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sabato 30 luglio 2016

Recensione Saggi: VITE SEGRETE DEI GRANDI SPORTIVI di Lorenzo Di Giovanni e Tommaso Guaita



Autore: Lorenzo Di Giovanni & Tommaso Guaita.
Illustrazioni: Tommaso Guaita.
Edizioni: Electa.
Genere: Antologia di Biografie Sportive.
Pagine: 400.
Prezzo: 19,90 euro.

Commento di Matteo Mancini.
Questi sono i volumi che piacciono a noi, in ambito sportivo. Un testo da regalare soprattutto ai giovani, per il suo fungere da lampada orientativa atta a illuminare sport magari poco reclamizzati nella nostra penisola (penso al baseball piuttosto che alla ginnastica artistica, per non parlare dell'ippica ancora all'oscuro più tetro) e portare a conoscere i loro protagonisti, magari con l'intento poi di approfondirne la conoscenza con l'acquisto di altri volumi. Lo stile è schematico, freschissimo, pieno zeppo di simpatiche illustrazioni a cura di Tommaso Guaita, con circa quaranta sportivi internazionali tutto genio & sregolatezza, quelli per i quali, spesso e volentieri c'erano ben pochi calcoli nelle loro gesta ma che avevano in comune una cosa: erano tutti campioni di emozioni. Lorenzo Di Giovanni e Tommaso Guaita raccontano le varie storie, dispensando soprattutto aneddoti dentro e fuori dai vari contesti sportivi, in modo schematico, con schede, passaggi riepilogativi e un continuo giocare con i colori e le illustrazioni accattivanti, dalle tonalità sgargianti, che, a prima vista, potrebbero sembrare quasi fanciullesche e invece contribuiscono di gran lunga a dare al testo una scorrevolezza non di poco conto. Un valore aggiunto è poi costituito dall'ironia pungente, direi british, con cui Di Giovanni e Guaita condiscono le varie storie con commenti finali spesso esilaranti (Bravi!). Certo, l'operazione paga qualcosa sul versante della sinteticità, in alcuni casi ci sono degli errorini (tipo laddove si legge che Villeneuve, nel gp di casa, avrebbe perso l'alettone posteriore, quando invece era l'anteriore), su cui però si può e si deve passare sopra (poiché non inficiano il contenuto di fondo). Cinque pagine effettive per ogni atleta, eccetto gli ultimi dieci dati come "Riserve", quasi come se si trattasse di una lode ai trenta precedentemente presentati, di un'ideale formazione di pazzi scatenati capace di fare la differenza ma di avere parabole di vita non sempre dall'esito felice.
Il volume è edito dall'ELECTA ma, se grattate bene sul nome che compare in copertina, vedrete comparire la scritta Mondadori.

Esempio dello stile e della struttura del testo.

L'operazione nasce, probabilmente, da testi di scrittori internazionali, come Vite Segrete dei Grandi Artisti Vite Segrete dei Grandi Scrittori (malloppo di oltre 600 pagine) editi dalla casa editrice nel 2013 e 2014 a cura, rispettivamente, di Elizabeth Lunday e Robert Schnakernberg, entrambi con un stile veloce, accattivamente, ricco di illustrazioni e teso a far emergere i vezzi e le bizzarrie dei vari soggetti raccontati. Da qui deriva l'idea di lanciare scrittori nostrani (giovani) in un'operazione che ne ricalcasse modello e taglio. Ed ecco uscire, a firma Di Giovanni e Guaita il volume Vite Segrete dei Grandi Scrittori Italiani (2015) subito seguito da quello qui esaminato. Un progetto quindi ad ampio raggio spassoso e divertente che arriva ad abbracciare il mondo dello sport.
C'è un po' di tutto dentro con personaggi culto come MacEnroe, Senna, Tyson, Borg, Maradona, Pelè, Muhammad Alì, Best, Carnera, Rodman, Jesse Owens e altri più ricercati come i giocatori di baseball di inizio secolo Tyrus Cobb, George Ruth (non temete... c'è anche Di Maggio e non perché a giugno c'è il rischio che vada in esaurimento eh...), o la tennista di inizio secolo Langlen e ancora la ginnasta Comaneci, i ciclisti (mi verrebbe da dire motociclisti) Pantani, Coppi e Armstrong, i miti del basket Johnson e Jordan... insomma di tutto quel che c'è non manca nulla. E' chiaro, non può esser completa. Come ogni selezione mancano dei personaggi che qua non avrebbero certo sfigurato, penso Monzon, il tennista Connors, il rallysta Alen, la leggenda Vito Taccone, il portiere Bruce Grobbelaar e altri matti scatenati che hanno però reso leggendarie le competizioni in cui hanno partecipando scrivendo pagine indelebili di storia sportiva. Di Giovanni però, mai sazio (come dargli torto), aggiunge anche altri aneddoti generali, sia dedicati a singoli che ai collettivi, in cinque capitoli, che si aprono tra un gruppo di atleti e un altro, intitolati: "Sport e potere", "Stelle cadenti", "Strane storie", "Vincere sporco" e "Ma dici davvero?" come a suggerire che alla fine non c'è mai un epilogo ma si apre sempre una nuova storia...
Comprerò anche gli altri. Divertente, ideale per un regalo specie ai più giovani.

