ragno caraibico che, aiutato dal calore delle acque, è lievitato di dimensioni al punto da attaccare uomini e animali. Spedizione finale per eliminare la creatura.


Valido L'Orologio del Decano (Le Montre du Doyen, 1859), un giallo alla Poe, con bizzarre apparizioni, uomini che vagano sui tetti impugnando pugnali intrisi di sangue, indagini della polizia, accuse a carico di innocenti e risoluzione del mistero. La coppia di autori, questa volta, parla di sonnambulismo, immaginando uno stato psichico in cui si annulla la ragione dell'uomo e vengono a galla gli istinti incontrollabili. “Era un fatto incontestabile che la moralità, la volontà, l'anima non agisca durante il sonnambulismo... Ora l'animale, abbandonato a se stesso, subisce naturalmente l'impulso dei suoi istinti”.


Più classico Il Violino dell'Impiccato (Le Violon du Pendu, 1860) che ruota al centro di una locanda nella cui soffitta, ogni sera, si palesa l'anima di un musicista che suona il suo violino. Il protagonista, un compositore che non riesce a comporre niente di originale, ne approfitterà per scrivere la musica dell'anima perduta e lucrarne sopra spacciandola per propria. Carino, ma con momenti ripresi da L'Orologio del Decano.


Inquietante mix tra macabro, grottesco e comicità Il Requiem del Corvo (Le Requiem du Corbeau, 1857). Personaggi assurdi, pieni di complessi che sottendono a qualcosa di blasfemo. Un corvo, guarito da un medico che strangola gatti e cani, infastidisce un compositore fino a indurlo in stato di malattia. L'intervento del medico del paese sarà risolutore. Ci rimetteranno il corvo e il gatto di casa. Epilogo black humor.


Fascinoso, ma nulla più, L'Orecchio della Civetta (L'Oreille de la Chouette, 1860) che brilla per atmosfera e descrizioni, salvo rivelarsi del tutto estraneo al fantastico. Un povero debole di mente si è convinto di avere realizzato un amplificatore sonoro che permette di deliziarsi con tutti i rumori della natura che non pervengono in via naturale alle orecchie degli uomini. Come per altri personaggi della coppia, la scoperta sarà ignorata e non compresa dalle masse.


Combattimenti al centro degli intrecci addirittura in tre racconti. Molto simili Il Combattimento degli Orsi (Le Combat d'Ours, 1860) e Il Gufo della Sinagoga (Le Hibou de la Synagogue, 1860) incentrati sui crudeli passatempo che ravvivano la vita dei villaggi di campagna. Tagli grotteschi, tra scommesse, bevute e momenti esilaranti. Forse più interessante il primo dei due racconti che mette in scena il crollo delle tribune in cui sono assiepati gli spettatori, dopo che due orsi hanno fatto scempio di cani. Per distogliere un orso liberatosi dalla museruola viene sciolto un toro. Momenti brutali, che si chiudono col protagonista, un pittore locale, che afferma la superiorità della pittura indigena rispetto alle impostazioni teatrali adottate dai modelli dei pittori italiani. L'altro racconto propone scontri tra galli con un accenno assai modesto al fantastico solo nell'ultima parte della narrazione, quando il titolare del galletto vincitore degli scontri decide di utilizzare l'animale per far fuori un gufo che si è appollaiato sul tetto di una locanda. La morte del galletto porterà il suo proprietario a inveire contro il gufo, a suo dire incarnazione del rabbino defunto.

Ancora più surreale e comico Il Capro d'Israele (Le Bouc d'Israel, 1860), in cui un teologo, che ha fatto razzia di alcool, suggerisce a un amico rassegnato per aver ucciso in duello il rivale in amore la via per ripulirsi l'anima: addossare tutte le colpe a una vittima sacrificale, un capro nero, da scaraventare giù in un dirupo. Vincerà l'animale e il teologo capirà che non esiste modo migliore per ripulirsi l'anima che mettere su famiglia.


Rembrandt (1849) è un racconto lungo che immagina la quotidianità del celebre pittore che subisce dei furti per mano di uno sconosciuto manigoldo che si introduce misteriosamente nella sua abitazione. Convito che dietro ai colpi ci sia il figlio, Rembrandt scoprirà che il colpevole è un ebreo suo cliente vittima di uno stato di sonnambulismo che lo porta a sfruttare un passaggio segreto che unisce la casa del pittore alla sua.


Il Sogno di mio Cugino Elof (Le Réve de mon Cousin Elof, 1859) torna al fantastico (modesto), con un incubo che ossessiona un uomo fin dall'infanzia finché un giorno il tutto si rivelerà attinente alla realtà. L'uomo infatti ha visto in sogno un delitto avvenuto anni prima. Cercherà così di capire cosa fare per dare giustizia all'anima di un uomo ingiustamente giustiziato sul patibolo per un omicidio che non ha compiuto.


Modestissimi gli altri. Sospesi tra il delirio dovuto all'assunzione di sostanze alcoliche e fantastico sia Stati di Alterazione (Entre Deux Vins, 1860) che Crispinus (1860), racconti con qualche lampo ma che si perdono senza giungere ad alcuna conclusione.


Sceglie la malinconia I Promessi Sposi di Grinderwald (Les Fiancés de Grinderwald, 1860) che veicola l'idea dell'importanza dell'amore (da anteporre alla carriera) attraverso un vecchio giudice in pensione che cerca di ricostruirsi una seconda giovinezza sognando di sposare una ragazzina che, in verità, ha occhi solo per i coetanei. Prevalerà la ragione. Similare, ma votato al romanticismo, Gretchen (1860) che propone la dichiarazione d'amore, modalità serenata, di un giovane ragazzo verso la più bella del paese.


Non colpisce (se non per il profilo della follia del protagonista) neppure Hans Storkus (1860) in cui l'ossessione di un collezionista delirante, rapito da fossili e conchiglie al punto da dissociarsi dalla realtà, scatena la furia omicida dell'uomo nel momento in cui scoprirà che la moglie si è disfatta della sua intera collezione.


CONCLUSIONE

Cinque buoni racconti, di cui due capolavori, un altro paio interessanti, per il resto storie non memorabili, molte delle quali fuori tema rispetto alla destinazione dell'antologia e, peraltro, ripetitive. Storie come I Promessi Sposi di Grinderwald, Gretchen, Stati di Alterazione e Crispinus potevano essere sostituite da racconti più attinenti come Les Trois Ames, La Reine des Abeilles, Le Cabaliste Hans Wieland e L'Esquisse Mystèrieuse.

Dunque un volume per completisti, che si lascia leggere con piacere anche quando i racconti sono meno riusciti. Resta un po' di amaro in bocca, perché le qualità alla coppia non mancavano.

 
La coppia di autori.
 
 
"Gli uomini di buon senso non hanno mai inventato nulla; sono i pazzi che, fino a ora, hanno fatto tutte le più grandi scoperte”.

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