Se sopra c'è Primo, mentre la prima è all'apice
qui abbiam la quarta che però appare come terza, per
la quinta c'è da andare dietro all'apparenza.

"Non fuggo da una sfida perché ho paura. Piuttosto, ci corro incontro!" (Nadia Comaneci, Romania).

mercoledì 13 luglio 2016

Recensione Narrativa: LA RAZZA CHE VERRA' di Edward Bulwer Lytton





Autore: Edward Bulwer Lytton.
Genere: Fanta-sociologia / Romanzo Utopico.
Titolo Originale: Vril, The Power of Coming Race.
Anno di pubblicazione: 1871.
Edizione Italiana: 2009.
Editore: Miraviglia Editore.
Pagine: 268.
Prezzo: 16,50 euro.

A cura di Matteo Mancini. 

Con The Coming Race facciamo la conoscenza di un autore poliedrico e assai prolifico che dovrebbe essere menzionato in ogni saggio dedicato alla storia della narrativa fantastica, come uno dei precursori base, ma che assai di rado si trova nei volumi a tema pubblicati in Italia. Ciò è dovuto alla priminente narrativa storica a cui lo stesso ha prestato massimo interesse, tanto da definirsi "il primo autore di romanzi storici veramente erudito", ma soprattutto a un atteggiamento di sfavore da parte dei critici americani che tendono a considerarlo tra i peggiori autori del periodo vittoriano. Conosciuto in particolare per il satirico Godolphin (1833), e i romanzi storici Gli Ultimi Giorni di Pompei (1834) e Rienzi (storia del 1835 ambientata nella Roma del XIV con protagonista il politico Cola Rienzi, acclamato dal popolo come un salvatore ma poi criticato per le tasse e il suo modo di procedere per compromessi e protagonista di un epilogo con un Campidoglio dato alle fiamme dal popolo insorto) sembra particolarmente caro ad Adolf Hitler, vanta infatti una discreta, ma non troppo numerosa, produzione in ambito fantastico-esosterico con romanzi quali Zanoni (1849), pubblicato fingendo di essere il mero editore e di aver avuto il testo da un rosacroce di cui non poteva rivelare il nome, Una Strana Storia (1862) e Maghi e Magia (1865), oltre naturalmente al qui presente La Razza che Verrà
Nato in Inghilterra nel 1803, da un generale (morto quando lui aveva quattro anni) e un'aristocratica inglese, ebbe un'infanzia turbolenta seguita da tribolate esperienze sentimentali adolescenziali, che lo portarono ad accompagnarsi con diverse donne (addirittura una zingara) prima di sposare, contro il volere della famiglia che gli tolse ogni finanziamento, una scrittrice irlandese con cui poi si lasciò, dieci anni dopo, in modo traumatico, tentando addirittura di farla rinchiudere in manicomio per l'eccesso di offese e calunnie che la stessa gli riversò contro allo scopo di intralciarne la carriera politica. Più volte eletto deputato nel parlamento inglese,  prima con i liberali poi con i conservatori, acquisì nel corso degli anni il titolo di Barone. Pubblicò moltissimo, circa sessanta opere, dieci romanzi nei primi dieci anni di attività per mantenere sé e la moglie, svariate piece teatrali, testi politici, saggi vari (celebre il saggio del 1828 Pelham sul fenomeno dandy che determinò una vera e propria moda) e volumi di carattere storico/divulgativo. Grande amico di Charles Dickens, conosciuto quando quest'ultimo era uno scrittore emergente, funse da ispirazione per l'ideazione del personaggio Steerforth di David Copperfield.
Questa è l'esistenza solare di Bulwer Lytton, il quale ebbe anche una vita, per così dire, segreta o underground. Interessato di occultismo e più in particolare di magia sessuale, studioso dell'Apocalisse di San Giovanni, si dice addirittura adepto di un ordine Rosicruciano, fu grande amico dell'occultista francese Eliphas Lèvi e di svariati membri poi fondatori dell'Hermetic Order of the Golden Dawn. Tale appartenza spinse, e spinge tuttora, svariati soggetti a ricercare nei suoi romanzi delle presunte verità insabbiate sotto il velo del fantastico riconducibili a segreti legati all'iniziazione a una dottrina esoterica. La cosa fu presa in modo talmente serio da ispirare, a inizio novecento, la nascita di alcune logge tedesche (la Società del Vril o Loggia Luminosa, fondata a Berlino nel 1920) poi confluite nella Thule e da questa al folle gruppo nazista pienamente convinto dell'esistenza di Agarthi, con relativa accettazione acritica della teoria della terra cava e di un mondo sommerso popolato da creature capaci di sovvertire l'ordine della superficie terrestre e di condurre la razza ariana al trionfo su tutte le altre.
Morì nel 1873 a Torquay per i postumi di un'operazione all'orecchio, che gli determinò un'infezione letale.

Edward Bulwer-Lytton.


The Coming Race è il suo terzultimo romanzo, uscito nel 1871, due anni prima della morte, edito in forma anonima (per due anni) sul Blackwood's Magazine, e pubblicato in Italia solo nel 1898. Viene, giustamente, definito romanzo utopico ispirato da Utopia (1516) di Thomas More e La Città del Sole (1623) di Tommaso Campanella, ma anche dal coevo Viaggio al Centro della Terra (1865) di Jules Verne. Ebbe immediato riscontro sia di pubblico che di critica.

La storia ha uno svilupppo centrale che riprende il tema già affrontato da Verne (peraltro si sconfessa ancora la teoria, o meglio certezza, che più si scende sotto la crosta terrestre più aumenta la temperatura), almeno apparentemente, ma Bulwer-Lytton opera poi uno sviluppo, se vogliamo, statico della vicenda. Mentre in Viaggio al Centro della Terra i protagonisti si spostano in un mondo sotterraneo per trovarne l'uscita, qua il protagonista, unico superstite di una discesa nel cuore di una miniera più verosimile ma fin troppo veloce, rispetto alla soluzione scelta dal collega francese, resta sempre nello stesso punto. Se Verne giocava tutto nel c.d. sense of wonder del lettore proponendo soluzioni e sviluppi avventurosi, Bulwer-Lytton opera un'analisi sociologica di un popolo antidiluviano costretto a penetrare nel cuore della terra per sfuggire alla catastrofe che si era scatenata sulla superificie. Un popolo umanoide, compatibile alla razza umana e dunque a essa legata da uno sviluppo comune (non è un popolo alieno, dato che si rende possibile l'accoppiamento riproduttivo), modificatosi però nelle caratteristiche per meglio adattarsi all'ambiente, che Bulwer-Lytton gioca a definire prendendosi gioco della teoria dell'evoluzione del coevo Charles Darwin. Evidente al riguardo il passaggio dove afferma che questa specie, e con essa l'uomo, sarebbe nata dall'evoluzione della rana (si veda, in copertina, lo spigolo angolare destro dove si evidenzia proprio questo passaggio). L'autore però non si ferma all'evoluzione fisica e anatomica di questi soggetti (peraltro in grado di volare grazie all'ideazione di appendici mobili in cui inserire le braccia), ma si estende anche all'evoluzione sociologica del complesso apparato civile e organizzativo. Su tal versante Bulwer-Lytton ne approfitta per criticare la democrazia in favore di una sorta di sistema anarchico (si parla di autocrazia benevola) e utopico, dove gli abitanti si danno delle regole consuetudinarie e provvedono loro stessi a farle rispettare come una sorta di famiglia allargata senza che vi sia una vera autorità se non un magistrato supremo, TUR, che interviene per prendere le decisioni più combattute. Il motto che sta alla base di questo sistema è: "Non c'è felicità senza ordine, non c'è ordine senza autorità, non c'è autorità senza unità." E' proprio sull'analisi di questa razza, i Vril-ya, che Bulwer-Lytton concentra i propri maggiori sforzi, parlando di come si è formata la loro lingua (un intero capitolo), dei rapporti tra maschi (ana) e femmine (gy), evidenziando anche qua un superamento dei limiti sociali storici dell'epoca dell'autore dato che la femmina ha un rapporto paritetico se non superiore rispetto ai maschi, della gestione educativa dei piccoli ana (vengono subito messi a lavorare per formarsi fin dalla tenera età) nonché di quella degli animali antidiluviani presenti (compresi i mostri sulla falsa riga dei dinosauri), si parla addirittura delle credenze religiose (con una visione, direi iniziatica, che parte dalla credenza base dell'esistenza di un essere divino e di una vita futura dopo la morte, sposando però una religione universale, che non scende in particolari ulteriori, superando in questo modo ogni forma di conflitto religioso perché, un po' come direbbero i sofisti, l'uomo non può interrogarsi su cose di cui non è a conoscenza) e di come questo popolo si relazioni con la morte. Viene infine dato ampio spazio alle scoperte scientifiche effettuate (utilizzano persino automi e aerei) che hanno determinato la fine di ogni forma di lotta e di guerra.

La fortuna dei Vril-ya è dovuta, vero e proprio centro su cui ruota il romanzo e che ne decretò la fortuna, a un fluido, racchiuso in uno scettro, in grado di essere attivato e disciplinato in modo da agire come potenza su ogni forma di materia animata o inamita. Un fluido (il vril) utilizzato sia per distruggere, come laser, sia per dare l'energia necessaria a illuminare l'ambiente, sia per curare in quanto capace di influire sui centri nervosi (dunque in grado anche di influenzare i comportamenti) ma anche di fungere da energia assimilabile all'elettrica e alla nostra futura energia nucleare. Non a caso, data la potenza distruttiva di questo fluido a disposizione di ogni cittadino, nella società del vril-ya si è venuto a creare un raffreddamento di ogni potenziale ostilità tra clan e cittadini con la realizzazione di una società paritetica dove non esiste nessun povero e le risorse e le ricchezze sono equamente ripartite. "Non ammettiamo differenze di rango, gli amministratori non godono di particolari onori e quindi le ambizioni individuali non vengono in alcun modo stimolate" spiegano al terrestre.

E' bene subito sottolineare che Bulwer-Lytton riprese l'idea di questo fluido dalle leggende legate al mito degli atlantidei. Esiste infatti ampio materiale in cui si sostiene che gli atlantidei fossero a conoscenza di certe forze utilizzate quali agenti propulsivi per alimentare macchine volanti e in grado di invertire la forza di gravità. Palese poi il collegamento con il mito di Agarthi e di tutta quella narrativa incentrata sull'idea dell'abitabilità del mondo che si apre al di sotto della superficie terrestre.
Per quanto riguarda il termine "vril", secondo alcuni autori, esso sarebbe riconducibile all'opera di un anticipatore di Verne ovvero il fracense Jacolliot il quale avrebbe fatto cenno a un'Energia Vril quale forza posseduta, gaurda caso, dal popolo di Agarthi.

Una più appropriata copertina
di un'edizione inglese.

Il romanzo procede con uno stile lineare, semplice da leggere tanto da non dare segno dell'età che lo caratterizza. Tuttavia, se la prima parte è amiccante per la sua forte connotazione avventurosa, la seconda si arena in dissertazioni proprie di un saggio sociologico. In altre parole non si procede per fatti, ma per descrizioni relative alle caratteristiche della popolazione appena conosciuta. Di fatti la storia viene portata avanti con un io narrante che parla della propria esperienza allo scopo da fungere da monito per la popolazione terrestre. Il protagonista, infatti, si interroga sul cosa succederebbe se i vril-ya venissero allo scoperto, tornando a calcare il loro mondo originario. Immagina infatti le conseguenze che potrebbero innescarsi e che porterebbero all'estinzione della razza umana che verrebbe percepita come potenzialmente minacciosa per i vril-ya e dunque assimilabile a quegli animali non addomesticabili e pericolosi per la sicurezza urbana e dunque da abbattere come legittima difesa. Il protagonista vuol così ammonire gli umani circa l'effettiva esistenza di un popolo ultraterreno dotato di un potere sconfinato, grazie allo scoperta di un fluido fonte primaria di ogni energia, che è stato capace di creare un sistema sociale tale da racchiudere tutte le caratteristiche di un sistema ideale basato sull'idea di una prospettiva di una vita futura, oltre la morte, cui ascendere. "Le menti abituate a riporre la felicità in cose tutt'altro che divine, troverebbero troppo noiosa la gioia degli dei e desidererebbero ritornare in un mondo in cui poter riprendere a lottare gli uni contro gli altri".

La parte terminale del romanzo vira al rosa, con svariate gy (tra cui la guida che spiega e addestra, grazie a poteri telepatici, per tutto il corso del romanzo il protagonista) che si innamorano del protagonista suscitando le ire del TUR poiché matrimoni tra razze diverse sarebbero potenzialmente nocivi per il bene della comunità in quanto i figli che ne deriverebbero inquinerebbero la razza (qua è percepibile l'unico rimando alle idee malate che si svilupperanno in Germania e in Italia nel novecento). La soluzione del magistrato supremo diviene così estrema e dunque finalizzata a fare abbattere il protagonista, poiché un suo eventuale ritorno sulla superficie potrebbe essere anch'esso pericoloso perché notizierebbe i suoi simili stimolandone la curiosità ed eventuali spedizioni future. Si innesca così la veloce parte terminale col nostro che, aiutato dalla sua innamorata, riuscirà a fuggire grazie a una serie di crepacci aperti, e poi richiusi, nella roccia a colpi di vril.

Bella, seppur assai pessimista, la morale che Bulwer-Lytton trae dalla storia ovvero di quanto sia contaminata e votata al male la natura umana (da leggersi, a mio avviso, quale maledetta dall'onta del peccato originale). Si potrebbe quasi dire che i vril-ya costituiscono una razza più vicina alla perfezione divina, mentre la razza umana sia su una scala involutiva che vira più sul versante del maligno per disposizione ereditaria. A determinare questo passaggio verso la perfezione divina dei vril-ya, anch'essi in origine sul medesimo piano umano, è stato proprio il vril. Dunque una popolazione che si è evoluta e non benedetta fin dall'origine dal volere divino. Ecco che ne derivano le svariate interpretazioni del testo che orientano il romanzo su un versante esoterico e che attribuiscono al fluido il valore metaforico di un'energia posseduta all'interno di ogni individuo ma utilizzata in minima parte, perché l'uomo tende a non prenderne coscienza, e che costituirebbe il legame di una nostra possibile divinità come hanno avuto modo di dire gli studiosi Louis Pauwels e Jacques Bergier ne Il Mattino dei Maghi.
In altri termini il protagonista si rende presto conto di come la perfezione raggiunta dai vril-ya, apparentemente lodevole e invidiabile, racchiuda in sé un qualcosa di incompatibile con la natura umana. "Noi umani  non siamo né abituati né adatti a godere a lungo la felicità che sogniamo. Se prendeste un migliaio dei migliori esseri umani con inclinazione filosofica e li collocaste come cittadini in quella beata comunità, in meno di un anno, morirebbero di noia o tenterebbero una rivoluzione, contraria al bene dello Stato, finendo ridotti in cenere su richiesta del Tur." Indispensabile per superare questo nostro stato mentale e perverso sarebbe proprio il vril, visto da alcuni interpreti quale energia interiore che simboleggia l'uomo superiore (in senso spirituale) chiamato al compito di distruggere l'uomo "materialista" nel senso di ricodificarlo in vista di una vita finalizzata alla conquista di quella ultraterrena che costituisce il vero obiettivo cui tendere. Al riguardo è di un romanticismo sconfinato la proposta di matrimonio avanzata dalla Gy del romanzo al protagonista: "Il nostro sarà un matrimonio di anime. Oh, pensi forse che il vero amore abbia bisogno di un'unione ignobile? Io non desidero solo essere al tuo fianco in questa vita, e partecipare alle tue gioie e ai tuoi dolori, chiedo un legame che ci unisca per sempre nel mondo degli immortali." Credo che si tratti di un epilogo tanto romantico e sognante, piacerà in modo smodato al pubblico femminile (parte terminale da strappa lacrime), da riflettere le delusioni vissute in vita dall'autore che dovette rinunciare, in gioventù, all'amore della vita, in quanto la sua prescelta, morta in giovane età, fu costretta a contrarre un matrimonio per interesse, mentre la sua futura moglie finì col tradirlo e tenere dei comportamenti oltraggiosi dopo il divorzio.

Chiudiamo qua con un commento conciso che racchiude anche la mia interpretazione simbolica del testo. A differenza de Viaggio al Centro della Terra, non siamo alle prese con un romanzo per ragazzi, bensì con un testo di valoro socio-politico nonché filosofico-religioso mascherato da romanzo d'avventura. Ne deriva un contenuto che nella parte centrale risulta sicuramente lento per un lettore medio, figurarsi per un giovane, con interi capitoli che si potrebbero saltare ai fini della narrazione strettamente legata con l'evolversi della vicenda. Bulwer-Lytton utilizza infatti questi spazi per fare le sue critiche e le sue analisi intrinseche alla storia, che ne costituisce quindi mero pretesto. Ne deriva un narrato assai ridotto all'osso, strumentale a mettere in scena la struttura organizzativa della c.d. razza ventura ovvero quella che, prima o poi, emergerà dal centro della terra per spazzare via la perversa società che vive sulla superficie. Siamo quindi alle prese col sempre annoso tema del Kali Yuga (l'età oscura, vissuta, nel caso del testo, da chi sta sotto la luce del sole, caratterizzata da conflitti e crisi spirituale e dalla primaria ricerca della ricchezza patrimoniale, in luogo della spirituale, con conseguenziale resa in schiavitù del prossimo) e dell'imminente sopraggiungere del Satya Yuga ovvero dell'età dell'oro (rappresentata, nel testo, da chi sta nell'oscurità, ben lontano dalla vista e dalla comprensione delle masse) che si innescherà con la fine del mondo (tema caro a Bulwer-Lytton) da intendersi però su un concetto di scala di valori, e non sul versante prettamente distruttivo della materia, con ritorno allo stato proprio del paradiso perduto. Essoterismo da una parte, esoterismo dall'altra, se vogliamo... In questo forse consiste quella chiave interpretativa paventata dallo studioso Fabrizio Ferretti, che si limita però ad accennare senza indicare il sentiero interpretativo da imboccare, quando dice: "La forte connotazione esoterica ci porta a considerare una lettura che forse rappresenta una chiave, se non la chiave, per accedere al significato più profondo del romanzo. Sono presenti diversi livelli di lettura come spesso accade."
Di certo La Razza che Verrà costituisce uno dei primi esempi di narrativa fantastica/fantascientifica. Da non perdere, per chi ha apprezzato, la lettura de L'Altra Parte del tedesco Kubin.

L'edizione ARKTOS.

"Tutte le facoltà della mente possono essere accelerate, fino a livelli irraggiungibili in stato di veglia, mediante la trance e la visione, in cui i pensieri di un cervello possono esser trasmessi a un altro consentendo un rapido interscambio delle conoscenze".